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IL DISPOSITIVO È IL FOCUS DELLA U

l’industrial design dei dispositivi è molto importante

molte interazioni gestite tramite il dispositivo di base (ad esem- pio, un orologio)

la maggior parte delle funzionali- tà è gestita tramite dispositivo di base (ad esempio, una lavatrice) l’utente vede il servizio come un modo per controllare il dispositi- vo (ad esempio, “ho un app per il mio termostato”)

cambiare il dispositivo di base con uno di marca o modello diverso cambierebbe radical- mente la UX del sistema (ad esempio, il passaggio a un altro tipo di termostato)

l’industrial design dei dispositivi è di basso profilo

le interazioni sono distribuite su più dispositivi

la maggior parte delle funzionali- tà vivono in un servizio ‘cloud’ o nel software del gateway

l’utente vede il dispositivo come un mezzo per attivare il servizio (ad esempio, “l'allarme anti-intru- sioni usa sensori di movimento”) i dispositivi possono essere aggiunti, rimossi o cambiati senza cambiare il funzionamen to principale del sistema (ad esempio, l’uso di un telefono con NFC anzichè una scheda RFID

IL SERVIZIO È IL FOCUS

DELLA UX

||| FIG.5.4 Service-enabled devices e device-enabled service, molti dispositivi e servizi sono a metà  strada. Rielaborata da Rowland (2015).

dell’iceberg del sistema al quale appartiene, e che è la raffigurazione materiale dei servizi che, attraverso la connessione a Internet, potenzialmente può offrire. Egli parla dei prodotti come dei ‘service avatars’, così, la progettazione di dispositivi per l’ubiquitous computing dipende, in gran parte, dalla progettazione del servizio che essi esemplificano. Un servizio può essere manifestato attraverso un artefatto hardware, un software, o entrambi; un servizio può essere costituito da più avatar, che non si somigliano tra di loro, ma sono tutti connessi e orchestrati in modo tale da garantire una UX univoca. Ogni elemento è parte di un ecosistema, così, è necessario riflettere su due aspetti importanti: il processo di progettazione per i service avatars dovrebbe prendere in considerazione tutte le potenziali capacità del servizio, anche se il progetto finale sarà focalizzato solo su una parte di queste; il progetto di qualsiasi avatar dovrebbe tener conto della possibile esistenza di altri avatar per il servizio. Sulla base di questi due aspetti, Kuniavsky, afferma sia possibile sviluppare una strategia progettuale basata sul concetto di service avatar, considerando alcuni elementi:

> Le capacità del servizio: che cosa fa? Come lo fa?

> L’intesa per fornire il servizio: come è organizzata? Come viene comunica? > Il nucleo di funzioni e approcci progettuali che saranno condivisi da tutti gli avatar: quali sono le cose più importanti che il servizio svolge? Qual’è un modo per rendere il servizio coerente, attraverso ogni elemento che lo compone?

> Funzionalità specifiche che saranno eseguite da avatar dedicati: cosa faranno questi avatar specifici, che gli altri non faranno?

Una strategia progettuale basata sul concetto di service avatar inverte, inevitabilmente, il modo di pensare alla tecnologia, così, piuttosto che concentrarci sulla costruzione di un’infrastruttura e poi capire come usarla, ora che abbiamo l’infrastruttura, dobbiamo pensare a come applicare la tecnologia. Questo modo di pensare, in sostanza, inizia con un’idea di servizio, prosegue attraverso un approccio orientato alla ricerca di modi concreti di creare valore per le persone, e successivamente si preoccupa di impiegare tutte le tecnologie a disposizione per fornire tale servizio.

In occasione della presentazione tenuta presso l’Internet of Things Day di Stoccolma, Kuniavsky riferendosi a ecosistemi quali quello proposto da Withings o da Vitality, sottolinea che il valore non risiede tanto nei dispositivi, quanto nella consapevolezza che essi creano, raccogliendo semplici pezzi di informazioni e dando alle persone la possibilità di utilizzarle in modo sensato, tramite la potenza dei servizi cloud-based.

La creazione di ecosistemi, che pongono le persone al centro dell’attenzione, implica la necessità di ragionare in maniera olistica e sviluppare una visione d’insieme di tutte le parti che lo compongono, delle relazioni che si stabiliscono tra queste, nonché dei processi, attraverso i quali, è possibile mantenerne l’equilibrio. Così,

per garantire una user experience complessivamente soddisfacente, è importante considerare un insieme articolato di fattori, relativi alle persone alle quali rivolgiamo la nostra progettazione, ad aspetti tecnici e di comunicazione:

> La persona, ossia le condizioni personali ed emotive dell’utente, quali motivazioni, aspettative, necessità, predisposizione, umore, ecc.;

> Il contesto all’interno del quale si verifica l’interazione, quindi il contesto sociale, quello fisico, ecc.;

> Il sistema progettato e le sue caratteristiche, quindi tipologia dei componenti, funzionalità, estetica, usabilità, ecc., inoltre, anche il modo in cui il sistema viene comunicato, a partire dalle strategie di promozione, fino a servizi di assistenza per l’istallazione e la manutenzione.

