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LA COLLABORAZIONE TRA GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA NELLA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI: PROFILI GENERALI

5. Il problema della tutela dei soggetti privati

La collaborazione tra gli Stati membri nella riscossione dei tributi può indubbiamente produrre effetti positivi anche per i contribuenti, dal momento che essa consente una migliore tutela dei sistemi fiscali nazionali e del mercato interno, con evidenti benefici indiretti anche per chi opera all’interno dell’Unione europea.

Le norme sulla collaborazione nella riscossione dei tributi, come si è accennato fin dall’inizio, pongono però anche gravi problemi di tutela del soggetto privato che da tale collaborazione è inciso. Le ragioni di tali criticità sono almeno due.

La prima è che le norme sovranazionali sulla collaborazione nella riscossione dei tri-buti si rivolgono agli Stati e non ai singoli, e difficilmente, quindi, si può ritenere che esse fondino direttamente posizioni soggettive azionabili da un privato dinanzi a un giudice.

to, esso si pone in forma impropria, come problema di diritto processuale civile internazionale, e consiste nel vedere quali procedure giudiziarie possono essere sperimentate per ottenere, sia l’adempimento di obbligazioni che nascono dall’esercizio del potere tributario straniero, sia l’esecuzione delle sentenze straniere che ne accertano l’esistenza».

La seconda ragione, strettamente connessa alla prima, è che solitamente tali norme non contengono alcuna indicazione sui profili attinenti alla tutela dei soggetti privati, o se la contengono si tratta di indicazioni estremamente generiche, che necessitano quindi di essere adeguatamente sviluppate193.

I problemi possono sorgere sia nella collaborazione a livello normativo, sia nell’assistenza amministrativa e giudiziaria, e sono connessi in entrambi casi princi-palmente dalla circostanza che la potestà di impositiva si articola e si sviluppa nell’ambito di più Stati diversi.

La problematica si pone dunque in primo luogo per la collaborazione sul piano nor-mativo: per riprendere l’esempio dell’euro ritenuta, si pensi alla possibilità che l’agente pagatore non avesse effettuato tale prelievo sugli interessi versati al beneficia-rio effettivo, ma che quest’ultimo avesse comunque assolto le imposte dovute nello Stato membro di residenza: l’agente pagatore avrebbe potuto far valere questa circo-stanza per evitare di essere sottoposto all’esecuzione esattoriale? E a quale giudice avrebbe dovuto rivolgersi? Sono questioni per nulla marginali, che qui non si posso-no sviluppare a causa dell’attuale scarsa rilevanza della collaborazione sul piaposso-no pu-ramente normativo, ma che meriteranno probabilmente un giorno di essere appro-fondite.

Le problematiche più attuali e più gravi sono allora ovviamente quelle che si pongo-no a fronte della collaborazione tra gli Stati nell’attuazione degli obblighi di assolvi-mento dei tributi in via amministrativa o giudiziaria. Anche qui, la “frammentazione” della potestà impositiva su più Stati diversi rischia di tradursi in evidenti difficoltà di accesso alla tutela giurisdizionale.

La dottrina sembra comunque aver dato sempre per scontato che una tutela piena ed effettiva del soggetto inciso dalla procedura di assistenza possa essere ricavata almeno in via interpretativa. Si pensi ad esempio alle prime riflessioni svolte dalla dottrina amministrativistica sulla tutela dei singoli nell’ambito della collaborazione “attiva”,

193 Nella direttiva 2010/24/UE, l’unico esplicito riferimento alla tutela dei soggetti privati è contenuta

al considerando n. 21, dove si legge che «La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi

riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». L’art. 21 della Convenzione di

Strasburgo del 25 gennaio 1988, solennemente rubricato «Protection of persons […]», si limita a stabilire, al par. 1, che «Nothing in this Convention shall affect the rights and safeguards secured to persons by the law or

admi-nistrative practice of the requested State», risolvendosi così in un mero richiamo ai diritti e alle garanzie

rin-venibili nel diritto interno dei singoli Stati. L’art. 27 del Modello OCSE non contiene neppure un ge-nerico richiamo al diritto interno.

dove sembra darsi per assodato che le invalidità degli atti del procedimento di assi-stenza che incidono sui diritti o sugli interessi dei singoli possano essere sempre cen-surate dinanzi all’autorità giudiziaria e condurre quindi alla rimozione degli atti mede-simi194.

Alla stessa conclusione dovrebbe potersi giungere oggi in base all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che sancisce il diritto a una tutela giuri-sdizionale effettiva. Come si avrà modo di notare in seguito, è questa sostanzialmente la posizione assunta ancora oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella fondamentale sentenza del 26 maggio 2017, causa C-682/15 (Berlioz).

La ricerca di adeguati mezzi di tutela dei singoli nell’ambito delle procedure di assi-stenza nella riscossione dei tributi costituisce dunque uno degli obiettivi principali della presente trattazione. Il tema potrà però essere affrontato solo all’esito di una compiuta ricostruzione del dato normativo e delle procedure di assistenza che in esso trovano fondamento.

194 BISCOTTINI, G., Diritto amministrativo internazionale, cit., 161, il quale distingueva a seconda che l’attività da porre in essere nello Stato adito avesse carattere «preliminare», e non fosse quindi diretta-mente in grado di influire sui diritti o sugli interessi dei singoli (come nel caso di attività preliminari all’accertamento quali lo scambio di informazioni) o che tale attività rappresentasse invece la «fase fi-nale» di una sequenza di atti, e fosse quindi invece idonea a incidere su tali diritti o interessi (come nel caso dell’assistenza nella riscossione qui in esame). L’autore non dubitava che in entrambi i casi al sin-golo dovesse essere assicurata tutela, anche se in forme diverse: nel primo caso, l’invalidità dell’atto dello Stato adito si sarebbe tradotta in una invalidità del provvedimento finale emesso nello Stato ri-chiedente; nel secondo caso, l’invalidità avrebbe potuto invece essere fatta valere direttamente nello Stato adito.

CAPITOLO IV

LA MUTUA ASSISTENZA TRA GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE