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Anche con Eusebio, vescovo di Cesarea, e la sua ‘Preparazione Evangelica’ (IV secolo d.C.) ci troviamo di fronte ad un intento apologetico dell’autore nei confronti della religione cristiana, ormai prossima alla legittimazione politica, e contro il paganesimo e le sue tradizioni esecrabili. Il patriarca custodisce qui le più importanti citazioni di Filone di Biblo, del cui lavoro è a conoscenza direttamente e non, o non solo, attraverso l’opera di Porfirio152. Scrive Eusebio:

«Λοιµοῦ δὲ γενοµένου καὶ φθορᾶς τὸν ἑαθτοῦ µονογενῆ υἱὸν ὁ Κρόνος Οὐρανῷ τῷ πατρὶ ὁλοκαυτοῖ καὶ τὰ αἰδοῖα περιτέµνεται, ταυτὸν ποιῆσαι καὶ τοὺς ἅµ`αὐτῷ συµµάχους ἐξαναγκάσας. Καὶ µετ`οὐ πολὺ ἕτερον αὐτοῦ παῖδα ἀπὸ Ῥέας ὀνοµαζόµενον Μοὺθ ἀποθανόντα ἱεροῖ· Θάνατον δὲ τοῦτον καὶ Πλούτωνα Φοίνικες ὀνοµάζουσιν.». 150 RIBICHINI S., 2003. 151 XELLA P., 2009. 152 BAUMGARTEN A.I., 1981.

«Quando si verificò una peste rovinosa, Kronos offrì in olocausto il suo stesso unico figlio al padre Urano, si circoncise costringendo i suoi alleati a fare lo stesso insieme a lui. Dopo non molto tempo, divinizzò, in seguito alla morte, un’altra sua figlia, avuta da Rea e chiamata Mouth; I Fenici li chiamano Thanatos e Plutone» (Praep.Ev. I 10, 33-34).

E aggiunge: «Ταῦτα µὲν οὖν ἐκ τῆς προδηλωθείσης κείσθω γραφῆς· ἐκ δὲ τοῦ πρώτου συγγράµµατος τῆς Φίλωνος ποινικικῆς ἱστορίας παραθὴσοµαι ταῦτα· “Ἔθος ἦν τοῖς παλαιοῖς ἐν ταῖς µεγάλαις συµφοραῖς τῶν κινδύνων ἀντί τῆς πάντων φθορᾶς τὸ ἠγατηµένον τῶν τέκνων τοὺς κρατοῦντας ἤ πόλεως ἤ ἒθνους εἰς σφαγὴν ἐπιδιδόναι λύτρον τοῖς τιµωροῖς δαίµοσι· κατεσφάττοντο δὲ οἱ διδόµενοι µυστικῶς. Κρόνος τοίνυν, ὅν οἱ Φοίνικες Ἢλ προσαγορεύουσι, βασιλεύων τῆς χώρας καὶ ὕστερον µετὰ τὴν τοῦ βίου τελευτὴν εἰς τὸν τοῦ Κρονου ἀστέρα καθιερωθείς, ἐξ ἐπιχωρίας νύµφης Ἀνωβρὲτ λεγοµένης υἱὸν ἔχων µονογενῆ, ὅν διὰ τοῦτο Ἰεοὺδ ἐκάλουν – τοῦ µονογενοῦς οὕτως ἔτι καὶ νῦν καλουµένου παρὰ τοῖς Φοίνιξιν -, κινδύνων ἐκ πολέµου µεγίστων κατειληφότων τὴν χώραν βασιλικῷ κασµήσας σκήµατι τὸν υἱον βωµόν τε κατασκευασάµενος κατέθυσεν».

