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messaggistica ‘profumata’ cambiamento della tempe-

2.6 Interazione come mediazione

Possiamo affermare che l’esistenza umana è mediata dalla tecnologia. Kevin Kelly si interroga su ciò che la tecnologia significa nella nostra vita, sia a livello individuale che generale, considerando la storia dell’evoluzione umana. Kelly (2009) definisce la tecnologia come l’insieme di tutte le cose utili create dalla mente umana. Egli racconta che il primo uso moderno della parola tecnologia risale al 1829 ed è da attribuire ad uno studente la cui ricerca riuniva varie materie di studio, quali arte, artigianato e industria. Sebbene il termine abbia iniziato a diffondersi a partire dalla metà del ‘900, la tecnologia è sempre stata presente nella vita dell’uomo, benché non ce ne fosse la consapevolezza e, oggi, rappresenta la forza più potente al mondo. L’introduzione di nuove forme di tecnologia cambia e accelera ogni aspetto della nostra vita. Tuttavia, non è possibile fermare l’avanzamento tecnologico e il pensiero che lo guida, piuttosto dobbiamo impegnarci a dare risposte migliori alla tecnologia che non ci piace. Secondo Kelly la tecnologia è un modo per produrre idee migliori.

Ma quale tipo di rapporto si instaura tra persona e tecnologia? In quale modo la persona riesce ad appropriarsi della tecnologia per giungere ai propri scopi? In quale modo la persona si adatta alla tecnologia e cambia se stessa? Quali sono gli aspetti da considerare durante l’interazione? Sono quesiti ai quali non è facile trovare risposta.

Il concetto di interazione presuppone l'esistenza di più elementi, tra i quali si instaura un rapporto di qualche tipo, appunto un’interazione. Nel nostro caso gli elementi sono soggetti umani e artefatti tecnologici, tra i quali avviene una specifica attività. Verbeek (2015) sostiene che distogliendo l’attenzione da questo carattere pre-dato di soggetto e oggetto sia possibile ottenere una visione più ampia, che informi la pratica dell'interaction design.

Non solo funzionalità

Nel campo del design, la maggior parte degli artefatti sono progettati per essere utilizzati, quindi la qualità dell'interazione che le persone possono avere con un prodotto o sistema è generalmente indicata in termini di funzionalità e usabilità.

Verbeek ritiene che ciò sia limitante, poiché molti rapporti che abbiamo con artefatti altamente tecnologici non possono essere qualificati adeguatamente solo come relazioni d’uso. Ad esempio, sistemi che analizzano lo sguardo delle persone e consentono l’illuminazione intelligente delle vetrine, al fine di mettere in evidenza prodotti specifici, oppure gli elettrodi impiantati nel cervello per influenzare l'attività cerebrale, non vengono utilizzati. Ciò che avviene tra persone e tecnologie può essere meglio identificato come ‘immersione e fusione’ piuttosto che ‘uso’.

Comprendere le interazioni tra uomo e tecnologia in termini di funzionalità, prosegue Verbeek, riduce troppo facilmente il ruolo degli artefatti a meri strumenti. Gli esseri umani hanno le proprie intenzioni e i propri obiettivi e i prodotti dovrebbero aiutarli a realizzarli in modo ottimale; in molti casi, però, gli obiettivi e le intenzioni non esistono indipendentemente dalle tecnologie che vengono utilizzate. I social media, ad esempio, hanno generato nuovi tipi e dimensioni di relazioni sociali che non sono state indirizzate nella progettazione della tecnologia, ma sono emersi da questa. Le tecnologie di questo tipo fanno molto di più che limitarsi a funzionare, contribuiscono a plasmare l'esistenza umana.

