2. Funzioni diverse a seconda della fattispecie
2.2. La funzione deterrente
Tutte le sanzioni punitive, come si è visto, sono accomunate da
un’intrinseca logica preventiva, la quale si scinde in general-
prevenzione (deterrenza) e special-prevenzione (punizione). Se i due
congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”.
103 Cfr. M. GERBI, op. cit., p. 1137, «anche il nostro sistema della responsabilità
civile. Senza mutuare alcunché dal diritto anglosassone, registr[a] comunque effetti deterrenti collegati alle proprie condanne al risarcimento del danno in tutto e per tutto simili a quelli rinvenibili negli ordinamenti che attribuiscono al medesimo istituto funzione più propriamente sanzionatoria»; R. PARDOLESI (2013), Vocazione
sanzionatoria dell’art. 709 ter c.p.c. e natura polifunzionale della responsabilità civile, in Danno e Resp., p. 417, «Le riflessioni intorno all’art. 709 ter c.p.c.
confermano la sostanziale […] volontà a livello legislativo di “premere” verso l’ingresso di strumenti rimediali in grado di garantire una funzione punitivo/sanzionatoria e spostano l’attenzione sul piano più strettamente sistematico della natura funzionale ascrivibile alla responsabilità civile».
104 Per ulteriori approfondimenti sulla disposizione: R. PARDOLESI, op. cit., p. 409
ss.; M. PALADINI (2012), Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei
provvedimenti riguardo ai figli, tra responsabilità civile, punitive damages e astreinte, in Fam. e dir., 2012, 853 ss.; A. D’ANGELO (2007), Il risarcimento del danno come sanzione? Alcune riflessioni sul nuovo art. 709-ter c.p.c., in Familia,
2007, p. 1043 ss.; F. D. BUSNELLI, op. cit., p. 916 ss.
N.B. Non si dimentichino, in ogni caso, le istanze di tutela del minore. Infatti il risarcimento del danno può essere disposto anche nei confronti di quest’ultimo.
87
momenti sono necessariamente inscindibili,
105devono comunque esser
tenuti distinti e separati, assumendo che talvolta nell’intento del
legislatore prevalgono le esigenze sottese all’uno, ora all’altro.
La sopracitata inscindibilità permette di richiamare interamente le
considerazioni svolte nel § 2.1. in merito alla vocazione lato sensu
sanzionatoria delle fattispecie di responsabilità civile ivi descritte, ma
ulteriori precisazioni si rendono necessarie per tutte quelle ipotesi in
cui la general-prevenzione risulti prevalere.
Dal punto di vista empirico qualsiasi forma di condanna
risarcitoria esercita una pressione deterrente sul soggetto che, nello
svolgere una certa attività, tende ad astenersi da quelle condotte illecite
idonee ad esporlo all’obbligazione pecuniaria.
106Ma questo implica,
inevitabilmente, che siffatto pericolo sarà tenuto in considerazione
dall’agente al momento della valutazione circa l’opportunità o meno di
un dato comportamento, ancorché illecito. In tale prospettiva è
giocoforza ritenere che quando il risarcimento integrale del danno
cagionato non è di per sé sufficiente a coprire i molteplici vantaggi
derivati dall’agente in virtù del fatto illecito, l’obbligazione pecuniaria
non potrà svolgere alcuna funzione persuasiva, né tantomeno
rappresentare una tecnica di controllo sociale delle attività umane.
107La teoria in esame, quindi, deve essere interpretata nel senso di
riconoscere non già una generica funzione deterrente come
conseguenza di qualsiasi condanna pecuniaria, bensì un obiettivo di
105 Cfr. T. PADOVANI, op. cit., p. 60, «una sanzione uniformata a mere esigenze di
prevenzione generale degraderebbe l’autore dell’illecito a strumento di intimidazione esemplare degli altri consociati; una sanzione ispirata alle mere esigenze della prevenzione speciale […] lo ridurrebbe ad oggetto “naturalistico” di una prognosi negativa, misconoscendo il valore della “persona”».
106 Vd. G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, cit.,
p. 26, si osservi tuttavia che «Dal punto di vista della giustizia commutativa, il fatto che quest’ultimo [il danneggiato] riceva una forma di risarcimento per le perdite subìte e che il danneggiante venga indotto a non ripetere in futuro il comportamento fonte di danno, è solo una conseguenza fortunata, ma non necessaria, dell’azione della responsabilità civile.»
107 Cfr. F. QUARTA, op. cit., p. 518, «il perseguimento di una funzione meramente
compensativa, recettiva cioè del solo ideale della correzione aritmetica, non è garanzia di un risultato “giusto”».
