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La riorganizzazione delle relazioni italo-tedesche dall’istituzione della Bizona alla riforma monetaria (1947-1948)

III.3 INFLUIRE SUI DESTINI DELLA GERMANIA ATTRAVERSO L’EUROPA

Nel giugno del 1947, poco dopo l’annuncio del Piano Marshall, iniziarono i lavori del Consiglio economico di Francoforte (il Wirtschaftsrat)81, la prima concreta amministrazione tedesca centralizzata, che rappresentava la principale riforma introdotta dagli americani insieme alla formazione della Bizona82. Il Consiglio economico era composto da membri eletti dai diversi Länder che si trovavano all’interno delle zone americana ed inglese (nell’estate del 1947 la Cdu- Csu risultava maggioranza nella zona controllata dagli Stati Uniti e la Spd nella zona inglese) ed era autorizzato a prendere decisioni esecutive in ampi settori dell’economia dei Länder (dopo l’approvazione dei due governatori anglo-americani riuniti nel Bipartite Board)83

. La creazione di nuovi organismi affidati direttamente ai tedeschi rientrava nella riorganizzazione degli uffici amministrativi prevista dalla fusione della zona inglese ed americana. Nell’estate del 1947 gli organi alleati risultavano affiancati da un Consiglio economico, il Wirtschaftsrat, e da un Consiglio esecutivo, il Verwaltungsrat84. Le funzioni dei due “consigli” prefiguravano implicitamente la ripresa da parte dei tedeschi delle attività di governo. Nel giro di pochi mesi sorsero altri uffici che avevano il compito di coadiuvare il Consiglio economico nell’amministrazione della Bizona: in particolare il Länderrat (Consiglio degli stati) che svolgeva funzioni di controllo sull’opera legislativa del Wirtschaftsrat, e l’Obergericht für das vereinigte Wirtschaftsgebiet corrispondente ad un’Alta Corte per la Bizona, che aveva il compito di dirimere le controversie tra Wirtschaftsrat e i Länder o tra gli stessi Länder85.

80

Cfr. il rapporto intitolato Organizzazione ed attività svolta dalla Prima Rappresentanza Italiana in Germania, cit. Leopoldo Nuti posticipa l’operazione del trasferimento di materiale bellico alla primavera del 1948 interpretandola così: «Era comunque un piano cui si attribuiva più che un valore pratico, un effetto psicologico, perché, essendo stato messo a punto ai primi di marzo del 1948, difficilmente le armi avrebbero potuto essere distribuite ai reparti prima delle elezioni previste per il 18 aprile successivo […]», cfr. L.NUTI, Gli Alleati e le Forze Armate italiane (1945-1948), in E. DI NOLFO,R.H.RAINERO,B.VIGEZZI (a cura di), L' Italia e la politica di potenza in Europa, cit., pp. 575-599, qui p. 598.

81 La prima sessione del “Wirtschaftsrat” iniziò il 25 giugno 1947. Cfr. W.B

ENZ, Vorform des »Weststaats«, cit., qui p. 388.

82 Per le più recenti ricostruzioni ed interpretazioni cfr. M. G

ÖRTEMAKER, Geschichte der Bundesrepublik

Deutschland, cit., pp. 129-133; E. CONZE, Die Suche nach Sicherheit, cit., pp. 36-38. Si veda anche M.UHL, Die

Teilung Deutschlands, cit., pp. 137-141. Per le opere in italiano si veda in particolare E.COLLOTTI, Storia delle due

Germanie, 1945-1968, Torino, 1968, pp. 67-68; G.CORNI, Storia della Germania, cit., 343-346.

83 W.B

ENZ, Vorform des »Weststaats«, cit., pp. 391-396.

84 Inizialmente il “Consiglio esecutivo” era un’emanazione diretta dei governi locali. Nella seconda metà del 1947

fu riformato e così i suoi membri risultarono eletti dal “Consiglio economico”. Cfr. W. ABELSHAUSER,

Wirtschaftsgeschichte der Bundesrepublik Deutschland, cit., pp. 32-46; W.BENZ, Vorform des »Weststaats«, cit.; M. GÖRTEMAKER, Geschichte der Bundesrepublik Deutschland, cit., pp. 132-133.

85 Ibid. Il governo italiano ricevette i dettagli tecnici delle riforme attraverso il telespresso n. 2392/1276

dell’Ambasciata d’Italia a Londra intitolato: Nuovo assetto degli organi direttivi dell’economia germanica nelle zone

119 Il Wirtschaftsrat di Francoforte rappresentava il perno della svolta voluta dagli americani nel governo di occupazione della Germania. Il Consiglio economico era il centro politico di riferimento più rilevante per la nuova classe dirigente tedesca occidentale e metteva in luce la volontà degli americani di concedere gradualmente maggiore autonomia di governo alla Bizona. Per la prima volta dalla fine della guerra i tedeschi ebbero modo di guidare un’amministrazione che rievocava le caratteristiche di un governo centrale, non limitato dall’estensione dei vari Länder.

Il quadro politico ed economico della Germania occidentale iniziava a mutare in modo radicale rispetto al biennio 1945-1946. L’interesse degli Stati Uniti nel creare nelle zone occidentali della Germania un’amministrazione funzionale in grado di rimettere in moto l’economia tedesca costituiva un riflesso dell’inasprimento della guerra fredda. L’ambasciatore a Washington Tarchiani, sempre in stretto contatto con De Gasperi, riferiva puntualmente le svolte della politica estera americana sull’Europa. A luglio illustrava al Presidente del consiglio che:

«In ogni modo è sempre più chiaro, e sono due anni che te ne scrivo, che il mondo e l’Europa si dividono vieppiù [sic] in due gruppi distinti e purtroppo avversi. Il piano Marshall ha servito soprattutto a definire e delineare ancor più profondamente i due gruppi. Le istruzioni americane per il Ge. Clay in Germania [governatore militare della zona americana] lasciano intendere assai manifestamente che si vuole organizzare ed immettere il Reich industriale nel

campo occidentale; cosa del resto inevitabile»86.

Nel corso dei mesi seguenti il generale Clay iniziò a precisare le direttive fondamentali della politica economica e sociale che il governo degli Stati Uniti intendeva seguire nella Bizona. Nel settembre furono sospesi i programmi di socializzazione delle industrie e vennero ribaditi gli orientamenti americani a favore della libera iniziativa87. Il governo di Roma, grazie anche ai rapporti provenienti dalle ambasciate di Londra e Washington, comprese che la partecipazione della Germania occidentale al piano Marshall avrebbe facilitato gli interessi dell’Italia nella questione tedesca. L’idea americana di favorire la cooperazione europea schiudeva nuove possibilità per il governo italiano di partecipare con pari diritti alle negoziazioni in programma. Il ministro degli Esteri Sforza coinvolse i principali ambasciatori italiani all’estero circa l’approccio da assumere in campo internazionale sui problemi tedeschi. Dopo il fallimento dei tentativi italiani di partecipare alle discussioni sul Trattato di pace della Germania e con l’allontanamento verso un futuro indefinito dello stesso trattato, la strada suggerita dai principali ambasciatori invitati da Sforza ad

allegato ai testi sui nuovi organi tedeschi sottolineava che: «La nuova organizzazione è basata sostanzialmente su una maggiore responsabilità e più estesa competenza attribuite alle autorità germaniche». Ibid.

86 Lettera di Tarchiani a De Gasperi, 18 luglio 1947, in M.-R.D

E GASPERI (a cura di), De Gasperi scrive, cit., p. 134, (corsivo mio).

87

120 esprimere opinioni sulla politica estera dell’Italia sulla Germania era quella di inquadrare l’intera questione tedesca in ambito europeo:

«Da parte nostra – scriveva l’ambasciatore italiano a Londra, il liberale Nicolò Carandini, a Sforza il 6 luglio 1947 – chiedere di intervenire direttamente nella determinazione delle future sorti della Germania può essere una pretesa che si esaurisce con la soddisfazione che dà alle irreali aspettazioni della nostra opinione pubblica. Non ha altre possibilità di sviluppo. Il solo modo che abbiamo di influire sul futuro destino della Germania è quello di abbordare il problema sul piano della ricostruzione europea. È un piano sul quale abbiamo il diritto di esprimerci perché racchiude una necessità più vasta della nostra ed implica e presuppone un nostro apporto indispensabile ed inevitabile […] di questo vitale corpo europeo una ricostituita Germania, militarmente controllata ma economicamente riabilitata, è parte e condizione essenziale. La Germania è una necessità europea. L’Europa è una necessità italiana»88.

L’Italia decise di sostenere i propri punti di vista sulla Germania in occasione dei primi vertici europei per la ricostruzione economica dell’Europa. La consapevolezza di De Gasperi e Sforza che le tesi italiane collimavano in diversi punti con i nuovi orientamenti della politica americana sulla questione tedesca contribuì a puntellare le posizioni di Roma dalle prevedibili divergenze e reticenze del governo francese.

Nell’estate del 1947 la Conferenza di Parigi consentì al governo italiano di esporre in un contesto internazionale gli indirizzi di politica estera sulla Germania. La Conferenza, a cui l’Unione Sovietica decise di non prendere parte, aveva lo scopo di coordinare i vari paesi europei in vista dell’inizio del Piano Marshall89

e al contempo gettava le basi per la costituzione dell’Oece, l’organismo che avrebbe assunto l’incarico di predisporre i progetti di richieste d’aiuto da inviare a Washington, coordinandoli in forma di progetto europeo90.

Nel corso degli incontri le discussioni sulla politica economica da adottare nella regione della Ruhr offrirono l’occasione ai delegati italiani di manifestare in modo dettagliato le tesi dell’Italia sul complesso della situazione tedesca91. Gli Stati Uniti comunicarono in modo inequivocabile la loro contrarietà ai programmi di Gran Bretagna e Francia sul futuro della regione tedesca della Ruhr92. Da una parte, infatti, il governo laburista inglese programmava piani di nazionalizzazione

88 Cfr. la lettera di Nicolò Carandini a Carlo Sforza n. II/583/1372 del 6 luglio 1947, in Asmae, Dgap, Germania,

1946-1950, Busta 43 (1950), fasc. 1: Trattato di pace, (corsivo mio).

89 I firmatari dell’European Recovery Program dovevano sottoscrivere quattro principi che avevano lo scopo di

aumentare l’interdipendenza fra i vari paesi: 1) effettuare un grande sforzo produttivo, 2) incrementare l’espansione del commercio estero, 3) controllare il mantenimento della stabilità finanziaria interna e 4) accelerare lo sviluppo della cooperazione economica. Alla Conferenza di Parigi le zone occidentali della Germania furono rappresentate dalle potenze occupanti. Cfr. A.S.MILWARD, The Reconstruction of Western Europe, cit., pp. 56-89; C. SPAGNOLO, La

stabilizzazione incompiuta. Il piano Marshall in Italia, 1947-1952, Roma, 2001, pp. 121-129.

90

A.S.MILWARD, The Reconstruction of Western Europe, cit., pp. 61-69.

91 Non saranno esaminati i vari aspetti della Conferenza di Parigi, ma unicamente le posizioni assunte dall’Italia

sulla questione tedesca nel corso delle varie sessioni. Un’analisi complessiva dell’azione italiana è presente in C. SPAGNOLO, La stabilizzazione incompiuta, cit., pp. 63-71.

92 Già durante la Conferenza di Potsdam del 1945 le contrastanti opinioni fra le potenze alleate avevano impedito di

121 delle industrie, dall’altra la Francia avanzava progetti per l’internazionalizzazione dell’intera area93

. L’Italia si prefisse di raggiungere un delicato equilibrio diplomatico: appoggiare le tesi Usa sulla Germania e scongiurare contemporaneamente un eccessivo disappunto da parte di Gran Bretagna e Francia. Il 19 luglio il ministro degli Esteri Sforza informava le principali sedi italiane all’estero circa l’andamento dei primi incontri:

«Nuova politica americana verso la Germania quale annunziasi attraverso istruzioni inviate generale Clay interessaci profondamente. È evidente nostro interesse reinserire area economica Germania in area europea, anche perché scambi italo-tedeschi d’anteguerra non solo colmerebbero quel vuoto che sta alla base nostro deficit bilancia pagamenti, ma consentirebbero risparmiare considerevoli gravami contribuente americano. Abbiamo sostenuto questo concetto Conferenza di Parigi persuasi che sua applicazione corrisponderebbe in pieno piano Marshall. Ci siamo urtati contro fermo atteggiamento francese ma sentiamo aver concordi anche Svizzera, Paesi Bassi, Svezia»94.

La linea politica ufficiale da sostenere a Parigi nei confronti del problema tedesco fu definita qualche giorno dopo a Roma, nel corso di una riunione del comitato dei ministri tecnici per il Piano Marshall presieduta da Einaudi (in quel periodo ministro del Bilancio del quarto governo De Gasperi95) e che vide la presenza del ministro dei Trasporti Guido Corbellini, del ministro del Tesoro Guido Del Vecchio, del ministro del Commercio con l’Estero Cesare Merzagora, di Antonio Segni ministro dell’Agricoltura, di Giuseppe Togni ministro dell’Industria e Commercio e di Amintore Fanfani ministro del Lavoro. Parteciparono, inoltre, l’onorevole Giovanni Gronchi, Ezio Vanoni e il vice governatore della Banca d’Italia Donato Menichella.

Il comitato guidato da Einaudi operò una sostanziale approvazione delle tesi e delle posizioni contenute nella relazione della Direzione affari economici dell’autunno precedente96

. Il documento finale, approvato da Sforza e De Gasperi, per la condotta dei lavori della delegazione italiana a Parigi recitava, infatti, nella parte dedicata alla linea da seguire sulla questione tedesca, che:

«1) Si riconosce in modo unanime la convenienza economica dell’Italia acché venga ricostituita l’unità economico- produttiva tedesca. 2) Per quanto riguarda la Ruhr si è concordi ad escludere l’opportunità della nazionalizzazione delle

93 Cfr. D.W.E

LLWOOD, L’integrazione europea e la Gran Bretagna, 1945-1957, in R.H.RAINERO (a cura di), Storia

dell’integrazione europea. Volume I. L’integrazione europea dalle origini alla nascita della CEE, Milano, 1997, pp.

411-461.

94 Il ministro degli Esteri, Sforza, alle ambasciate a Bruxelles, Parigi e Washington, alle legazioni a Berna,

Copenaghen, L’Aja, Oslo e Stoccolma e alla rappresentanza di Londra, 19 luglio 1947, in Ddi, Ministero degli Affari

Esteri, Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici, Decima Serie 1943-1948, vol. VI (31 maggio-14 dicembre 1947), Roma, 1997, doc. 201, p. 261.

95 Come è noto, nel primo governo De Gasperi senza la partecipazione di comunisti e socialisti, Luigi Einaudi rivestì

la carica di vicepresidente del Consiglio, ministro del Bilancio e governatore della Banca d’Italia. Sul ruolo di Einaudi nel IV governo De Gasperi e nella definizione della politica economica esiste una vasta letteratura comprendente studi storici ed economici. Per un approccio storico politico si veda M.SALVATI, Stato e industria nella ricostruzione. Alle

origini del potere democristiano 1944-1949, Milano, 1981, pp. 338-386; C.SPAGNOLO, La stabilizzazione incompiuta, cit., pp. 87-92.

