Lavoro di ricerca qualitativa sugli studenti del corso di IC cinese-italiano – Cdl ITES, Università Ca’ Foscar
3.6 Risultati dell’analis
3.6.3 b) Metodo di presa di appunt
Una volta considerato quanto è scritto negli appunti, passiamo a esaminare come gli appunti siano stati scritti, il secondo degli aspetti più significativi di questa fase. Ho osservato anche in questo caso reazioni differenti degli studenti dovute a diversi motivi, tra cui il tempo dedicato all’esercizio di ascolto, ma anche quello necessario alla ricerca e all’adozione di un metodo di presa di appunti personale che risultasse adeguato. Va inoltre valutato il tipo di fonte cinese ascoltata, che può andare dalla lettura di un testo con l’oratore presente, a un video di un cinese madrelingua che parla a velocità sostenuta o, ancora, a una conferenza in cui ci si trova a prendere appunti davanti a un pubblico molto numeroso. Non meno importante, il possibile cambiamento del metodo di presa di appunti nel caso di uno studente cinese che debba sempre eseguire una traduzione attiva.
In IC vale la regola per cui la presa di appunti può utilizzare qualsiasi sistema unisca elementi linguistici, non necessariamente appartenenti a un’unica lingua, simbolici e numerici. Tutti questi metodi possono facilitare l’interprete a compiere un doppio passaggio. Il primo è quello di estrapolare la parola dalla sua definizione in lingua di partenza per elaborarla e trascriverla sul blocco in forma di concetto. Il secondo è rappresentato da una elaborazione ulteriore, che porta quello stesso concetto a essere tradotto con il termine corrispondente in lingua di arrivo. Essendo questo un sistema che implica un processo cognitivo di comprensione ed elaborazione delle informazioni, non può che essere strettamente personale e
legato al proprio modo di pensare e di associare le informazioni in modo intuitivo. È naturale, quindi, che non esista una regola oggettiva e univoca. Quello che solitamente si fa durante le lezioni di interpretariato è far vedere degli esempi di simboli o abbreviazioni utilizzati dai docenti durante gli interpretariati svolti, cercando di far capire come rendere del tutto personali i punti scritti, in modo che risultino chiari al momento della resa.
A fronte di ciò e dei fattori elencati in precedenza, vi sono due strade diverse, che possono essere sintetizzate ed elencate. La prima è quella che comprende il metodo di presa di appunti che ho visto utilizzare più spesso e che si è modificato in parte nel tempo. Sia durante il primo anno di corso sia per circa la metà degli studenti del secondo anno e per una durata variabile di lezioni, gli appunti sono stati presi in pinyin, utilizzando, cioè, la trascrizione fonetica dei caratteri cinesi. Di solito si tende a utilizzare questo sistema nella prima fase del corso, quando non si è ancora maturata una solida capacità di ascolto e un conseguente metodo personale di presa di appunti. Lo stesso sistema viene poi abbandonato per preferire la scrittura delle parole, almeno quelle di cui si riesce a capire subito il significato, in lingua di arrivo, italiano o inglese, spesso con abbreviazioni piuttosto diverse. Per gli studenti italiani, gli appunti in pinyin sono stati un sistema di presa di appunti all’apparenza vantaggioso ma che ha presentato un alto fattore di rischio. Questo perché se da un lato hanno evitato all’interprete di compiere il passaggio ulteriore di traduzione dei concetti dal cinese all’italiano in fase di ascolto, dall’altro hanno rallentato di molto i tempi in fase di resa, in cui è richiesto questo passaggio obbligato prima di procedere alla produzione linguistica vera e propria.
Non a caso, i ragazzi del secondo anno hanno fatto ricorso alla presa di appunti in
pinyin proprio nei casi in cui hanno avuto problemi di comprensione del lessico o dei numeri,
che non sono stati convertiti nel sistema numerico italiano, ma sono stati lasciati in quello cinese. In tutte queste occasioni gli studenti erano consapevoli dell’utilizzo di un metodo che non li avrebbe agevolati in fase di resa, ma che li avrebbe anzi ostacolati. “La difficoltà principale è stata l'ascolto: non riuscivo a capire sempre il significato delle parole che ascoltavo, per cui ho preso molti appunti in pinyin, complicando la situazione”.
In un altro caso, l’utilizzo della presa di appunti in pinyin ha avuto una causa scatenante molto diversa dalla prima. Durante un’intervista posta agli interpreti della Mock Conference, è emerso come la presa di appunti durante la conferenza sia stata influenzata molto rispetto alla presa di appunti svolta in altre occasioni. “Quando mi sono trovata li alla Mock Conference io non volevo prendere appunti in pinyin ma era l’unica cosa che riuscivo a fare e non me lo aspettavo perché invece in altre occasioni, ad esempio durante le lezioni con
Zanini o in altre occasioni in cui c’era da prendere appunti li ho sempre presi in italiano e invece in quell’occasione mi sono trovata a scrivere cose in pinyin non di mia volontà, forse perché mi sono abituata così, magari anche per il fattore nervosismo, perché magari essendo nervosa ho fatto la prima cosa che mi veniva di fare d’istinto e non ho pensato effettivamente a quale fosse la cosa giusta da fare in quel momento”.
Per gli studenti del primo anno la strategia dell’utilizzo del pinyin per la presa di appunti è applicata nella stragrande maggioranza dei casi e per più ragioni. Una delle più frequenti è correlata alle difficoltà sul piano lessicale, poichè se non si conosce il significato delle parole le si appunta in pinyin pur di non lasciare uno spazio vuoto sul blocco. Lo stesso capitava a me e ai miei compagni durante alcune lezioni in cui vi erano parole non conosciute, o perché non incluse nei glossari o perché studiate ma non ricordate al momento dell’ascolto.
A fianco a questa c’è la seconda strada del bivio, quella che ha visto i ragazzi prendere appunti in italiano o, ancora meglio, utilizzando un sistema misto che comprendeva italiano, caratteri cinesi e simboli, creati ad hoc o ripresi da diverse lingue o dall’ambito della matematica, della fisica, ecc. Ad esempio, lettere maiuscole, cerchiate o sottolineate per indicare un unico concetto, simboli matematici come quello di infinito ∞, di esistenza ℮ o non esistenza, uguale = o diverso ≠, maggiore ≥ o minore di ≤ o ancora lettere dell’alfabeto greco come alfa α e omega Ω per indicare inizio e fine ecc. Si comincia a percepire l’importanza della ricerca e dell’uso di simboli per avere concetti chiari e immediatamente comprensibili, che non devono necessariamente sostituire le parole abbreviate ma possono essere integrate a queste con grande vantaggio per l’interprete.