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La visione orientata al design (il progetto dell’interazione) Secondo Saffer “l’interaction design è l’arte di facilitare le interazioni fra esser

messaggistica ‘profumata’ cambiamento della tempe-

2.5 La visione orientata al design (il progetto dell’interazione) Secondo Saffer “l’interaction design è l’arte di facilitare le interazioni fra esser

umani attraverso i prodotti e i servizi” (2007, p.4), il suo scopo, infatti, è quello di favorire la comunicazione tra due o più esseri umani o, in misura minore, tra un essere umano e un’entità artificiale capace di ‘rispondere’ in qualche modo, come un computer, uno smartphone o un elettrodomestico digitale. Affinché le persone possano comunicare hanno bisogno di prodotti e servizi in grado di fornire loro un’esperienza ottimale che faciliti l’interazione. Anche Preece et al. (2004) sottolineano il ruolo centrale delle persone, intendendo l’interaction design come un’attività progettuale di artefatti capaci di definire esperienze d’uso che migliorino e potenzino il modo in cui le persone lavorano, comunicano e interagiscono. Sebbene le definizioni riportate non ne facciano esplicitamente riferimento, il design dell’interazione, come disciplina formale, è intrinsecamente legato alla diffusione di artefatti digitali, avvenuta a partire dalla metà degli anni ‘90. Moggridge, al quale si attribuisce l’origine dell’espressione ‘interaction design’, facendo riferimento al lavoro svolto sul tema a partire dalla metà degli anni ‘80, afferma:

“I felt that there was an opportunity to create a new design discipline, dedicated to creating imaginative and attractive solutions in a virtual world, where one could design behaviors, animations, and sounds as well as shapes. This would be the equivalent of industrial design but in software rather than three-dimensional objects. Like industrial design, the discipline would start from the needs and desires of the people who use a product or service, and strive to create designs that would give aesthetic pleasure as well as lasting satisfaction and enjoyment” (2007, p.14).

|||  FIG.2.9  The  Disciplines  of  User  Experience  Design.  L’immagine  è  rielaborata  dallo  studio  envis  precisely GmgH (2013) a partire dallo schema svipullato da Saffer per il testo “Designing for Interaction”.

Si nota come nella visione di Moggridge l’enfasi sia posta sull’importanza di sviluppare progetti orientati ai bisogni e ai desideri delle persone, capaci di offrire piacere estetico e soddisfazione duratura, così come avviene per i prodotti di industrial design. In una prima fase dello sviluppo del design dell’interazione l’interesse era concentrato principalmente su aspetti quali l’engineering usability e gli human factors. L’attenzione dei ricercatori era focalizzata sul modo di rendere operative la psicologia cognitiva e l’ergonomia in metodi specifici per la creazione di interazioni efficaci e prive di errori, col fine di supportare le attività di lavoro. Con la crescente diffusione di strumenti per il computing, dedicati non solo all’attività lavorativa, ma pensati per gli ambienti domestici e il tempo libero, con la nascita di prodotti di consumo digitali interattivi e la pervasività di Internet, le due culture, quella del design e quella più tecnica, di derivazione ingegneristica, si sono mosse verso un interesse comune, orientato più all’uso discrezionale e alla relativa esperienza della persona. Lowgren (2014) afferma che l’interaction design può essere inteso come il dare forma alle cose digitali affinchè le persone possano usarle; egli utilizza volutamente il termine ‘shaping’ a voler sottolineare il legame con l’industrial design e la relativa capacità di dare forma alle cose, evitando, invece, termini quali ‘costruire’, che rimanda all'ingegneria, o ‘fare’, che potrebbe riferirsi più o meno a qualsiasi ambito.

Il concetto di interaction, così, è andato via via definendosi come un approccio più ‘designerly’10 al tema del progetto di artefatti digitali, quali software, dispositivi elettronici, reti di comunicazione, ecc. destinati alle persone, che va oltre i concetti di utilità ed efficienza, per considerare anche altri aspetti.

Vista la complessità cui deve far fronte, il progetto si configura sempre più come un’attività caratterizzata dalla sovrapposizione di conoscenze tipiche di aree tematiche differenti. Così il design dell’interazione costituisce un’area con la quale molte altre trovano punti di contatto. Come si può notare nell’immagine a lato, gran parte delle discipline che costituiscono questo sistema di relazioni, condizionano ciò che viene definita user-experience (UX), l’esperienza dell’utente. La UX prende in considerazione tutti quegli aspetti che caratterizzano l’incontro tra una persona e un artefatto o un servizio “person's perceptions and responses resulting from the use and/or anticipated use of a product, system or service”, come riportato nella norma UNI EN ISO 9241-210:2010.

