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Responsabilità oggettiva vs Responsabilità per colpa

1. L’analisi economica del diritto: breve introduzione

1.3. Responsabilità oggettiva vs Responsabilità per colpa

Infine, un contributo significativo viene reso al dibattito fra

responsabilità per colpa e responsabilità oggettiva; da un lato,

descrivendo pro e contra di ambedue le regole, dall’altro, indicando le

fattispecie in cui l’una opzione è preferibile all’altra, e viceversa.

Brevemente, al di là delle implicazioni etico-psicologiche insite

nel concetto di colpa,

142

la AED sottolinea come, da un punto di vista

del benessere sociale, e cioè della minimizzazione del costo degli

«Epstein did try to tie causation to something having more perspicuous moral relevance, and that something was "corrective justice," which he interpreted to mean a legal duty on the part of one who caused an injury to "correct" the injury by compensating the victim. That was not what Aristotle, the inventor of the concept, or his successors, meant by corrective justice. He (and they) meant something important, but sparer. He meant that when a wrongful act is committed and it injures the wronged person, the law must do what it can to restore the preexisting equilibrium between the two parties, and therefore it is not to consider their relative merits -that is the domain of distributive justice […] The duty of corrective justice arises only when a wrong is committed, and the concept of corrective justice is silent on when that is; the concept does not kick in until some act has been defined as wrongful. Injuring and wronging are not synonyms. To cause an injury is not necessarily to commit a wrongful act; and to fail to act can be wrongful».

141 Vd. G. FREZZA – F. PARISI, op. cit., p. 42 ss., «facendo ricorso al c.d. calculus of risk, ovvero alla valutazione comparativa tra l’interesse che deve essere sacrificato

per evitare il rischio […] e l’interesse posto in pericolo da tale attività […] occorrerà verificare, caso per caso, se il soggetto agente, nello svolgimento della propria attività, ha adeguato le misure di cautela alla gravità del rischio da lui creato […] Tutto ciò produrrà, a sua volta, un equilibrio tra l’utilità della condotta ed il rischio da essa creato […] Il bilanciamento tra utilità e rischio è, così, raggiunto per effetto degli incentivi creati dalla regola di responsabilità sulle scelte individuali».

142 Cfr. G. ALPA – M. BESSONE, op. cit., pp. 149-150, gli AA. citano un brano di

A. DE CUPIS «Certamente […] accanto al fattore etico-psicologico della colpa possono […] giocare un ruolo importante anche altri fattori. Ma non per questo deve deprimersi l’importanza etica e giuridica della colpa […] Che esistano importanti e numerose deroghe, quantitativamente ragguardevoli nella concreta applicazione, non basta a togliere alla colpa quell’autorità di principio che tuttora corrisponde allo spirito generale dell’ordinamento giuridico: questo è ancora sensibile alla giustizia insita nel ricercare, alla radice della responsabilità, un integrale fatto umano, anziché un fatto svuotato dalla sua componente psichica e sottratto a qualsiasi giudizio di valore».

169

incidenti, non è sempre corretto subordinare l’operatività dell’istituto a

siffatto nesso psichico.

Assumendo, infatti, che esista negligenza (in senso lato) quando

non ci si attenga allo standard di condotta (rectius alla prescrizione di

adottare un livello di prevenzione x*) imposto dall’ordinamento,

143

è

naturale attendersi che un agente razionale tenderà ad adeguarsi a quel

livello, e non ad uno più alto, ancorché ritenuto necessario per

ridurre/eliminare il rischio.

144

Il problema non sussiste nella misura in

cui lo standard di condotta sia stato individuato correttamente (anzi,

come visto, sarebbe inefficiente investire in costi di prevenzione

superiori), ma poiché spesso ciò non accade,

145

la colpa determina un

sistema di RC sub-ottimale.

146

Viceversa, in un regime di

143 Cfr. P. G. MONATERI, Costo e prevenzione degli incidenti, cit., p. 288, «Il tratto

distintivo della colpa è l’esistenza di un livello di diligenza che esonera dalla

responsabilità – cioè di un livello di prevenzione che esonera dal risarcimento del danno».

144 Tanto con [x*] quanto con [x* + x] egli conseguirebbe il medesimo risultato:

essere esente da responsabilità. Tuttavia, la scelta non è indifferente. Dato che (x* + x) > x*, allora l’utilità privata U(x*+x) < Ux*, posto che entrambe le funzioni di utilità

non sono ridotte dall’eventuale risarcimento; A. LAINO, op. cit., p. 77, «Nel caso di responsabilità per colpa, al danneggiante conviene stabilizzare il suo livello di precauzione al limite minimo di diligenza richiesto, per evitare la rifusione del danno».