88
deterrenza come presupposto giustificativo di regole (speciali) di
responsabilità civile.
108Esempio emblematico è quello rappresentato dal risarcimento del
danno derivante da violazione del diritto di proprietà industriale ex art.
125 c.p.i. (codice della proprietà industriale).
109Dopo aver definito al
comma 1 i criteri di quantificazione del danno risarcibile secondo le
regole ordinarie (considerando anche il mancato profitto), la
disposizione, al comma 3, aggiunge la facoltà per il titolare del diritto
di chiedere la retroversione degli utili conseguiti dal contraffattore
(sfruttando abusivamente la proprietà intellettuale altrui), nella misura
in cui questi ultimi eccedano il lucro cessante. Poiché il danno in capo
alla vittima si compone delle sole voci del danno emergente e del lucro
cessante, l’attribuzione di una somma comprensiva di una voce
ulteriore (gli utili conseguiti), inevitabilmente si traduce nel
superamento del più volte citato dogma dell’equivalenza.
Il fatto poi che la retroversione degli utili avviene al netto del
mancato profitto (autonomamente quantificato già ex art. 125, comma
1 c.p.i.) permette di cogliere pienamente la ratio di deterrenza ivi
108 Vd. F. D. BUSNELLI, op. cit., p. 911, in tal senso rievocando la nozione di deterrence nordamericana «La deterrence […] non è una funzione della
responsabilità ma, piuttosto, un obiettivo di politica economica e sociale a cui la responsabilità presta le proprie funzioni […] soprattutto nella direzione degli
unintentional torts (con particolare riferimento alla circolazione stradale) e della
responsabilità (oggettiva) da attività imprenditoriale», ma, ammonisce l’A., tenendo a mente che essa non è la deterrenza della dottrina italiana («La c.d. deterrenza nostrana […] essendo tradizionalmente connessa con il presupposto della colpa, esprime un'esigenza morale affidandone la realizzazione a una funzione preventiva, la quale necessariamente tende a palesare un profilo sanzionatorio che riecheggia
mutatis mutandis un modello penalistico»). Tuttavia, fra le due nozioni sussiste un
importante punto di contatto «Deterrence nordamericana e c.d. deterrenza nostrana hanno in comune una valorizzazione della funzione di prevenzione nella responsabilità civile e mirano entrambe a ridimensionare l'invadenza degenerativa di una funzione indiscriminatamente compensativa».
109 D.lgs 10 febbraio 2005, n. 30, art. 125: “1. Il risarcimento dovuto al danneggiato
e' liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione […] 3. In ogni caso il titolare del diritto leso puo' chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento.”
89
sottesa. È implicito che la contraffazione è pianificata solo se
economicamente vantaggiosa, consistendo, cioè, in una strategia
imprenditoriale redditizia. Partendo da tale assunto, occorre descrivere
due diversi scenari astrattamente possibili. Quando il contraffattore è
meno efficiente (in senso economico) del titolare,
110tale per cui il suo
arricchimento è inferiore al danno provocato, il risarcimento integrale
(quantificato secondo le regole ordinarie) è di per sé idoneo ad
assolvere anche una implicita funzione deterrente.
111Nell’ipotesi
opposta “una regola esclusivamente risarcitoria adempie pienamente
alla funzione compensativa, ma non ha alcun effetto preventivo o
deterrente”.
112L’unico modo per disincentivare gli agenti dalla
contraffazione, in questi casi, consiste nell’azzerare tutti i vantaggi
derivanti da tale operazione
113attraverso la retroversione degli utili;
114se ciò non avvenisse e se, altresì, si applicassero le regole risarcitorie
ordinarie, si produrrebbe non solo l’effetto negativo della mancata
deterrenza,
ma
addirittura
quello
paradossale
consistente
nell’incentivare oltremodo l’agente a tenere la condotta illecita.
Proseguendo nella trattazione, se, come si è visto, le pene private
si caratterizzano per la tutela di un interesse generale della collettività,
allora concentrandosi sulla portata teleologica delle svariate fattispecie
di responsabilità civile è possibile individuare ulteriori ipotesi in cui il
legislatore, seppur non espressamente, persegue uno scopo di
deterrenza.
110 La contraffazione, in ogni caso, non permette di conseguire utili superiori al
mancato profitto del titolare.
