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L’interazione del capitale umano con l’ambiente organizzativo

Ovviamente l’indispensabile potenziamento e qualificazione del capitale umano nei settori tradizionali dell’economia, dovrebbe essere accompagnato anche da una maggiore disponibilità e diffusione di competenze qualificate negli altri ambiti che presentano tuttora criticità e rivestono al tempo stesso una notevole importanza strategica. Fra questi:

i. l’area scientifico-tecnologica;

ii. il presidio dei mercati internazionali; iii. la gestione dei processi di outsourcing193.

L’aumento di capacità di tipo scientifico-tecnologico è funzionale all’esigenza di incrementare la capacità di monitorare ed acquisire conoscenze rilevanti per lo sviluppo dei prodotti e delle tecniche produttive. La rapidità e la multi direzionalità

190 Da un altro lato, le PMI sono state frequentemente incapaci di mantenere e far crescere le

competenze dei propri dipendenti, che in molti casi sono stati attratti da imprese di maggiori dimensioni in grado di far conseguire loro posizioni lavorative migliori e spesso con promettenti progressioni di carriera.

191 Per un’analisi aggiornata delle peculiarità dei distretti e delle criticità che negli ultimi anni sono

emerse, cfr. Becattini, 2007

192 Per una ricostruzione di largo respiro di tale processo, cfr. Ciocca, 2007 193 E, sempre più spesso, anche di insourcing

del cambiamento tecnologico tuttora in corso impongono di disporre all’interno delle imprese e delle reti sociali, di risorse umane in grado di seguire e di presidiare l’evoluzione della tecnologia, ma anche di comprendere l’impatto sociale che questa può avere. Al tempo stesso, queste risorse umane dovrebbero essere in grado di interagire con le università e i centri di trasferimento tecnologico.

Secondo la prevalente letteratura, la condizione che caratterizza le imprese che hanno successo sul fronte delle innovazioni, e quindi di riflesso che riescono a restare sui mercati internazionali nonostante l’aggressività della concorrenza globale, è costituita dal fatto di sapersi dotare di una absorptive capacity194, in modo da riuscire a mettersi in relazione con i centri di creazione e sviluppo di nuove conoscenze scientifico-tecnologiche ed attivare processi di innovazione.

Su questo fronte, che appare per molti aspetti cruciale, il sistema produttivo italiano accusa un ritardo considerevole, evidenziato dalla minore propensione delle imprese a sviluppare reti esterne per l’acquisizione e la condivisione di know-how tecnologico: esse esprimono in genere una maggiore propensione all’acquisto di macchinari e a introdurre innovazione di processo, rispetto a quella di acquisire capitale umano dotato di conoscenze organizzative o scientifico-tecnologiche o ad utilizzare innovazioni generate dall’esterno195. Anche di recente, benché molte imprese abbiano dimostrato nei fatti di avere una buona capacità innovativa e propensione all’apertura e collaborazione verso altre imprese, più di un terzo delle imprese riteneva che la principale o unica leva di competitività fosse costituita dalla riduzione dei costi196.

Il tema dello sviluppo di competenze scientifico-tecnologiche riguarda in particolare le imprese della meccanica strumentale, le quali si trovano spesso nella posizione di dover individuare e perseguire strategie di accrescimento del proprio stock di conoscenze; esse in genere posseggono una buona dinamicità sul piano dell’innovazione tecnologica ed anche da quello, distinto ma altrettanto importante, dello sviluppo delle capacità esortative (individuazione di nuovi mercati, di partnership adeguate, ecc.), ma in fatto di internazionalizzazione si registrano tuttora inerzie e ritardi. Il mantenimento di posizioni di leadership è ovviamente compito alquanto difficile e complesso: da una parte i produttori di macchinari, attrezzature e tecnologie possono contare su clienti/utilizzatori locali (nazionali o al più europei) in grado di fornire stimoli importanti per il miglioramento dei loro prodotti, dall’altra si registra però un inasprimento della concorrenza da parte di imprese provenienti da altri Paesi, specie da quelli emergenti197.