Per analizzare il ruolo della tecnologia nella vita quotidiana degli esseri umani, alla luce della diffusione dell’informatica pervasiva, del networking e di sistemi che favoriscono la connessione tra persone e oggetti, il concetto di “mediazione tecnologica” elaborato da Verbeek (2006) può essere d’aiuto. Il suo lavoro parte dalla elaborazione e sintetizzazione di precedenti approcci nell’ambito degli STS11 e della filosofia della tecnologia, riguardanti la reciprocità tra persone, tecnologie e i loro progettisti. La mediazione tecnologica, riguarda il ruolo della tecnologia nell’azione umana (intesa come i modi nei quali gli esseri umani sono presenti nel mondo) e l’esperienza umana (intesa come i modi nei quali il mondo si presenta a loro). L’idea centrale nella teoria della mediazione è che la tecnologia non crea semplicemente delle connessioni tra gli utilizzatori e i loro ambienti, piuttosto li aiuta, attivamente, a comporle.

Approccio ibrido al rapporto uomo-tecnologia

Gli esseri umani e le tecnologie non dovrebbe essere visti come due ‘poli’ tra i quali vi è una interazione, piuttosto, rappresentano il risultato di questa interazione, secondo un approccio ibrido.

Il concetto di mediazione tecnologica può essere utile a indagare questo carattere ibrido del rapporto uomo-tecnologia. Verbeek (2015) riprendendo e approfondendo il lavoro di Don Ihde, afferma che le tecnologie sono concepite come mediatori nei 11    STS  è  l’acronimo  di  Science  and  Technology  Studies,  campo  di  ricerca  interdisciplinare  che  approfondisce  come  valori  sociali,  politici  e  culturali  influenzano  la  ricerca  scientifica  e  l’innovazione  tecnologica, e come questi a loro volta influenzano la società, la politica e la cultura. La ricerca STS si  sviluppa in particolare in due direzioni: lo studio delle relazioni fra innovazioni scientifiche e tecnologiche,  partendo dal presupposto che ambedue sono socialmente costruite e che la società è essa stessa un  aggregato socio-tecnico; l'analisi degli effetti prodotti da queste innovazioni, i rischi che provocano e  la ridefinizione dei parametri sociali che inducono. La definizione è ripresa da Wikipedia, disponibile a  http://it.wikipedia.org/wiki/Studi_su_scienza_e_tecnologia, Consultato 04/15.

rapporti tra gli esseri umani e il loro mondo. Piuttosto che essere opposte agli esseri umani, o semplici estensioni di noi (quello dialettico e quello dell’estensione sono altri approcci al rapporto uomo-tecnologia), queste necessitano di essere viste come mezzi per i nostri collegamenti con il mondo. Le tecnologie aiutano a dare forma a percezioni, azioni, esperienze e pratiche, in tal modo, aiutano a dare forma a come gli esseri umani possono essere presenti nel mondo e a come il mondo può presentarsi a loro.

Ciò implica che i progettisti, non solo progettano prodotti, ma anche pratiche umane che generano esperienze. I prodotti hanno non solo qualità funzionali, interattive ed estetiche, ma sono, in realtà, anche mediatori nella vita degli esseri umani. Progettare gli artefatti è, in un certo senso, la progettazione dell’esistenza umana, perciò affrontare questa situazione in modo responsabile richiede una concettualizzazione approfondita del rapporto uomo-tecnologia e del ruolo che il design può svolgere nel plasmarla.

È possibile studiare il concetto di mediazione secondo diverse dimensioni interpretative:

> In base ai vari tipi di relazione che si stabiliscono tra le persone, le tecnologie e il mondo (Ihde, 1990);

> In base ai punti di contatto presso i quali le tecnologie esercitano la loro influenza sulle persone (Dorrestijn, 2012);

> In base ai tipi di influenza che le tecnologie esercitano sulle azioni e decisioni umane (Tromp et al., 2011).

