• Non ci sono risultati.

Le dinamiche dei processi di modifica della domanda di lavoro

La maggiore apertura al commercio internazionale ed il passo accelerato che ha caratterizzato lo sviluppo tecnologico hanno generato una forte spinta al cambiamento delle strutture produttive. In particolare i cambiamenti sono stati:

i. cambiamenti nella specializzazione settoriale verso settori capital

intensive e/o skilled intensive (cambiamenti between);

ii. cambiamenti all’interno dei settori, causati dall’abbandono di produzione ad elevata intensità di lavoro down-skilled e dalla ricerca di prodotti e di processi di qualità superiore, che utilizzano forza lavoro upskilled (cambiamenti within);

iii. outsourcing, ovvero la possibilità di utilizzare i fattori della produzione su

scala internazionale e la conseguente possibilità di frammentare la produzione, esternalizzando le fasi caratterizzate da basso valore aggiunto e lavoro meno qualificato verso i Paesi nei quali tale fattore è più abbondante e meno costoso;

iv. incremento del numero di servizi commerciabili171: molti più servizi un tempo non commerciabili ora lo sono diventati (o lo stanno diventando), con la conseguenza di poter persino spostare la produzione all’estero in modo analogo (e probabilmente anche più facile) a quanto già da tempo è possibile per i beni fisici (offshoring).

I cambiamenti legati alla globalizzazione, se da un lato generano guadagni di efficienza, dall’altro danno luogo a processi redistributivi che si manifestano prevalentemente sul mercato del lavoro con l’emergere di nuovi perdenti e nuovi vincitori. Questo ha evidentemente conseguenze notevoli dal punto di vista sociale, ma limitando l’analisi all’aspetto economico sembra opportuno considerare gli effetti che gli aspetti sopra schematizzati.

In particolare, è possibile analizzare gli effetti della globalizzazione e della diffusione massiccia delle ICT sulla struttura produttiva, e conseguentemente sulle caratteristiche interne del mercato del lavoro, utilizzando il modello di Hecksher- Ohlin, secondo il quale la maggiore concorrenza dei Paesi caratterizzati da una relativa abbondanza di lavoro unskilled spingerebbe i Paesi più industrializzati ad incrementare la produzione di beni a maggiore intensità di capitale umano e fisico, di cui in genere questi Paesi abbondano172.

Turning to globalization, the process leads to increased trade flows and specialization between countries. According to the Heckscher-Ohlin model, trade allows countries to specialize in areas of

171 Il confine fra ciò che è commerciabile e ciò che non lo è, del resto, continua a spostarsi. Su questo

aspetto cfr. Blinder (2006) e Baldwin (2006)

172 Un ben noto corollario al modello di Hecksher-Ohlin è costituito dal teorema di Stopper- Samuelson, il quale afferma che la diminuzione del prezzo relativo di un bene deprime la remunerazione del fattore produttivo maggiormente usato per la sua produzione,spingendo inevitabilmente verso l’equalizzazione dei fattori di produzione.

comparative advantage and tends to equalize factor returns across countries. Accordingly, with increasing openness, capital-rich (industrial) countries would specialize in the production of capital-intensive goods. Returns to labor, the relatively scarce factor, would gradually decline, and labor’s share in national income would fall as specialization progressed. The Heckscher-Ohlin model assumes that capital and labor are immobile and that trade acts as a substitute for factor mobility. Greater factor mobility that also characterizes globalization would only make the effect stronger. Thus, nontrade aspects of globalization should amplify the negative effect of trade openness on the labor share in industrial countries. In addition, by making capital more mobile, globalization may have decreased the bargaining power of the less mobile factor––labor. Unionization and employment-protection policies still push income toward labor, but their effect may have been weakened. Finally, globalization pressures might have pushed industrial countries to adopt labor-saving technologies, further squeezing labor’s share. (…) The prior, based on the Heckscher-Ohlin effects, is that labor’s share would decrease in all these variables and that globalization would likely strengthen these effects. According to the Heckscher-Ohlin model, industrial countries are abundant in high-skilled workers, while developing countries are abundant in low-skilled workers. Increasing openness to trade would cause the labor share to fall and inequality to rise. Higher capital mobility could make this effect stronger.173

Di conseguenza, la maggiore concorrenza dei Paesi emergenti dovrebbe spingere verso la riduzione dei salari dei lavoratori non qualificati che operano nei Paesi industrializzati. Inoltre, si può determinare una perdita assoluta di posti di lavoro nell’industria manifatturiera e, in particolare, nei settori tradizionali (tessili, abbigliamento, calzature, ecc.) maggiore rispetto a quanto accade nei settori manifatturieri non tradizionali o alcuni comparti dei servizi.

Una spinta ulteriore alla riduzione dei salari (o anche alla loro mancata crescita) sembra derivare dalla riduzione del potere contrattuale dei sindacati: alcune analisi relative ai Paesi OECD mostrano in effetti che i diversi indicatori di globalizzazione risultano negativamente correlati con il potere sindacale ed il grado di sindacalizzazione:

Higher degree of unionization and employment protection should have a positive effect on wages, but negative effects on employment. The net effect of these variables on the labor share is expected to be positive, but possibly eroding with globalization. (…) Since lower-skilled workers benefit from employment protection more than high-skilled workers, one would expect income inequality to drop when measures of the bargaining power of labor increase174.

Nei Paesi a più alto grado di industrializzazione, inoltre, si assiste ad un progressivo aumento di utilizzo di lavoro qualificato rispetto a quello non qualificato; questo a causa dell’effetto congiunto delle importazioni di beni a basso costo provenienti dai Paesi emergenti e della delocalizzazione di fasi produttive verso questi stessi Paesi. Una inevitabile conseguenza della riduzione dei salari e/o dell’occupazione delle categorie di lavoratori unskilled è la riduzione della quota attribuibile al lavoro nel PIL, come l’evidenza empirica dimostra (grafico 1)175.

173 Cfr. Guscina (2006), pp. 10-11 174 Cfr. Dreher , Gaston e Martens (2005)

0,49 0,5 0,51 0,52 0,53 0,54 0,55 0,56 0,57 0,58 1961- 1965 1966- 1970 1971- 1975 1976- 1980 1981- 1985 1986- 1990 1991- 1995 1996- 2000 2001- 2005 qu ot a a tt rib u ib ile a l l av or o n el r e dd ito n az io na le

Grafico 1 – Quota di reddito nazionale attribuibile al lavoro (media dei Paesi OECD) Fonte: OECD, Structural Database