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La riorganizzazione delle relazioni italo-tedesche dall’istituzione della Bizona alla riforma monetaria (1947-1948)

III.1 LE SVOLTE DEL 1947 IN ITALIA E GERMANIA

Nel corso del 1947 si consumò la rottura definitiva dell’alleanza antinazista nata nella seconda guerra mondiale tra potenze occidentali e Unione Sovietica. I prodromi di una probabile spaccatura erano comparsi già dopo la sconfitta del nazifascismo in Europa, nel corso delle inconcludenti riunioni delle potenze vincitrici per la sistemazione della Germania1. Tra la fine del 1947 e l’inizio del 1948 la tensione crescente tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, avviò in Europa la formazione di due diverse sfere economiche e politiche, una ad est, comprendente i paesi sotto il diretto controllo sovietico, ed un’area ad ovest, contrassegnata dall’egemonia statunitense e composta dai principali paesi europeo-occidentali coinvolti nella seconda guerra mondiale2.

Sul piano internazionale un importante elemento di discontinuità fu introdotto il 12 marzo quando, come è noto, il presidente americano Truman si rivolse al Congresso, chiedendo di finanziare una missione di aiuti in Grecia per appoggiare il governo conservatore del paese nella

1 La prima di queste conferenze si tenne a Londra, dall’11 settembre al 22 ottobre 1945, la seconda a Parigi in due

sessioni, 25 aprile – 15 maggio e 26 maggio – 15 giugno 1946, la terza a New York, dal 4 novembre al 12 dicembre 1946. Cfr. H.GRAML, Die Deutsche Frage, in K.D.BRACHER,T.ESCHENBURG,J.C.FEST,E.JÄCKEL (hrsg), Geschichte

der Bundesrepublik Deutschland, Band 1, Jahre der Besatzung 1945-1949, Stuttgart Wiesbaden, 1983, pp. 281-374.

2 Sulla guerra fredda esiste oggi, come è noto, una vasta letteratura. Sulle origini della guerra fredda si veda F.

ROMERO, Storia della guerra fredda. L’ultimo conflitto per l’Europa, Torino, 2009, pp. 37-59. Cfr. anche i diversi contributi raccolti nel volume a cura di E.AGA ROSSI, Gli Stati Uniti e le origini della guerra fredda, Bologna, 1984; M.DEL PERO, La guerra fredda, Roma, 2001; J.L.GADDIS, The United States and the Origins of the Cold War, 1941-

1947, New York-London, 1972; ID., The long Peace. Inquiries into the History of the Cold War, New York, 1989; ID.,

La guerra fredda. Cinquant'anni di paura e di speranza, Milano, 2007. Si veda anche K.W. THOMPSON, Cold War

99 lotta contro i gruppi comunisti formatisi nella Resistenza3. Da una prospettiva politica, l’affermazione della «dottrina Truman» annunciava un’antitesi radicale tra «mondo comunista» e il cosiddetto «mondo libero», e nel corso del 1947 fu strategicamente definita dalla teoria del contenimento elaborata dal diplomatico statunitense George Kennan 4. Il containment implicava la necessità di “contenere” l’espansionismo sovietico, utilizzando tutti i mezzi possibili, anche la forza militare5. Il 5 giugno la strategia di politica estera americana fu affiancata dall’annuncio di un piano di aiuti per l’Europa: nel celebre discorso all’Università di Harvard il segretario di Stato americano, George Marshall, dichiarava la disponibilità degli Stati Uniti ad aiutare tutti i paesi europei che lo avessero richiesto6. La notizia di un piano statunitense per la ricostruzione economica dell’Europa suscitò un grande effetto tra i governi europeo-occidentali, soprattutto perché faceva seguito alla grave crisi alimentare dell’inverno 1946-19477

.

