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Gli spazi della politica e dell’economia: la ripresa delle relazioni commerciali e la definizione dei rapporti bilaterali, 1948-

IV.1 LA RIPRESA DEGLI SCAMBI ITALO-TEDESCHI: LE PREMESSE

IV.1.3 I PRIMI ACCORDI CON LE POTENZE DI OCCUPAZIONE

Nella storia della ripresa delle relazioni commerciali italo-tedesche la situazione di stallo emersa dopo il 1945 fu gradualmente superata a partire dalla primavera del 1947. L’inizio della guerra fredda favorì una maggiore disponibilità degli Stati Uniti a venire incontro alle richieste economiche del governo italiano sulla Germania. Sul piano internazionale i fattori che contribuirono a determinare questo primo momento di svolta vanno ricollegati alla chiara volontà degli Stati Uniti di contrastare la diffusione del comunismo in Europa occidentale e allo stesso tempo di appoggiare i partiti moderati al governo dei paesi europeo-occidentali68. La firma del Trattato di pace a febbraio e l’esclusione delle sinistre a maggio dal nuovo governo De Gasperi spinsero gli americani a “cedere” alle reiterate pressioni di Roma circa la ripresa dei traffici italo- tedeschi.

È importante sottolineare inoltre che l’istituzione della Bizona e della Jeia ricreava per la prima volta dalla fine della guerra una prima entità economica tedesca non limitata alla singola zona di occupazione, e al contempo introduceva una prima semplificazione nel groviglio di organi amministrativi addetti al commercio estero. A differenza del biennio 1945-1946 esisteva, almeno nelle zone controllate dagli anglo-americani, una rete istituzionale maggiormente appropriata agli interessi del governo italiano. Inoltre, la progressiva volontà degli Stati Uniti di puntare sull’economica tedesca per la ricostruzione dell’Europa occidentale comportava la ripresa dei tradizionali flussi di scambio tra la Germania e i paesi europei69.

Il 29 maggio Gallina comunicava a Grazzi la sensazione di una rinnovata buona disposizione degli americani circa l’avvio di nuovi negoziati per la conclusione di un accordo commerciale tra l’Italia e la Bizona. Scriveva, infatti, Gallina: «in merito ai nostri rapporti cogli anglo-americani, per quanto riguarda la ripresa degli scambi commerciali, l’ambiente è oggi assai favorevole»70. I vertici della Jeia, comunicava Gallina, invitavano il governo italiano ad organizzare una delegazione per

67 Cfr. il telespresso di Umberto Grazzi n. 43/706/9 dell’11 gennaio 1947 intitolata Ripresa economica italiana, in

Ibid.

68

Cfr. J.L.GADDIS, Strategies of Containment. A Critical Appraisal of Postwar American National Security Policy, New York, 1982, pp. 25-54.

69 Cfr. J.G

IMBEL, The Origins of the Marshall Plan, cit., pp. 247-266; W.LINK, La Germania e il Piano Marshall, in E.AGA-ROSSI (a cura di), Il Piano Marshall e l’Europa, Roma, 1983, pp. 67-80.

70 Cfr. il documento di Gallina n. 386 personale-confidenziale, del 29 maggio 1947, in Asmae, Dgae, Versamento

169 l’avvio di nuove trattative a Minden (dove si trovava una delle sedi della Jeia)71. Tuttavia, continuava il rappresentante italiano:

«in merito ai nomi [che dovevano comporre il gruppo dei funzionari italiani da inviare in Germania] – cosa del tutto inaspettata – ho notato che quello del dott. Ferlesch che, essendo già conosciuto, ritenevo sarebbe stato accolto con particolare simpatia, è stato appreso con freddezza. Assunte informazioni riservate mi è risultato che in una nota acclusa in un fascicolo contenente elenchi di prodotti italiani figura una postilla che dice che il “Sig. Ferlesch era funzionario del governo fascista colle stesse funzioni attuali”. Pare che abbia pronunciato qualche frase sull’economia fascista che sarebbe stata male interpretata. A me sembrerebbe di non dover dare importanza alla cosa, a meno che non venga fuori qualche altro elemento oppure che gli anglo-americani non ci facciano capire che non lo desiderano […]»72.