96 Cfr. Relazioni economiche con la Germania, s.d., Asmae, Archivio di Gabinetto, 1944-1958, Busta 48 (1944-

122 miniere [tesi inglese], come pure quella di affidare il loro esercizio ad un organo internazionale [tesi francese]. Ci si pronunzia invece a favore di una produzione autonoma della siderurgia e delle miniere di carbone tedesche. In modo particolare ci si pronuncia contro l’imposizione di grosse indennità a titolo di riparazione sulla nazione tedesca e si esprime il parere che l’interesse economico del nostro Paese consiglia di ostacolare richieste del genere da qualsiasi parte provenienti. 3) Sempre in merito al problema tedesco si sottolinea come in passato le nostre importazioni di ferro e carbone della Germania siano state pagate essenzialmente con le esportazioni ortofrutticole che non trovano purtroppo oggi uno sbocco. Oltre a queste considerazioni di rapporti commerciali, si impone il dato concreto di una siderurgia tedesca a bocca di miniera di gran lunga meno costosa della siderurgia francese che non trova giustificazioni economiche. Si prospetta inoltre il pericolo di un monopolio siderurgico che porrebbe i Paesi acquirenti in grave stato di inferiorità. Anche l’Italia ne risentirebbe con evidenti ripercussioni sul libello dei consumi interni e sulle possibilità di esportazione dei prodotti derivati»97.

È interessante notare che, proprio nel momento in cui gli orientamenti italiani sembravano allontanarsi in modo radicale dalle tesi francesi su un aspetto centrale dell’assetto europeo- occidentale – la questione tedesca –, il ministro Sforza propose un’unione doganale italo-francese, che rappresentò tra il 1947 e il 1949 un capitolo importante dell’agenda diplomatica del governo italiano, progetto destinato ad intersecarsi con il riavvicinamento politico dell’Italia alla Repubblica federale tedesca98.

Le linee guida concordate a Roma sulla Germania trovarono la piena approvazione della delegazione italiana alla Conferenza di Parigi, guidata da Pietro Campilli99 che il 26 luglio in una lettera indirizzata a De Gasperi scriveva: «È però possibile – domandava Campilli – concepire la ricostruzione dell’Europa senza la ricostruzione economica della Germania? Noi abbiamo un interesse particolare, data la complementarietà che è sempre esistita tra la nostra e la economia tedesca, a che questa possa nel più breve tempo risollevarsi. Su questo punto siamo tutti d’accordo in linea di principio»100.

Allo stesso tempo Campilli rilevava la distanza “politica” delle tesi francesi da quelle italiane, individuando nella proposta di Sforza sulla possibilità di un’unione doganale con la Francia la strada migliore per non compromettere i buoni rapporti con il governo di Parigi101.

97 Si veda il documento intitolato Appunto segreto del direttore degli Affari Economici, Grazzi, al Ministro degli

Esteri, Sforza, 25 luglio 1947, in Ddi, Decima Serie, cit., doc. 230, pp. 305-309, qui p. 307.

98

Dopo la Conferenza di Parigi, la Francia vide affievolirsi e poi scomparire la possibilità di sostituirsi alla Germania come cuore economico dell’Europa continentale. Sulla storia dell’unione doganale italo-francese cfr. E. SERRA, L’unione doganale italo-francese e la Conferenza di Santa Margherita (1947-1951), in ID., J.B.DUROSELLE (a cura di), Italia e Francia (1946-1954), Milano, 1988, pp. 73-114; S. BATTILOSSI, L'Italia nel sistema economico

internazionale. Il management dell'integrazione: finanza, industria e istituzioni 1945-1955, Milano, 1996, pp. 199-230;

B.BAGNATO, Storia di un’illusione europa: il progetto di unione doganale italo-francese, Londra, 1995.

99 Pietro Campilli (1891-1974). Politico ed esperto di economia. Nel luglio 1946 entrò nel secondo ministero De

Gasperi come ministro del Commercio Estero. Dal febbraio del 1947 fu ministro delle Finanze e del Tesoro nel terzo governo De Gasperi. Dal maggio 1947 fino al 1949 rappresentò, inoltre, l'Italia prima al Comitato di cooperazione economica europea e poi all'Oece.

100 L’Onorevole Campilli al Presidente del Consiglio, De Gasperi, e al Ministro degli Esteri, Sforza, 26 luglio 1947,

in Ddi, Decima Serie, cit., doc. 223, pp. 295-300, qui p. 297.

101

123 Nell’agosto del 1947 l’Italia rese noto in modo ufficiale la posizione maturata nei riguardi della questione tedesca. Sforza invitò i principali ambasciatori all’estero ad illustrare le tesi italiane sulla Germania ai governi dei paesi dove erano accreditati102. Nelle istruzioni inviate da Sforza venivano riaffermati i principali punti definiti dalla Direzione affari economici alla fine del 1946, l’unica differenza era rappresentata da una maggiore accentuazione della chiave di lettura europea degli interessi italiani in Germania103. Questi ultimi erano presentati come una componente non secondaria per la rapida ricostruzione del continente europeo:

«Ma anche sotto l’aspetto – scriveva Sforza – della ricostruzione economica europea, la ripresa dei traffici tra i due Paesi [la Germania e l’Italia] si pone come un problema di eccezionale gravità e urgenza. L’Europa è un corpo malato, e, per risanarlo, occorre riallacciare ad uno ad uno tutti gli anelli della catena che in altri tempi ne aveva assicurato la prosperità; trascurandone uno, si minaccia di determinare la crisi di tutti gli altri. Ripristinare gli antichi tradizionali movimenti della sua vita economica, vuol dire non solo un risparmio nel ricorso all’aiuto finanziario americano, ma anche e soprattutto un cospicuo passo innanzi nella ricostituzione del perduto equilibrio»104.

Il documento non accennava né caldeggiava una rinascita politica della Germania, ma invitava le potenze occidentali ad adottare una nuova politica economica nella gestione dei territori tedeschi. Presentando il complesso delle tesi italiane come una necessità europea e quindi di tutti, il governo di Roma mostrava di seguire una linea di politica estera sulla Germania non dettata da calcoli puramente nazionalistici: un ragionamento che amalgamava interessi nazionali e ideali europei. Non è difficile intuire che si trattava di un discorso rivolto soprattutto alla potenza che più di tutte sembrava sensibile a tali argomenti, quella maggiormente disposta a venire incontro agli interessi italiani nella questione tedesca: gli Stati Uniti.

Fra i paesi dell’Europa occidentale l’Italia mostrava di perseguire una politica estera sulla questione tedesca meno rivolta al passato, poco o nulla condizionata dall’esperienza della guerra e del nazifascismo. Un’osservazione valida soprattutto per le posizioni ufficiali del governo italiano in ambito internazionale, ma non corrispondente al dibattito in corso sul piano interno e in modo particolare tra governo e corpo diplomatico, dove le posizioni avanzate iniziavano a suscitare dissensi. Tra le forze politiche, la necessità della ricostruzione della Germania era riconosciuta dai partiti al governo mentre era oggetto di critiche tra i partiti all’opposizione105

. A palazzo Chigi –

102 Cfr. il telespresso n. 25638 inviato da Sforza alle ambasciate italiane di Washington, Londra e Parigi intitolato

Questione Germania, 13 agosto 1947, in Asmae, Direzione Generale Affari Economici (d’ora in avanti Dgae),

Versamento A, 1942-1948, Busta 122 (1947).

103 I punti ripresi dalla relazione della Dgae riguardavano la necessità di un ripristino dell’unità economica tedesca,

la garanzia della libertà di traffico con la Germania per tutti i paesi, l’eliminazione dei limiti alla produzione stabiliti a Potsdam e l’invito affinché in futuro il governo italiano «fosse chiamato ad esprimere la sua opinione in tutti i convegni internazionali nei quali venga esaminato o deciso il destino economico della Germania». Cfr. ibid.

104 Ibid.

105 L’atteggiamento dei partiti di sinistra nei confronti della questione tedesca durante la seconda metà degli anni

124 sede del ministero degli Esteri – era soprattutto la Direzione affari politici ad alimentare riserve sulla Germania e sulle possibilità di democratizzazione del popolo tedesco, un atteggiamento, questo, non condiviso dalla Direzione affari economici, che in questo periodo era avvantaggiata da un rapporto costante e quasi privilegiato con il governo106. Il dibattito, che in assenza di osservazioni e di analisi condotte direttamente sul posto, si basava soprattutto sulla memoria, su un’immagine del mondo tedesco marcata dall’esperienza del recente passato; un’esperienza