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LA MUTUA ASSISTENZA TRA GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA NELLA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI

5. L’assistenza nella riscossione coattiva

5.2 L’esecuzione della domanda di recupero

5.2.3 La dilazione e la rateizzazione

La direttiva e le altre fonti internazionali precisano che l’autorità adita, se il diritto in-terno dello Stato adito lo consente, può concedere una dilazione di pagamento o un pagamento rateale, informandone l’autorità richiedente365.

Nel caso in cui lo Stato adito sia l’Italia, trovano quindi applicazione le disposizioni sulla dilazione di pagamento ex art. 19 del d.lgs. 602/1973.

La dottrina si è posta il problema se lo Stato membro richiedente sia vincolato al ri-spetto della dilazione o della rateizzazione concessa dallo Stato membro adito, evi-denziando tuttavia che si tratta di una questione più che altro teorica, dal momento che, se è stata formulata una richiesta di assistenza nella riscossione, il debitore non dovrebbe possedere in patria beni aggredibili dall’amministrazione finanziaria dello Stato richiedente366.

5.2.4 Le preferenze

La disciplina delle preferenze rappresenta la più importante eccezione al principio di equivalenza.

La direttiva 2010/24/UE prevede, all’art. 13, par. 1, terzo capoverso, che lo Stato membro adito non è tenuto a concedere ai crediti sorti nello Stato membro richie-dente le stesse preferenze accordate a crediti analoghi sorti nello Stato adito, a meno

365 Cfr. art. 13, par. 4 della direttiva 2010/24/UE; art. 16 della Convenzione di Strasburgo del 25

gen-naio 1988.

366 DE TROYER,I., Tax Recovery Assistance in the EU: Execution of Requests for Recovery and/or Precautionary

che vi siano diversi accordi o diverse disposizioni nella legislazione dello Stato mem-bro adito367.

La medesima norma prevede inoltre che, se uno Stato membro concede preferenze ai crediti di un altro Stato membro, non può, alle stesse condizioni, rifiutare di accorda-re le medesime paccorda-refeaccorda-renze anche ai caccorda-rediti analoghi di altri Stati membri (c.d. “clauso-la del“clauso-la nazione più favorita”) 368.

Le “preferenze” cui si riferisce la direttiva sono essenzialmente le cause legittime di prelazione, cioè gli istituti che assicurano un prioritario soddisfacimento del credito in caso di esecuzione concorsuale. Nel nostro ordinamento, si tratta dei privilegi, delle ipoteche e del pegno.

Il legislatore nazionale ha scelto di non accordare agli altri Stati membri le preferenze che nel nostro ordinamento sono accordate ai crediti tributari (rappresentata essen-zialmente dai privilegi previsti dal codice civile). L’art. 8, comma 13 del d.lgs. 149/2012 stabilisce infatti che «I crediti di cui all’articolo 1, comma 2, non godono del grado di

prelazione di crediti analoghi sorti nel territorio nazionale, salvo diverso accordo con gli altri Stati membri».

Un’ipotesi problematica è rappresentata dall’ipoteca esattoriale ex art. 77 del d.p.r. 602/1973, che oltre a costituire una garanzia reale in favore del fisco rappresenta an-che una causa legittima di prelazione e dovrebbe quindi probabilmente ritenersi in-clusa nel concetto di “preferenze”. L’art. 8, comma 6, ult. periodo del d.lgs. 149/2012 dispone però che sulla base del titolo uniforme «può essere iscritta l’ipoteca di cui all’articolo

77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602», superando così ogni

possibile dubbio sull’applicabilità di tale misura.

La regola sopra esaminata è espressa in termini analoghi anche dall’art. 15 della Con-venzione di Strasburgo, secondo cui «The tax claim in the recovery of which assistance is

pro-vided shall not have in the requested State any priority specially accorded to the tax claims of that State even if the recovery procedure used is the one applicable to its tax claims».

367 DE TROYER,I., Tax Recovery Assistance in the EU: Execution of Requests for Recovery and/or Precautionary

Measures in Other EU Member States, cit., 210, il quale ritiene che tali accordi o disposizioni possano

avere ad oggetto anche solo alcune specifiche categorie di crediti.

La norma si preoccupa dunque di specificare che le preferenze non riconosciute sono solo quelle specificamente riferibili ai crediti tributari dello Stato adito (“specially

accor-ded to the tax claims of that State”).

L’art. 27, par. 5, primo periodo del Modello OCSE dispone infine che

«Notwithstand-ing the provisions of paragraphs 3 and 4, a revenue claim accepted by a Contract«Notwithstand-ing State for pur-poses of paragraphs 3 or 4 shall not, in that State, be […] accorded any priority applicable to a rev-enue claim under the laws of that State by reason of its nature as such». Il secondo periodo

del-la norma citata precisa inoltre, specudel-larmente, che «a revenue cdel-laim accepted by a

Contract-ing State for purposes of paragraphs 3 or 4 shall not, in that State, have any priority applicable to that revenue claim under the laws of the other Contracting State».

La norma stabilisce dunque anche qui che le preferenze non riconosciute sono solo quelle che lo Stato adito accorda ai propri crediti tributari in ragione della loro natura (“by reason of its nature as such”).

La prassi internazionale chiarisce, a questo proposito, che lo Stato adito può sempre avvalersi delle cause legittime di prelazione che non dipendono dalla natura tributaria del credito, ma dall’applicazione di principi e regole di diritto comune369.

Le regole fin qui esaminate sono state oggetto di autorevoli critiche già in epoca risa-lente370. La ragione per cui esse sono sostanzialmente rimaste immutate nel tempo è che tali regole permettono da un lato di evitare “competizioni” tra i crediti dello Stato richiedente e dello Stato adito371, che andrebbero a danno della collaborazione, e dall’altro di non penalizzare eccessivamente i creditori diversi dal fisco, che si trove-rebbero infatti a dover concorrere non solo con l’amministrazione finanziaria locale, ma anche con quella straniera372.

369 Cfr. il par. 151 del Revised Explanatory Report, dove si chiarisce che la norma non limita in alcun

mo-do la possibilità per lo Stato adito di ottenere garanzie per il credito tributario dello Stato richiedente «in general law» e il par. 27 del Commentario all’art. 27 del Modello OCSE, dove si precisa invece che la norma non si applica alle regole che comportano una preferenza dei crediti sorti anteriormente rispet-to a quelli sorti in un momenrispet-to successivo. La questione è trattata anche al par. 50 del Manual on

Im-plementation of Assistance in Tax Collection del 26 gennaio 2007.

370 GRIZIOTTI, B., L’imposition fiscale des ètrangers, in Recueil des cours de La Haye, 1926, Tome 13, 118.

371 Cfr. par. 149 del Revised Explanatory Report.

5.2.5 Le sanzioni

Le sanzioni applicabili dovrebbero essere le stesse previste nello Stato adito per l’inottemperanza all’ordine di pagamento.

Il principio di equivalenza dovrebbe comunque in questo caso scontare dei limiti: ad esempio, è stato osservato che lo Stato adito non potrebbe applicare sanzioni quali il carcere per il mancato pagamento dei debiti tributari373. Il che è sicuramente condivi-sibile, se non altro perché misure di questo genere possono essere difficilmente intese come “misure di recupero” del credito.

Il mancato pagamento del debito, in ogni caso, se lo Stato adito è l’Italia, non do-vrebbe poter essere sanzionato.

Le sanzioni per omesso versamento previste dall’art. 13, comma 3 del d.lgs. 471/1997 per il mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto si applicano infatti «Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo», e la procedura di re-cupero dei crediti tributari di altri Stati membri è fondata sul titolo uniforme, che è equiparato all’iscrizione a ruolo per effetto dell’esplicita previsione contenuta nell’art. 8, comma 9 del d.lgs. 149/2012.