Nemmeno a Roma apparentemente fu “data importanza alla cosa” ed anche gli anglo-americani sempre più intenzionati a non ostacolare la ripresa dei rapporti economici italo-tedeschi non inoltrarono a Palazzo Chigi esplicite richieste di sostituzione del funzionario. La commissione italiana che si recò in Germania a fine giugno73 risultava infatti composta nuovamente da Giuseppe Ferlesch, a cui fu affidata la direzione della missione. Gli altri dirigenti incaricati di prendere parte alle trattative erano: Raffaello Giancola (Capo ufficio alla Direzione affari economici degli Esteri), Attilio Salabelle (Capo divisione alla Direzione generale valute del ministero del Commercio Estero) e Beniamino Arnau (Ispettore principale delle ferrovia al ministero dei Trasporti)74. In realtà il conferimento a Ferlesch delle cariche direttive nelle prime delegazioni italiane in Germania per la ripresa degli scambi si basava soprattutto sulla precedente attività dello stesso Ferlesch nel campo economico e finanziario. Infatti, come si vedrà anche per altri casi, il governo e il ministero degli Esteri assegnarono consapevolmente la gestione della ripresa dell’interscambio italo-tedesco ad una serie di funzionari in possesso di una vasta esperienza all’interno di quelle istituzioni attraverso le quali lo stato aveva assunto nel periodo tra le due guerre mondiali le funzioni di guida e di controllo del commercio con l’estero. In alcuni casi, come si riporterà in seguito, dopo l’istituzione dell’Ufficio commerciale a Francoforte, il ministero degli Esteri decise di riassumere per incarichi strategicamente rilevanti nell’ambito delle relazioni commerciali bilaterali “tecnici” che già in passato, durante l’alleanza nazifascista, avevano occupato posti chiave nel coordinamento degli scambi italo-tedeschi.

Anche l’Unione Sovietica nella primavera del 1947 dichiarò la propria disponibilità ad iniziare trattative commerciali tra l’Italia e la propria zona di occupazione. L’invito era stato formalmente comunicato a Palazzo Chigi il 22 maggio dal Rappresentante commerciale dell’URSS in Italia

71

Ibid.

72 Ibid.

73 Gli incontri si tennero a Berlino (e non a Minden come era stato in un primo tempo stabilito) dal 19 al 20 giugno e

dal 30 giugno al 3 luglio. Cfr. il notiziario per il commercio estero del 16 luglio 1947, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

74

170 Kamenski75. Il gruppo di funzionari italiani guidato da Ferlesch riuscì a raggiungere un’intesa sia con i rappresentanti sovietici che con gli anglo-americani. L’accordo commerciale con l’Amministrazione militare sovietica in Germania fu firmato il 28 giugno (l’accordo fu rinnovato negli anni seguenti e interrotto nel 1950 per volontà politica dall’Italia)76, mentre il 3 luglio venne siglato quello con la Bizona77.

I due memorandum di accordo per le relazioni commerciali erano ancora ben lontani dalle potenzialità di scambio desiderate dal governo italiano. Il volume dei traffici previsti non era economicamente rilevante (circa 2 milioni di dollari con la Bizona e un milione di dollari con la zona sovietica), ma l’elemento importante era che – finalmente – come si legge in un rapporto della