L’Unione Sovietica reagì alla dottrina Truman e al Piano Marshall intensificando la costruzione della propria sfera di potere. Nel settembre del 1947 a Szklarska Poręba, in Polonia, i partiti al potere in Europa orientale e i due principali partiti comunisti occidentali, l’italiano e il francese, formarono il Kominform: un «ufficio di coordinamento» tra Mosca e il resto dei partiti comunisti8. Nel corso della riunione costitutiva del Kominform, Andrej Ždanov formulò la nota «teoria dei due campi», secondo la quale nel mondo si erano oramai formati due grandi e diversi spazi economici e politici: uno imperialista ed antidemocratico guidato dagli Usa ed uno antimperialistico e democratico capeggiato dall’Unione Sovietica9

.

3 Nella primavera del 1947 gli Stati Uniti subentravano alla Gran Bretagna incapace di continuare a fornire aiuti al

governo greco contro le formazioni comuniste. Non è difficile scorgere nella successione degli americani agli inglesi nell’area dove storicamente si era manifestata la potenza dell’impero britannico, il mediterraneo, l’inizio dell’egemonia statunitense nell’Europa occidentale.

4

La cosiddetta teoria del containment, intesa come paradigma globale nella sfida contro l’Unione Sovietica, fu ideata da Kennan, ma in seguito all’interno delle diverse amministrazioni statunitensi venne variamente reinterpretata anche in direzioni in parte diverse da quelle originariamente proposte da Kennan. Sul containment si veda il testo fondamentale di J.L.GADDIS, Strategies of Containment. A Critical Appraisal of Postwar American National Security

Policy, New York, 1982; F. ROMERO, Storia della guerra fredda, cit., pp. 50-51. Su Kennan si veda W.HIXSON,

George F. Kennan: Cold War Iconoclast, New York, 1989; W.D.MISCABLE, George F. Kennan and the Making of

American Foreign Policy, 1945-1950, Princeton, 1992. Si veda anche A.STEPHANSON, Kennan and the Art of Foreign

Policy, Cambridge (Ma), 1989; J.L.HARPER, American visions of Europe. Franklin D. Roosevelt, George F. Kennan,

and Dean G. Acheson, Cambridge (Ma), 1994.

5

Ibid.

6 Si tratta come è noto dell’European Recovery Program, o Piano Marshall. Sulle origini del piano cfr. J.G IMBEL,

The Origin of the Marshall Plan, Stanford, 1976. Per le concezioni economiche statunitensi nel secondo dopoguerra si

vedano le riflessioni di C.S. MAIER, Alla ricerca della stabilità, Bologna, 2003, (ed. or. In Search of Stability.

Explorations in Historical Political Economy, Cambridge, 1987), pp. 177-222. Si veda anche E.DI NOLFO, Il piano

Marshall e la guerra fredda, in ID., La guerra fredda e l’Italia, 1941-1989, Firenze, 2010, pp. 276-296.

7 La crisi del 1947 svolge un ruolo centrale nell’interpretazione di Milward sulla volontà degli Stati Uniti di

rimettere in sesto il sistema capitalistico attraverso la ricostruzione dell’Europa. Cfr. A.S. MILWARD, The

Reconstruction of Western Europe, 1945-1951, Cambridge, 1984, pp. 1-55.

8 Il Partito socialista unitario, la Sed, nato nel dall’unione non fu invitato alla riunione in Polonia dalla quale nacque

il Kominform. Cfr. H.WEBER, Geschichte der DDR, München, 1986, pp. 115-133 e pp. 157-160.

9 Cfr. A.G

RAZIOSI, L’URSS dal trionfo al degrado. Storia dell’Unione Sovietica, 1945-1991, Bologna, 2008, pp. 78- 79. Nel 1947 Belgrado divenne il quartier generale del Kominform, ma in seguito all’espulsione del partito comunista

100 In questa fase il principale teatro del confronto bipolare era rappresentato dall’Europa, e in modo particolare dalla Germania. L’inizio della guerra fredda iniziò a coinvolgere diversi aspetti della vita delle nazioni europee. Queste ultime furono attraversate – in modo diverso in base ai differenti contesti storici, politici, economici e sociali – da lacerazioni che riflettevano in ambito nazionale le tensioni in atto su scala mondiale.