Nella prima dimensione, in base ai vari tipi di relazione che si stabiliscono tra le persone, le tecnologie e il mondo si parla, ad esempio, di relazioni ‘embodied’ quando le tecnologie formano un'unità con l’essere umano e questa unità è diretta al mondo. Ad esempio, parliamo con altre persone attraverso il telefono, piuttosto che parlare al telefono stesso, oppure, guardiamo attraverso un microscopio, piuttosto che guardare ad esso. Ihde schematizza questa relazione nell’espressione ‘(uomo-tecnologia)->mondo’. Oppure, ancora in base ai vari tipi di relazione, si parla di relazioni ‘immersive’ quando le tecnologie si fondono con il nostro ambiente rendendolo più intelligente; è il caso, ad esempio, dell’Ambient Intelligence e della persuasive technology. Tali tecnologie non sono solo uno sfondo per la nostra esistenza, bensì un contesto interattivo: rilevano se le persone sono presenti o meno, riconoscono i volti, danno un feedback sul comportamento. Verbeek schematizza questa relazione nell’espressione ‘uomo->tecnologia / mondo’12. Una seconda dimensione delle relazioni uomo-tecnologia riguarda i punti di 12   Teniamo a precisare che nel testo riportiamo soltanto due tipi di relazione che si stabiliscono tra  le persone, le tecnologie e il mondo; utili alla nostra trattazione. Ihde, oltre alle relazioni ‘embodied’,  individua relazioni ‘ermeneutiche’, ‘di alterità’ e ‘in beckground’. Verbeek, oltre alle relazioni ‘immersive’,  cogliendo il progresso tecnologico, invividua relazioni ‘cyborg’ e ‘aumentate’. Rimandiamo a Verbeek  (2015) per un’approfondimento.

contatto tra esseri umani e artefatti tecnologici. Il modello di Dorrestijn indica che la mediazione tecnologica si manifesta sul corpo dell’individuo in quattro punti: sopra la testa, dietro la schiena, prima dell’occhio e alla mano. Sopra la testa: è la visualizzazione di come la tecnologia guida la storia a livello trascendentale. Dietro la schiena: ovvero come l’ambiente tecnologico configura indirettamente la soggettività (si parla di mediazione contestuale). Prima dell’occhio: quando la tecnologia entra in contatto con la mente e influenza le decisioni (si parla di mediazione cognitiva). Alla mano: quando l’influenza opera attraverso il contatto con il corpo e direziona i gesti (si parla di mediazione fisica).

Nella terza dimensione, il tipo di influenza che le tecnologie esercitano sulle azioni e decisioni delle persone, che Tromp et al. (2011) identificano secondo i parametri di visibilità e forza con le quali esse si presentano, ci rimanda al concetto di ‘nudge’. Attraverso i nudge (Thaler e Sunstein, 2009) o spinte gentili, anziché tentare di prevenire mediazioni indesiderate o impreviste, l'ambizione è quella di progettare artefatti che abbiano esplicitamente un impatto sulle esperienze e sulle pratiche delle persone, influenzando delicatamente il loro comportamento; un esempio banale sono i dissuasori di velocità che troviamo per strada. Tentare di influenzare in maniera esplicita le persone attraverso il design, può sembrare controverso e in alcuni casi pericoloso, in quanto rischia di pregiudicare l'autonomia umana. Per questa ragione, Thaler e Sunstein definiscono il loro approccio una forma di “paternalismo libertario”. L’approccio è paternalistico in quanto, chiaramente, può influire sugli esseri umani, ma al tempo stesso mira ad essere libertario, nel senso che lascia sempre alla persona la possibilità di fare ciò che vuole. I nudge non dovrebbero mai essere invisibili, la persona dovrebbe poter essere messa in condizione di individuarli e comprenderli per agire di conseguenza.

La teoria della mediazione può aiutare il progettista a comprendere in maniera più completa come le tecnologie condizionano, ossia ‘mediano’, la visione dell’ambiente circostante. Può aiutare il progettista ad anticipare l’impatto di un artefatto sulla pratica e sull’esperienza dell’individuo, inoltre può contribuire a fargli sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio ruolo, in quanto chiamato a sviluppare forme responsabili di mediazione.

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Capitolo 3