145 Ovviamente ci si riferisce ad errori rilevanti che determinino un allontanamento

da x* relativamente importanti; viceversa, è comunque irrealistico attendersi l’esatta e precisa determinazione del livello efficiente. Molteplici attività si caratterizzano per asimmetrie informative (uno degli agenti coinvolti in una transazione ha più informazioni degli altri) del tipo “informazione nascosta” (o selezione avversa: una parte ha più informazioni dell’altra) che impediscono al policy maker di elaborare degli standard di condotta precisi e completi. Questo spiega l’applicazione, nei giudizi di responsabilità, di presunzioni (si pensi alla c.d. res ipsa loquitur) ed inversioni dell’onere della prova (per un generale principio di “vicinanza alla prova”) che permettono di superare il problema informativo. I giudici, non meno del legislatore, si trovano ab initio di fronte a tali asimmetrie, ma è nell’interesse delle parti in causa fornire le informazioni (a seconda di come l’onere probatorio in senso sostanziale è ripartito). Diversamente dal caso di ipotetiche ricerche condotte dall’autorità pubblica, nella circostanza in cui un proprio diritto sia aggredito giurisdizionalmente, è strategia dominante rivelare in maniera veritiera le proprie informazioni. In tal senso, fra l’altro, si possono giustificare i passaggi intermedi dalla regola generale della colpa a quella oggettiva (artt. 2050, 2051 c.c. etc.): in vigenza di una regola di responsabilità oggettiva (o di colpa attenuata), un sistema di Corti centralizzate è più efficiente dell’autorità governativa nel controllo delle attività e nella risoluzione del problema informativo (per Hayek, addirittura, siffatto problema non può mai essere risolto dal decisore centralizzato).

146 Vd. A. LAINO, op. cit., p. 81, «Nel caso in cui l’ordinamento stabilisca uno

170

responsabilità oggettiva l’agente è incentivato ad adottare quei livelli

di precauzione ritenuti necessari ad evitare il danno (spesso è l’unico a

disporre delle informazioni utili per farlo), dal momento che, al

verificarsi dello stesso, nessuno standard minimo gli permetterebbe di

esonerarsi da responsabilità.

147

Un argomento a favore della responsabilità per colpa consiste

nella sua idoneità a fornire incentivi tanto ai potenziali danneggianti,

quanto alle potenziali vittime.

148

Se compito della RC è minimizzare il

costo degli incidenti, allora è necessario motivare le potenziali vittime

affinché adottino quelle prevenzioni idonee a ridurre/eliminare il

rischio e che, altrimenti, non potrebbero essere adottate dai potenziali

danneggianti: non tutti i comportamenti all’uopo necessari rientrano

nella sfera di dominio dell’agente.

149

In fattispecie c.d. di prevenzione

eccessivi oneri nel caso di standard a livello superiore a quello ottimale, o troppo imprudenti, con innalzamento del rischio, nel caso di fissazione dello standard a livelli troppo bassi».

147 N.B. tuttavia altri errori, allo stesso modo, possono essere indifferenti in un

sistema di responsabilità per colpa, mentre possono invalidare l’efficienza di una regola di responsabilità oggettiva. Infatti considerando che in un sistema di strict

liability «The injurer is liable at all levels of care, so precaution increases

continuously, without jumps, as damage increase» eventuali errori nella liquidazione del danno o la mancata proposizione delle relative azioni possono incentivare gli agenti a ridurre, parallelamente, le proprie precauzioni, «In brief, fault rules make the injure’s precaution sensitive to variatios in the legal standard and insensitive to variations in damages. By contrast, strict liability makes the injurer’s precaution sensitive to variatios in the legal standard and insensitive to variations in damages […] From an efficiency viewpoint, the choice between fault rules or strict liability rules should be guided by considering the kinds of errors the courts are likely to make» (R. D. COOTER (1982), Economic Analysis of Punitive Damages, in 56 S.

Cal. L. Rew. 79, 1982, pp. 92-93). Si tengano presenti le difficoltà legate ai Mass disasters, vd. infra Cap. IV.

In generale, sull’analisi economica degli errori delle Corti e sul modo in cui essi influiscono nella selezione delle regole di RC, vd. G. FREZZA – F. PARISI, op. cit., p. 172 ss.

148 Cfr. P. G. MONATERI, Costo e prevenzione degli incidenti, cit., p. 288, «la

ragione dell’esistenza di un livello di diligenza che esonera il danneggiante è quella di indurre le vittime ad essere diligenti».