Per il governo italiano la discontinuità introdotta dall’amministrazione Usa fu subito chiara e in particolare sottintendeva la diretta correlazione tra aiuti americani e formazione di nuovi esecutivi senza i rappresentanti delle sinistre. Per la DC di De Gasperi si trattava della possibilità di continuare ad usufruire degli indispensabili sostegni politici ed economici statunitensi a patto di porre fine all’esperienza dei governi di unità antifascista10. Il 29 marzo l’ambasciatore Quaroni

espose senza giri di parole al ministro degli Esteri Sforza le conseguenze politiche della svolta americana per i paesi dove esistevano forti partiti comunisti al governo dalla fine della guerra:

«Il messaggio Truman è un atto di grandissima importanza: soprattutto se si considera che è solo la prima manifestazione aperta di una evoluzione politica che si stava preparando da mesi. Noi ci troviamo in presenza di una campagna precisa, diretta ad inquadrare, volens nolens, Francia, Italia e gli altri Paesi dell’Europa occidentale, nella politica americana. Il primo obiettivo che questa campagna si propone per quello che riguarda Italia e Francia è quello di portarci a costituire Governi da cui siano esclusi i comunisti. Quello che ci dicono, a tutti e due, gli americani, sempre con meno ambagi è: comunisti al governo, niente crediti, niente grano, niente carbone; governo senza

comunisti, allora si comincia a ragionare»11.

Al di là della difficile contingenza della situazione economica evidenziata da Quaroni, il discorso di Truman rendeva stringente il problema di un adeguamento delle formule politiche di governo agli schieramenti imposti dalla guerra fredda. Schematizzando alcune delle riflessioni di Franco De Felice sulla ridefinizione del nesso nazionale-internazionale nell’Europa del secondo dopoguerra, si rileva come in generale l’esistenza di due diverse e contrapposte grandi aree economiche e politiche iniziasse a condizionare profondamente le iniziative delle classi dirigenti nazionali dei paesi europei12. L’inserimento dell’Italia in una delle due aree si traduceva in una doppia lealtà per i

jugoslavo nel giugno del 1948 la sede fu trasferita a Bucarest. M.MCCAULEY, Stalin e lo stalinismo, Bologna, 2004, (ed. or. Stalin and Stalinism, London, 2000) pp. 127-135. Per la posizione del leader comunista italiano si veda anche A.AGOSTI, Togliatti. Un uomo di frontiera, Torino, 2003, pp. 345-349.

10

Su questa fase si veda G.FORMIGONI, La democrazia cristiana e l’alleanza occidentale (1943-1953), Bologna, 1996, pp. 117-150.

11 Cfr. L’ambasciatore a Parigi, Quaroni, al ministro degli Esteri, Sforza, 29 marzo 1947, in Documenti

Diplomatici Italiani (d’ora in avanti Ddi), Ministero degli Affari Esteri, Commissione per la pubblicazione dei

documenti diplomatici, Decima Serie 1943-1948, vol. V (2 febbraio-30 maggio 1947), Roma, 1997, doc. 286, pp. 323- 326, qui p. 325, (il corsivo è mio).

12 Si vedano le riflessioni sulla doppia lealtà e doppio stato nel volume che raccoglie gli studi più significativi di De

Felice intorno allo sviluppo storico-politico dell’Italia repubblicana. F. DE FELICE, La questione della nazione

101 gruppi dirigenti italiani: lealtà al proprio paese e lealtà allo schieramento di appartenenza a cui si era integrati (o a cui ci si auspicava di partecipare)13.

Le pressioni internazionali dettate dalla logica della guerra fredda provenienti da oltre atlantico si intrecciarono alle crescenti divergenze nazionali tra i partiti di sinistra e la DC, soprattutto nel campo della politica economica, dove la linea liberista scelta dalla direzione democristiana aveva scarse possibilità di trovare appoggio fra le sinistre. Nel maggio del 1947 De Gasperi costituì un nuovo governo dal quale erano esclusi i partiti di sinistra14. Qualche mese prima, a marzo, l’Italia aveva aderito agli accordi di Bretton Woods15, mentre il 10 febbraio c’era stata a Parigi la sofferta firma del Trattato di pace che pose fine allo stato di guerra, formalmente ancora in vigore, tra le potenze alleate e l’Italia.

Nel corso dei mesi seguenti l’iter di approvazione parlamentare del Trattato suscitò accesi dibattiti tra i partiti e nella società16. Non pochi furono gli autorevoli esponenti del mondo politico e culturale italiano che ammonirono il governo di rischiare l’imposizione di un Diktat con l’approvazione del Trattato. Il 24 luglio Benedetto Croce, durante una seduta dell’Assemblea Costituente, esortò il governo a non ratificare il Trattato, perché impostato su di una lettura a suo giudizio completamente errata della storia italiana, considerata dagli alleati intrisa di imperialismo ed aggressività17. È importante rilevare che tra le critiche emerse nel corso del dibattito per la ratifica del Trattato di pace l’evidenza di un mancato riconoscimento da parte delle quattro potenze per la partecipazione dell’Italia alle discussioni sulla sistemazione della Germania fu sottolineata da

13 Ibid. 14

Su questa particolare fase della storia dell’Italia repubblicana esiste una vasta letteratura. La volontà di De Gasperi di avviare una politica economica di stampo liberista comportava sul piano governativo l’impossibilità di una prosecuzione del tripartito. Su questo punto Craveri ha scritto: «L’esclusione delle sinistre, per quanto fosse nel conto, non era affatto una conditio sine qua non, anche se [De Gasperi] aveva chiaro che con quella impostazione di politica economica ne poneva le inevitabili premesse». P.CRAVERI, De Gasperi, Bologna, 2006, p. 291.

15 L’adesione significava l’ammissione dell’Italia al FMI (Fondo Monetario Internazionale) e alla Banca mondiale.

Entrambi gli organi erano stati ideati nel 1944 a Bretton Woods.

16 Il Trattato di pace lasciava irrisolta la questione di Trieste, e in particolare la sovranità sulla zona A del territorio

libero di Trieste. La sistemazione delle colonie prefasciste era stata stralciata dal Trattato, i quattro grandi avrebbero dovuto raggiungere un accordo entro il 15 settembre del 1948, altrimenti sarebbe stata affrontata in sede Onu. Secondo Lorenzini, le reazioni in Italia furono di vero e proprio shock. Cfr. S.LORENZINI, L' Italia e il trattato di pace del 1947, Bologna, 2007, pp. 99-129. Nell’archivio del ministero degli Esteri sono conservate decine di lettere inviate da giornalisti, avvocati, professori universitari, uomini di cultura che esortavano il governo a non firmare e non ratificare il Trattato di pace. La principale argomentazione riscontrabile in tali lettere era che l’Italia avesse vinto la guerra insieme agli alleati. In una di queste lettere si legge: «I signori Alleati hanno vinto si la guerra contro la Germania, ma non senza l’accettato, valido e concludente intervento dell’Esercito Italiano, e col grave tributo di sangue del medesimo in circa cento mila morti». Cfr. Asmae, Archivio di Gabinetto, 1944-1958, Busta 88 (1944-1947). Sul Trattato di pace dell’Italia si veda anche I. POGGIOLINI, Diplomazia della transizione. Gli alleati e il problema del trattato di pace italiano, Firenze, 1990; C.SETON-WATSON, Il trattato di pace italiano. La prospettiva inglese, in «Italia contemporanea», 182, 1991, pp. 5-26; R.H.RAINERO, Il trattato di pace delle Nazioni Unite con l’Italia, Bologna, 1997; S.LORENZINI, Il

«modello Versailles» e la preparazione dei trattati di pace post 1945, in M.CAU (a cura di), L’Europa di De Gasperi e

Adenauer. La sfida della ricostruzione, (1945-1951), Bologna, 2012, pp. 103-121.

17 Il testo integrale del discorso di Croce è reperibile on-line; cfr. gli atti dell’Assemblea costituente, seduta del 24

luglio, in http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed200/sed200nc.pdf (ultima consultazione 13 ottobre 2012).

