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Diodoro Siculo: la scelta di Annibale e l’attacco di Agatocle

Uno degli autori che su questo argomento ha fatto maggiormente discutere è indubbiamente Diodoro Siculo che, all’interno della sua storia universale ‘Bibliotheca Historica’ (30 a.C.), in una notizia relativa all’assedio di Agrigento del 406 a.C., ci dice: «Οἱ δὲ περὶ τὸν Ἀννίβαν σπεύδοντες κατὰ πλείονα µέρη τὰς προσβολὰς ποιεῖσθαι, παρήγγειλαν τοῖς στρατιώταις καθαιρεῖν τὰ µνήµατα καὶ χώµατα κατασκευάζειν µέχρι τῶν τειχῶν. Ταχὺ δὲ τῶν ἔργων διὰ τὴν πολυχειρίαν συντελουµένων ἐνέπεσεν εἰς τὸ στρατόπεδον πολλὴ δεισιδαιµονία. Τὸν γὰρ τοῦ Θήρωνος τάφον ὂντα καθ`ὑπερβολὴν µέγαν συνέβαινεν ὑπὸ κεραυνοῦ διασεῖσθαι· διόπερ αὐτοῦ καθαιρουµένου τῶν τε µάντεών τινες προνοήσαντες διεκώλυσαν, εὐθὺ δὲ καὶ λοιµὸς ἐνέπεσεν εἰς τὸ στρατόπεδον, καὶ πολλοὶ µὲν ἐτελεύτων, οὐκ ὀλίγοι δὲ στρέβλαις καὶ δειναῖς ταλαιπωρίαις περιέπιπτον. Ἀπέθανε δὲ καὶ Ἀννίβας ὁ στρατηγός, καὶ τῶν ἐπὶ τὰς φυλακὰς προπεµποµένων ἤγγελόν τινες διὰ νυκτὸς εἴδωλα φαίνεσθαι τῶν τετελευτηκότων. Ἰµίλκας δὲ θεωρῶν τὰ πλήθη δεισιδαιµονοῦντα πρῶτον µὲν ἐπαύσατο καθαιρῶν τὰ µνηµεῖα, µετὰ δὲ ταῦτα ἱκέτευε τοὺς θεοὺς κατὰ τὸ πάτριον ἔθος τῷ µὲν Κρόνῳ παῖδα σφαγιάσας, τῷ δὲ Ποσειδῶνι πλῆθος ἱερείων καταποντίσας. Οὐ µὴν ἀπέστη γε τῶν ἔργων, ἀλλὰ χώσας τὸν παρὰ τὴν πόλιν ποταµὸν µέχρι τῶν τειχῶν ἐπέστησε πάσας τὰς µηχανὰς καὶ καθ`ἡµέραν προσβολὰς ἐποιεῖτο».

«Coloro che, intorno ad Annibale, si affrettavano a lanciare attacchi contro un gran numero di luoghi, ordinarono ai soldati di distruggere i monumenti e di allestire terrapieni fino alle mura. Finiti velocemente i lavori grazie ad un gran numero di lavoratori, sull’esercito piombò una grande paura superstiziosa. Infatti accadde che la tomba di Terone, essendo eccessivamente grande, fu scossa da un fulmine; perciò, venendo distrutta, alcuni degli indovini ritennero di aver vaticinato, e subito la peste piombò sull’esercito, molti morirono e non pochi caddero per torture e tremende fatiche. Morì anche lo stratega Annibale e, tra chi era stato mandato in avanti verso le difese, alcuni riportavano che di notte si vedevano gli spiriti dei morti. Amilcare, vedendo che la maggior parte di essi era superstiziosa, per prima cosa pose fine alla distruzione dei monumenti, poi supplicò gli dèi attraverso il costume dei padri sgozzando i figli in onore di Kronos e gettando in mare una moltitudine di vittime sacrificali in onore di Poseidone. Tuttavia non rinunciò di certo alle opere ma, avendo colmato il fiume presso la città fino alle mura, collocò tutte le macchine d’assedio e compì assalti di giorno» (Bib.Hist. XIII 86, 1-3).