Quali implicazioni per la UX in fase d’uso

“The user experience is the totality of end users’ perceptions as they interact with a product or service. These perceptions include effectiveness (how good is the result?), efficiency (how fast or cheap is it?), emotional satisfaction (how good does it feel?), and the quality of the relationship with the entity that created the product or service (what expectations does it create for subsequent interactions?)” (Kuniavsky, 2010, p. 14).

Come abbiamo evidenziato anche nel paragrafo 2.5, la user experience, o esperienza dell’utente, prende in considerazione tutti quegli aspetti che caratterizzano l’incontro tra una persona e un artefatto o un servizio. La user experience, intesa come pratica2, in generale non differisce dall’approccio Human-Centred Design (le sue radici infatti possono essere ritrovate nei principi dell’HCD espressi nella norma UNI EN ISO 9241-210:2010), tuttavia lo user experience design prende in considerazione ulteriori fattori. Così, se i tradizionali fattori di usabilità erano in gran parte legati alla performance e a interazioni lineari, i fattori da considerare in ottica di esperienza, sono anche l’influenza, l’interpretazione, il significato, gli aspetti sociali e quelli relativi alle qualità estetiche.

Sebbene al centro dell’attenzione della user experience ci sia quel periodo

2  Nel documento “User experience white paper. Bringing clarity to the concept of user experience”  gli esperti parlano di tre modi di intendere la user experience: UX come fenomeno; UX come campo di  studio; UX come pratica. Nel primo caso parlano di user experience come fenomeno che si manifesta in  relazione all’utilizzo di un sistema (intendendo per sistema: prodotti, servizi e artefatti separati o combinati  con i quali una persona può interagire attraverso un’interfaccia); di un fenomeno unico e individuale,  condizionato dal contesto culturale e sociale; di un fenomeno riconducibile non solo al concetto di ‘task  analysis cognitiva’ e di ‘usabilità’, poichè l’usabilità perpcepita dalle persone è solo uno degli aspetti  che contribuisce alla user experience. Nel secondo caso, gli esperti, parlano di user experience come  campo  di  studio  che  indaga  il  fenomeno  stesso,  ossia,  come  le  esperienze  si  formano,  oppure  che  tipo di esperienza la persona vive, si aspetta di vivere, o ha vissuto; in questo caso il focus è posto  sull’analisi e sviluppo di metodi di valutazione. Infine, nell’ultimo caso, la user experience è intesa come  pratica: l’attività progettuale orientata alla user experience, attraverso la costruzione di scenari, prototipi  e l’implementazione di specifiche soluzioni di design.

di tempo legato all’effettivo utilizzo del sistema, per i progettisti è importante considerare anche altri momenti nei quali la persona ‘entra in contatto’ con il sistema. Le persone, infatti, possono avere esperienze indirette, prima del loro primo incontro con il sistema in questione, ad esempio, tramite le aspettative generate da esperienze con tecnologie correlate, attraverso il brand, la pubblicità, presentazioni, dimostrazioni, oppure, opinioni di altre persone. Allo stesso modo, l'esperienza indiretta si estende anche dopo l'utilizzo, ad esempio, attraverso la riflessione sull'uso precedente, o attraverso i cambiamenti nelle valutazioni d’uso delle persone.

Progettare artefatti e sistemi supportati dalle tecnologie della connettività richiede al progettista di considerare molti aspetti che influiscono sull’esperienza dell’utilizzatore; Rowland (2015) elabora uno schema molto chiaro che sintetizza tali aspetti, i quali, a nostro avviso, sono particolarmente significativi per l’esperienza legata alla fase di utilizzo, ossia, quella che focalizziamo in questo paragrafo. Lo schema è organizzato a strati e, a partire da basso, troviamo prima gli aspetti meno ‘visibili’ e poi quelli ‘visibili’ alla persona. Questa organizzazione è funzionale a far comprendere la forte connessione tra i vari aspetti, e come ogni livello inferiore condizioni quello superiore, se si guarda all’esperienza complessiva. Sia gli aspetti visibili alla persona che quelli con i quali interagisce indirettamente, condizionano la user experience.

Nel caso di artefatti e sistemi che approfittano delle tecnologie della connettività, come abbiamo visto, spesso la fase di utilizzo è caratterizzata dalla presenza di più elementi che compongono un ecosistema. L’esperienza di fatto è frammentata tra più elementi e, affinché questa sia positiva, il rapporto tra gli elementi deve essere ottimale. Per approfittare delle funzionalità che un artefatto o sistema connesso offre, in maniera organica, spesso, si interagisce con lui attraverso interfacce ‘fisiche’, non necessariamente GUI, con applicazioni per dispositivi mobili e con applicazioni per browser Web. Tale articolazione fa sì che, per la persona, la comprensione del sistema nella sua interezza, possa diventare più complessa, così, proprio per favorire lo sviluppo di esperienze significative, è importante

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