102 diversi esponenti politici. Il liberale Epicarmo Corbino durante il suo intervento sollevò esplicitamente la questione, affermando che si trattava di un’assoluta ingiustizia, soprattutto perché l’Italia era stata «sempre vittima della Germania», tanto nella prima fase della guerra, quanto nella seconda dopo l’8 settembre 1943. Nel discorso di Corbino l’Italia non era mai stata complice del Terzo Reich:

«[…] Fra le tante condizioni inique del Trattato c’è anche quella che stabilisce che noi, paese straziato dai tedeschi sia durante il periodo della guerra in cui eravamo con loro, sia dopo, cioè nel periodo in cui eravamo contro di loro, non abbiamo diritto a dire neppure una parola e in difesa dei nostri interessi e per la sistemazione della Germania quale elemento importante della sistemazione europea»18.

De Gasperi e Sforza erano convinti, invece, che la ratifica rappresentasse un passo indispensabile per riconquistare sul piano internazionale una nuova libertà politica ed economica19. La strada della ricostruzione passava anche attraverso l’approvazione del testo di pace preparato dagli alleati. Un’eventuale rifiuto del governo avrebbe isolato l’Italia nelle relazioni internazionali rischiando di compromettere la partecipazione del paese al Piano Marshall; partecipazione che negli anni seguenti contribuì al superamento delle limitazioni economiche stabilite da alcune clausole20.

È interessante notare il parallelo tra Italia e Germania che Sforza mise in risalto nel suo discorso all’Assemblea per sostenere la ratifica del Trattato. Nelle parole del ministro degli Esteri l’approvazione rappresentava la dimostrazione di una rinnovata volontà di collaborazione internazionale e in primo luogo europea dell’Italia, il presupposto per la riammissione nel consesso mondiale. La storia recente dei due paesi aveva dimostrato che pur nel «comune smarrimento» gli italiani avevano saputo ritrovare per primi la strada della democrazia; un concetto destinato ad esercitare una larga influenza nel modo in cui i dirigenti italiani guardavano alla Germania e a trovare, dopo il 1949, non poco spazio all’interno del dialogo politico bilaterale con la Repubblica federale:

18 E. C

ORBINO, Discorsi elettorali e interventi parlamentari. Dal 1944 al 1958, Napoli, 1965, p. 233. Secondo Ganapini, alla fine della guerra la «presunzione di innocenza» di tutto il popolo italiano rispetto al fascismo rappresentò la premessa del riscatto nazionale. Cfr. L.GANAPINI, L’identità nazionale italiana nel secondo dopoguerra, in «Italia contemporanea», 220-221, 2000, pp. 389-393.

19 S.L

ORENZINI, L’Italia e il trattato di pace, cit., pp. 123-125. Su questo punto si veda anche P.CRAVERI, De

Gasperi, cit., pp. 246-257.

20 S.L

ORENZINI, L’Italia e il Trattato di pace, cit., p. 133. Negli anni seguenti grazie all’adesione dell’Italia al Patto Atlantico nel 1949 fu possibile ottenere il superamento di tutte le restrizioni militari derivanti dal Trattato. Nell’ambito del riarmo dei primi anni Cinquanta, dopo la guerra di Corea, la dichiarazione congiunta del 26 settembre 1951 di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti assicurava la rimozione delle limitazioni di carattere militare imposte dal Trattato. Nel dicembre dello stesso anno Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Grecia, Cina (Formosa), Brasile, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda comunicarono la piena accettazione delle richieste italiane: dichiararono superate le clausole politiche del Trattato del 1947 e decadute quelle industriali, navali, aeree e militar che limitavano la sovranità italiana.

103 «Guardate la Germania, ancora immersa nello stupore che seguì la crisi di follia, quale quella di cui questo sciagurato popolo fu preda; essa giace accasciata e son certo che vi sono ancora tra i tedeschi dei nazisti abbastanza fatui per compiacersi del loro isolamento. Ma noi italiani, la cui vita è sempre stata tanto più dura di quella dei ben

nutriti tedeschi, possiamo bensì dolerci delle loro recenti sciagure, ma non indulgere agli stessi sentimenti, poiché abbiamo superato il punto morto e riacquistata una sana fiducia in noi stessi, ben diversa dalla malata megalomania che ha invasato per tanti anni la Germania. […] Purtroppo noi italiani […] pagammo il fio del massimo errore dei capi

fascisti: aver rotto la collaborazione internazionale»21.