75 Cfr. il documento n. 43/17459/19, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

76 L’accordo commerciale e di pagamenti concluso con la zona di occupazione sovietica il 28 giugno 1947 aveva

una durata di circa sei mesi, fino al 31 dicembre 1947. Successivamente in base ad una richiesta dell’Amministrazione Militare Sovietica l’accordo fu prolungato fino al 30 giugno 1948. In seguito all’introduzione della riforma monetaria, alla relativa risposta sovietica attraverso il blocco di Berlino Ovest e alla conseguente acutizzazione dei rapporti internazionali, il trattato non venne più rinnovato. Alla fine del 1949 il governo italiano decise di non riconoscere il nuovo stato tedesco-orientale e venne stabilito pertanto di interrompere e non avviare nel futuro alcun tipo di trattativa economica e commerciale. L’Italia non rinunciava completamente alle relazioni commerciali con la Germania orientale, ma le limitava all’iniziativa di enti privati. Infatti, secondo le direttive impartite dalla Direzione affari politici in un appunto diramato il 13 gennaio 1950, nessun ente direttamente collegato allo Stato italiano avrebbe dovuto intrattenere negoziati di natura commerciale con le autorità della Repubblica democratica tedesca: «In merito alla questione delle relazioni con la Repubblica Popolare della Germania dell’Est la Direzione Generale scrivente, tenuto conto del fatto che la preoccupazione fondamentale manifestata dai cinque Paesi del Patto di Brusselle [sic], degli Stati Uniti, e dagli Stati aderenti all’OECE è che l’esistenza di rapporti commerciali con la Repubblica predetta non importino come conseguenza il suo riconoscimento de facto o de jure, ritiene per quanto si riferisce ai rapporti commerciali che questi dovrebbero essere tenuti da Enti italiani che a nessun titolo possano essere qualificati come organi dello Stato […]». Il documento citato è l’appunto n. 00656 della Direzione affari Politici del 13 gennaio 1950, in Asmae, Dgap, Germania (Repubblica Democratica di), 1946-1950, Busta 2 (1950), fasc. 5: Riconoscimento del Governo della Germania

Orientale. L’atteggiamento del governo italiano fu ulteriormente definito nel febbraio del 1950 attraverso una circolare

riservata firmata dal ministro Sforza e da De Gasperi. Si ammettevano rapporti con le autorità di occupazione, ma non con i rappresentanti del nuovo stato tedesco. L’Italia in questo modo aderiva ai principi stabiliti dagli Stati Uniti più i paesi che facevano parte del Patto di Bruxelles: «Il Governo italiano – si legge nella circolare di Sforza e De Gasperi del 23 febbraio 1950 – per parte sua ha dichiarato di volersi conformare ai principi di cui trattasi aventi per obiettivo di evitare qualsiasi atto implicante il riconoscimento “de jure” o “de facto” della Repubblica Popolare Tedesca. In base a detti principi, i Paesi che hanno deciso di aderirvi avranno cura che le relazioni commerciali si svolgano solo per il tramite di organizzazioni private quali le Camere di Commercio, in quanto i contatti che queste stabilissero eventualmente con organi ufficiali della Germania orientale non implicherebbero un riconoscimento internazionale dello Stato […] ogni contatto verrà stabilito solo con le autorità sovietiche essendo opportuno mantenere inalterata la situazione preesistente alla creazione della Repubblica Popolare Tedesca […] La partecipazione del Governo della Repubblica Popolare Tedesca alle organizzazioni internazionali è considerata indesiderabile […]». Si veda la circolare n. 0004 del 23 febbraio 1950, Ibid. Le fonti relative agli accordi commerciali e di pagamento stipulati tra l’Italia e l’Amministrazione Militare Sovietica nel periodo 1947-1949 non sono depositate nel fondo dedicato alla Repubblica democratica, ma sono conservate nei fondi della Direzione affari economici. In particolare si veda il documento dell’Ufficio III° della Dgae intitolato Appunto circa le relazioni commerciali tra l’Italia e la zona sovietica

d’occupazione in Germania, 8 gennaio 1949, in Asmae, Dgae, Versamento “B”, 1937-1949, Busta 72 (1949). Sui

rapporti economici tra l’Italia e la zona di occupazione sovietica, dall’ottobre del 1949 Repubblica democratica tedesca, si veda C.PÖTHIG, Italien und die DDR. Die politischen, ökonomischen und kulturellen Beziehungen von 1949 bis

1980, Frankfurt am Main, 2000, pp. 131-140 e J.LILL, Völkerfreundschaft im Kalten Krieg? Die politischen, kulturellen

und ökonomischen Beziehungen der DDR zu Italien 1949-1973, Frankfurt am Main, 2001, pp. 361-409.

77 Cfr. la relazione della Dgae redatta da Tommaso Notarangeli il 3 luglio 1947, in Asmae, Dgae, Versamento “A”,

cit. Il tipo di contratto stipulato era un accordo di compensazione con l’obbligo di copertura a breve scadenza delle differenze in dollari. Lo scambio vero e proprio avveniva in base alla presentazione di liste di merci desiderate dalle due parti contraenti.

171 Direzione affari economici, grazie a questi primi accordi «il ghiaccio era stato rotto»78. Poiché era già in vigore un analogo trattato con la zona francese firmato in aprile, gli accordi del 28 giugno e del 3 luglio completavano l’inizio della ripresa delle relazioni commerciali dell’Italia con l’intera Germania.

Il 12 luglio il vice direttore degli affari Economici Attilio Cattani (destinato in futuro ad una brillante carriera diplomatica)79 redasse un lungo appunto per il ministro Sforza, nel quale illustrava la situazione delle relazioni economiche italo-tedesche in base agli ultimi sviluppi80. Uno dei problemi principali riguardava l’esportazione dei prodotti ortofrutticoli italiani, merci queste, che in base alle direttive anglo-americane non erano state inserite nello scambio con la Bizona81. Anche i «russi» all’inizio avevano trovato difficoltà sull’acquisto degli ortofrutticoli, ma avevano in seguito accettato di inserirli nell’accordo. Tuttavia, notava Cattani, l’obiettivo principale era di convincere i rappresentanti alleati della Bizona: in questo caso tutto dipendeva non da problemi di natura tecnica, ma dalla volontà politica, dagli indirizzi politici degli anglo-americani nei confronti della Bizona e dell’Italia:

«Il problema ortofrutticolo ha costituito il perno delle trattative sia con i russi che con gli anglo-americani. Mentre i primi hanno accettato, dopo lunghe tergiversazioni, di includere tali prodotti nella lista delle merci da importare dall’Italia, gli anglo-americani hanno riconosciuto l’essenziale importanza che dette nostre esportazioni hanno sempre avuto e continueranno ad avere nel quadro degli scambi italo-tedeschi e, pure essendo ancora in attesa di definitive deliberazioni da parte dei propri Governi centrali, hanno preso formale impegno di studiare a fondo il problema ai fini di una possibile favorevole risoluzione del medesimo. In definitiva, mentre le importazioni russe di prodotti orto- frutticoli raggiungeranno prevedibilmente un volume limitato e saranno condizionate alle proprie disponibilità di mezzi di pagamento, gli acquisti anglo-americani di detti prodotti saranno certamente in funzione della politica generale anglo-americana in quel Paese e degli aiuti che si vorranno concedere all’Italia sul terreno concreto del nostro commercio di esportazione […]»82.

78 Cfr. appunto della Dgae del 10 luglio senza firma, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

79 Attilio Cattani (1900-1970). Alla fine del 1947 Cattani fu inviato da Sforza a Parigi quale sostituto del delegato

italiano alla Conferenza per il Piano Marshall. Nel febbraio del 1949 fu nominato delegato aggiunto della rappresentanza italiana permanente presso l’OECE. Nel 1955 il ministro degli Esteri Martino richiamò Cattani a Roma quale direttore generale per gli affari Economici. Nel 1958grazie alle competenze in materia di, Cattani fu inviato a Bruxelles in qualità di capo della rappresentanza italiana presso le Comunità europee. Nel 1961, il ministro degli Esteri Antonio Segni promosse Cattani ambasciatore di grado e, nel luglio dello stesso anno, Segretario generale del Ministero degli Esteri, carica che mantenne fino al 1965.

80 Cfr. Appunto per il Ministro Sforza, Cattani 12 luglio 1947, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

81 Il 23 giugno Ferlesch da Francoforte comunicava a Roma che: «Trattative commerciali iniziatesi spirito vivissima

cordialità e con evidente volontà da parte autorità anglo-americane addivenire rapida soddisfacente conclusione. Esame realistico attuale situazione ha tuttavia dimostrato che queste autorità non sono assolutamente in grado prevedere per ora fornitura materie prime essenziali interessanti nostra economia mentre sono tuttora costrette limitare acquisti soltanto a materie prime fondamentali con esclusione assoluta prodotti orto-frutticoli. Ho ampiamente illustrato ragioni per cui in attuali condizioni nostra economia ripresa scambi commerciali con Germania potrebbe realizzarsi unicamente se possibili forniture orto-frutticole in quanto solo allora potremmo considerare acquisti taluni beni strumentali e semi- lavorati tedeschi già ora disponibili in limitata misura». Cfr. il telegramma di Ferlesch del 23 giugno 1947, numero illeggibile, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

82

172 Dello stesso parere risultava anche Ferlesch, il quale già nel corso delle trattative con la Bizona si era spinto oltre, proponendo a Palazzo Chigi l’opportunità di esercitare pressioni politiche direttamente sui governi di Londra e Washington, scavalcando le autorità di occupazione in Germania. Gli ostacoli alla ripresa del commercio italo-tedesco andavano superati nelle capitali dei governi alleati:

«Ho infine – scriveva Ferlesch – richiamato attenzione su sfavorevoli ripercussioni carattere politico qualora accordo non venisse in via privata raggiunto tenuto anche conto che intese sono state già perfezionate con zona francese […] queste [autorità anglo-americane] dimostratesi particolarmente sensibili tale aspetto problema e resesi altresì conto mie argomentazioni carattere economico. Pertanto hanno ravvisato necessità interessare rispettivi governi onde poter modificare nostri riguardi direttive che finora si trovano applicate confronti terzi paesi circa importazioni orto-frutticole. In relazione passi in corso da parte autorità anglo-americane reputerei opportuno che anche nostre rappresentanze Londra e Washington appoggiassero nostra richiesta esportazioni ortofrutticole»83.

Il magro risultato economico era bilanciato dall’impressione riportata dalla delegazione italiana circa l’inizio di una promettente volontà di collaborazione futura manifestata dagli organi anglo- americani. Dal punto di vista dei rapporti con i rappresentanti delle potenze occupanti, la freddezza con la quale le autorità alleate avevano accolto gli inviati italiani in Germania durante i primi mesi del dopoguerra sembrava destinata al tramonto84. La delegazione guidata da Ferlesch aveva rilevato, infatti, un evidente mutamento nell’atteggiamento riservato agli italiani soprattutto dagli anglo-americani. Durante i negoziati i vertici della Bizona avevano dato prova della massima attenzione alle richieste di Roma e si erano dimostrati particolarmente cordiali con i vari funzionari:

«È da sottolineare – scriveva Cattani a Sforza – la rapidità con cui le due trattative sono state felicemente concluse e va posta in particolare rilievo l’accoglienza veramente cordiale e superiore alle aspettative riservata alla nostra Delegazione dalle Autorità americane, britanniche e sovietiche. Mentre però i rapporti con queste ultime, pur risultando cordiali, si sono mantenuti esclusivamente sul piano ufficiale, gli anglo-americani non soltanto hanno accolto la nostra Delegazione con manifestazioni ufficiali, alle quali hanno partecipato le massime autorità economiche della zona combinata [la Bizona], ma hanno anche favorito lo stabilirsi di relazioni personali con i membri della nostra Delegazione attraverso scambio di pranzi, colazioni, inviti ai vari Clubs anglo-americani ecc., determinando un’atmosfera di cordiale e simpatica collaborazione, dalla quale ci si attente buoni effetti anche nel prossimo avvenire»85.

Con gli accordi di luglio le autorità alleate della Bizona avevano concesso la prima autorizzazione affinché un certo numero di uomini d’affari italiani potesse recarsi nelle zone anglo-

83 Telegramma di Ferlesch del 23 giugno 1947, cit.

84 Cfr. il resoconto della delegazione italiana in Germania dell’ottobre del 1946 in Asmae, Dgae, Versamento “A”,

cit.