94 RIVES J., 1995.

In questo libro, che narra i fatti avvenuti fra il 415 a.C. e il 405 a.C., ossia dai preparativi ateniesi per la spedizione in Sicilia alla guerra del Peloponneso e al trattato fra Cartagine e Dionisio I di Siracusa, ci viene raccontato che, per poter più facilmente accedere alle mura della città, il condottiero Annibale decise di profanare una necropoli e, in particolare, la tomba del tiranno akragantino Terone, nonostante gli indovini avessero cercato di dissuaderlo in quanto questa era stata colpita da un fulmine, segno divino. In conseguenza di ciò, Annibale, insieme al suo esercito fu colpito da una grave epidemia e i soldati avevano l’impressione di vedere aggirarsi attorno all’accampamento gli spiriti dei morti usciti dai loro sepolcri ormai distrutti. Così, per placare gli dèi, Amilcare si decise ad interrompere la demolizione delle sepolture e a compiere un sacrificio di “παῖδα”, che vennero sgozzati in onore di Kronos (Baal Hammon), e di una “πλῆθος ἱερείων”, che vennero annegate in onore di Poseidone, divinità non identificata nel pantheon fenicio, così come prescritto dai “πάτριον ἔθος”95. Ci troviamo di fronte ad un sacrificio compiuto in seguito ad una crisi che, in questo caso, colpisce l’esercito cartaginese il quale, per ritrovare la fiducia e l’appoggio perduto delle divinità, mette in pratica ciò che ad essi meglio si addice, sacrifici umani codificati all’interno del culto specifico degli dèi in questione: a Kronos compete l’immolazione di figli, presumibilmente di giovane età, a questo Poseidone l’annegamento di un gran numero di uomini.

In un altro passo, Diodoro ci da alcune informazioni ancora più dettagliate sull’uso cartaginese di sacrificare i figli a Kronos:

«Διόπερ οἱ Καρχηδόνιοι, νοµίσαντες ἐκ θεῶν αὐτοῖς γεγονέναι τἠν συµφοράν, ἐτράπησαν πρὸς παντοίαν ἱκεσίαν τοῦ δαιµονίου καὶ νοµίσαντες µάλιστα µηνίειν αὐτοῖς τὸν Ἡρακλέα τὸν παρὰ τοῖς ἀποικισταῖς96 χρηµάτων πλῆθος καὶ τῶν πολυτελεστάτων ἀναθηµάτων ἔπεµψαν εἰς τὴν Τύρον οὐκ ὀλίγα. Ἀποικισθέντες γὰρ ἐκ ταύτης εἰώθεισαν ἐν τοῖς ἔµπροσθεν χρόνοις δεκάτην ἀποστέλλειν τῷ θεῷ πάντων τῶν εἰς πρόσοδον πιπτόντων· ὕστερον δὲ µεγάλους κτησάµενοι πλούτους καὶ 95 XELLA P., 2009. 96 = πάροντο τοῖς ἀποίκοις.

