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Lavoro di ricerca qualitativa sugli studenti del corso di IC cinese-italiano – Cdl ITES, Università Ca’ Foscar

3.3 Difficoltà preliminar

Il lavoro di ricerca che ho svolto è nato come un progetto avente un suo contenuto, una struttura delineata fin da subito e, soprattutto, una forte volontà da parte mia di essere portato avanti, ma si poggiava su una base estremamente fragile. Avevo infatti pochissime certezze e molti dubbi sulle reali possibilità di concretizzare la ricerca, considerando i mezzi che avevo a mia disposizione per raggiungere questo obiettivo. Innanzitutto perché l’analisi di studenti agli inizi della loro carriera da interpreti avrebbe comportato un processo di osservazione critica e raccolta di dati in una visione del tutto personale. In secondo luogo, questo avrebbe implicato l’espressione di un giudizio, pur se del tutto soggettivo e considerabile per quello che è, cioè una valutazione data da una studentessa del secondo anno di laurea magistrale in interpretariato.

Per quanto sia forte il mio interesse verso la disciplina e la motivazione nel voler tentare di diventare interprete una volta concluso il percorso universitario, ho ancora pochissima, se non nessuna esperienza in questo campo. Al contrario, gli autori di moltissime riceche di IR sono su larga scala professori universitari, ricercatori che si occupano dell’ambito di interpretariato e hanno approfondito aspetti di particolare interesse o interpreti professionisti. Mi si poneva quindi un grande interrogativo, mi chiedevo se e in che modo sarei riuscita a portare a termine un progetto ambizioso ma rischioso al tempo stesso, poiché non mi sentivo all’altezza del percorso che, pur consapevolmente, avevo deciso di intraprendere.

3.3.1 Bibliografia di IR e tipologia di analisi

In secondo luogo, non mi era molto chiaro come si svolgesse un lavoro di analisi. Prima ancora di considerare quello che sarebbe stato il fulcro del caso di studio, ero incerta su come avrei dovuto trattare un lavoro di ricerca che presentasse caratteristiche idonee, non avendolo mai affrontato durante il percorso universitario. Fin dall’inizio della raccolta del materiale per questa parte di tesi in un certo senso più pratica, non sapevo se esistesse una bibliografia da consultare per ottenere linee guida per la raccolta e la successiva elaborazione dei dati.

professionisti, a consigliarmi testi che si occupano di IR, che mi sono stati di grande aiuto. Gli scritti in materia si occupano infatti di spiegare quali siano le fasi della ricerca in campo di interpretariato e quali siano le difficoltà e i dubbi che si possono incontrare in ciascuna di queste. Essi chiariscono, inoltre, quali siano le più importanti domande (e relative risposte) che bisognerebbe porsi in una fase precedente la ricerca vera e propria, per chiarire quali vogliano essere i contenuti e gli intenti della stessa.

Avrei dovuto anche stabilire a quale tipologia dovesse appartenere l’analisi, ovvero se dovesse essere di tipo quantitativo o qualitativo. Come è stato esposto, l’obiettivo di quest’ultimo tipo di analisi non consiste nell’esposizione numerica della frequenza del presentarsi di alcuni parametri, ma piuttosto di chiarire le ragioni per cui tali fattori si verifichino. Una volta stabilito, quindi, che il tipo di analisi che avrei voluto intraprendere fosse di tipo qualitativo, si poneva il problema di come organizzare l’analisi vera e propria. Avrei dovuto capire quanti e quali dati mi servisse reperire, ma anche in che modo raccoglierli e schematizzarli per procedere alla fase di analisi ed esposizione dei dati.1

3.3.2 Preparazione della fase di osservazione

L’osservazione mi sarebbe servita a trascrivere sul blocco ciò che vedevo durante l’interpretariato e a trarne delle conclusioni in un secondo momento. Ciò sarebbe stato possibile assistendo alle lezioni della professoressa Zhu, che divide gli studenti in due gruppi in ordine alfabetico, a seconda della lettera iniziale del loro cognome. Avrei potuto, però, osservare le lezioni di uno solo dei due gruppi, quello dei ragazzi con cognomi M-Z, poiché l’orario delle lezioni dell’altro gruppo, quello dei ragazzi con cognomi A-L, si sovrapponeva alle mie lezioni di interpretariato 2. Già in partenza sapevo, quindi, che avrei preso in considerazione un campione ristretto, che non rappresentava la totalità degli studenti, ma solo una parte di essi. Inizialmente pensavo che questo avrebbe pesato sullo svolgimento dell’analisi, in quanto avrebbe fornito dati parziali e non del tutto rappresentativi.

Dall’altro lato, invece, ho pensato che lo svolgimento di un’indagine su un campione più ristretto di persone sarebbe stato più funzionale e mi avrebbe permesso di gestire meglio

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La ricerca condotta attraverso un approccio qualitativo, il “qualitative approach”, è molto più frequente di quella a carattere quantitativo per progetti che si occupano di IR, come dimostra lo studio che ha considerato 48 articoli pubblicati sulla rivista specialistica Interpreting nel periodo tra il 2004 e il 2009. Di tutti e 48 gli articoli presi a campione, 26 hanno utilizzato il cosiddetto “Qualitative Discourse Method”, mentre solo 22 l’approccio quantitativo. Liu Minhua, “Methodology in Interpreting Studies: A Methodological Review of Evidence-Based Research”, op. cit., pp. 47-108.

la situazione, senza il rischio di ottenere troppe informazioni e non considerarle con la dovuta attenzione. Inizialmente pensavo che forse non avrei avuto dati a sufficienza per supportare determinate affermazioni, perciò ho pensato che in casi estremi, come una raccolta dati troppo scarsa o non appropriata, avrei preso in considerazione l’idea di abbandonare la ricerca. Speravo di non trovarmi in questa situazione perché mi sarebbe dispiaciuto molto dover rinunciare a un progetto in cui credevo, ma per fortuna non è stato questo il caso.

Mi chiedevo, infine, quanto tempo avrei dovuto dedicare alla lettura del materiale prima di poter cominciare a scrivere la parte di ricerca. La tendenza che ho avuto, che ho poi riscontrato essere abbastanza comune ai “novices” senza alcuna esperienza alle spalle, è quella di temere il distacco dalle fonti cartacee per dedicarsi alla pratica della ricerca e alla sua seguente esposizione. Lo svolgimento di un’attività basata quasi unicamente sull’utilizzo di materiale creato ad hoc e con caratteristiche molto personali, trattandosi sempre di osservazioni proprie, può creare un senso di spaesamento. Nel mio caso questo è sfociato in dubbi riguardanti la correttezza e l’esaustività del materiale raccolto, ma anche la sua idoneità sul piano contenutistico e formale. Per questo ho cercato di leggere il più possibile altri esempi di ricerche svolte e di cercare di capire nel corso della ricerca se i dati raccolti assomigliassero in qualche modo alle tesi proposte, adattandoli ad esse se necessario.2