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Gli spazi della politica e dell’economia: la ripresa delle relazioni commerciali e la definizione dei rapporti bilaterali, 1948-

IV.1 LA RIPRESA DEGLI SCAMBI ITALO-TEDESCHI: LE PREMESSE

IV.1.4 L’ORGANIZZAZIONE DELL’UFFICIO COMMERCIALE

Nel dicembre del 1947 gli anglo-americani autorizzarono l’istituzione a Francoforte sul Meno di una sezione addetta al commercio estero (Abteilung für Außenhandel) dipendente dall’agenzia economica della Bizona (la Verwaltung für Wirtschaft, una delle agenzie del Wirtschaftsrat)104. Vollrath von Maltzan assunse la direzione della nuova sezione bizonale di Francoforte. Fino all’introduzione della riforma monetaria nel giugno del 1948 gli spazi di manovra a disposizione della nuova sezione restarono limitati, tuttavia si trattò di un importante segnale di cambiamento di impostazione nella politica d’occupazione anglo-americana105.

Quasi contemporaneamente iniziava l’attività dell’Ufficio commerciale italiano guidato da Aldo Morante, che non a caso fu istituito a Francoforte sul Meno106. La città natale di Goethe era considerata, per la presenza degli organi alleati e tedeschi della Bizona, il nuovo centro economico della Germania occidentale. Francoforte fu ritenuta dalla Direzione affari economici la città maggiormente adatta a ristabilire i contatti con le neonate amministrazioni tedesche bizonali. Tra il 1948 e il 1949 con il sostegno degli anglo-americani l’Ufficio commerciale italiano e la Abteilung

101 Cfr. capitolo III, paragrafo 3.

102 Si veda ad esempio il telespresso di Grazzi n. 13923 intitolato Rapporti economici Italia-Germania, 4 maggio

1948, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 13 (1948), fasc. 1: Situazione locale nelle quattro zone

d’occupazione, Bizona.

103 Si veda W.L

INK, La Germania e il Piano Marshall, cit.; A.S.MILWARD, The Reconstruction of Western Europe,

1945-1951, Cambridge, 1984, pp. 1-55; R.NEEBE, Optionen westdeutscher Außenwirtschaftspolitik 1949-1953, in in L. HERBST, W. BÜHRER, H. SOWADE (hrsg), Vom Marshallplan zur EWG, cit., pp. 163-202. Per l’Italia si veda V. ZAMAGNI, Una scommessa sul futuro: l’industria italiana nella ricostruzione (1946-1952), in E. DI NOLFO, R.H. RAINERO,B.VIGEZZI (a cura di), L' Italia e la politica di potenza in Europa 1945-50, Milano, 1988, pp. 473-495; P.P. D’ATTORRE, Il Piano Marshall: politica, economia, relazioni internazionali nella ricostruzione italiana, Ivi, 497-545; R.PETRI, Storia economica d’Italia, cit., p. 187.

104 La nuova sezione fu istituita nella zona di Frankfurt-Höchst. Cfr. F. J

ERCHOW, Deutschland in der

Weltwirtschaft, cit., p. 463; C. BUCHHEIM, Die Wiedereingliederung Westdeutschlands, cit., p. 44 e M. RIEDER,

Deutsch-italienische Wirtschaftsbeziehungen, cit., p. 392.

105 Ibid. 106

177 für Außenhandel divennero il centro di riferimento dei piani per la ripresa degli scambi italo- tedeschi.

Gli anglo-americani, autorizzando il governo italiano ad inviare un Addetto commerciale e la Verwaltung für Wirtschaft a formare una sezione addetta al commercio estero, crearono le premesse per la ripresa dei traffici tra i due paesi, ma a partire dal 1948 l’azione vera e propria passò progressivamente in mano a italiani e tedeschi. Nel corso del 1948 gli americani si limitarono ad appoggiare o a non intralciare la ripresa dei contatti tra i due “paesi” – tra l’Italia e la Bizona – in tale particolare settore. La Direzione affari economici e l’Ufficio commerciale svolsero la propria attività con il “patrocinio” degli americani senza avere alcun bisogno di esercitare pressioni politiche presso le ambasciate americana e inglese di Roma e nemmeno attraverso le ambasciate italiane di Londra e Washington. Queste ultime si limitarono ad aggiornare Palazzo Chigi sugli orientamenti relativi alle politica d’occupazione coordinata dai governi dove erano accreditati.

Prima della seconda guerra mondiale (e prima dell’8 settembre del 1943) la rete dei servizi commerciali italiani in Germania controllata direttamente da Roma era stata molto vasta e articolata. Nel corso degli anni Trenta con il regime fascista, secondo i rapporti della Direzione affari economici, si era verificata una costante «inflazione di uffici e di personale»107. Fino al 1943, l’ambasciata italiana a Berlino contava due sezioni addette alle relazioni economiche con circa 40 funzionari impiegati. Sempre a Berlino si trovava un ufficio dell’Istituto Nazionale per i Cambi con l’Estero e uno della Banca d’Italia. L’Istituto Nazionale per il Commercio Estero contava tre sedi di rappresentanza nelle città di Amburgo, Berlino e Monaco di Baviera. A Berlino c’era inoltre una rappresentanza ufficiale della Confederazione degli industriali, nonché delegazioni degli agricoltori, dei commercianti e dell’artigianato. L’elenco dei servizi commerciali italiani in Germania era chiuso, infine, dalle quattro camere di commercio nelle città di Monaco, Francoforte sul Meno, Berlino e Amburgo108.

All’arrivo di Morante a Francoforte nell’autunno del 1947 non solo non era rimasto più nulla di quella rete a causa della guerra, ma la divisione della Germania in quattro zone e l’occupazione da parte di quattro diverse potenze aveva prodotto la frantumazione dell’unità economica tedesca. La conseguenza immediata delle decisioni di Potsdam era stata la moltiplicazione e la complicazione dei punti di riferimento. Il 10 dicembre in uno dei primi rapporti inviati a Palazzo Chigi Morante illustrava le numerose difficoltà che si frapponevano alla realizzazione dei progetti italiani nella ripresa degli scambi:

107 Cfr. il rapporto della Dgae del 26 maggio 1947 intitolato Servizi commerciali in Germania, in Asmae, Dgae,

Versamento “A”, cit.

108

178 «Sull’importanza del mercato tedesco – scriveva l’Addetto commerciale italiano – non è il caso di spendere troppe parole, e l’attuale conferenza di Londra non è che una delle più recenti e clamorose manifestazioni della lotta che le grandi Potenze svolgono per accaparrarselo. Quanto alla mole del lavoro, basti pensare che dobbiamo essere presenti presso quattro governi alleati di zona e presso le autorità tedesche stabilite nei singoli Länder o in gruppi di essi. Dobbiamo ricostruire “ex novo” l’anagrafe delle ditte operanti sul mercato, devastata dalle distruzioni della guerra guerreggiata prima, dalle asportazioni, dalle riparazioni e dalle riforme politiche e sociali poi. Dobbiamo studiare un’economia che si presenta con caratteri antitetici da un meridiano all’altro: di tipo socialista nella zona orientale, con qualche timida tendenza social-democratica in quella britannica, con orientamenti liberal-capitalistici nella zona americana. Dobbiamo seguire la politica agraria, finanziaria, monetaria, industriale, dei trasporti, del commercio interno e con l’estero in quattro zone, che sono in realtà quattro distinti Stati. Dobbiamo aiutare i nostri connazionali, commercianti e industriali, privi oramai di qualsiasi radice in territorio tedesco, ad orientarsi nella fungaia di Enti e di norme che pullulano nella Germania di oggi. Dobbiamo ricostituire le perdute basi della nostra penetrazione commerciale nel Paese. E tutto questo, ed altro ancora, dobbiamo compiere senza alcuna efficace assistenza da parte di altri organi, perché la rete consolare si è ridotta ad un’entità esigua, perché i vari uffici statali e parastatali già esistenti sono stati disciolti, perché l’organizzazione privata è crollata senza lasciare traccia, e perché infine le Camere di commercio – dopo essersi ridotte ad un nome senza soggetto – sono state ora vietate dai Governi militari alleati […] nel costituendo ufficio commerciale italiano in Germania si concentra in questo momento tutta la somma di speranze e di aspettative di quelli tra i nostri operatori che attendono con ansia la riapertura di questo vitale mercato»109

Nonostante alcune difficoltà logistiche, Morante riuscì a reclutare un piccolo ma efficiente gruppo di funzionari che ricevette il compito di coadiuvare l’Addetto commerciale nella ripresa dei contatti con le ditte tedesche e nella preparazione di incontri con i vertici della Jeia e con la sezione commercio estero guidata da Von Maltzan. Il criterio guida nella selezione del personale dell’Ufficio commerciale fu consapevolmente individuato da Morante e dalla direzione affari Economici nell’esperienza: la priorità fu di non disperdere le competenze acquisite dai vari funzionari nel settore degli scambi italo-tedeschi durante gli anni Trenta, anche a costo di riassumere dirigenti politicamente compromessi con il fascismo ed il nazismo. La logica adottata nel caso di Ferlesch fu intenzionalmente riadoperata tra la fine del 1947 e l’inizio del 1948 per la riorganizzazione della nuova sede di Francoforte incaricata di riallacciare le relazioni commerciali bilaterali. Si scelse di richiamare in servizio quei funzionari che fino al 1943 avevano occupato ruoli di spicco nella gestione del commercio italo-tedesco. Lo stesso Morante comunicò al ministero degli Esteri la necessità di procedere subito al reclutamento di tre ex segretari di camere di commercio italiane in Germania: soprattutto degli ex segretari Vittorio Francescon e Pio Favero110. Secondo l’Addetto commerciale la continuità del personale non rappresentava un problema politico, ma costituiva un’opportunità per lo «Stato», si trattava di un “capitale umano” irrinunciabile «per il Paese»:

«[…] per i tre impiegati addetti alle sezioni [trattati, esportazioni e importazioni], non vedo purtroppo come sia possibile conciliare le necessità di carattere tecnico con l’opportunità amministrativa di non richiamare in servizio quel

109 Cfr. la relazione dell’Addetto commerciale Morante n. 002 del 10 dicembre 1947 intitolata Organizzazione dei

servizi commerciali in Germania, in Asmae, Dgae, Versamento “A”, cit.

110

179 personale che faceva parte delle nostre rappresentanze all’estero prima del settembre 1943 […] d’altra parte, la trattazione di problemi squisitamente tecnici (come, ad esempio, quello delle esportazioni italiane) non può essere affidata ad elementi generici, che non abbiano una vasta esperienza nel settore economico e padronanza assoluta delle lingue inglese e tedesca. È perciò che io mi vedo costretto a pregare codesto Ministero […] di volermi autorizzare ad assumere, come impiegati locali, tre segretari delle disciolte Camere di commercio italiane. Si tratta di persone con una lunga pratica commerciale, la cui preparazione tecnica è costata ingenti sacrifici all’economia italiana. Se noi

disperdessimo oggi tali preziose energie, non realizzeremmo un risparmio per il nostro Paese, ma anzi rinunzieremmo ai frutti di un capitale faticosamente accumulato. Rivolgo pertanto viva preghiera a codesto Ministero di voler

esaminare con la massima comprensione la suddetta richiesta, che rappresenta la chiave di volta di tutto l’edificio e, del resto, l’unica soluzione ragionevole in questo momento»111.