προσόδους ἀξιολογωτέρας λαµβάνοντες µικρὰ παντελῶς ἀπέστελλον, ὀλιγωροῦντες τοῦ δαιµονίου. Διὰ δὲ τὴν συµφορὰν ταύτην εἰς µεταµέλειαν ἐλθόντες πάντων τῶν ἐν τῇ Τυρῷ θεῶν ἐµνηµόνευον. Ἔπεµψαν δὲ καὶ τοὺς ἐκ τῶν ἱερῶν χρυσοῦς ναοὺς τοῖς ἀφιδρύµασι πρὸς τὴν ἱκεσίαν, ἡγούµενοι µᾶλλον ἐξιλάσεσθαι τὴν τοῦ θεοῦ µῆνιν τῶν ἀναθηµάτων πεµφθέντων ἐπὶ τὴν παραίτησιν. ᾘτιῶντο δὲ καὶ τὸν Κρόνον αὑτοῖς ἐναντιοῦσθαι, καθ`ὅσον ἐν τοῖς ἔµπροσθεν χρόνοις θύοντες τούτῳ τῷ θεῷ τῶν υἱῶν τοὺς κρατίστους ὕστερον ὠνούµενοι λάθρᾳ παῖδας καὶ θρέψαντες ἔπεµπον ἐπὶ τὴν θυσίαν· καὶ ζητήσεως γενοµένης εὑρέθησάν τινες τῶν καθιερουργηµένων ὑποβολιµαῖοι γεγονότες. Τούτων δὲ λαβόντες ἔννοιαν καὶ τοὺς πολεµίους πρὸς τοῖς τείχεσιν ὁρῶντες στρατοπεδεύοντας ἐδεισιδαιµόνουν ὡς καταλελυκότες τὰς πατρίους τῶν θεῶν τιµάς. Διορθώσασθαι δὲ τὰς ἀγνοίας σπεύδοντες διακοσίους µὲν τῶν ἐπιφανεστάτων παίδων προκρίναντες ἔθυσαν δηµοσίᾳ· ἄλλοι δ`ἐν διαβολαῖς ὄντες ἑκουσίως ἑαυτοὺς ἔδοσαν, οὐκ ἐλάττους ὄντες τριακοσίων. Ἦν δὲ παρ`αὐτοῖς ἀνδριὰς Κρόνου χαλκοῦς, ἐκτετακώς τὰς χεῖρας ὑπτίας ἐγκεκλιµένας ἐπὶ τὴν γῆν, ὥστε τὸν ἐπιτεθέντα τῶν παίδων ἀποκυλίεσθαι καὶ πὶπτειν εἴς τι χάσµα πλῆρες πυρός. Εἰκὸς δὲ καὶ τὸν Εὐριπίδην ἐντεῦθεν εἰληφέναι τὰ µυθολογούµενα παρ`αὐτῷ περὶ τὴν ἐν Ταύροις θυσίαν, ἐν οἷς εἰσάγει τὴν Ἰφιγένειαν ὑπὸ Ὀρέστου διερωτωµένην· “Τάφος δὲ ποῖοις δὲξεταί µ`, ὅταν θὰνω; Πῦρ ἱερὸν ἔνδον χάσµα τ`εὐρωπὸν χθονός”. Καὶ ὁ παρὰ τοῖς Ἕλλησι δὲ µῦθος ἐκ παλαιᾶς φήµης παραδεδοµένος ὅτι Κρόνος ἠφάνιζε τοὺς ἰδίους παῖδας παρὰ Καρχηδονίοις φαίνεται διὰ τούτου τοῦ νοµίµου τετηρηµένος».

«Perciò i Cartaginesi, credendo che la loro sfortuna provenisse dagli dèi, si rivolsero alla divinità con ogni genere di preghiera e credendo che Eracle, che aiuta i coloni, fosse particolarmente arrabbiato con loro, inviarono a Tiro una gran quantità di ricchezze e non pochi dispendiosissimi doni. Infatti quando furono mandati da essa a formare una colonia, erano soliti, in tempi antichi, inviare al dio un decimo del ricavato di tutti i partecipanti alla rendita; in seguito, dal momento che possedevano grandi ricchezze e facevano importantissimi guadagni, inviavano cose in quantità molto minori, non curanti della divinità. Giungendo al pentimento a causa di questa disgrazia, richiamavano alla memoria tutti gli dèi a Tiro. Inviarono anche dai templi sacelli d’oro con immagini sacre per la supplica, ritenendo che l’ira del dio si sarebbe meglio placata con l’invio di doni per il perdono. Essi ritenevano che anche Kronos li avversasse in quanto, in tempi antichi, offrivano in sacrificio a quel dio i più nobili fra i figli, ma in seguito, dopo aver comprato e allevato dei bambini di nascosto, li davano in sacrificio; compiuta un’indagine, si scoprì che alcuni di quelli che erano stati offerti erano figli sostituiti. Prendendo coscienza di queste cose e vedendo i nemici accamparsi presso le mura, furono presi da superstizioni timorose per il fatto di aver posto fine agli onori patrii degli dèi. Adoperandosi per rimediare all’errore e avendo scelto duecento fra i bambini nobili, li sacrificarono in pubblico; altri che erano sospettati, diedero i loro stessi (figli) volontariamente, in un numero non inferiore a trecento. C’era presso di essi una statua di bronzo di Kronos, con i palmi delle mani distesi, rivolte verso terra in modo tale che, una volta messi sopra, i bambini rotolassero e cadessero in una voragine satura di fuoco. È possibile che da qui Euripide prese la storia narrata nella sua opera sul sacrificio in Tauride, nella quale presenta Ifigenia interrogata da Oreste: “Quale sepoltura riceverò quando sarò morto?/Un fuoco sacro all’interno, un’ampia voragine della terra”. Sembra che questa storia sia stata tramandata anche presso i Greci, da notizie antiche, che Kronos lasciò i suoi stessi figli fra i Cartaginesi affinché fosse ricordato attraverso le sue stesse leggi» (Bib.Hist. XX 14, 1-7).