Il discorso di Sforza si serviva di diverse immagini dei tedeschi abbastanza diffuse in Italia. Si noti in particolare il riferimento ai “ben nutriti tedeschi”, una variante del noto cliché sui “pasciuti tedeschi”22

. Soprattutto si affermava la tesi di una netta distinzione etica e storica tra Italia e Germania: il popolo italiano, diversamente dal tedesco, aveva ritrovato, senza il bisogno di aiuti esterni, le basi della vita democratica, un popolo, infine, che era stato vittima e non complice di Mussolini e della guerra voluta da Mussolini23.

Il Trattato fu ratificato dall’Assemblea Costituente il 31 luglio ed entrò in vigore il 15 settembre dello stesso anno, la firma e la ratifica del Trattato mutarono lo status internazionale dell’Italia, basato fino a quel momento sull’armistizio lungo stipulato nel 1943, con tutti i limiti ad esso legato24. Gli alleati consegnarono all’Italia un testo che disciplinava la maggior parte dei possibili contenziosi italo-tedeschi derivanti dalla guerra nella sezione 3 della sesta parte del Trattato, intitolata: Rinuncia a ragioni da parte dell’Italia. In questo modo, secondo Filippo Focardi e Lutz Klinkhammer gli alleati mirarono a: «far pagare all’Italia la partecipazione alla guerra, da un lato, e, dall’altro, a non far gravare le pretese degli ex confederati sulla Germania occupata e sulle sue capacità di far fronte alle riparazioni»25. Infatti, il quarto comma dell’articolo 77 del Trattato imponeva all’Italia la «rinuncia, a suo nome e a nome dei cittadini italiani, a qualsiasi domanda contro la Germania e i cittadini germanici pendente alla data dell’8 maggio 1945 […] Questa rinuncia sarà considerata applicarsi ai debiti, a tutte le ragioni di carattere interstatale relative ad

21

Il testo del discorso pronunciato da Sforza è presente in C.SFORZA, Cinque anni a Palazzo Chigi. La politica

estera italiana dal 1947 al 1951, Roma, 1952, p. 21.

22 Si veda F.F

OCARDI, “Bravo italiano” e “cattivo tedesco”: riflessioni sulla genesi di due immagini incrociate, in «Storia e memoria», 5, 1, 1996, pp. 55-83; ID., L’ombra del passato. I tedeschi e il nazismo nel giudizio italiano dal

1945 a oggi. Un profilo critico, in «Novecento: Rassegna di storia contemporanea», 3, 2000, pp. 67-8; ID., L' immagine

del cattivo tedesco e il mito del bravo italiano. La costruzione della memoria del fascismo e della seconda guerra mondiale in Italia, Padova, 2005.

23

Ibid. cfr. anche B. MANTELLI, Da “paese della tecnica” a “selvaggio invasore”. Immagini della Germania

nell’Italia prima alleata e poi occupata: 1939-1945, in «Storia e memoria», 5, 1, 1996, pp. 29-44.

24 S.L

ORENZINI, L’Italia e il Trattato di pace, cit., pp. 131-140.

25 F.F

OCARDI,L.KLINKHAMMER, Wiedergutmachung für Partisanen? Das deutsch-italienische Globalabkommen

von 1961, in H.G.HOCKERTS (hrsg.), Grenzen der Wiedergutmachung. Die Entschädigung für NS-Verfolgte in West-

104 accordi conclusi nel corso della guerra e a tutte le domande di risarcimento di perdite o di danno occorso durante la guerra»26.

Il Trattato riconosceva all’Italia il diritto alla restituzione dei beni (artistici e industriali) sottratti dai tedeschi dopo il 3 settembre 1943, ma, oltre ad impedire future richieste di risarcimenti per le stragi compiute dall’esercito tedesco in Italia durante l’occupazione, bloccava anche ogni possibilità