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LA DIPLOMAZIA ITALIANA ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: POLITICHE DI EPURAZIONE E CONTINUITÀ

La Germania nella concezione di politica estera dell’Italia (1945-1947)

II. 1FONDAMENTI E OBIETTIVI DELLA POLITICA ESTERA ITALIANA ALLA FINE DELLA GUERRA

II.2 LA DIPLOMAZIA ITALIANA ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: POLITICHE DI EPURAZIONE E CONTINUITÀ

Eravamo partiti che volevamo la rivoluzione mondiale, poi ci siamo accontentati della rivoluzione in Italia, e poi di alcune riforme, e poi di partecipare al Governo, e poi di non esserne cacciati. […] Siamo stati sconfitti, per molte ragioni che non dipendono da noi, ma anche per colpa nostra, che non sapevamo quello che si dovesse volere, e giocavamo a fare i Machiavelli, e abbiamo preteso di fare le riforme di struttura conservando o restaurando proprio quella struttura che volevamo riformare; accarezzando e facendo rinascere proprio quella burocrazia che volevamo distruggere, per affidarle la propria soppressione: stupiti che non accogliesse la nostra preghiera di suicidarsi per farci piacere.

Carlo Levi, L’Orologio

Prima di analizzare l’elaborazione del ruolo della Germania per la politica estera dell’Italia tra la fine della guerra e la firma del Trattato di pace e per una migliore comprensione della stessa, è

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La bibliografia su questo periodo della storia d’Italia è molto ricca. Tra le ricostruzioni che hanno tenuto insieme fattori interni ed esterni legati alla scelta istituzionale cfr. E.DI NOLFO, Le paure e le speranze degli italiani: 1943-

1953, Milano, 1986; S.LANARO, Storia dell'Italia repubblicana. Dalla fine della guerra agli anni novanta, Venezia, 1993; F.BARBAGALLO, La formazione dell’Italia democratica, in ID. (a cura di), Storia dell’Italia repubblicana, cit., pp. 5-119; G.FORMIGONI, La Democrazia Cristiana, cit.; E. AGA-ROSSI, L’Italia nel contesto internazionale, 1945-

1948, in G. MONINA (a cura di), 1945-1946. Le origini della Repubblica, Soveria Mannelli, 2007, pp. 25-60; P. POMBENI, La transizione politica nell’Europa postbellica, Ivi, pp. 61-88; U. GENTILONI SILVERI, Il passaggio

istituzionale nella documentazione alleata, Ivi, pp. 99-118; L.PAGGI, Il “popolo dei morti”. La repubblica italiana

56 necessario contestualizzare quel particolare corpo operante come strumento dello stato, la diplomazia, delineandone il profilo che presentava alla fine della guerra. In questo caso, con il termine diplomazia, si intende riferirsi al personale di carriera all’interno del ministero: al complesso dei funzionari preposti all’instaurazione e al mantenimento dei rapporti con gli altri stati. Non sono molti gli studi e le monografie dedicati alla diplomazia italiana tra la crisi del regime fascista e la ricostruzione della politica estera da parte dell’Italia repubblicana37

. Il tema riveste un’importanza tutt’altro che secondaria, poiché attiene al principale complesso di funzionari al servizio dello stato per quanto riguarda i rapporti internazionali, un insieme di attività indispensabili per instaurare e intrattenere relazioni con i governi dei paesi esteri. La diplomazia rappresenta un tipo di burocrazia che ha il compito di coadiuvare il governo nelle scelte di politica estera attraverso la preparazione di studi, relazioni e l’invio di rapporti dalle varie sedi diplomatiche, punti d’osservazione privilegiati per reperire una quantità di contatti e di informazioni altrimenti poco raggiungibili.

