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La struttura del settore e la situazione Toscana

L’attività di gestione dei rifiuti urbani, al fine di garantire la tutela dell’ambiente e della salute umana, deve avvenire nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità, in base ai quali gli Stati membri sono chiamati alla creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento in discarica dei rifiuti, nonché di recupero energetico dei rifiuti urbani non differenziati, così da consentire, da un lato, alla comunità di raggiungere nel suo insieme l’autosufficienza nello svolgimento di tali attività, dall’altro lato, di eseguire le attività di recupero energetico o di smaltimento in una delle discariche più vicine ai luoghi di produzione o raccolta dei rifiuti. Il legislatore nazionale ha attuato i principi di autosufficienza e prossimità con l’articolo 182 bis, comma 1, TUA, il quale prevede che l’autosufficienza sia misurata su una base territoriale, definita “Ambito Territoriale Ottimale” (ATO), la cui ampiezza non è precisamente determinata se non per il fatto che essa deve consentire di chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti. Tale ampiezza è definita dalle Regioni, le quali hanno talvolta deciso che l’autosufficienza debba essere raggiunta per aree territoriali più ridotte di quelle regionali, malgrado il Legislatore nazionale, con l’art. 182, comma 3, TUA, che vieta lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi

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sono prodotti143, sembri mostrare una preferenza per la

definizione del principio di autosufficienza su base regionale.144

Ai sensi dell’art. 195 TUA, in materia di gestione dei rifiuti spettano allo Stato importanti competenze. In particolare, lo Stato svolge funzioni di indirizzo, coordinamento, di definizione di criteri e metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, e di definizione di linee guida, sentita la Conferenza Stato-Regioni, sui contenuti minimi delle autorizzazioni e per le attività di recupero energetico dei rifiuti. Allo Stato spetta, inoltre, l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale, la definizione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclo e il recupero di rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici. Compete allo Stato la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali, delle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, delle linee guida per la individuazione degli ATO, come anche, infine, la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione. Alle Regioni spetta, la predisposizione e l’aggiornamento dei piani regionali, la regolamentazione dell’attività di raccolta differenziata e della gestione dei rifiuti urbani in generale, la definizione dell’ampiezza territoriale degli ATO e degli enti di

143 La norma prevede la possibilità di derogare al divieto tramite accordi regionali o internazionali,

qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita richiedano lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi fuori dalla Regione di produzione.

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governo ai quali attribuire le competenze delle ex autorità d’ambito145, la promozione della gestione integrata dei rifiuti,

l’approvazione dei progetti di costruzione dei nuovi impianti, l’autorizzazione allo svolgimento delle operazioni di smaltimento in discarica e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi, l’autorizzazione allo svolgimento di spedizione transfrontaliera. Il D.L. n. 95/2012, convertito in L. 135/2012, (cd. decreto Spending Review) ha espressamente attribuito ai Comuni la funzione fondamentale di organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti urbani, nonché di riscossione dei relativi tributi, come previsto dalle disposizioni contenute nell’art. 198 TUA. Tramite regolamento, i Comuni stabiliscono in particolare, le modalità di raccolta, trasporto dei rifiuti urbani, nonché le modalità di raccolta differenziata al fine di promuovere il recupero delle diverse frazioni. Al fine di evitare la frammentazione nello svolgimento dei servizi e di raggiungere una scala di operatività ottimale (e così ottenere una gestione efficiente anche dal punto di vista ambientale), l’art. 199 TUA prevede che i Comuni esercitino tali competenze in forma collettiva nell’ambito delle attività svolte dagli ATO, i quali, ai sensi dell’ art. 200 TUA, hanno la titolarità delle funzioni amministrative relative all’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani per il territorio ricompreso nell’Ambito. Pertanto, i Comuni devono esercitare tali funzioni in coordinamento con quanto previsto nei piani d’Ambito. Il legislatore, dunque, individua negli ATO, le unità organizzative ottimali per il conseguimento di economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio.

