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Dinamiche dei posizionamenti competitivi e di settore

Il mercato è dinamico ed in continuo mutamento e le imprese al suo interno tenteranno di migliorare continuamente il loro posizionamento competitivo. I tentativi da parte delle diverse imprese di raggiungere un posizionamento strategico migliore danno origine ad una serie di movimenti, all’interno ed ai confini del sistema. La mossa del singolo operatore tende, a sua volta, a provocare una o più contromosse dei suoi concorrenti o di altre aziende, poiché all’interno del settore le varie imprese sono fra loro interdipendenti e l’andamento di ciascuna può essere influenzato dalle scelte e dalle azioni delle altre, determinando diverse dinamiche dei posizionamenti strategici delle imprese.80 Si arriva così a

parlare di quelle che sono le dinamiche competitive, definite come quella serie di mosse e delle contromosse o, in altri termini, l’insieme delle manovre concorrenziali, in cui sono

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impegnati i diversi attori di un sistema competitivo e che dipendono in larga misura dalla struttura e dalle dinamiche del settore.81 Le dinamiche competitive risultano differenti per

forma e intensità da settore a settore e, all’interno di un settore, da periodo a periodo. L’intensità delle dinamiche originate dalla strategia competitiva di un’impresa varia a seconda:

a) delle caratteristiche della strategia stessa in termini di obbiettivi, aggressività, determinanti del vantaggio competitivo impiegate ecc.;

b) della situazione in cui si trova il settore (tasso di sviluppo della domanda, rilevanza quote di mercato per l’ottenimento delle economie di scala, grado di consolidamento delle posizioni raggiunte dai vari operatori, abitudini alla competizione).

Per quanto riguarda le caratteristiche della strategia adottata, il confronto competitivo sarà tanto più intenso quanto più le strategie di ingresso metteranno in discussione le posizioni di leadership all’interno del settore e quanto più le azioni adottate da un operatore risultino minaccianti e credibili. Quanto alle caratteristiche del settore si può ipotizzare che le dinamiche competitive siano tanto più contenute quanto più un settore è giovane e si colloca nelle prime fasi del proprio ciclo di vita. In ogni sistema competitivo è possibile individuare una serie di movimenti e di interazioni competitive fra le varie categorie di operatori coinvolti nelle dinamiche dei posizionamenti strategici di un settore82, dove i

81 Mazzola P., Le dinamiche competitive: strategie di ingresso, attacco e difesa, Milano, 1998.

82 Le categorie di operatori coinvolti nelle dinamiche dei posizionamenti strategici in un settore sono:

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comportamenti che più di frequente danno avvio e alimentano le interazioni competitive all’interno del settore sono rispettivamente, le strategie d’ingresso, di attacco e di difesa.83 Le strategie di ingresso:84 spesso le imprese

cercano di entrare in nuovi mercati, segmenti o nuovi Paesi, e quando questo accade, l’azienda deve sviluppare una strategia competitiva coerente con le caratteristiche dei nuovi business per raggiungere un equilibrio duraturo. L’entrata dell’azienda in un nuovo mercato pone all’azienda il problema di dove entrare (ricerca del giusto posizionamento competitivo), oltre a quello di con cosa entrare, cioè con quali clienti, sistema di prodotto, struttura, sistema di attività e insieme di risorse, e soprattutto contro chi (contro quali concorrenti). Quindi se un’azienda intende entrare in un nuovo mercato deve avere una strategia mirata a penetrare in esso: deve predisporre un insieme di scelte ed azioni mirate, che avranno l’obiettivo di guidare l’azienda nella fase di introduzione in una determinata arena competitiva. Le strategie di ingresso, essendo specificatamente rivolte ad affrontare problemi dell’entrata in nuovo spazio competitivo, hanno inevitabilmente natura transitoria e contingente e quindi sono destinate nel tempo a trasformarsi in strategie competitive di sviluppo, penetrazione e consolidamento. La strategia d’ingresso assume due contenuti differenti a seconda che l’impresa voglia sviluppare in seguito una

fornitori; le singole imprese del settore e le aziende produttrici di beni sostitutivi; le singole imprese già operanti nel settore e i potenziali entranti; le singole imprese e i propri clienti. Invernizzi G.,

Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008.

