Resta da analizzare un punto cruciale di questo ragionamento e cioè le modalità con cui oggi viene prodotto il capitale umano e le caratteristiche oggi assunte da esso, nonché il ruolo che le strutture formative ed educative devono assumere per essere adeguate alla knowledge society e per essere in grado di competere con i nuovi attori che si affacciano sul mercato formativo con atteggiamenti aggressivi e spregiudicati122.
La prima considerazione che emerge dall’analisi dei modi di produzione del capitale umano è che esso, più di quanto accada per altri beni o servizi prodotti dall’attività umana, è “autofertilizzante”. Parafrasando Piero Sraffa123: la produzione di capitale umano avviene essenzialmente attraverso il capitale umano. Il modello sraffiano considera la produzione secondo un processo circolare, nel senso che i prodotti sono anche mezzi di produzione e non esistono altri mezzi di produzione al di fuori dei prodotti. Questo modello appare essere quello tipico delle economie pre-fordiste, nelle quali la produzione di un bene avveniva con l’apporto essenziale dello stesso bene come input e la presenza di altri fattori, per esempio la tecnologia, poteva considerarsi come secondaria e non determinante.
Ora, l’ipotesi che si lega all’impianto analitico sraffiano è che la produzione di capitale umano (output), ritenuta pressoché unanimemente elemento cruciale dello sviluppo, è possibile soltanto grazie al contributo determinante del capitale umano (input). Questa affermazione appare meno banale e tautologica se la si rende meno asettica: la quantità e qualità del capitale umano prodotto è diretta conseguenza della qualità e quantità del capitale umano utilizzato come fattore di produzione.
È intuibile come una simile affermazione abbia profonde implicazioni in termini di
policies e come non vi siano scorciatoie di tipo “tecnocratico” per raggiungere
obiettivi quali quelli fissati per esempio dai documenti comunitari: se si vuole aumentare il tasso di capitale umano di un’area economica, occorre incidere sul capitale umano utilizzato per la sua produzione. Questo processo circolare può essere virtuoso o vizioso a seconda delle declinazioni in termini di policy che si è in grado,
122 Negli USA sono già presenti da tempo sul mercato dell’istruzione numerosi operatori privati che
operano esplicitamente secondo logiche profit
o si ha la volontà, di mettere in campo.
Cosa garantisce qualità ed adeguatezza al capitale umano prodotto? Per rispondere ad una simile domanda occorre preliminarmente essere consapevoli che il tradizionale approccio economico à la Becker non è sufficiente; in effetti, sono oggi presenti nell’ambito degli studi sul capitale umano, numerosi contributi che suggeriscono come sia più fecondo un approccio multidimensionale all’indagine sui fattori immateriali dello sviluppo economico-sociale124. In ogni caso sembra potersi confermare che l’istruzione e la formazione formali mantengono un’alta importanza nel condizionare lo sviluppo, il che naturalmente produce la conseguenza che le politiche volte a qualificare questi settori rivestono una rilevanza strategica notevole e al tempo stesso errori in questi campi possono produrre conseguenze negative di vasta portata.
La società della conoscenza presenta caratteristiche che la rendono differente dalle strutture sociali che l’hanno preceduta: il suo sviluppo è garantito solo da un alto tasso di capitale umano e al tempo stesso dalla sua capacità di rinnovarsi di continuo. In effetti tanto più è alta la dotazione di capitale umano su cui un Paese o un’area può contare, tanto maggiore e più rapida è la produzione di nuove conoscenze e al tempo stesso tanto maggiori sono gli incentivi ad apprendere che interessano i cittadini di quel Paese o area125.
È dunque presente una dinamica circolare, nella quale l’elemento di partenza, condizionante i successivi sviluppi, è dato dalla dotazione iniziale di capitale umano. A conferma dell’importanza del capitale umano è sufficiente osservare che l’input produttivo di capitale umano è per larga parte capitale umano: l’istruzione richiede docenti, la formazione professionale richiede lavoratori colti ed esperti, in grado di trasferire le loro conoscenze e competenze. Deriva da tutto questo che un investimento sostenuto in capitale umano permette di aumentare sia la domanda che l’offerta di capitale umano, permettendo così di generare un circolo virtuoso. Al contrario, bassi livelli di investimento in capitale umano, o addirittura disinvestimenti nel settore a favore di altre attività, riducono sia la domanda che l’offerta di capitale umano, provocando in questo modo un circolo vizioso.
È evidente come una simile analisi non possa non produrre rilevanti conseguenze sul piano delle policies: lo sviluppo di un Paese, di un’area, di una regione, ecc. non si garantisce soltanto potenziando l’economia di mercato, ma anche favorendo processi di crescita di altre realtà economiche quali il settore pubblico, l’economia sociale, il settore culturale, ecc.
Peraltro, la consapevolezza di quanto importanti siano questi aspetti è presente in molti documenti comunitari e nazionali, a cominciare dall’Agenda di Lisbona o il Sapir Report. I ritardi riguardo agli obiettivi stabiliti a Lisbona nel 2000 dimostrano, però, la sostanziale inadeguatezza delle concrete politiche nazionali e comunitaria; inoltre in sede comunitaria si ritiene che i due terzi degli squilibri regionali presenti in Europa dipendano dalle disparità in ricerca ed innovazione e dai ritardi nell’adozione di soluzioni ICT.
Questi ritardi sono oggi ancora più rilevanti se si tiene conto che sono ormai da tempo entrati sullo scenario mondiale attori come Cina e India. Questi Paesi stanno attuando politiche molto aggressive, all’interno delle quali assume un peso di rilievo lo sviluppo del capitale umano. Sembra che questi Paesi siano molto più consapevoli di quanto lo sia l’Europa, e l’Italia in particolare, dell’importanza di instaurare un circolo virtuoso nella produzione di capitale umano. In effetti, con declinazioni molto
124 Per una breve rassegna cfr. Vittadini 2004 125 Cfr. Salatin 2006: 283 e segg.
diverse, stanno attuando politiche nelle quali le risorse umane sono al centro della creazione e della trasmissione delle conoscenze, nonché l’elemento determinante delle potenzialità di innovazione e stanno attuando una decisa complementarietà tra occupazione, ricerca e politica macroeconomica126.
126 La letteratura sui processi di cambiamento propri della società contemporanea e sul passaggio dal
moderno al post-moderno è ormai vasta ed articolata. Per una rassegna dei contributi più rilevanti, ma anche per le riflessioni critiche che vi sono contenute, si segnala Secondulfo, 2001.