Il ministero degli Esteri accolse la richiesta dell’Addetto commerciale e così Pio Favero e Vittorio Francescon divennero i principali collaboratori di Morante a Francoforte112: il primo, già direttore della Camera di Commercio italiana di Francoforte, era addetto alle importazioni, il secondo, ex direttore della Camera di Commercio italiana di Amburgo, era addetto alle esportazioni113. Fin dall’autunno del 1946 Francescon aveva inviato a Roma diverse richieste di assunzione, presentando a proprio favore una dettagliata ricostruzione del «contegno assunto tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945»114. Tuttavia prima dell’arrivo di Morante a Francoforte il ministero degli Esteri aveva sempre respinto le istanze dell’ex segretario a causa dei sospetti di collaborazionismo con la Repubblica sociale che gravavano su Francescon115.

Le autorità alleate della Bizona non presentarono obiezioni per l’accreditamento dei funzionari proposti da Morante e dal ministero degli Esteri. Solo nell’estate del 1948 gli americani inviarono a Roma un rapporto contente diverse informazioni sull’attività di Pio Favero in Germania prima dell’8 settembre 1943116. Il nuovo addetto alle importazioni, secondo il rapporto statunitense, era stato in passato un convinto nazista ed un fervente antisemita. Oltre agli incarichi di natura economica e commerciale, fino all’8 settembre, Favero aveva collaborato con le redazioni di diverse riviste naziste, traducendo per il pubblico italiano numerosi articoli incentrati sulla politica razzista del regime nazionalsocialista117. Il ministero degli Esteri decise comunque di non sollevare dall’incarico il collaboratore di Morante ed anche gli stessi americani, favorevoli alla ricostruzione

111 Ibid., (corsivo mio). 112

Cfr. il telespresso n. 183/45 e il telespresso n. 2798/587, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 18 (1948), fasc. 4: Rappresentanze italiane in Germania.

113 Il terzo segretario proposto da Morante, l’ex direttore della Camera di commercio di Berlino, non venne infine

assunto.

114

Si veda la lettera di Vittorio Francescon del 10 gennaio 1947, in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 7 (1947), fasc. 2: Conferenza della Pace.

115 Vittorio Francescon era nato in Germania, ad Amburgo dove aveva compiuto anche gli studi universitari. Nel

1937 divenne Segretario generale della Camera di Commercio italiana di Amburgo. Tra il 1943 e il 1945 non aveva abbandonato gli incarichi, ma secondo la stesse parole di Francescon al ministero: «[si era] limitato alla sola difesa degli interessi economici italiani […]». Cfr. i documenti su Vittorio Francescon in ibid.

116 Si veda il telespresso n. 2798/587 del 13 agosto 1948 in Asmae, Dgap, Germania, 1946-1950, Busta 18 (1948),

fasc. 4: Rappresentanze italiane in Germania.

117

180 dei rapporti economici tra italiani e tedeschi, preferirono chiudere un occhio non imponendo l’allontanamento del tecnico italiano addetto alle importazioni. In seguito al “caso Favero” gli alleati occidentali in Germania non inviarono più alcun rapporto a Roma sul passato dei funzionari italiani in servizio nella Bizona.

L’inasprimento della guerra fredda, il blocco di Berlino, la lotta al comunismo, la progressiva delega di poteri agli organi tedesco-bizonali da parte degli alleati occidentali contribuirono ad una progressiva perdita di interesse degli americani ad indagare sul recente passato degli addetti italiani al commercio estero in Germania. Tuttavia, come è stato precedentemente dimostrato, fin dal 1947 – in occasione della nomina di Ferlesch – le segnalazioni alleate non si tradussero mai in esplicite richieste di revoca degli incarichi. È interessante notare, inoltre, l’assenza di comunicazioni sul passato dei rappresentanti diplomatici italiani in Germania. I casi dei «ventottisti»118 Guglielmo Arnò119, Vitale Gallina, Roberto Chastel120 e i complessi legami del primo ambasciatore italiano presso la Repubblica federale, Francesco Babuscio Rizzo, con i vertici del regime fascista non destarono mai l’interesse delle autorità delle potenze alleate121.

IV.1.5 GLI SVILUPPI TEDESCO-OCCIDENTALI E IL PRIMO ACCORDO COMMERCIALE TRA L’ITALIA E