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Conseguentemente la loro delimitazione e la loro organizzazione non possono prescindere da un’idonea valutazione dei parametri fisici, demografici, di mobilità, tecnici e degli impianti già realizzati sul territorio, oltre che delle funzioni di costo di produzione, dai quali discende la dimensione gestionale efficiente. È in virtù di quest’ultimo aspetto che è stata riconosciuta la possibilità di derogare all’unicità dell’affidamento dell’intero servizio integrato: le fasi a monte possono, infatti, richiedere, per specifiche esigenze gestionali (economie di scala e di densità, promozione della concorrenza), dimensioni produttive ottimali inferiori.146 In

assenza di specifiche disposizioni nazionali in tema di modalità di affidamento dei S.P.L., tale aspetto dell’organizzazione del servizio, è disciplinato in base alle forme e ai requisiti previsti dall’ordinamento europeo. In particolare, la giurisprudenza europea, cui quella interna si è allineata, prevede essenzialmente tre forme ritenute equivalenti:147

• esternalizzazione con ricorso al mercato mediante procedura ad evidenza pubblica volta alla selezione del gestore del servizio;

• partenariato pubblico privato istituzionalizzato nella forma della società mista pubblico-privata, con ricorso a gara “a doppio oggetto” per la selezione congiunta del socio privato e operativo chiamato alla prestazione del servizio; • affidamento in-house providing in favore di un soggetto

munito dei requisiti della totale partecipazione pubblica, del controllo analogo e dell’attività prevalente in favore dell’Ente affidante.

146 https://www.agcm.it

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La scelta deve avvenire, in conformità ai principi europei e alle specifiche disposizioni nazionali che impongono parità tra gli operatori, economicità della gestione e trasparenza. Ciò al fine di assicurare all’utente il miglior servizio possibile, alle condizioni più convenienti. La mancata conformità alla normativa implica la cessazione dell’affidamento in essere. La disciplina dell’affidamento dei servizi pubblici locali è stata, innovata con le Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE in materia di appalti, che consentono di aprire ai privati il capitale sociale delle imprese a controllo pubblico pur mantenendo lo status di impresa in-house. Inoltre, la Direttiva 2014/24/UE148 ha stabilito che il

requisito dell’“attività prevalente” è integrato, non solo quando l’impresa svolge esclusivamente l’attività affidatagli dall’Ente, ma anche quando oltre l’80% delle attività del soggetto affidatario sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate. Infine, la Direttiva ha attenuato il requisito della “partecipazione totalitaria” consentendo l’affidamento in house providing anche a soggetti che non sono partecipati interamente all’Ente affidante purché siano rispettate le condizioni che tale partecipazione non sia tale da determinare situazioni di controllo o conferisca poteri di veto a favore di soci privati e che sia prescritta da disposizioni di legge e non si ponga in contrasto con gli obbiettivi dei trattati. Infine, va rilevato che in questo settore, a differenza degli altri servizi pubblici locali a rete e a rilevanza economica, manca ancora un’Autorità nazionale di settore che regoli e/o controlli alcuni aspetti fondamentali quali prezzi, quantitativi, contratti, costi, meccanismi tariffari,

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incentivi/disincentivi per recuperare efficienza e creare concorrenza. Nelle Regioni del Nord l’organizzazione territoriale del servizio di gestione dei rifiuti urbani si basa sulla costituzione di un unico ATO (ad eccezione del Piemonte, della Lombardia e della Provincia di Bolzano), mentre nel Centro e nella zona Sud- Isole, al di là di alcune eccezioni (Umbria, Basilicata e Sardegna), essa appare più frammentata, in quanto si è scelto di costituire Ambiti Territoriali Ottimali di dimensione sovra-provinciale, provinciale o sub-provinciale.