La letteratura scientifica sulla storia delle relazioni politico-diplomatiche fra Italia e Germania ha sempre evitato l’analisi e la riflessione sulla fase di transizione dal fascismo alla repubblica attraversata dalla diplomazia italiana. La ricerca di Maddalena Guiotto, che rappresenta il primo importante contributo pubblicato in Italia sull’argomento, non affronta questo aspetto centrale della storia del riavvicinamento italo-tedesco dopo il 194538. Un approccio simile, incentrato direttamente sulla ripresa delle relazioni diplomatiche fra Italia e Repubblica federale, e quindi privo di riferimenti circa la storia istituzionale del ministero degli Esteri tra fascismo, epurazione e democrazia, è riscontrabile nel recente volume di Federico Niglia39. Un’indagine sul personale

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Si tratta per lo più di contributi sottoforma di articoli o brevi saggi. Tra le pubblicazioni a disposizione cfr. M. CONCIATORI, 1943. La diplomazia italiana dopo l’8 settembre, in «Storia delle relazioni internazionali», 1990, 2, pp. 199-234; E.SERRA, La diplomazia italiana dopo il 1943 tra rottura e continuità, in H.WOLLER (a cura di), La nascita

di due repubbliche, cit., pp. 73-86; F. GRASSI ORSINI, La diplomazia fascista, Bologna, 1993; ID., La diplomazia

italiana dagli «anni del consenso» al crollo del regime, in A.VENTURA (a cura di), Sulla crisi del regime fascista 1938-

1943. La società italiana dal consenso alla Resistenza. Atti del convegno nazionale di studi, Padova, 4-6 novembre 1993, Venezia, 1996, pp. 125-148; D. IVONE, Raffaele Guariglia e la diplomazia epurata, 1944-1946. Un oscuro

capitolo della storia dell'Italia post-fascista, Napoli, 2002; A.VARSORI, Continuità e discontinuità nella diplomazia

italiana, in U. DE SIERVO, S. GUERRIERI, A. VARSORI, 1945-1946, cit., pp. 155-172; solo una pagina è dedicata all’epurazione all’interno del ministero degli Esteri nel pur fondamentale volume di H.WOLLER, I conti con il fascismo.

L'epurazione in Italia 1943-1948, Bologna, 2004, (ed. or. Die Abrechnung mit dem Faschismus in Italien, 1943 bis 1948, München, 1996), p. 249; dello stesso autore ID., Die Anfänge der politischen Säuberung in Italien 1943–1945.

Eine Analyse des Office of Strategic Services, in «Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte», 38, 4, 1990, pp. 141-190. Una

ricostruzione interessante è presente in L.MONZALI, Mario Toscano e la politica estera italiana nell'era atomica, Firenze, 2011, pp. 47-65. Per una valutazione “dall’interno” delle continuità e delle rotture cfr. il saggio dell’ex ambasciatore italiano S.ROMANO, Diplomazia nazionale e diplomazia fascista: continuità e discontinuità, in «Affari Esteri», 1984, 16, pp. 440-454.

38 Cfr. M. G

UIOTTO, J. LILL (a cura di), Italia-Germania, Deutschland-Italien, 1948-1958. Riavvicinamenti–

Wiederannäherungen, Firenze, 1997, pp. 23-50.

39 In questo caso, il primo capitolo dell’opera di Niglia è incentrato sugli anni 1945-1949, interpretati come una

lunga fase preparatoria in attesa della ripresa delle relazioni diplomatiche. Cfr. F.NIGLIA, Fattore Bonn. La diplomazia

57 diplomatico impegnato nella ricostruzione delle relazioni con la Germania è assente anche nella letteratura tedesca sulla storia dei rapporti fra Italia e Repubblica federale. Il volume di Maximiliane Rieder per la ricostruzione delle prime missioni italiane nella Bizona si affida alla ricerca di Guiotto, e in generale non si sofferma sui diplomatici inviati in Germania. La chiave di lettura della ricerca è rappresentata dall’analisi delle continuità e delle rotture all’interno delle relazioni economiche italo-tedesche. In questo senso lascia perplessi il non utilizzo di tale chiave per il personale di uno ministeri maggiormente coinvolti nella gestione dei rapporti economici con l’estero40

. Fa eccezione in parte il contributo di Christian Vordemann: Deutschland-Italien, 1949- 1961. Die diplomatischen Beziehungen, non tradotto in Italia. Vordemann presenta sottoforma di excursus una veduta d’insieme dei processi di epurazione e di denazificazione all’interno dei due paesi. I ministeri degli Esteri tedesco (Auswärtiges Amt) e italiano non vengono analizzati in modo particolare e non sono esaminati nemmeno i singoli diplomatici coinvolti nelle relazioni fra i due paesi, ma è presente la consapevolezza del ruolo di queste due istituzioni per la storia delle relazioni politiche fra Italia e Germania e l’invito ad indagare più da vicino lo sviluppo dei due corpi diplomatici fra dittatura e democrazia per acquisire una lettura più articolata di quel rapporto41.

La storia della diplomazia italiana durante il ventennio fascista è stata oggetto di ricerche soprattutto da parte di Grassi Orsini42 che ha distinto tre diverse fasi, coincidenti con i diversi tentativi compiuti dal regime di fascistizzare il ministero degli Esteri: dalla fascistizzazione “morbida” degli anni Venti al “governo personale della diplomazia” degli anni Trenta43

. Sebbene alcuni diplomatici avessero rassegnato le dimissioni quando Mussolini giunse al potere, la gran parte dei funzionari si adattò alla nuova realtà politica44. La progressiva professionalizzazione della diplomazia, iniziata alla fine dell’Ottocento e proseguita anche durante il fascismo45

, comportava un maggiore distacco tra il diplomatico e la politica estera portata avanti da governi mutevoli. Come

40 Cfr. M.R

IEDER, Deutsche-italienische Wirtschaftsbeziehungen. Kontinuitäten und Brüche, 1936-1957, Frankfurt am Main, 2003, pp. 397-400.

41 Cfr. C. V

ORDEMANN, Deutschland-Italien, 1949-1961. Die diplomatischen Beziehungen, Frankfurt am Main, 1994, pp. 34-42.

42 Cfr. i due studi: La diplomazia fascista, cit. e La diplomazia italiana dagli «anni del consenso» al crollo del

regime, cit.

43 La prima di queste fasi comprende l’assunzione da parte di Mussolini dell’interim del dicastero degli Esteri

nell’ottobre del 1922 fino a quando egli lasciò la direzione del ministero nel settembre del 1929. La seconda fase è rappresentata dalla gestione di Dino Grandi, dal settembre del 1929 al luglio del 1932 (ritorno di Mussolini agli Esteri). La terza fase coincide, invece, con la gestione di Galeazzo Ciano: dal giugno del 1936 al febbraio del 1943. Cfr. F. GRASSI ORSINI, La diplomazia italiana dagli «anni del consenso» al crollo del regime, cit., pp. 125-126.

44 Nota, infatti, Grassi Orsini: «L’avvento di Mussolini non determinò eccessivo panico e le dimissioni tra i

rappresentanti all’estero si limitarono a quelle di Sforza e di Frassati che erano da considerarsi dei “politici”». Cfr. F.

GRASSI ORSINI, La diplomazia fascista, cit., p. 12.

45 Sulla progressiva professionalizzazione dell’attività diplomatica tra Ottocento e Novecento cfr. S. R

UDITAS, I

segretari generali del Ministero degli affari esteri, in L.PILOTTI (a cura di), La formazione della diplomazia italiana:

1861-1915, Milano, 1989, pp. 363-386; M.CACIOLI, Gli ambasciatori, Ivi, pp. 479-492; e M.DE GIORGI, Il «gruppo

58 già aveva rilevato Gramsci, la tendenza alla specializzazione della professione diplomatica implicava una maggiore subalternità al potere esecutivo, ma anche il possibile asservimento ad una volontà potenzialmente estranea alle convinzioni particolari del diplomatico46.

Gli storici concordano nel considerare piuttosto tiepida l’adesione del ministero degli Esteri alla politica estera fascista durante i primi anni del regime. Per tale motivo vennero introdotte alcune riforme tendenti alla fascistizzazione degli Esteri. Come è noto, il provvedimento più importante fu una legge del 2 giugno 1927 per l’abolizione della rendita (che fino ad allora limitava l’appartenenza al corpo diplomatico a un privilegio di censo), l’unificazione dei ruoli consolari e diplomatici ai gradi iniziali della carriera, e soprattutto la possibilità per il ministro di immettere a sua discrezione un gruppo di funzionari nei ruoli del ministero senza concorso (i funzionari entrati attraverso quest’ultima riforma furono definiti «ventottisti»)47

. Negli anni Trenta si assistette ad una progressiva fascistizzazione della diplomazia attraverso una serie di promozioni riservate ai funzionari più zelanti ed entusiasti della nuova linea bellicosa della politica estera dell’Italia fascista. Inoltre i ricambi generazionali di carattere fisiologico andavano ad ingrossare le fila di quanti si erano formati durante il regime a scapito di quelli entrati in servizio prima del 1922.