85

173 americane (sei al mese fino alla fine del 1947) per riprendere contatti con le ditte tedesche86. Tuttavia, nonostante i passi avanti compiuti nell’estate del 1947, le concrete prospettive sull’interscambio italo-tedesco rimanevano negative. In assenza di una rappresentanza italiana in Germania addetta esclusivamente alla ripresa delle relazioni commerciali, il futuro dei traffici tra i due paesi era affidato agli irregolari e imprevedibili inviti delle autorità alleate. Anche in caso di deroga alle direttive bizonali sulle importazioni della lista “A”, la peculiarità della parte più consistente delle esportazioni italiane in Germania – i prodotti agroalimentari – comportava una specifica azione di pianificazione basata sulla stagionalità delle merci, una programmazione che non poteva conciliarsi con l’invio nelle quattro zone di occupazione di saltuarie delegazioni italiane. Inoltre, l’assenza di un maggiore coinvolgimento dei dirigenti tedeschi nelle amministrazioni addette al commercio estero della Germania rallentava e limitava l’andamento dei negoziati. Tale considerazione era diffusa tra i dirigenti della Direzione affari economici degli Esteri come Grazzi87 e anche tra i tedeschi della Bizona, come riporteranno in seguito Ludwig Erhard e Vollrath von Maltzan (anche se in quest’ultimo caso il parere deve essere letto tenendo presente la forte aspirazione della nuova classe dirigente tedesca bizonale a ritrovare nuovi spazi di autonomia politica ed economica)88. Particolarmente duro fu il giudizio retrospettivo espresso da Erhard sull’attività della Jeia tra il 1947 e il 1949. Nel 1953 il ministro federale per l’Economia scrisse che: «La storia della Jeia ricorda i voti dei marinai: sulla carta si promisero spesso grandi agevolazioni, ma in pratica non se ne vide traccia […] i dirigenti della Jeia non erano in grado di organizzare efficacemente il commercio estero, dato il caos economico che imperversava»89.

Il console Gallina condivideva l’opinione di Ferlesch sulla ricerca di un dialogo bilaterale Roma- Washington e Roma-Londra come unica strada per scavalcare i limiti imposti al commercio estero tedesco. L’ostacolo delle direttive anglo-americane in merito all’importazione nella Bizona dei prodotti ortofrutticoli, continuava Gallina, poteva essere superato solo coinvolgendo direttamente il governo di Washington ed escludendo dall’orizzonte politico l’eventualità di un ritorno di autonomia per i tedeschi90; solo attraverso una mediazione politica bilaterale tra Stati Uniti ed Italia

86 Cfr. la relazione di Ferlesch intitolata Norme per l’applicazione degli accordi con le Zone di occupazione anglo-

americana e sovietica in Germania, 28 luglio 1947, in Asmae, Dgae, Versamento “B”, 1937-1949, Busta 72 (1949).

87 Si vedano gli appunti di Grazzi in Asmae, Dgae, Versamento “C”, 1950, Busta 20 (1950). 88

Si veda l’appunto redatto da Cattani per Sforza, cit., e i promemoria della Dgae dell’autunno 1947 in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit. Per le considerazioni tedesche si veda il testo di L.ERHARD, La Germania ritorna sul

mercato mondiale, Milano, 1954, (ed. or. Deutschlands Rückkehr zum Weltmarkt, Frankfurt am Main, 1954), pp. 76-83.

Si vedano anche le considerazioni retrospettive della Protokollabteilung dell’Auswärtiges Amt sulle relazioni commerciali italo-tedesche riportate nei documenti redatti in occasione della visita di Adenauer a Roma nel 1951, in Paaa, Protokollabteilung, Bestand B8, Bd. 27 (1951): Bundeskanzler Adenauer in Italien.

89 L.E

RHARD, La Germania ritorna, cit., pp. 78, 92.

90 Cfr. il telespresso di Gallina n. 1016/240 del 17 ottobre 1947, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 5