“La Toscana è una tra le regioni italiane che nel corso degli anni ha coniugato al meglio il proprio percorso di sviluppo economico con la valorizzazione del territorio e dell’ambiente. Il risultato è quel sistema economico manifatturiero caratterizzato da una forte coesione sociale, che ha consentito alla regione di collocarsi tra quelle più avanzate a scala nazionale ed europea, al quale si accompagna un patrimonio naturale, storico, culturale di maggior pregio a scala mondiale.”149 A livello di Regione

Toscana le norme di riferimento sono la L.R. 25/1998 “Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati”, che ha dato attuazione al Decreto Ronchi; la L.R. 61/07 “Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25, e norme per la gestione integrata dei rifiuti”, che ha recepito le novità introdotte dal T.U. ambientale e la L.R. 69/2011, che è intervenuta in materia di attribuzione delle funzioni. Più specificamente, per quanto concerne la pianificazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti, il Consiglio regionale ha approvato il "Piano regionale di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati (PRB)", con deliberazione n. 94 del 18 novembre 2014, in linea a quanto

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disposto dall’art. 199 del D.lgs. 152/2006. Il PRB è lo strumento di programmazione unitaria attraverso il quale la Regione definisce, in maniera integrata, le politiche in materia di prevenzione, riciclo, recupero e smaltimento dei rifiuti, nonché di gestione dei siti inquinati da bonificare. Qui sono contenuti i criteri per l'individuazione delle aree idonee e non alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti. Comprende, inoltre, il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica, un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e il piano per la bonifica delle aree inquinate. Il nuovo PRB della Regione Toscana, coerentemente alla strategia europea del 2005, promuove e consolida le politiche orientate alla Green Economy Toscana e alla generale sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Diventando strumento di programmazione e di attuazione della Direttiva Comunitaria 98/2008/CE, nonché delle politiche pubbliche di settore, in coerenza con i piani gerarchicamente superiori (Programma Regionale di Sviluppo, Piano di Indirizzo Territoriale, Piano Ambientale ed Energetico Regionale). Con il PRB si intende creare e rafforzare nuovi segmenti dell’economia verde Toscana, quali le industrie del riciclo, della valorizzazione agronomica ed energetica. Viene posto come obbiettivo primo e generale la prevenzione. Seguono obbiettivi di qualità, volti a rendere la raccolta differenziata capace di agevolare, tecnicamente ed economicamente, le filiere industriali del recupero e del riciclaggio, ed il sistema impiantistico, necessario per il recupero di energia, più efficiente. Il PRB prevede azioni complementari (che trattano rifiuti urbani, speciali e bonifica), tramite ammodernamenti del sistema di gestione dei rifiuti per

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garantire autosufficienza ed efficienza e tramite interventi di bonifica e messa in sicurezza.150 Per quanto concerne l’assetto

organizzativo ed istituzionale, la L.R. 28 dicembre 2011, n. 69,all’art. 30 ha istituito tre macro ambiti sovra-provinciali: l’ATO Toscana Centro, costituito dai comuni compresi nelle province di Firenze, Prato e Pistoia; l’ATO Toscana Costa, costituito dai comuni compresi nelle province di Massa-Carrara, Lucca, Pisa e Livorno e l’ATO Toscana Sud costituito dai comuni compresi nelle Provincie di Grosseto, Siena e Arezzo. Mentre l’art. 31, stabilisce che per ciascuno dei nuovi ATO è istituita l’Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, ente rappresentativo di tutti i comuni appartenenti all’ambito territoriale ottimale di riferimento. Tali autorità hanno personalità giuridica di diritto pubblico, sono dotate di autonomia amministrativa e contabile ed esercitano per conto dei comuni le funzioni di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio, prima attribuite all’autorità di ambito territoriale ottimale. Il servizio di gestione integrata dei rifiuti, secondo quanto previsto dall’art. 42, deve essere affidato, tramite gara, ad unico soggetto gestore per ciascun ambito territoriale. La fase del trattamento consiste nella preparazione e nella valorizzazione dei rifiuti al fine del loro riciclaggio, recupero o smaltimento finale. Per una sintetica schematizzazione delle diverse tipologie di trattamento dei rifiuti si possono individuare due principali filiere legate alla modalità di raccolta: il trattamento dei rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata, non soggetto a privativa comunale, che avviene con due finalità differenti, il riciclaggio della frazione secca e il compostaggio della frazione