In passato, in un passato che sembra abbastanza lontano, data la grande fortuna di Cartagine, la popolazione iniziò a venir meno ai suoi obblighi di devozione nei confronti degli dèi. In particolare, le famiglie nobili appaiono come quelle che avrebbero perpetrato uno degli sgarbi peggiori: esse, secondo un costume che rimanda alla madrepatria Tiro, sarebbero state obbligate a sacrificare i propri figli, obbligo che però aggirarono attraverso l’acquisto di bambini dalle famiglie più

povere. La condanna dell’atteggiamento dei genitori è chiara: il sacrificio, richiesto e compiuto in onore del dio, supera il legame genitoriale e non può essere ovviato sfruttando le proprie disponibilità economiche. Quando però un evento catastrofico, ossia la spedizione di Agatocle, tiranno di Siracusa, in Africa nel 310-309 a.C., colpì la città, gli abitanti ritennero sarebbe stato meglio ripristinare la vecchia pratica per assicurarsi l’appoggio dei numi che erano stati trascurati. Così vennero sacrificati duecento bambini figli di nobili in modo da porre rimedio alla mancanza nei confronti del dio. Si fa poi riferimento alla statua di bronzo di Kronos che abbiamo già ritrovato nel frammento di Clitarco, autore al quale sappiamo si ispirò, e che, ancora una volta, spiega in che modo i bambini sarebbero stati bruciati: cadendo dalle braccia dello stesso dio a cui erano dedicati. Infine l’autore sostiene che anche Euripide si fosse in qualche maniera ispirato a questi avvenimenti per la sua ‘Ifigenia in Tauride’ di cui ci presenta il lamento di Oreste a proposito del destino che lo attende, una voragine di fuoco (625-626). Trattasi di un riferimento al rituale sacrificale punico poco prima descritto e al fatto che, in generale, i Greci dovevano essere a conoscenza di miti legati a questa pratica cultuale. Il fulcro della notizia sta nel fatto che Diodoro ci mette davanti ad un'altra possibile caratteristica del sacrificio umano fenicio-punico, ossia la selezione delle vittime, come se il rituale avesse presa solo se avente per protagonista una specifica categoria di persone, esplicitata qui nei figli della nobiltà cartaginese. Quindi l’oggetto del sacrificio sembra essere fondamentale per la buona riuscita del rito, elemento di mediazione fra sacrificatore e divinità97. I dati archeologici ed epigrafici non ci

aiutano a comprendere la veridicità di quest’affermazione, ma ciò che viene qui ribadito, e che a noi sembra il dato più rilevante, è che i Cartaginesi praticavano il sacrificio umano, di bambini, all’interno di un rito stabile inserito nel culto di

Kronos (Baal Hammon), con regole precise alle quali tutti dovevano attenersi per la sua buona riuscita, che poteva avere scadenza periodica o, se necessario, essere messo in pratica in caso di crisi particolarmente gravi per la comunità98.