149 Nel saggio The problem of social cost Coase premette che le esternalità sono

sempre il frutto di un’interazione sociale (un problema di immissioni non esisterebbe sia se non ci fosse l’immittente, sia se non ci fosse l’immesso), tale per cui non ha senso tentare di risolverle aprioristicamente secondo lo schema: A ha danneggiato B, quindi A deve risarcire B in ogni caso.

N.B. Coase limita queste sue osservazioni alla dimostrazione di come un problema derivante da interazioni sociali possa essere risolto lasciando le parti libere di continuare ad interagire fra loro, ma da questo può ricavarsi, come corollario, che il

171

bilaterale (come nella circolazione stradale) essere consapevoli di

dover sopportare il danno, sebbene l’autore della condotta lesiva sia

stato individuato e purtuttavia considerato diligente, è sufficiente ad

indurre le potenziali vittime ad investire in precauzione: in linea di

principio, poiché in un regime di colpa il responsabile residuale è la

vittima, si creano incentivi per comportamenti preventivi efficienti da

ambedue le parti; quindi in ipotesi di incidenti bilaterali la colpa è

regola efficiente.

150

Ne consegue che, all’opposto, è preferibile la responsabilità

oggettiva nelle ipotesi di incidente unilaterale.

151

Nonostante questa regola aurea, tuttavia, i problemi legati alla

scelta fra le due tecniche continuano a persistere poiché sono altri ed

ulteriori i fattori che incidono sulla capacità della tutela aquiliana di

promuovere il benessere sociale; ciascuno dei quali, inoltre, può

portare a preferire alternativamente ora l’una ora l’altra regola.

152

Dal punto di vista dei costi primari, ad esempio, si devono

considerare, come visto,

153

i problemi informativi affrontati dal

decisore centralizzato nel definire lo standard di condotta o

l’atteggiamento delle Corti nel verificare il comportamento

comportamento delle vittime non è sempre eziologicamente indifferente nella produzione del danno, ed anzi, talvolta persino decisivo.

150 Vd. P. G. MONATERI, Costo e prevenzione degli incidenti, cit., p. 289, «Perciò il

diritto dovrebbe rifarsi alla colpa solo quando ha senso creare degli incentivi per il comportamento delle parti. Se le parti non possono far nulla per prevenire il danno è inutile creare incentivi a tale scopo».

151 Ivi, p. 292, «Per prevenzione unilaterale si intende che solo una parte (il

danneggiante potenziale) ha la capacità tecnologica di ridurre l’occorrenza o la gravità degli incidenti attesi […] Ne segue che non si guadagna nulla (allo scopo di ridurre il costo sociale degli incidenti) ad esporre queste vittime potenziali ad una responsabilità complementare».

N.B. mentre nel caso di incidenti bilaterali è sicuramente preferibile la responsabilità per colpa, nell’ambito degli incidenti unilaterali le due tecniche sono astrattamente equivalenti (in termini di incentivi al livello efficiente di prevenzioni), ma, per quanto concerne la colpa, se e solo se si è certi che lo standard di condotta definito sia esattamente corrispondente al livello efficiente di prevenzioni che, in un sistema dominato dalla tecnica opposta, sarebbe volontariamente adottato dal potenziale danneggiante.

152 Entrambe le tecniche presentano ineliminabili pro e contra, quindi, come sempre

la scelta non consiste nell’individuazione del first best, bensì nella selezione fra

second best. 153 Vd. nt. 145.

172

negligente,

154

da un lato; parallelamente, si devono considerare tutti gli

errori nella determinazione del danno,

155

nonché situazioni contingenti

quali la scarsa profittevolezza, per la vittima, della promozione di un

giudizio di responsabilità,

156

ed il fatto che solo questa tecnica è idonea

ad incentivare non solo un level of care ottimale, ma anche un corretto

level of activity.

157

Con riguardo ai costi secondari, invece, occorre considerare che le

due regole determinano categorie di responsabili residuali opposte,

158

ed altrettanto accade combinandole con le regole concernenti, ad

154 Cfr. A. LAINO, op. cit., p. 79 ss., «la decisione del danneggiante dipende dal

livello di standard imposto dalla normativa, così come ordinariamente interpretata dal giudice […] Nella realtà, gli agenti tendono a adottare standard di diligenza inferiori a quelli ottimali, innanzi tutto perché in sede di definizione del danno, se i giudici applicano la norma con particolare rigore, verranno chiamati al risarcimento anche soggetti molto prudenti. Inoltre, questi stessi soggetti potrebbero non prestare attenzione ai propri comportamenti, nella convinzione di sfuggire all’applicazione della regola di responsabilità».