Come accennato, nell’ambito della HCI, della usability engineering e degli human factors c’è una sensibilità maggiore verso aspetti di tipo strumentale e tecnico. L'interaction design, in quanto attività dall’approccio designerly, pone l’attenzione anche sulle qualità estetiche ed etiche del progetto, le quali non possono in alcun caso essere ignorate. Quando un artefatto sembra essere adatto all’uso e rassicurante anche in termini di responsabilità sociale ed etica, esso ha un impatto 10   Il termine “designerly” è riconducibile a Nigel Cross (2001) e fa riferimento al tipico modo in cui i  designer sviluppano il loro lavoro. L’approccio designerly, secondo Cross richiede la capacità di esplorare  problemi, situazioni e scenari e di interrogarsi su argomenti vari, accadimenti, persone, prodotti e su ciò  che ci circonda.

reale, non solo sull'esperienza complessiva di chi lo utilizza, ma a scala più ampia. Il design dell’interazione considera il destinatario del suo lavoro, non come un utente bensì come una persona, nell’accezione più ampia del termine, inserita in un contesto preciso e dotata di sensibilità, perciò i processi di progettazione devono essere sviluppati conseguentemente.

Storicamente, gli artefatti sviluppati dai progettisti di interazione e dagli esperti di HCI sono prevalentemente assimilabili a degli strumenti; macchine destinate ad essere usate strumentalmente, per risolvere problemi, per portare a termine dei compiti, e, soprattutto, per essere utilizzate singolarmente. Lowgren (2014) sottolinea che gran parte delle conoscenze acquisite e delle best practice sviluppate nel settore dell’interazione è riconducibile a concetti quali l’usabilità, l’utilità, i flussi di attività, gli obiettivi dell'utente. Tuttavia la tecnologia digitale nella società contemporanea è in gran parte utilizzata per la comunicazione, ossia come mezzo, ma presenta delle caratteristiche distanti da quelle dei mezzi di comunicazione personali e di massa precedenti. Ad esempio, consente teoricamente a chiunque di produrre contenuti e consente lo scambio di informazioni in maniera poli-direzionale, cioè da molti verso molti e non soltanto da uno verso molti. Queste caratteristiche, tipiche di quelli che Lowgren definisce ‘collaborative media’ rappresentano una delle aree più importanti per i futuri sviluppi concettuali nell’ambito del design dell’interazione.

L'uso della tecnologia digitale, oggi, è spesso profondamente legata a molti aspetti della vita quotidiana, perciò il tema dell’interazione non solo coincide con lo sviluppo di artefatti digitali, bensì deve considerare anche questioni di carattere non computazionale. Norman (2014) afferma che l’interaction designer deve fare i conti con gruppi di persone, a volte separati dal tempo e dalla distanza, con oggetti non computazionali e con il mondo naturale. Alcuni progettisti che sviluppano servizi e procedure devono preoccuparsi di come questi interagiscono con gruppi di persone, di come funzionano, che tipo di comportamento hanno e che tipo di comportamento inducono, altri devono preoccuparsi di interazione tra macchine, tuttavia, i principi di interaction design non devono limitarsi alla considerazione di singoli individui che interagiscono con sistemi informativi e display. Norman sottolinea che l'interaction design è di fondamentale importanza anche per molti sistemi non-informatici; gli sci, ad esempio, sono uno strumento di interazione, come le mazze da baseball e da cricket, così come il modo con cui guidiamo e controlliamo le nostre automobili. Chi si occupa di interazione deve lavorare con una vasta gamma di tecnologie, oltre a quelle dei sistemi informativi e informatici e considerare l’interazione come una proprietà fondamentale del comportamento umano e sociale in relazione al contesto di riferimento di appartenenza.

Appare chiaro che il tema dell’interazione riguarda non solo i sistemi informativi, tuttavia, questo tipo di tecnologia ormai fa parte di molti aspetti della nostra quotidianità e sta diventando sempre più pervasiva. Il fatto che le dimensioni dei sistemi computazionali diventino sempre più ridotte e che possano essere dispersi

ovunque, passando, così, ‘sullo sfondo’ dei nostri ambienti, ci porta a riflettere sull’avvento del paradigma del disappearing computing. Questo, certamente, influenza il progetto di design e il modo in cui le persone interagiscono con tale tipo di tecnologia, nonché il modo in cui ne vengono condizionate.

L’affermarsi di questo modello di riferimento ha un forte impatto sul design dell’interazione e fa sì che concetti come quello di esperienza d’uso si arricchisca di significato, portando a considerare, oltre agli aspetti strumentali dell’approccio della persona alla tecnologia digitale, anche quelli emozionali (e di carattere estetico).