«Ho menzionato queste cose nello scritto precedente; aggiungerò questa citazione del primo libro delle ‘Storie Fenicie’ di Filone: “Era costume degli antichi, in casi gravi di pericolo, che i capi della città o del popolo, per evitare l’annientamento di tutti, dessero in sacrificio i più cari fra i loro figli come ricompensa per le divinità vendicatrici: i donati venivano trucidati durante i riti dei misteri. Allora Kronos, che i Fenici chiamavano El, che regnava sulla regione e che, dopo la fine della vita, si divinizzava nella stella di Kronos, avendo avuto un unico figlio da una ninfa indigena chiamata Anobret, che per questo motivo chiamarono Ieoud – così, ancora oggi, è chiamato il figlio unico presso i Fenici –, e, in seguito alla guerra, verificandosi grandi pericoli nella regione, si ornò il figlio come un re e, preparato l’altare, lo si sacrificò”» (Praep.Ev. I 10,44 = IV 16,11).

Il primo passo fa riferimento alla teologia mitica fenicia che, insieme a quella egiziana, è considerata, da Eusebio, l’originaria153. Vediamo esposto il fondamento mitico del sacrificio del figlio unico di Kronos, per il padre Urano, e della circoncisione di Kronos e dei suoi alleati. Questi atti sono compiuti in seguito ad una disastrosa pestilenza. Veniamo, quindi, rimandati all’origine mitica del rituale sacrificale fenicio-punico successivamente descritto. Il secondo passo, che compare due volte nell’opera di Eusebio, è una vera e propria citazione della ‘Storia Fenicia’ di Filone in cui ci dice che era usanza fra gli antichi, da parte dei capi delle comunità, sacrificare i più cari dei “τέκνων”, potremmo pensare al primogenito o, comunque, ad un figlio unico visto il successivo, ma già visto, rimando al mito del sacrificio del figlio di Kronos per evitare la rovina di tutti. L’atto era compiuto in onore di divinità definite “τιµωροῖς”, che potrebbe significare ‘protettrici’ o ‘vendicatrici’: propendiamo più per la seconda ipotesi dato che Eusebio cerca di

trovare legittimazione ai suoi scopi, qui di attacco ai pagani, anche quando cita altri autori. I riti durante i quali si uccidevano i fanciulli vengono definiti “µυστικῶς”, così già definiti in precedenza da Giustino Martire. Viene poi riproposto il fondamento mitico del rituale voluto da Kronos, il fenicio El secondo l’interpretazione filoniana, che sacrificò il suo unico figlio, del quale ci riporta il nomen-omen Ieoud, avuto dalla ninfa Anobret di cui abbiamo già parlato nel paragrafo relativo a Filone e del quale si sottolinea qui principalmente il suo essere unico, caratteristica che lo rende particolarmente importante allo scopo di salvare la patria in guerra. Venne sacrificato sull’altare ornato come un “βασιλικῷ”, come già detto, possibile sostituzione del re nel sacrificio154. Il passo ribadisce la necessità di sacrificare al dio Baal Hammon un bambino in caso di grave pericolo per il popolo, rito ripreso dal mitico sacrificio del figlio del re della regione, nient’altro che il dio in questione. Il legame fra la vittima e la sua condizione sociale sembra essere fondamentale e, anche se dall’archeologia non abbiamo testimonianza che fossero solo i nobili a compiere questo genere di sacrifici, ma piuttosto che fosse un rito praticato in maniera molto più ampia, è possibile che i bambini in questione subissero una sorta di regalizzazione al momento del rituale e di divinizzazione nel momento in cui venivano consegnate nelle mani del dio che, in cambio, avrebbe protetto la sua famiglia o il paese.

Rilevante è anche un altro passaggio del libro IV, inserito nel capitolo 16 in cui si occupa, citando Porfirio, dei sacrifici umani nell’antichità:

«Καὶ πάλιν φησίν·“Ἀφ`οὗ µέχρι τοῦ νῦν οὐκ ἐν Ἀρκαδίᾳ µόνον τοῖς Λυκαίοις οὐδ`ἐν Καρχηδόνι τῷ Κρόνῳ κοινῇ πάντες ἀνθρωποθυτοῦσιν, ἀλλὰ κατὰ περίοδον, τῆς τοῦ νοµίµου χάριν µνήµης, ἐµφύλιον ἀεὶ αἷµα ῥαίνουσι πρὸς τοὺς βωµούς”».