111 N.B. La facoltà riconosciuta al comma 3 è preclusa dal fatto che la somma da
sottrarre, il lucro cessante, è superiore agli utili. V. DI CATALDO, op. cit., p. 205, «La regola risarcitoria qui è in grado di svolgere contemporaneamente una funzione compensativa adeguata ed una funzione preventiva o deterrente».
112 Ivi, p. 206.
113 Cfr. A. DI MAJO, Profili della responsabilità civile, cit., pp. 63-64, «la
commisurazione, pressoché simmetrica, del danno risarcibile […] a quello realmente prodotto […] è dunque […] la principale garanzia per il danneggiante. Ove ciò si metta in discussione, aumentando il livello di quanto viene posto a carico del danneggiante, si elimina a priori ogni possibile convenienza nella scelta dell’alternativa lesiva. Si tratta di togliere cioè spazio alla valenza compensativa, aumentando l’incidenza dell’effetto di deterrence».
90
Risponde all’interesse generale dell’efficienza del sistema
penale
115la costante depenalizzazione di numerosi illeciti. La ratio di
siffatta operazione non risiede certamente nella sopravvenuta
irrilevanza giuridica dei beni giuridici interessati, bensì nella necessità
da un lato di applicare i principi di sussidiarietà e proporzionalità che
informano la materia penale, dall’altro nell’esigenza di apprestare una
maggiore tutela.
116In questa prospettiva deve leggersi la tutela civile
dell’onore e della reputazione, nonché di situazioni sostanziali nuove
come la privacy, che ha indotto a parlare di una vera e propria funzione
di deterrence nelle fattispecie di danno da mass-media e lesione della
personalità.
117La maggior tutela impone che anche sul piano civilistico
venga conservato lo scopo precipuo della sanzione criminale (ossia la
persuasione), e non già un abbassamento della soglia.
118Nell’ambito
dei
mass-media,
segnatamente,
si
pone
un
problema
di
contemperamento tra due opposte libertà di rango costituzionale:
diritto di cronaca o più generale diritto di libera manifestazione del
pensiero; diritto all’identità personale.
119Orbene, laddove il secondo
risulti prevalere nel caso concreto, e conseguentemente sia
riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, ragioni anzitutto di
opportunità suggeriscono che in fase di liquidazione si debba
considerare la posizione del danneggiante. Questi, infatti, ha esercitato
115 Vd. § 2.4.
116 Cfr. G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 264, «proprio
l’abbandono del monopolio penalistico era stato pensato e ideato per raggiungere livelli di migliore tutela».
117 Ivi, p. 260 ss.; P. GALLO, op. cit., p. 25, «La tendenziale fuga dal penale e la
restrizione del campo d’operatività delle sanzioni penali alle sole violazioni più gravi, lascia però in molti casi aperto il problema dell’individuazione di rimedi sostitutivi a quelli penali […] l’esempio più eclatante è costituito dal progressivo trasferimento della tutela dell’onore e della reputazione dalla sede penale a quella civile».
118 Cfr. G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, cit.,
p. 265, «l’apertura di un fronte civilistico di protezione dell’onore e della reputazione non può abbassare la soglia di tutela al di sotto del livello riconosciuto proprio dalla giustizia penale. La strada civilistica può risultare più interessante per la posizione di chi chiede tutela nella misura in cui è in grado di far uscire la sua posizione processuale dalle secche del dolo».
119 Sulla scorta dell’art. 2 della Costituzione, che nel caso di specie si traduce nel
91
una libertà costituzionale (potenzialmente immune da responsabilità) al
di là dei limiti riconosciuti dall’ordinamento e definiti da una
valutazione comparativa di interessi costituzionalmente obbligata:
120l’ordinamento, non potendo rimanere indifferente, dovrà attivarsi al
fine di disincentivare condotte difformi da quelle che avrebbero
garantito il corretto esercizio del diritto di cronaca, evitando, inoltre, il
sacrificio di un’altra situazione giuridica soggettiva di pari rango. Da
ciò consegue che la quantificazione non dipenderà tanto dal danno
subìto dalla vittima,
121quanto da fattori come la gravità del fatto ed il
grado di deviazione rispetto alla situazione in cui nessun danno si
sarebbe prodotto.
122Un altro interesse generale della collettività è quello della tutela
del contratto in tutte le ipotesi in cui un soggetto A, già obbligato a
concludere e/o eseguire un contratto con un altro soggetto B, cerca e
trova un’occasione meglio remunerata trasferendo gli stessi diritti ad
un terzo soggetto C.