83 G. Invernizzi, Strategia Aziendale e Vantaggio Competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008. 84 “insieme di scelte e azioni finalizzate a guidare l’impresa nella fase di introduzione in un’arena

competitiva e a predisporre le condizioni necessarie per sviluppare successive strategie competitive di più ampio respiro.” G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, op. cit., pag. 308.

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strategia competitiva orientata alla conquista di un’ampia quota di mercato oppure a dominare solo una nicchia. Nel primo caso la strategia d’ingresso sarà rivolta a costruire all’interno del nuovo mercato una posizione sufficientemente forte, che possa essere ben difesa dalle minacce del mercato stesso, che rappresenti sia un punto dove l’azienda ottiene una certa redditività, e abbia un certo vantaggio competitivo, ma anche un punto di partenza per definire ogni altra azione strategica. Nel secondo caso l’azienda può decidere di predisporre una strategia d’ingresso rivolta a muovere i primi passi verso una nicchia che intende successivamente dominare. L’ingresso in un nuovo mercato è generalmente diviso in tre fasi: la fase preliminare, la fase di entrata vera e propria e la fase di sviluppo e penetrazione. Queste tre fasi sono caratterizzate da attività, obbiettivi e livelli di rischio diversi.

• La fase preliminare, ossia la fase che precede l’ingesso vero e proprio dell’impresa in una nuova arena competitiva. L’azienda tende a tastare la nuova arena competitiva tramite attività di raccolta d’informazioni, attraverso indagini di mercato, studi, ricerche e test con le quali arrivare a comprendere le caratteristiche strutturali di un settore, la sua segmentazione, eventuali fattori critici di successo necessari, il tipo di clientela ed i loro bisogni, ecc. Il risultato di questa prima fase del processo di ingresso è rappresentato dall’individuazione del cliente target e del segmento di mercato in cui entrare, dalla scelta del sistema di prodotto da offrire, dall’individuazione della struttura da coinvolgere, dalla scelta dei modi e dei

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tempi giusti per procedere all’entrata. Tutto ciò consente di formulare un primo giudizio in merito alla fattibilità\convenienza dell’entrata. In questa fase il rischio sostenuto dall’impresa è piuttosto contenuto, poiché le intenzioni sono difficilmente percepibili dai concorrenti e i costi sono ridotti;

• Nella fase di entrata vera e propria l’impresa muove i primi passi nella nuova arena competitiva e si impegna a creare le condizioni per poter iniziare a operare. L’obbiettivo in questa fase è la verifica delle conoscenze maturate, l’acquisizione delle informazioni indispensabili per compiere scelte più strutturali e la costruzione di una presenza funzionale alla realizzazione della prospettiva di lungo periodo. Il rischio aumenta poiché le intenzioni della entrante vengono manifestate e potrebbero scatenare la reazione dei concorrenti, inoltre aumenteranno i costi per via degli investimenti sostenuti;

• Il processo di ingresso in una nuova arena competitiva termina con il passaggio a una strategia competitiva di sviluppo e di penetrazione finalizzata a realizzare gli obbiettivi di più ampio respiro che, possono essere costituiti dalla dominanza di una nicchia limitata o dal raggiungimento di un raggio di azione ampio. A tal fine l’impresa realizza gli investimenti più idonei a garantirle quel successo duraturo che era lo scopo dell’ingresso nel mercato. In questa fase l’impresa compie sforzi economici importanti e il costo di un’eventuale ritirata diviene massimo, ma con il passare del tempo se l’imprese consolida la propria presenza riduce il rischio

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di non riuscire a fronteggiare eventuali reazioni dei concorrenti.

Nella realtà spesso le tre fasi sono sovrapposte e confuse. Le strategie di attacco al leader:85 È quasi inevitabile che le

imprese, nel realizzare i propri disegni di sviluppo, o a seguito dell’ingresso in un nuovo ambito competitivo, finiscano con l’attaccare altri operatori sottraendo loro quote di mercato e opportunità di crescita futura. In tal senso, quasi tutte le strategie competitive, possono essere considerate strategie di attacco. In alcuni casi però le imprese si trovano ad affrontare un problema più specifico: ovvero attaccare il leader di un settore per sottrargli una quota più o meno consistente nel mercato. Tuttavia, il leader gode spesso di alcuni vantaggi nei confronti di tutti gli altri attori presenti in un dato ambito competitivo (es. migliore reputazione, vantaggi di scala, presidio dei segmenti di mercato più importanti ecc.). L’attacco al leader risulta quindi un’opportunità piena di rischi. Secondo Porter “la regola fondamentale della strategia offensiva è quella di non attaccare frontalmente con una strategia imitativa, indipendentemente dalle risorse o dalla capacità di resistenza dello sfidante”86. La prima condizione che deve

