• Non ci sono risultati.

In un passo del ‘De Superstitione’, opera di carattere teologico contenuta nella raccolta di trattati ‘Moralia’, Plutarco, in piena età imperiale, scrive:

«Οὐκ ἂµεινον οὖν ἦν Γαλάταις ἐκείνοις καὶ Σκύθαις τὸ παράπαν µήτ`ἒννοιαν ἒχειν θεῶν µήτε φαντασίαν µήθ`ἱστορίαν ἢ θεοὺς εἶναι νοµίζειν χαίροντας ἀνθρώπων σφαττοµένων αἳµατι καὶ τελεωτάτην θυσίαν καὶ ἱερουργίαν ταύτην νοµίζοντας; Τί δέ; Καρχηδονίοις οὐκ ἐλυσιτέλει Κριτίαν λαβοῦσιν ἢ Διαγόραν νοµοθέτην ἀπ`ἀρχῆς µήτε τινὰ δαιµόνων µήτε θεῶν νοµίζειν ἢ τοιαῦτα θύειν οἷα τῷ Κρόνῳ ἒθυον; Οὐκ ὣσπερ Ἐµπεδοκλῆς φησι τῶν τὰ ζῷα θυόντων καθαπτόµενος· “µορφὴν δ`ἀλλάξαντα πατὴρ φίλον υἱον ἀείρας σφάζει ἐπευχόµενος µέγα νήπιος”, ἀλλ`εἰδότες καὶ γιγνῶσκοντες αὐτοὶ τὰ αὑτῶν τέκνα καθιέρευον, οἱ δ`ἄτεκνοι παρὰ τῶν πενήτων ὠνούµενοι παιδία καθάπερ ἂρνας ἢ νεοσσούς, παρειστήκει δ`ἡ µήτηρ ἂτεγκτος καὶ ἀστένακτος· εἰ δὲ στενάξειεν ἢ δακρύσειεν, ἒδει τῆς τιµῆς στέρεσθαι, τὸ δὲ παιδίον οὐδὲν ἧττον ἐθύετο· κρότου τε κατεπίµπλατο πάντα πρὸ τοῦ ἀγάλµατος ἐπαυλούντῶν καὶ τυµπανιζόντων ἕνεκα τοῦ µὴ γενέσθαι τὴν βόησιν ἐξάκουστον. Εἰ δὲ Τυφῶνές τινες ἤ Γίγαντες ἦρχον ἡµῶν τοὺς θεοὺς ἐκβαλόντες, ποίαις ἄν ἥδοντο θυσίαις ἤ τίνας ἄλλας ἱερουργίας ἀπῄτουν; Ἄµηστρις δ`ἡ Ξέρξου γυνὴ δώδεκα κατῶρυξεν ἀνθρώπους ζῶντας ὑπὲρ αὑτῆς τῷ Ἅιδῃ, ὅν ὁ Πλάτων φησὶ φιλὰνθρωπον ὄντα καὶ σοφὸν καὶ πλούσιον, πειθοῖ καὶ λόγῳ κατέχοντα τὰς ψυχάς, Ἅιδην ὠνοµάσθαι. Ξενοφάνης δ`ὁ φυσικὸς τοὺς Αἰγυπτίους κοπτοµένους ἐν ταῖς ἑορταῖς καὶ θρηνοῦντας ὁρῶν ὑπέµνησεν οἰκείως· “οὗτοι, φησίν, εἰ µὲν θεοί εἰσι, µή θρηνεῖτε αὐτούς· εἰ δ`ἂνθρωποι, µὴ θύετε αὐτοῖς”».

«Allora non sarebbe meglio che i celebri Galati e gli Sciti non avessero alcuna nozione, rappresentazione né testimonianza sugli dèi, piuttosto che credere che siano dèi che si compiacciono del sangue di uomini sgozzati e credere questo un vero e proprio rito sacrificale? E perché? Non avrebbe giovato ai Cartaginesi prendere un Crizia o un Diagora come legislatori fin dall’inizio e non credere a demoni né a dèi, piuttosto che compiere sacrifici come quelli offerti a Kronos? Non, come dice Empedocle quando attacca chi sacrifica animali: “il padre, sollevando il caro figlio che ha cambiato aspetto, lo sgozza pregando, grande sciocco”, ma in piena coscienza e conoscenza sacrificano i propri figli, chi non ha figli compra i bambini dai poveri come agnelli o pulcini, e la madre doveva essere presente e non piangere e gemere: se gemeva o piangeva sarebbe stata privata del compenso ricevuto e il bambino, comunque, sarebbe stato sacrificato; tutto intorno, davanti all’immagine sacra, era pieno del rumore dei suonatori di flauto e di timpano, in modo tale che non fosse possibile sentire le urla. Se Tifone o i Giganti ci governassero dopo aver scacciato gli dèi, di quali sacrifici vorranno godere o quali altri riti sacrificali esigeranno? Amestri, sposa di Serse, fece seppellire dodici uomini vivi in suo favore ad Ade, che Platone dice esser benevolo, saggio e ricco, che trattenne le anime con la persuasione e la ragione, per questo viene chiamato Ade. Il fisico Senofane, vedendo gli Egiziani battersi il petto durante le festività e piangere, giustamente suggerì: “se questi” disse “sono dèi, non piangete per loro; se uomini, non offritegli sacrifici”» (DeSup. 171 13, B-E).