«E, inoltre, aggiunge: “Da allora e fino ad oggi non solo in Arcadia durante le Licee ma anche a Cartagine in onore di Kronos secondo l’uso comune tutti commettevano omicidi, ma per un periodo, ricordo dell’antica legge, sempre spargono sugli altari il sangue della stessa stirpe» (Praep.Ev. IV 16,10).

154 XELLA P., 2009.

La citazione di Porfirio, che a sua volta riprende Teofrasto, rimanda ai sacrifici di sangue in Arcadia e a Cartagine compiuti ancora nel tempo in cui l’autore scrive. In precedenza e successivamente al passo citato, Eusebio scrive un lungo elenco di popoli e sacrifici allo scopo di spiegare che essi sono dovuti alle divinità pagane che altro non sono che demoni, dato che richiedono l’offerta di sangue umano, ai quali è necessario rinunciare. La pratica, infatti, come l’ampia serie da lui presentata, testimonia che non si trattava di un’aberrazione all’interno dei culti pagani ma di una caratteristica peculiare e regolare di essi155. In questo senso, la notizia dei sacrifici fenici e punici desta, ancora nel IV secolo, notevole interesse, non più sulla scorta della differenziazione fra civiltà greco-romane e barbari ma per una distinzione religiosa fra coloro che continuano ad affidarsi agli dèi pagani, termine in questo periodo entrato pienamente nell’uso, e chi si è legato alla ormai ben consolidata fede cristiana.

Un’altra informazione dello stesso Eusebio la troviamo nell’‘Elogio di Costantino’, più specificatamente nel ‘Discorso per il trentennale’ del regno dell’imperatore cristiano (336 d.C.), in cui scrive:

«Καὶ τί γὰρ ἄν γένοιτο τούτον µανικώτερον θύειν ἀνθρώπους καὶ τὰς πόλεις ἁπάσας καὶ τοὺς αὐτῶν οἴκους ἐµφυλίοις µολύνειν φόνοις; ἤ οὐ ταῦτα Ἑλλήνων παῖδες µαρτυροῦσι καὶ πᾶσά γε ἡ ἱστορία τῆς τούτων µνήµης πεπλήρωται; Κρόνῳ µὲν γὰρ Φοίνικες καθ`ἕκαστον ἔτος ἔθυον τὰ ἀγαπητὰ καὶ µονογενῆ τῶν τέκνων, τῷ δ`αὐτῷ τούτῳ καὶ ἐν Ῥόδῳ µηνὶ Μεταγειτνιῶνι ἕκτῃ ἱσταµένου ἀνθρώπους ἔσφαττον. Ἐν δὲ Σαλαµῖνι ὑφ`ἕνα περίβολον Ἀθηνᾶς Ἀγραύλιδος καὶ Διοµήδους ἐλαυνόµενός τις ἀνὴρ τρὶς περιέθει τὸν βωµόν, ἔπειτα ὁ ἱερεὺς αὐτὸν λόγχῃ ἔπαιεν κατὰ τοῦ στοµάχου, καὶ οὕτως αὐτὸν ἐπὶ τὴν νησθεῖσαν πυρὰν ὡλοκαὺτιζεν. Ἐγίγνοντο δὲ καὶ ἐπὶ τῆς Αἰγύπτου πλεῖσται ὅσαι ἀνθρωποκτονίαι, ἐθύοντό τε τῇ Ἥρᾳ ἐν Ἡλίου πόλει τῆς ἡµέρας τρεῖς, ἀνθ`ὧν Ἀµὸσης ὁ βασιλεύς τὸ δεινὸν συνιδὼν κηρίνους τοὺς ἴσους ἐκέλευσεν ἐπιτίθεσθαι. Καὶ ἐν Χίῳ δὲ τῷ Ὠµαδίῳ Διονύσῳ ἄνθρωπον διασπῶντες ἔθυον, καὶ ἐν Τενέδῳ δὲ ὡσαύτως, ἐν δὲ Λακεδαίµονι τῷ Ἄρει τὴν δι` ἀνθρώπων ἐτέλουν θυσίαν. Καὶ ἐν Κρήτῃ δὲ αὐτὸ τοῦτ`ἔπραττον, ἀνθρωποθυτοῦντες τῷ Κρόνῳ. Ἀθηνᾷ δὲ παρθένος κατ`ἔτος ἐθύετο ἐν Λαοδικείᾳ τῆς Συρίας, νῦν δὲ ἔλαφος. Οὐ µὴν ἀλλὰ καὶ Λίβυες καὶ Καρχηδόνιοι ταῖς ἀνθρωποθυσίαις τοὺς ἑαυτῶν ἱλεοῦντο θεούς».