123Nella definizione è ricompresa la fattispecie
della doppia vendita immobiliare, regolata dall’art. 2644, comma 2,
120 N.B. la ponderazione è una tecnica di risoluzione delle antinomie fra norme di
rango costituzionale consistente nella costruzione di una gerarchia assiologica mobile fra le medesime (R. GUASTINI, Argomentare e interpretare, Giuffrè, Milano 2011, p. 209 ss.); V. VOZZA (2014), Privacy e difesa: una questione di bilanciamento di
interessi, in Danno e resp., 2014, p. 907 ss.; in tal senso può cogliersi la riflessione
«Diverso è, quindi, lo scenario rispetto al settore della circolazione dei veicoli, dove non esiste alcun privilegio o alcuna gerarchia tra conducenti di veicoli e pedoni, o tra diversi conducenti di veicoli e dove, conseguentemente, ogni lesione all’integrità psicofisica deve essere risarcita» (G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 265) posto che numerosi fattori, compresa l’assicurazione obbligatoria, permettono di rinvenire esclusivamente una funzione compensativa in quest’ultimo settore.
121 Ivi, p. 267.
122 N.B. Il profilo punitivo e quello deterrente inevitabilmente si intrecciano (vd. nt.
105 e 106), ma bisogna sottolineare come nel settore del danno da mass-media sussistano regimi di responsabilità in solido (fra editore, direttore e giornalista) che affievoliscono la special-prevenzione nei confronti dell’autore materiale.
123 Vd. G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, cit.,
pp. 270-271, «si è nel campo incisivamente qualificato dalla dottrina e dalla giurisprudenza d’oltre Atlantico come del tort of interference with contract and with
business relations […] l’attore […] deve dimostrare: a) l’esistenza di un contratto o
di una business relation che lo legava al soggetto che poi ha concluso un “affare” più vantaggioso con una terza persona; b) l’inesistenza di una situazione di c.d. “privilegio”; c) il fatto che il terzo soggetto fosse a conoscenza degli impegni contrattuali assunti dall’altra parte e abbia agito consapevolmente per ledere l’altrui posizione giuridica».
92
c.c.: sulla scorta di tale disposizione la giurisprudenza più risalente
tendeva ad escludere, in ogni caso, la responsabilità del primo
trascrivente-secondo acquirente nei confronti dell’altro, configurandosi
in tal senso un diritto soggettivo a trascrivere.
124Tuttavia a partire
dagli anni ’80 si osserva un mutamento interpretativo che prende avvio
dalla sentenza della Cassazione 8 gennaio 1982, n. 76 in cui si afferma
che “incorre in responsabilità da fatto illecito, per aver cooperato
all’inadempimento dell’alienante, il secondo acquirente di un
immobile che, avendo conoscenza della precedente alienazione,
trascriva per primo il proprio atto”.
125Brevemente, la Corte giunge a
tale conclusione sulla base di quattro considerazioni: non sussiste alcun
diritto soggettivo alla trascrizione in capo al secondo acquirente,
poiché la ratio della norma risiede nella “tutela dell’interesse generale
alla sicurezza della circolazione di determinate categorie di beni […]
quell’interesse generale […] si realizza attraverso la continuità delle
trascrizioni”;
126la complessa fattispecie dannosa integrata dalla
condotta del secondo acquirente non si sostanzia unicamente nel fatto
della trascrizione, bensì nella combinazione fra quest’ultima ed il
previo
atto
di
acquisto;
127in
applicazione
del
principio
consensualistico di cui all’art. 1376 c.c., il primo atto di acquisto
124 Qui iure suo utitur neminem laedit.
125 Cass. 8 gennaio 1982, n. 76, in Foro it., 1982, I, p. 393 ss. con nota di R.
PARDOLESI.
126 Cass. 8 gennaio 1982, n. 76, in Giur. it., 1982, I, 1, p. 1547 ss. con nota di G. P.
CIRILLO, nel commento si osserva «Il meccanismo legale racchiuso in quell’articolo [2644, comma 2, c.c.] è diretto unicamente alla tutela generale alla circolazione di determinate categorie di beni. Quindi non ce ne si può servire incondizionatamente, in quanto esso, nell’ipotesi in cui il secondo acquirente acquisti conoscendo l’esistenza di una precedente vendita, servirebbe da copertura a una attività illecita, in quanto diretta a privare il primo acquirente del suo diritto, il quale, pur in assenza della trascrizione del relativo titolo è già entrato a far parte del suo patrimonio e pertanto deve essere da tutti rispettato».