155 Vd. nt. 147.

156 Problema in parte risolvibile attraverso logiche premiali che incentivino l’azione

in giudizio.

157 Vd. A. LAINO, op. cit., p. 79, «Nella realtà, la probabilità di un evento dannoso

non dipende solo dalle cautele dei soggetti, ma anche dalla frequenza con cui si svolgono determinate attività»; AA. VV., Il mercato delle regole. Analisi economica

del diritto civile, Il Mulino, 2006, pp. 399-400, «In regime di responsabilità per

colpa, il guidatore può evitare la responsabilità conformandosi allo standard legale di diligenza, indipendentemente da quanto guidi […] il rischio marginale di danneggiare altri per il fatto di guidare di più è esternalizzato […] in regime di responsabilità oggettiva [s]e il guidatore è chiamato a rispondere oggettivamente per il danno causato, internalizza i costi sociali degli incidenti, tanto se dipendono dal livello di attività che dalla mancanza di precauzioni. La responsabilità oggettiva induce il potenziale danneggiante a fissare al livello efficiente ogni variabile riguardante la probabilità di un incidente»; G. FREZZA – F. PARISI, op. cit., pp. 9- 10, «ogni regola di responsabilità che intenda perseguire una efficiente allocazione delle risorse dovrà dare rilevanza ad entrambi i fattori. Shavell osserva, in proposito, che i sistemi di responsabilità fondati sulla negligence concentrano la propria attenzione sulla nozione di level of care, tralasciando, invece, di considerare il level

of activity».

N.B. tuttavia si consideri, all’opposto, la formula di Hand. Ivi, p. 48, «La Hand formula of negligence, ed in generale tutti i sistemi di negligence liability contengono, invero, tutti i requisiti per un’efficiente valutazione del level of activity […] Nell’accertamento della negligence si verificherà, di volta in volta, se l’utilità della condotta era idonea a giustificare la gravità del rischio creato. Un simile bilanciamento di interessi non sarà effettuato son esclusivo riferimento al momento iniziale dell’attività, ma sarà esteso […] ai progressivi incrementi di attività rischiosa, confrontando i corrispondenti aumenti marginali di utilità e rischio».

158 Ivi, p. 11, «Con il termine responsabilità residuale si fa riferimento alla porzione

di danno che dovrà essere sopportata da un soggetto o dall’altro, laddove gli incentivi primari e secondari della responsabilità abbiano raggiunto il loro scopo».

173

esempio, il concorso di colpa. In un regime di colpa,

159

il c.d. residual

bearer è la vittima, mentre nella responsabilità oggettiva risponde

sempre e solo il danneggiante. Dal momento che “la diligenza delle

parti ridurrà, ma non escluderà del tutto, la possibilità dell’evento

dannoso”

160

la scelta non è indifferente, anzitutto, da un punto di vista

distributivo, ma ancor di più dal punto di vista dei livelli di attività e di

sicurezza.

161

Le tecniche di individuazione del residual bearer comprendono,

come detto, anche il concorso di colpa. Questa fattispecie può

assumere rilievo in entrambi i regimi (di strict o negligence), seppur in

maniera differente: nel caso della responsabilità oggettiva, oltre al

modello semplice, potrebbe predisporsi un sistema di RO con concorso

di colpa, tale da escludere la responsabilità del danneggiante qualora la

vittima non si sia attenuta allo standard di diligenza efficiente;

162

nell’altro caso, si può adottare o il sistema della compensazione delle

colpe

163

o quello della responsabilità ripartita

164

(come previsto dal

combinato disposto degli artt. 1227 e 2056 c.c.).

165

159 Ibidem, «Laddove [gli] incentivi abbiano funzionato ed il danneggiante abbia

adottato misure di precauzione efficienti, rimarrà una probabilità di danno».

160 Ibidem. 161 Ivi, p. 11 ss.

162 Si pensi alle ipotesi di prevenzione bilaterale in cui risulti preferibile un sistema di

responsabilità oggettiva ed in cui, nondimeno, sia necessario fornire degli incentivi alla prevenzione anche alle potenziali vittime: ad esempio la messa in commercio dei farmaci e corretto utilizzo secondo le prescrizioni indicate nel bugiardino. Ovviamente, soddisfatto lo standard di diligenza, il residual bearer sarebbe comunque il danneggiante.