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umida; il trattamento dei rifiuti indifferenziati, che può avvenire a freddo, per recuperare un’ulteriore parte di materiali riciclabili, ridurre il volume del materiale e stabilizzare i rifiuti (riducendo la formazione di gas di decomposizione e il percolato) in vista dello smaltimento in discarica, o a caldo (incenerimento, pirolisi, gassificazione), finalizzato al recupero energetico. Nella maggior parte dei casi la gestione del servizio è affidata a un unico soggetto, al fine di evitare una duplicazione dei costi fissi, anche se in letteratura si sono rilevate importanti economie di densità, mentre più controversa appare la presenza di economie di scala, osservata solo per aree urbane al di sotto di una certa soglia dimensionale. Nei grandi centri urbani, infatti, le difficoltà derivanti dalla congestione abitativa e dal traffico fanno sì che lo svolgimento del servizio sia più problematico, rendendo in alcuni casi economicamente conveniente anche una pluralità di gestioni nella medesima città. Questa fase della filiera si caratterizza infine per la natura labour intensive, con componenti di capitale non elevate, brevi tempi di recupero degli investimenti e scarse barriere all’entrata, anche se l’introduzione di nuove tecnologie151, soprattutto finalizzate a migliorare la raccolta

differenziata, sta accrescendo il peso del fattore capitale.152 Le

azioni volte al miglioramento della trattazione del rifiuto tramite la differenziazione della raccolta, già dalla direttiva del 2008 era stato imposto l’obbligo di operare la raccolta differenziata di quattro materiali presenti nei rifiuti urbani (carta, metalli, plastiche

151 Si tratta per lo più di nuove tecnologie finalizzate a migliorare la tracciabilità dei rifiuti, al fine

anche di riuscire a calibrare le tariffe sulla base dei rifiuti prodotti secondo il principio “pay as you throw”, per esempio tramite sacchetti di volume standardizzato con specifiche serigrafie

identificative, sacchetti di volume standardizzato contrassegnati da etichette/sigilli/cartoncini dotati di codice a barre o trasponder a perdere, trasponder installati sui contenitori per identificare il numero di svuotamenti, sistemi di identificazione e di autorizzazione dell’utente per l’uso di contenitori/calotte stradali ecc.

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e vetro) imponendo obbiettivi di riciclaggio, così come simili obbiettivi erano stati stabiliti da altre direttive anche per i rifiuti di imballaggio, i veicoli fuori uso, i RAEE, le batterie e per quelli derivanti da attività edili. Tuttavia, con la riforma del 2018 l’individuazione dei flussi è stata presa in considerazione anche per la definizione dei programmi di prevenzione, così come sono state aggiunte nuove categorie di rifiuti rispetto ai quali provvedere alla raccolta differenziata e al loro recupero.153Tra gli

obbiettivi, la riforma prevede il raggiungimento entro il 2020 di almeno il 50% del riciclo di carta e cartone, metalli, plastica e vetro e di raggiungere il 55% di tutti i prodotti urbani entro il 2025, il 60% entro il 2030 e il 65% entro il 2035. Nel 2017, la produzione regionale di rifiuti speciali si attesta a oltre 10,3 milioni di tonnellate, il 7,4% del totale nazionale. Il 95,3% (9,9 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 4,7% (483 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi. Le principali tipologie di rifiuti prodotte sono rappresentate dai rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (39,6% della produzione regionale totale) e quelli derivanti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue (34,5%), rispettivamente appartenenti al capitolo 17 e 19 dell’elenco europeo dei rifiuti di cui alla decisione 2000/532/CE.154 Nel 2017, la gestione dei rifiuti speciali nella

regione Toscana interessa oltre 10,7 milioni di tonnellate, di cui oltre 10,1 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi e oltre 511 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Il recupero di materia è la forma prevalente di gestione cui sono sottoposti oltre 6 milioni di tonnellate e rappresenta il 58,1% del totale gestito. In tale ambito

153 Il Piano di azione per l’economia circolare, inoltre, ha portato anche alla presentazione di una

proposta di direttiva sulla plastica, che entro il 2030 prevede norme per l’eliminazione di prodotti non riciclabili e l’istituzione di regimi di responsabilità estesa per specifici prodotti in plastica.