L’autore comincia sostenendo che sarebbe stato meglio non credere agli dèi se farlo induce a credere che essi siano compiaciuti degli atti cruenti che l’uomo compie in suo nome, come fanno i Galati, gli Sciti e i Cartaginesi, popolo del quale si accinge

105 XELLA P., 2009.

a descriverci il rituale. I padri sacrificavano i propri figli in onore di Kronos (Baal Hammon) non, come sosteneva Empedocle, “ἐπευχόµενος” ma “εἰδότες καὶ

γιγνῶσκοντες” e, in caso non avessero prole, se la sarebbero potuta procurare

comprando i bambini di famiglie meno abbienti, come fossero “ἂρνας ἢ νεοσσούς”, usuali vittime sacrificali; le madri dovevano assistere al rituale senza versare lacrime altrimenti avrebbe perso non solo il figlio ma anche il compenso pattuito. In questo atteggiamento dei genitori, qualcuno106 ha voluto leggere un richiamo al

testo di Ben Sira che dice:

«Sacrifica un figlio davanti al padre di lui/chi offre un sacrificio dalle sostanze dei poveri» (Cod.Vat. 248).

L’atrocità dei sentimenti del padre di fronte alla morte sacrificale di un figlio è tale da permettere all’autore questo specifico paragone. Quanto Ben Sira, nei fatti, si stesse riferendo ai sacrifici di bambini di cui noi ci stiamo occupando è più difficile a dirsi. Flauti e timpani coprivano con il loro suono, o meglio, frastuono le grida dei bimbi che venivano sgozzati107. Il giudizio di Plutarco appare piuttosto negativo, una forte condanna delle false credenze che spingono a compiere gesti riprovevoli. Queste barbarie dipendono totalmente dalle leggi che agiscono presso queste popolazioni, leggi dettate non dalla ragione ma dalla superstizione, dalla religione superstiziosa, loro caratteristica preponderante e opposta alla grecità108. I sacrifici vengono utilizzati per spiegare non solo le differenze fra greco-romani e barbari, ma anche come l’eccesso di religiosità sia esso stesso cattiva religione poiché porta a conseguenze disastrose a prescindere da chi se ne faccia influenzare, come capitò al comandante ateniese Nicia che rimandò lo scontro in Sicilia con i siracusani a

106 VATTIONI F., 1981.

107 XELLA P., 2009. 108 MARTELLI F., 1981.

causa di un eclissi di luna, scelta che lo fece capitolare109. Al contrario di quanto abbiamo visto in Diodoro Siculo, la pratica della compravendita di bambini sembra essere più ampiamente utilizzata, non solo dai ricchi che cercavano, così, di ingannare la divinità, ma anche da quanti non avevano figli propri e non avrebbero potuto adempiere alla pratica sacrificale, necessaria per ottenere dal dio un beneficio per la propria famiglia. Le due notizie sembrano piuttosto inconciliabili e forse provengono da fonti diverse110. Possiamo, inoltre, ritenere che l’utilizzo di

strumenti musicali più che per coprire le urla, avesse una funzione cultuale fondamentale: si tratta forse della testimonianza del contesto gioioso in cui dei rituali di ringraziamento al dio, come questi erano, dovevano svolgersi111.

Nelle opere ‘Regum et Imperatorum Apophthegmata’, di carattere erudito e storico, e ‘De Sera Numinis Vindicta’, di carattere teologico, entrambe contenute nei ‘Moralia’, Plutarco ci informa, come già abbiamo visto in Teofrasto, sull’abolizione dei sacrifici di bambini da parte del tiranno Gelone:

«Γέλων ὁ τύραννος, ὅτε Καρχηδονίους πρὸς Ἱµέρᾳ κατεπολέµησεν, εἰρήνην ποιούµενος πρὸς αὐτοὺς ἠνάγκασεν ἐγγράψαι ταῖς ὁµολογίαις ὅτι καὶ τὰ τέκνα παύσονται τῷ Κρονῷ καταθύοντες». «Il tiranno Gelone, quando sconfisse i Cartaginesi ad Imera, stabilendo con loro la pace, li costrinse a sottoscrivere negli accordi anche che avrebbero posto fine all’offrire in sacrificio i figli a Kronos» (Reg.Imp.Ap. 175 A,1).

«Γέλων δὲ καὶ προπολεµήσας112 ἄριστα καὶ κρατήσας µάχῃ µεγάλῃ Καρχηδονίων, οὐ πρότερον

εἰρήνην ἐποιήσατο πρὸς αὐτοὺς δεοµένους ἤ καὶ τοῦτο ταῖς συνθήκαις περιλαβεῖν, ὃτι παύσονται τὰ τέκνα τῷ Κρόνῳ καταθύοντες».

«Gelone, inoltre, essendo il più grande e potente guerriero nella grande battaglia contro i Cartaginesi, non fece la pace con essi che ne erano bramosi prima di aggiungere questo agli accordi, che avrebbero posto fine all’offrire in sacrificio i figli a Kronos» (DeSeraNum.Vind. 552 A). In seguito alla battaglia di Imera (480 a.C.), Gelone obbliga i Cartaginesi, con una clausola del trattato di pace, ad abbandonare la pratica regolare del sacrificio di

109 RIVES J., 1995.

110 MOSCA P., 1975. 111 XELLA P., 2009. 112 = προσπολεμήσας.

“τέκνα” in onore di Kronos (Baal Hammon). Come già abbiamo detto nel paragrafo dedicato a Teofrasto, quello che di queste notizie ci sembra importante è che non è rilevante se la richiesta di Gelone sia vera o falsa quanto, piuttosto, il fatto che essa sia sembrata una possibilità credibile per chi scrive vista la stabilità del rito in questione e la conseguente sua conoscenza oltre l’ambiente punico, anche fra i suoi possibili lettori.