«Come può nascere una cosa più pazza del sacrificare uomini e del fatto che tutte le città e i cittadini si macchino di omicidi fra quelli stessi della famiglia? O non testimoniano questa stessa cosa i figli dei Greci e ogni racconto si è riempito di questo ricordo? Infatti, i Fenici ogni anno sacrificavano i cari figli unici a Kronos e, ad egli stesso, anche a Rodi durante il sesto giorno della festa Metagitnia un prescelto immolava uomini. A Salamina, in passato, si circondava Atena Agraulide e, colpendo

Diomede, un uomo qualunque girava attorno all’altare per tre volte, poi il sacerdote gli scagliava una lancia alla bocca/stomaco e allora lo si ammucchiava per bruciarli nel fuoco. Anche presso gli Egiziani accadeva che moltissimi compissero omicidi, sacrificavano ad Era, ad Eliopoli, per tre giorni, e contro questi riti il re Amose. vedendo la cosa terribile, ordinava di porli uguali di cera. Anche a Chio si sacrificava un uomo facendolo a pezzi per Dioniso Omadio e, per lui stesso, nel Tenedo, e fra i Lacedemoni ad Ares, si consacrava il sacrificio di uomini. Anche a Creta si compiva la stessa cosa, cioè si uccidevano uomini per Kronos. A Laodicea di Siria, ogni anno, si sacrificava ad Atena una giovane, ora un cervo. Nondimeno, anche i Libici e i Cartaginesi sacrificavano uomini per propiziarsi gli stessi dèi» (13, 7).

Il contesto è sempre quello della condanna del paganesimo e dei suoi costumi dovuti a divinità demoniache che accomunano tutti i popoli, barbari o civilizzati che fossero: solo la venuta di Cristo cambierà la condizione umana156. Per questo

motivo, descrive l’uso presso i Fenici di sacrificare i “τὰ ἀγαπητὰ καὶ µονογενῆ τῶν

τέκνων” a Kronos (Baal Hammon), collegabile ai generici sacrifici di uomini

compiuti da Libici e Cartaginesi per “ἱλεοῦντο” gli dèi e menzionati alla fine del passo. Anche a Rodi, durante la festa Metagitnia, si immolavano “ἀνθρώπους” in onore del medesimo dio Kronos e, a Salamina, “ὑφ`ἕνα”, secondo un rituale specifico, un sacerdote uccideva con una lancia su di un altare un uomo i cui resti venivano bruciati. Ancora, ad Eliopoli si compivano sacrifici cruenti in onore di Era per tre giorni, per i quali il re Amose decise di sostituire agli uomini delle loro personificazioni in cera; a Chio e nel Tenedo si sacrificava in onore di Dioniso Omadio, mentre a Sparta per Ares. Vediamo, infine i già visti sacrifici a Creta per Kronos e a Laodicea di Siria per Atena (dove la fanciulla era stata sostituita da un cervo). Eusebio, come abbiamo visto, è legato alla tradizione del sacrificio dei figli più cari e unici, risalente a Filone di Biblo, e ci testimonia la presenza della pratica cruenta sia presso i Fenici che presso i Cartaginesi, sia in Oriente che in Occidente, un rituale che ha radici antiche e che si è mantenuto nonostante il cambiamento di sede e lo scorrere del tempo.

2.24 L’attacco ai pagani di Atanasio.