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il recupero di sostanze inorganiche concorre per il 70,6% al recupero totale di materia. Residuale è l’utilizzo dei rifiuti come fonte di energia, pari a oltre 32 mila tonnellate (0,3% del totale gestito). Complessivamente sono avviati ad operazioni di smaltimento oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (29,1% del totale gestito): oltre 1 milione di tonnellate (9,5% del totale gestito) sono smaltite in discarica, più di 2 milioni di tonnellate (19,3% del totale gestito) sono sottoposte ad altre operazioni di smaltimento quali trattamento chimico-fisico, trattamento biologico, ricondizionamento preliminare, e quasi 27 mila tonnellate (0,2% del totale gestito) sono avviate a incenerimento. La messa in riserva a fine anno prima dell’avvio alle operazioni di recupero, ammonta a quasi 1,3 milioni di tonnellate (11,9% del totale gestito), il deposito preliminare prima dello smaltimento interessa quasi 60 mila tonnellate (0,6%). Infine, va rilevato che i rifiuti speciali esportati sono oltre 100 mila tonnellate, di cui 36.478 tonnellate di rifiuti non pericolosi e 64.120 tonnellate di pericolosi; i rifiuti speciali importati, invece, sono oltre 19 mila tonnellate, di cui 16.437 tonnellate di rifiuti non pericolosi e 2.710 tonnellate di pericolosi.155 Sebbene i quantitativi prodotti, per

quanto riguarda i rifiuti urbani siano minori rispetto a quelli dei rifiuti speciali, questa tipologia di rifiuti è spesso al centro del dibattito non solo per i contesti emergenziali, che ancora si registrano a livello nazionale, ma anche perché coinvolge direttamente i cittadini, che rappresentano in questo caso i produttori del rifiuto. La gestione dei rifiuti urbani ricade nella privativa comunale: il Comune, provvede allo svolgimento delle attività necessarie attraverso aziende pubbliche (in-house) o

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private, nelle modalità regolamentate dalle norme sui servizi pubblici locali nell’obbiettivo di ottimizzare la gestione di quanto prodotto dai cittadini o abbandonato, su strada e nelle aree pubbliche. Per i rifiuti urbani è possibile schematizzare, in termini generali, il flusso di gestione a valle della raccolta come segue: i rifiuti differenziati vengono riciclati (end of waste) e i loro scarti sono utilizzati per il recupero energetico in parte, il resto in discarica. I rifiuti non differenziati invece vengono sottoposti a trattamenti intermedi per recuperare delle parti riciclabili o da cui recuperare energia, mentre il resto finisce in discarica. Dagli ultimi dati presentati da ISPRA, in Italia il 47% dei rifiuti urbani è avviato a recupero di materia - circa il 20% recupero della frazione organica da raccolta differenziata (umido e verde) e 27% riciclo delle altre frazioni merceologiche, mentre il 18% viene avviato a termovalorizzazione e l’1% a recupero energetico presso impianti produttivi (es. cementifici, centrali termoelettriche). Una quota pari al 23% dei rifiuti urbani è conferita in discarica, l’1% è esportato, mentre rimane una quota pari al 5% di rifiuti in giacenza presso gli impianti di trattamento. Ad incrementare il flusso di rifiuti verso il riciclo, la termovalorizzazione e soprattutto la discarica interviene anche il quantitativo di rifiuti a valle del trattamento meccanico-biologico, a cui sono stati conferiti circa 9,5 milioni di ton di rifiuti urbani. Pur indirizzando quantitativi sempre maggiori verso il riciclo, si dovrà tenere in considerazione l’aspetto della resa e la necessità di gestire anche l’inevitabile correlato incremento degli scarti. Evidenza di questo aspetto emerge dalla tendenza registrata negli ultimi anni di “allargamento della forbice” tra andamento della raccolta differenziata (%) e avvio a riciclo dei rifiuti urbani: un differenziale che si traduce in scarti che devono trovare altre

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forme di gestione diverse dal recupero di materia. In toscana i rifiuti urbani prodotti sono stati di circa 0.6 ton ad abitante di cui il 53% differenziato, in aumento dal 51% del precedente anno.156