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La Direttiva 2004/35/CE

2. I principi internazionali ed il diritto comunitario

2.4. La Direttiva 2004/35/CE

L’esperienza inaugurata dalla Convenzione di Lugano del 1993 si

conclude con la Direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004, “sulla

responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del

danno ambientale”.

Con la Direttiva si delinea quello che la dottrina ha definito un

peculiare regime europeo di responsabilità ambientale,

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in quanto

differenziato ed aggravato, per i danni derivanti dallo svolgimento di

una attività d’impresa.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve precisare che non si

fa mai riferimento ai termini “impresa” o “imprenditore”,

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sostituiti

dalle locuzioni “operatore”

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ed “attività professionale”;

151

inoltre,

146 Vd. O. PORCHIA, op. cit., pp. 165-166, «in base a tale principio l’Unione non è

tenuta a realizzare il più elevato livello di tutela possibile sotto il profilo tecnico […] Nel garantire l’osservanza del principio il legislatore gode di un notevole margine di discrezionalità».

147 Vd. F. FRACCHIA, op. cit., p. 186 ss., per una analisi esaustiva.

148 Cfr. A. VENCHIARUTTI (2002), Il Libro Bianco sulla responsabilità civile per danni all’ambiente, in La nuova responsabilità civile per il danno all’ambiente, (a

cura di) B. POZZO, Giuffrè, Milano, p. 77 ss.

149 Cfr. E. LECCESE, op. cit., p. 105.

150 Direttiva 2004/35/CE, 9° Considerando: “[…] In tali casi l'operatore sarebbe

responsabile ai sensi della presente direttiva, soltanto quando vi sia il dolo o la colpa di detto operatore”.

151 Direttiva 2004/35/CE, 8° Considerando: “La presente direttiva dovrebbe

applicarsi, con riferimento al danno ambientale, alle attività professionali che presentano un rischio per la salute umana o l'ambiente”.

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all’art. 2, n. 7 si fornisce una definizione di attività professionale,

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in

mancanza, altresì, di quella di imprenditore. Ciò è stato interpretato

153

come espressa volontà di ancorare l’applicazione della normativa al

tipo di attività svolta, e non già allo status di imprenditore, stante la

mutevolezza, a livello di legislazione nazionale, della relativa

nozione.

154

Posto che il legislatore comunitario ha inteso modellare la

disciplina sul principio chi inquina paga,

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sono previsti due diversi

regimi di responsabilità.

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Risponde a titolo di responsabilità oggettiva

157

la persona fisica o

giuridica che, esercitando o controllando una delle attività

professionali indicate nell’allegato III della Direttiva

158

(purché

suscettibili di presentare un pericolo intrinseco per la salute umana o

l’ambiente), abbia determinato, tramite lo svolgimento delle stesse, un

danno

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ambientale,

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così come definito dalla Direttiva, ovvero una

152 Direttiva 2004/35/CE, art. 2, n. 7: “"attività professionale": qualsiasi attività svolta

nel corso di un'attività economica, commerciale o imprenditoriale, indipendentemente dal fatto che abbia carattere pubblico o privato o che persegua o meno fini di lucro”.

153 Cfr. E. LECCESE, op. cit., p. 106.

154 Cfr. G. CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, vol. I, (a cura di) M.

CAMPOBASSO, UTET Giuridica, 2015, p. 10 ss.

155 Vd. Direttiva 2004/35/CE, 3° Considerando e art. 1. 156 Cfr. P. DELL’ANNO, op. cit., pp. 341-342.

157 Direttiva 2004/35/CE, 8° Considerando: “La presente direttiva dovrebbe

applicarsi, con riferimento al danno ambientale, alle attività professionali che presentano un rischio per la salute umana o l'ambiente. In linea di principio, tali attività dovrebbero essere individuate con riferimento alla normativa comunitaria pertinente che prevede requisiti normativi in relazione a certe attività o pratiche che si considera presentino un rischio potenziale o reale per la salute umana o l'ambiente”.

158 A titolo esemplificativo: attività concernenti la produzione, l’uso, lo stoccaggio, il

rilascio nell’ambiente di sostanze pericolose o il trasporto di merci pericolose o inquinanti indicate nelle direttive in materia; l’uso, il rilascio, il trasporto o l’immissione in commercio di OGM ai sensi della disciplina comunitaria in materia; gestione dei rifiuti ai sensi della disciplina comunitaria in materia ecc.

159 Direttiva 2004/35/CE, art. 2, n. 2: “"danno": un mutamento negativo misurabile di

una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente”.

160 Direttiva 2004/35/CE, art. 2, n. 1: “"danno ambientale": a) danno alle specie e agli

habitat naturali protetti, vale a dire qualsiasi danno che produca significativi effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di tali specie e habitat. L'entità di tali effetti è da valutare in riferimento

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minaccia imminente

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dello stesso.

162

Sono tuttavia previste delle

prove liberatorie, nonché la piena libertà per gli Stati membri di

accordare al responsabile la possibilità di esimersi, dimostrando

l’eventuale mancanza di colpa, con riguardo però a casi specifici.