Sul risultato della fascistizzazione non c’è pieno accordo tra gli storici. Grassi Orsini ritiene che «la diplomazia non fu completamente fascistizzata in quanto lo spirito di corpo riuscì in parte ad opporre una resistenza corporativa alla sua omologazione al regime e che nonostante ciò, sino alla non cobelligeranza, pur con tutte le cautele sul piano tecnico, seguì la politica di Mussolini e non riuscì ad impedire l’intervento in guerra, a fianco della Germania nazista»48

.

Ad un’interpretazione diametralmente opposta giungono, invece, le ricerche di Woller e Diomede secondo i quali il ministero degli affari Esteri fu uno dei più compromessi con il regime fascista49.

I momenti di svolta per la diplomazia italiana furono rappresentati dal crollo del fascismo e dall’armistizio. Come è stato scritto, la scelta della maggioranza dei diplomatici fu quella di aderire al Regno del Sud50. Le ragioni alla base di questa scelta furono varie e in parte convergenti: motivazioni di carattere ideologico, convinzioni personali, lealtà dinastica, e spesso una realistica

46 Cfr. l’edizione critica a cura di Valentino Gerratano di A.G

RAMSCI, Quaderni del carcere, volume secondo, Torino, 1975, pp. 760-762.

47

In riferimento all’anno in cui effettivamente furono inseriti: il 1928. Su queste riforme del 1927 cfr. F.GRASSI

ORSINI, La diplomazia italiana dagli «anni del consenso» al crollo del regime, cit., p. 127; A.VARSORI, Continuità e

discontinuità nella diplomazia italiana, cit., p. 157.

48

F.GRASSI ORSINI, La diplomazia fascista, cit., p. 54.

49 D. I

VONE, Raffaele Guariglia, cit., pp. 79-80; H. WOLLER, I conti con il fascismo, cit., p. 249. Tuttavia a differenza degli studi di Ivone e Grassi Orsini quello di Woller non è dedicato esclusivamente alla diplomazia italiana, ma al complesso delle varie amministrazioni. Un’interpretazione analoga a quella di Ivone e Woller è presente in C. VORDEMANN, Deutschland-Italien, cit., pp. 34-42.

50

59 interpretazione delle svolte verificatesi tra il 25 luglio e l’8 settembre influirono, separatamente o insieme, nell’orientare la decisione dei funzionari. In generale, dopo la formazione della Repubblica Sociale, la scelta di obbedire ad uno dei due stati italiani allora esistenti si rivelò in ogni caso problematica per non pochi dirigenti. Secondo la condivisibile valutazione di Ganapini, “la dialettica tra «carriera», tradizione di corpo, falsa coscienza della neutralità del ruolo pubblico o anche privato fu molto complessa non solo in tutti i settori dell’amministrazione dello Stato ma nell’intera società italiana”51

.

Al ministero degli Esteri i funzionari in servizio alla data dell’8 settembre 1943 erano 49052

. Dopo la liberazione di Roma iniziò la verifica della condotta del personale di carriera ai fini della conferma del mantenimento in servizio o dell’eventuale epurazione. Non si trattò solamente di un’esigenza avvertita dalle forze politiche antifasciste: l’avvio dell’epurazione rappresentava anche l’adempimento di precise disposizioni alleate53. L’organo al quale furono affidati i compiti di

individuare i responsabili dei crimini del passato regime e di comminare le relative sanzioni fu l’Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, istituito il 27 luglio 1944 attraverso il decreto legislativo luogotenenziale n. 15954. Il decreto era articolato in cinque Titoli. Il primo definiva il reato di fascismo, mentre il quinto istituiva l’Alto Commissariato. L’articolo 2 del Titolo I enunciava che:

«[…] i membri del governo fascista ed i gerarchi del fascismo, colpevoli di aver annullato le garanzie costituzionali, distrutte le libertà popolari, creato il regime fascista e compromesse e tradite le sorti del Paese condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con l’ergastolo e, nei casi di più grave responsabilità, con la morte»55.

Gli altri articoli del Titolo I erano formulati per epurare quanti all’interno dello stato aveva sfruttato il regime per favorire la carriera personale56. E’ importante, inoltre, distinguere l’epurazione condotta dai partigiani, quella portata avanti dal governo militare alleato nella zone del

51

Cfr. L.GANAPINI, La Repubblica delle camicie nere. I combattenti, i politici, gli amministratori, i socializzatori, Milano, 1999, p. 274.