essere verificata per poter attaccare il leader è l’esistenza di un qualche vantaggio competitivo (potenziale) di costo o di differenziazione nei confronti del leader stesso da poter raggiungere. La seconda condizione è l’efficienza, l’azienda

85 “quell’insieme di scelte e di azioni poste in essere da uno o più operatori nell’intento di annullare il

divario che li separa dal leader e di sostituirsi a esso.” G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio

competitivo, op. cit., pag. 312.

86 Porter M., Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance, Free Press, New

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deve essere in grado di raggiungere rapidamente l’efficienza piena e nel breve termine la stessa efficienza del leader per poter competere. In ogni confronto competitivo il leader prima o poi reagirà, sono quindi fondamentali due fattori, la capacità di resistere alla reazione del leader e l’esistenza di eventuali ragioni che impediscono o attenuano la reazione del leader. Quest’ultime possono essere un costo di reazione elevato; un vertice aziendale guidato da obbiettivi di breve termine; l’esistenza di altri business di maggior rilievo nel portafoglio del leader; la presenza di vincoli normativi di vario genere che ne limitano le possibilità di risposta. L’attacco al leader può fondarsi, a seconda che, da un lato, insista o meno sul suo stesso ambito competitivo e, dall’altro, sia realizzato mediante un sistema di attività più o meno uguale al suo, sulla:87

• Spesa pura: lo sfidante attacca frontalmente il leader utilizzando una catena del valore analoga a quella di quest’ultimo. Si tratta di una strategia molto costosa dal momento che, per sottrarre quote di mercato al

leader, l’attaccante non può che ricorrere

esclusivamente a un massiccio investimento di risorse finanziarie. Ciò porta raramente i risultati attesi;

• Riconfigurazione della catena del valore: attacco sempre frontalmente, nel solito ambito competitivo, ma con una diversa configurazione della catena del valore (es. mutamenti nello svolgimento di una o più attività della catena, nei collegamenti tra di esse, nel tipo di

87 Porter M., Competitive Advantage: creating and sustaining superior Performance, Free Press, New

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attività svolte dall’attaccante e nel grado di integrazione verticale);

• Ridefinizione dell’ambito competitivo: lo sfidante opera con una catena del valore simile a quella del leader, ma in un ambito competitivo diverso, per esempio concentrando gli sforzi in un segmento poco presidiato dal leader, oppure in una diversa area geografica rispetto a quella del leader, ecc.;

• Riconfigurazione e ridefinizione: lo sfidante fa ricorso tanto a mutamenti nel sistema delle attività, quanto a variazioni dell’ambito competitivo di riferimento per ottenere un vantaggio competitivo inimitabile e per sottrarsi a uno scontro frontale con il leader.

Le strategie di difesa:88 l’obbiettivo della strategia di difesa è quello di rendere più difficile e costoso per gli sfidanti l’attacco, riducendo le probabilità di una sua manifestazione. La strategia di difesa ha pertanto più successo quanto più riesce a disincentivare i concorrenti dal portare un attacco. Poiché la strategia di difesa impone il sostenimento di costi o la temporanea riduzione della redditività, la validità di una strategia di difesa non può essere misurata mediante il ricorso a indicatori di redditività di breve, ma lo si può fare solo osservando la sua efficacia nel consentire all’impresa di mantenere nel lungo periodo vantaggi e posizioni detenute. La caratteristica fondamentale della strategia di difesa è la

contemporanea presenza di una componente di

attesa/preparazione nei confronti dell’attacco che altri

88 “insieme di decisioni e di azioni finalizzate a conservare il vantaggio competitivo di un’impresa, ad

aumentarne la sostenibilità, a prolungarne la durata nel tempo e ea mantenere il posizionamento strategico costruito.” G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, op. cit., pag. 317.