Per riuscire a fare il necessario salto tecnologico e mantenere un’elevata focalizzazione sull’innovazione tecnologica, le imprese italiane operanti in settori delicati come quello della meccanica strumentale dovrebbero mettersi in grado di sviluppare reti di collaborazione con centri di ricerca e altri soggetti knowledge-

provider. In questo modo si possono creare le condizioni per un flusso di nuove

conoscenze, non solo verso il settore specifico ma anche lungo l’intera filiera

194 Cfr. Cohen e Levinthal, 1990 195 Cfr. per questo aspetto OECD, 2000 196 Cfr. CSC-Doxa, 2001

197 Inoltre il sistema imprenditoriale italiano registra un certo ritardo nell’adottare tecnologie e

configurazioni organizzative particolarmente evolute: mentre in Paesi quali gli USA, ma anche Giappone, Germania, Corea del Sud, Taiwan, le imprese del comparto della meccanica strumentale perseguono strategie di inserimento organico e pervasivo di tecnologie elettroniche ed informatiche nei sistemi tecnologici offerti, le imprese italiane stanno aumentando la loro specializzazione nelle produzioni di tipo meccanico, lasciando così ai concorrenti promettenti nicchie di mercato.

produttiva.

La permanenza su traiettorie tecnologiche meno innovative o il mancato sfruttamento di nuove conoscenze, ritardando il rinnovamento dei prodotti e delle soluzioni offerte, avrebbe evidenti effetti negativi sul piano della competitività. La formazione e l’inserimento di capitale umano con le conoscenze e le competenze idonee a far evolvere il patrimonio tecnologico delle imprese è dunque una necessità imprescindibile.

È appena il caso di sottolineare che in un’economia competitiva e globalizzata le imprese devono saper entrare a far parte in modo stabile di reti commerciali internazionali. Per questa ragione esse devono dotarsi di risorse umane qualificate in grado di presidiare e gestire le relazioni con clienti ed intermediari internazionali. Il dinamismo dei mercati, oggi più che in passato, rende totalmente obsoleto l’approccio adottato finora da molte imprese, specie quelle di piccole dimensioni, che tende a concentrare energie e risorse sul processo produttivo e sul prodotto e a delegare ad altri lo sviluppo di relazioni commerciali e distributive con l’estero198. La mancanza di rapporti diretti con il mercato dal punto di vista commerciale pone le imprese di fronte all’alternativa fra “uno sviluppo basato sul proprio potere di mercato e uno sviluppo, pur profittevole nel breve periodo, basato su una vocazione di terzisti”199.

Il processo di concentrazione in atto, a livello di sistemi distributivi, con la formazioni di grandi imprese e di centrali di acquisto, che operano secondo un’ottica di globalizzazione delle politiche di approvvigionamento, facilitata dalla diffusione delle pratiche di commercio elettronico B2B, rischia di mettere in seria difficoltà i sistemi tradizionali di vendita. Le imprese che non dispongono di capitale umano ed organizzativo che permetta loro di compiere il salto di qualità nel modo di collegarsi ed inserirsi nei mercati e nei circuiti distributivi sono destinate ad avere seri problemi. Inoltre, la crescente interdipendenza su scala globale, con una varietà di contesti politico-istituzionali e socio-economici, rende sempre più necessaria la disponibilità da parte delle imprese di forza lavoro dotata di sensibilità socio- culturale e capacità di comunicazione ed interazione con diversi ambienti.

Il decentramento produttivo, in particolare l’esternalizzazione di fasi e di lavorazioni, con il ricorso a sub-fornitori e imprese esterne, ha costituito nel passato e tuttora rappresenta uno degli assi portanti dell’organizzazione dei sistemi produttivi locali e dei distretti industriali. Da una fase in cui questi processi avvenivano su scala locale, si è passati nel corso degli ultimi decenni prima all’estensione verso aree limitrofe di alcune lavorazioni, quindi progressivamente verso aree sempre più lontane, fino ad arrivare alle forme di outsourcing contemporaneo, nelle quali la produzione viene a volte trasferita, anche per intero, in altri continenti.

Attualmente i processi di decentramento si sviluppano sia verso i Paesi dell’Europa Orientale e del Maghreb, sia verso il continente asiatico. La gestione a distanza dei rapporti di fornitura e di sub-fornitura che le pratiche di outsourcing comportano richiede competenze professionali ed anche nuove strutture organizzative ed amministrative. L’inserimento delle imprese in reti di fornitura e produzione disperse in contesti diversi richiede la formazione di un capitale umano/organizzativo in grado di attivare e gestire le relazioni con una pluralità di attori e far sì che i vantaggi ritraibili sul fronte dei costi e della specializzazione delle competenze acquisibili non vengano annullati da disfunzioni organizzative.

198 Su questo aspetto cfr. le argomentazioni di Onida, 1999 199 Così Ministero dell’Industria, 2000, p. 57)

La leva del capitale umano per la nascita di imprese