163

A contrario, è responsabile a titolo di colpa l’operatore, svolgente

un’attività professionale non compresa tra quelle elencate nell’allegato

III (in quanto potenzialmente non pericolose per l’ambiente e la salute

umana), che abbia determinato (ovvero minacciato) un danno alla

specie e agli habitat naturali protetti.

164

La legittimazione a promuovere l’azione spetta, a norma dell’art.

11, alle autorità competenti che oltre ad individuare l’operatore

responsabile, devono determinare le misure di riparazione da prendere.

Sono invece limitati i poteri riconosciuti ai privati, persone fisiche o

giuridiche (specificamente individuate), che a norma dell’art. 12

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alle condizioni originarie, tenendo conto dei criteri enunciati nell'allegato I; […] b) danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva; c) danno al terreno, vale a dire qualsiasi contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nel suolo”.

161 Direttiva 2004/35/CE, art. 2, n. 9: “"minaccia imminente di danno": il rischio

sufficientemente probabile che si verifichi un danno ambientale in un futuro prossimo”.

162 Direttiva 2004/35/CE, art. 3, n. 1: “La presente direttiva si applica: a) al danno

ambientale causato da una delle attività professionali elencate nell'allegato III e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di dette attività; […]”. Ed inoltre, 4° Considerando: “Il danno ambientale include altresì il danno causato da elementi aerodispersi nella misura in cui possono causare danni all'acqua, al terreno o alle specie e agli habitat naturali protetti”.

163 Vd. Direttiva 2004/35/CE, art. 8, n. 3.

164 Direttiva 2004/35/CE, art. 3, n. 1: “La presente direttiva si applica: […]b) al

danno alle specie e agli habitat naturali protetti causato da una delle attività professionale non elencata nell'allegato III e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di dette attività, in caso di comportamento doloso o colposo dell'operatore”.

165 Direttiva 2004/35/CE, art. 12, n. 1: “Richiesta di azione: 1. Persone fisiche o

giuridiche: a) che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o b) che vantino un interesse sufficiente nel processo decisionale in materia di ambiente concernente il danno o, in alternativa, c) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto, sono legittimate a presentare all'autorità competente osservazioni

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possono presentare semplici osservazioni all’autorità competente,

chiedendone eventualmente l’intervento.

Per completezza, si segnala che all’art. 14 (rubricato “Garanzia

finanziaria”) si invitano gli Stati membri ad adottare misure per

incoraggiare gli operatori a munirsi di una copertura assicurativa

appropriata e a promuovere lo sviluppo di strumenti e mercati di

garanzia finanziaria.

Riepilogando, in ossequio al PPP, la Direttiva impone l’adozione di

misure di prevenzione (art. 5)

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e, nel caso in cui il danno si sia

verificato, accorda la preferenza alle necessarie misure di ripristino

(art. 6), piuttosto che al risarcimento per equivalente.

167

Nel

differenziare i regimi di responsabilità, subordina gli stessi ad un

elenco tassativo di attività pericolose, in ciò discostandosi dalle

indicazioni provenienti dalla Convenzione di Lugano del 1993.

168

Riconosce spazi di manovra piuttosto ampi alla legislazione nazionale,

sia in punto di prova liberatoria (nelle ipotesi di responsabilità

oggettiva), sia in punto di individuazione delle attività da assoggettare

agli obblighi di prevenzione e riparazione del danno o dei soggetti da

ritenersi responsabili.

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Complessivamente, quindi, «si è optato per un

concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o minaccia imminente di danno ambientale di cui siano a conoscenza e a chiedere all'autorità competente di intervenire a norma della presente direttiva. Gli elementi costitutivi dell'"interesse sufficiente" e della "violazione di un diritto" sono determinati dagli Stati membri”.

166 Il cui comma 1 è ispirato, segnatamente, al principio di correzione in via

prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente.

167 Al riguardo, Direttiva 2004/35/CE, art. 3, n. 3: “Ferma restando la pertinente

legislazione nazionale, la presente direttiva non conferisce ai privati un diritto a essere indennizzati in seguito a un danno ambientale o a una minaccia imminente di tale danno”, da cui si evince che è lasciata piena libertà agli Stati nel riconoscimento di tale diritto, in ragione, invero, del principio della maggiore protezione ambientale nelle legislazioni nazionali.

168 Vd. P. GIAMPIETRO, Prevenzione e riparazione del danno ambientale: la nuova direttiva n. 2004/35/CE, in Ambiente, Consulenza e pratica per l’impresa, IPSOA, n.

9/2004; A. QUARANTA, op. cit., p. 35, «La Convenzione di Lugano, inoltre, delineava un elenco di attività che identificava una nozione generale (più ampia) di attività pericolosa, non ristretta, come nella direttiva, ad un elenco tassativo».

169 Vd. Ivi, p. 36, per alcuni esempi che dimostrerebbero, a detta dell’A., che siffatta

impostazione «oltre a indebolire gli obiettivi della direttiva, rischia di creare, a causa delle differenti applicazioni pratiche, pericolose distorsioni del mercato concorrenziale, non solo europeo».

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approccio minimalista: in ossequio ai principi di sussidiarietà e

proporzionalità, la direttiva non rappresenta che una soglia minima

[…]».

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