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potrebbero portare, e di una componente di reazione che si manifesta nel momento in cui l’attacco prende forma e lo sfidante si qualifica come tale. Nel realizzare una valida strategia di difesa, le imprese devono adottare due forme di comportamento: la dissuasione, ossia l’insieme delle scelte e delle azioni realizzate nell’attesa dell’offensiva e volte a evitare l’attacco o a contenerne la portata entro limiti non minaccianti per l’impesa; la reazione, ossia l’insieme delle scelte e delle azioni compiute come specifica risposta alla sfida portata dall’attaccante quando la stessa si materializzi o stia per essere avviata. La dissuasione è il comportamento di difesa preferibile e spesso meno costoso, mentre la reazione è l’inevitabile conseguenza del fatto che, non sempre la strategia dissuasiva ottiene un completo successo. Lo scopo della reazione consiste nel cambiare le attese e gli obbiettivi di uno sfidante fino al punto di convincerlo che non vi è convenienza alcuna, data la resistenza incontrata a proseguire nell’attacco. La reazione, pur potendo determinare un maggiore aggravio di costi, possiede un’efficacia maggiore rispetto alla dissuasione nel disincentivare gli attaccanti. Sia la dissuasione che la reazione utilizzano la combinazione di strumenti e azioni difensive di tre tipi: La costruzione di barriere, ottenuta per esempio colmando le aree sguarnite con prodotti appositi o bloccando l’accesso ai canali distributivi con accordi di esclusiva ecc.; l’incremento del livello di ritorsione, ottenuto per esempio accrescendo la percezione della probabilità e il grado di severità della ritorsione attesa; la riduzione degli incentivi all’attacco, ottenuta modificando la percezione dell’utilità che l’attaccante potrà trarre dalla sua strategia. Il

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tempismo della strategia di difesa è importante perché sono le prime fasi dell’attacco quelle più importanti, dove lo sfidante ancora è incerto sulla riuscita dell’attacco, e un eventuale ritirata sarebbe ancora poco costosa, di conseguenza maggiore è la rapidità e l’intensità della reazione e maggiori saranno le possibilità che l’attaccante si ritiri. Per mantenere un certo posizionamento strategico, e di conseguenza un certo vantaggio competitivo, bisogna pensare strategicamente analizzando ogni cambiamento del mercato e agire di conseguenza, cambiamenti che possono essere influenzati dalle dinamiche settoriali. Ogni settore può essere interessato da molteplici cambiamenti, i quali assumono grande importanza nei processi di gestione strategica: l’evoluzione di un settore influenza la redditività ottenibile dalle imprese che vi operano, modifica i giudizi di convenienza delle scelte di investimento\disinvestimento, impone un adeguamento della strategia competitiva. Il grado di competitività dipende quindi fortemente dalle dinamiche di settore che sono le dinamiche congiunturali e le dinamiche permanenti.89 Le dinamiche congiunturali influenzano

momentaneamente i rapporti tra gli attori presenti in un settore ed il suo spazio economico e quindi non sono in grado di modificare le caratteristiche di base del settore, riportando nel breve periodo alla configurazione di base senza che la redditività strutturale sia alterata (es. prezzo del petrolio, rischio del cambio di moneta, moda ecc.). La strategia competitiva deve permettere al business di affrontare indenne anche le dinamiche congiunturali che si

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manifestano, specialmente se queste tendono a ripetersi con ciclicità regolare. Le dinamiche permanenti, invece, variano la struttura del settore con dei cambiamenti che modificano lo spazio economico ed operativo di un settore, mutandone anche la redditività strutturale, come ad esempio oscillazioni dei volumi di produzione e vendite, o le oscillazioni di prezzi. Tale dinamiche prendono avvio a seguito di cambiamenti intervenuti in una o più variabili tecnico-economiche di base del settore (es. lo sviluppo di una innovazione tecnologica radicale, nella cultura e nelle condizioni degli acquirenti ecc.)

oppure nei mutamenti intervenuti nel contesto

macroeconomico generale delle dinamiche strutturali.90 In

questo caso è necessario un ripensamento dell’impostazione data alla strategia competitiva, al fine di assecondare o anticipare i mutamenti che interessano il settore. Quando i cambiamenti che interessano il settore condizionano le strategie competitive delle aziende, che devono essere adeguate al contesto mutevole, spesso avviene il riposizionamento competitivo.91