163 Il danneggiante è esonerato se dimostra la propria diligenza ovvero la negligenza

della vittima. Si riproduce, in tal senso, la regola di Common Law nota come

contributory negligence.

164 È responsabile solo la parte che non si è attenuta al proprio standard di diligenza a

differenza dell’altra. Se invece entrambi i soggetti coinvolti non sono stati diligenti, la responsabilità si ripartisce in maniera proporzionale rispetto alla deviazione dai rispettivi standard. Si riproduce la regola di Common Law della comparative

negligence. Ovviamente, nell’ipotesi opposta, in cui entrambi si siano attenuti allo

standard richiesto, il danno rimarrà in capo alla vittima.

165 Secondo la giurisprudenza italiana il fondamento giustificativo è rinvenibile non

già nel principio di autoresponsabilità, bensì in quello di causalità «in base al quale il danneggiante non può rispondere di quella parte di danno a lui non causalmente imputabile […] La colpa cui fa riferimento la norma deve essere intesa […] non già come criterio di imputazione del fatto, ma quale requisito legale della rilevanza causale del comportamento del danneggiato […] la norma […] non rappresenta un

174

Proprio nell’ambito della responsabilità per colpa è interessante

osservare come la AED fornisca valide argomentazioni anche per la

scelta fra due modelli (contributory e comparative negligence appunto)

che, non soltanto sul piano distributivo, possono determinare effetti

differenti. La compensazione delle colpe fa gravare sulla vittima

l’intero costo di una determinata attività, sebbene l’esternalità sia

dipesa dal concorso di due condotte negligenti; in questo modo non

solo si producono esiti sub-ottimali dal punto di vista degli incentivi

alla prevenzione, ma si scaricano interamente i costi degli incidenti

sulle vittime negligenti che, a differenza dei danneggianti (negligenti

anch’essi), non avevano deciso, quantomeno, di intraprendere l’attività

(rivelatasi in seguito) dannosa.

166

Tuttavia, tralasciando quest’ultima

riflessione, che potrebbe evocare istanze di equità e giudizi di valore,

paradigma per la definizione dello standard di diligenza richiesto al soggetto agente (sia esso danneggiante oppure danneggiato), ma la colpa rileva solo come elemento per la determinazione e quantificazione del risarcimento del danno […] rileva solo quale elemento per la sua riduzione, tenuto conto della sua gravità e dell’entità delle conseguenze che da essa derivano; peraltro, il fatto colposo del danneggiato – determinando la sola diminuzione del risarcimento del danno – non assurge a ragione autonoma di danno risarcibile a favore del danneggiante» (G. FREZZA – F. PARISI,

op. cit., p. 132 ss.).

166 Ivi, p. 104, «il danneggiante ha la opportunità di scegliere se intraprendere una

determinata attività […] Tale scelta non è data alla vittima». Questa riflessione viene utilizzata, in realtà, per giustificare perché di regola (nelle ipotesi di concorso di colpa) non si tenga conto delle condizioni idiosincratiche dei danneggianti «essi, in quanto generatori di esternalità, dovranno astenersi dall’intraprendere attività per le quali creeranno un rischio superiore a quello che sarebbe stato creato dall’uomo medio, a meno che non vogliano compensare le proprie carenze con un maggiore sforzo di prevenzione o con una accentuazione della propria responsabilità civile» (pp. 105-106); mentre, all’opposto, le stesse condizioni rilevano per la vittima: poiché questa non può scegliere se astenersi o meno dall’attività dannosa, allora «è tenuta solo a comportarsi in modo ragionevole, con un criterio di ragionevolezza commisurato alle proprie capacità fisiche o intellettuali […] Ed invero, sarebbe inefficiente richiedere alle vittime di adottare precauzioni superiori a quelle che avrebbero adottato quam suis nello svolgimento dei propri affari» (p. 105). Per questo motivo, nel ricostruire il concorso di colpa, si considerano una colpa di tipo “oggettivo” per il danneggiante ed una di tipo “soggettivo” per la vittima: «secondo il parametro oggettivo, ciascun individuo è tenuto ad adottare verso altri precauzioni che sarebbe invece irragionevole adottare nei confronti di se stesso, così da raggiungere il livello di sicurezza nella propria condotta tipico dell’uomo medio di ordinaria diligenza. Secondo il parametro soggettivo, invece, l’individuo agente è soltanto tenuto ad adottare il livello di cautele che egli avrebbe ragionevolmente adottato quam suis» (ibidem). Tuttavia se la scelta di intraprendere l’attività dannosa ha delle conseguenze sul piano della valutazione delle colpe, allora, a fortiori, essa