52 Cfr. la Lista dell’epurazione dai ruoli della carriera diplomatico-consolare alla data del 15 gennaio 1945, in Acs,

Allied Control Commission in Italy: Informazioni – Headquarters Allied Commission (10000) - Civil Affairs (105) \ 892.

53 Già nel corso della Conferenza di Mosca (18 ottobre – 11 novembre 1943) le potenze alleate concordarono una

serie di misure volte alla soppressione delle organizzazioni e delle istituzioni create dal fascismo e alla rimozione dei capi fascisti e dei generali dell’esercito sospettati di essere criminali di guerra. Cfr. E. AGA-ROSSI, L' Italia nella

sconfitta, cit., pp. 130-150. Il problema dell’epurazione nei confronti di quanti all’interno delle istituzioni avevano più o

meno attivamente sostenuto il regime fascista rappresenta un tema estremamente complesso. Per uno sguardo d’insieme cfr. H.WOLLER, I conti con il fascismo, cit., e ID., «Ausgebligene Säuberung?» Die Abrechnung mit dem Faschismus in Italien, in K-D.HENKE,H.WOLLER (hrsg.), Politische Säuberung in Europa. Die Abrechnung mit dem Faschismus und

Kollaboration nach dem Zweiten Weltkrieg, München, 1991, pp. 148-191.

54 Cfr. Acs, Presidenza del Consiglio dei Ministri (d’ora in avanti Pcm), Alto Commissariato per le Sanzioni contro

il Fascismo, Titolo I. Cfr. anche H.WOLLER, I conti con il fascismo, cit., pp. 187-260.

55 Ibid. 56

60 fronte e quella condotta dai governi provvisori italiani nelle zone liberate. Nel presente paragrafo si fa riferimento a quest’ultimo tipo di epurazione e si citeranno soprattutto i casi di quei diplomatici che hanno avuto un ruolo nelle relazioni italo-tedesche57.

Il conte Carlo Sforza fu nominato Alto Commissario e fu lo stesso esponente antimonarchico, in seguito, a decidere di scegliere tra i partiti del CLN altri due commissari aggiunti per essere assistito nell’attività di epurazione. La scelta, come è noto, ricadde su Mario Berlinguer, esponente del partito d’azione, e su Mauro Scoccimarro, appartenente al partito comunista58

. Il loro compito fu quello di stabilire le pene dei delitti fascisti e di operare l’epurazione dell’apparato statale e governativo59. Alla data del 15 gennaio 1945 i funzionari collocati a riposo dalla commissione preposta all’epurazione del ministero degli Esteri erano 8460

. Dei restanti 406, 135 erano considerati così compromessi che furono deferiti a giudizio; 51 fra questi furono prosciolti, 7 furono quelli rimossi da ogni incarico, 10 furono retrocessi, ammoniti o dovettero subire sanzioni disciplinari di altro tipo61. Gli atti della commissione appositamente istituita per gli Esteri dimostrano l’elevato numero di procedimenti nei confronti del personale appartenente alla carriera diplomatico- consolare62. Tra il 1944 e la fine del 1945 la carriera di circa 219 funzionari su 490 fu passata al setaccio dalla Commissione di epurazione. Tra questi figuravano importanti nomi della diplomazia italiana. Tra i diplomatici più noti erano compresi Raffaele Guariglia, Renato Prunas e Augusto Rosso (quest’ultimo era stato, insieme a Prunas, tra i primi Segretari Generali del ministero dopo il 25 luglio 1943), tutti deferiti al giudizio di epurazione63.

Francesco Babuscio Rizzo64, entrato in carriera nel 1925 e primo ambasciatore italiano nella Repubblica federale tedesca, risultava in possesso della qualifica di “ante marcia” ed era accusato di

57

Per una contestualizzazione delle diverse operazioni di epurazione cfr. H.WOLLER, I conti con il fascismo, cit., pp. 188-286.

58 D. I

VONE, Raffaele Guariglia, cit., pp. 80-83. Nel corso dell’attività di epurazione si alternarono diversi

commissari, tra cui anche Nenni e il comunista Grieco.

59

H.WOLLER, I conti con il fascismo, cit., pp. 200-260.

60 Cfr. la Lista dell’epurazione dai ruoli della carriera diplomatico-consolare alla data del 15 gennaio 1945, cit. 61 Ibid.; cfr. anche H.W

OLLER, I conti con il fascismo, cit., p. 249; D.IVONE, Raffaele Guariglia, cit., pp. 83-85.

62 La documentazione completa prodotta dalla Commissione di epurazione per il ministero degli affari Esteri è in

Acs, Pcm, Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, Titolo III, Affari dell’epurazione del personale delle amministrazioni dello Stato, fasc. 12-3: personale diplomatico.

63 Su Prunas cfr. G. B

ORZONI, Renato Prunas diplomatico (1892-1951), Soveria Mannelli, 2004, pp. 434-450; sulle vicende di Guariglia e Rosso cfr. D. IVONE, Raffaele Guariglia, cit.

64

Francesco Babuscio Rizzo (1897-1983). Laureato in giurisprudenza presso l'Università di Firenze; nel 1925 intraprese la carriera diplomatica. Prima della seconda guerra mondiale svolse missioni a Berna, Buenos Aires, Digione, Shanghai, Pechino e Tirana. Dal 1939 al febbraio 1943 fu Consigliere di legazione presso lo stato del Vaticano. Capo di Gabinetto presso il ministero durante gli ultimi mesi del regime fascista (febbraio – luglio 1943). Dopo la caduta di Mussolini e la formazione del governo Badoglio fu nuovamente inviato in Vaticano. Babuscio Rizzo risulta essere uno dei diplomatici su cui la Commissione di epurazione addetta al dicastero degli Esteri ha prodotto più fascicoli di documentazione. Prosciolto dalle accuse fu inviato come ambasciatore a Dublino dal 1946 al 1949. Nel 1949 divenne capo della Missione diplomatica italiana in Germania e dal 1951 al 1954 primo Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Federale tedesca. Nel febbraio del 1955 fu inviato come ambasciatore in Brasile.

61 aver fatto parte delle squadre d’azione fasciste65. Per tali motivi durante il regime, secondo la Commissione di epurazione, Babuscio Rizzo raggiunse in meno di quattordici anni il grado elevato di ministro Plenipotenziario di seconda classe66, scavalcando altri funzionari con la stessa anzianità. Nel 1939 fu inviato a Tirana in qualità di Consigliere di legazione per collaborare con Francesco Jacomoni all’occupazione militare dell’Albania67

. Infine dal febbraio al luglio del 1943, Babuscio Rizzo ricoprì la carica di Capo di Gabinetto del ministero. In questo ruolo nella primavera del 1943 fu tra gli autori insieme a Giuseppe Bastianini (sottosegretario agli Esteri), Leonardo Vitetti68 e Luca Pietromarchi (entrambi Ministri plenipotenziari di prima classe) della controversa «Carta d’Europa», presentata dal regime fascista ai vertici del Terzo Reich a Klessheim (7-10 aprile 1943). Il progetto della «Carta d’Europa» rappresentava il punto di vista italiano sul “nuovo ordine europeo” la cui realizzazione era prevista in seguito alla vittoria definitiva dell’Asse. Nel difficile contesto degli ultimi mesi di vita dell’alleanza politico-militare italo-tedesca, tale prospetto rifletteva la volontà dell’Italia di limitare la progressiva subordinazione nei confronti dell’alleato tedesco (aumentata proporzionalmente alle sconfitte militari dell’Italia) immaginando piccoli spazi di autonomia anche per gli stati occupati, tuttavia i rappresentanti tedeschi rifiutarono recisamente il progetto presentato dall’Italia69

.

65 Cfr. Acs, Pcm, Alto Commissariato per le Sanzioni contro il Fascismo, Titolo III, Affari dell’epurazione del

personale delle amministrazioni dello Stato, fasc. 12-3: personale diplomatico, sottofasc.: Francesco Babuscio Rizzo.

66

Undici erano i gradi della carriera diplomatica, gli ambasciatori rivestivano il secondo grado. I ruoli erano stati fissati con il R.D. del 14 agosto 1931. Quest’ultimo prevedeva i ruoli di: Ambasciatore, Ministro plenipotenziario di prima classe, Ministro plenipotenziario di seconda classe, Consigliere di legazione, Primo Segretario di legazione di