127 Cass. 8 gennaio 1982, n. 76, cit., «se è vero che la trascrizione costituisce
elemento indispensabile […] è però anche vero che altrettanto indispensabile è il contenuto della trascrizione, essendo necessario, per la produzione del danno, che si tratti del trasferimento di quello stesso diritto che l’alienante aveva in precedenza trasferito ad altri. Certamente il secondo atto di trasferimento non è da solo sufficiente per realizzare il danno; ma, poiché è un elemento indispensabile affinché il danno si produca, non è corretto asserire che esso è un atto indifferente per il primo acquirente».
93
determina in capo al relativo acquirente una situazione giuridica
soggettiva ex se meritevole di tutela; il danno non è secundum ius non
essendo una conseguenza voluta dalla legge.
128La responsabilità
extracontrattuale del secondo acquirente, inoltre, viene espressamente
giustificata in ordine alla necessità di non “lasciare senza sanzione la
innegabile violazione delle norme di correttezza del secondo
acquirente in malafede, attraverso la quale si determina la conseguenza
sostanziale a danno del primo acquirente”,
129da cui si ricava la
vocazione
punitivo-deterrente
di
siffatta
interpretazione
giurisprudenziale. Una ulteriore conferma, in tal senso, deve trarsi da
una ricostruzione di carattere sistematico che pone l’accento sul
cosiddetto principio di autoresponsabilità: il non aver provveduto alla
trascrizione tempestiva del titolo può considerarsi condotta negligente
del primo acquirente, che agendo altrimenti avrebbe evitato il conflitto
dei diritti ed il danno conseguente; di modo che risulterebbe
inopportuno ristorarlo della perdita subìta, che ha contribuito a
determinare.
130Dato, però, che l’ordinamento pare essere indifferente
sul punto, unica soluzione coerente è quella di ritenere che la reazione
non sia legata ad obiettivi di compensazione, bensì di deterrenza
131e
128 Ivi, «Affermare che il danno subìto dal primo acquirente non è un danno ingiusto,
perché ciò che egli subisce è una conseguenza voluta dalla legge, non sembra da condividere […] intanto se il danno fosse secundum ius allora si dovrebbe esentare da responsabilità anche l’alienante […] eppure si ritiene generalmente che invece l’alienante sia in tal caso responsabile, discutendosi in dottrina solo sulla natura contrattuale o extracontrattuale di detta responsabilità […] E allora, se si pone contra
ius colui il quale, dopo di avere alienato un bene, lo trasferisce ad altri […] non è
possibile ritenere secundum ius la condotta del secondo acquirente, strettamente legata a quella dell’alienante, nell’inadempimento del quale consapevolmente si inserisce».
129 N.B. si notino i riferimenti alla sanzione ed alla malafede, rievocando
quest’ultima la nozione di malice nordamericana e, più in generale, la rilevanza di un
quid pluris rispetto alla mera colpa.
130 O, almeno, escludere un concorso di responsabilità ex art. 1227 c.c.
131 Vd. G. PONZANELLI, La responsabilità civile. Profili di diritto comparato, cit.,
p. 277, «l’accentuata stabilità del regolamento contrattuale e delle sue previsioni, per via di questa forma supplementare di protezione assicurata al promittente, ha poi effetti altamente positivi sulla società nel suo complesso, in quanto tutti i consociati, e in particolare gli operatori economici, sono in grado di sapere con sicuro affidamento che quel contratto sarà perfettamente eseguito e adempiuto e che la sua
94
che concentri la propria attenzione sulla condotta del danneggiante
piuttosto che su quella, tendenzialmente negligente, del danneggiato.
132Un’ultima fattispecie da citare è quella dei danni da lesione del
possesso.
133Premesso che la giurisprudenza riconosce il diritto al
risarcimento (ex art. 2043) indipendentemente dall’esistenza di un
diritto reale sul bene,
134la circostanza secondo la quale accertamento
indefettibile è l’illiceità dello spoglio induce a ritenere che obiettivi di
deterrenza, anche qui, orientino la giurisprudenza. La protezione della
situazione di fatto consistente nel possesso si spiega, come è noto, in
virtù delle esigenze di mantenimento e conservazione della convivenza
sociale, suscettibili di essere turbate dalla indiscriminata sottrazione
delle res oggetto di relazioni di potere empiricamente accertabili e
quindi tali da far presumere anche l’esistenza di un corrispondente
titolo giuridico.
135Se questa è la ratio della protezione giuridica, allora
parimenti dovrà riconoscersi che il fondamento giustificativo della
tutela (rectius della reazione dell’ordinamento alla lesione di una
situazione, ancorché di fatto, protetta) risiede nel disincentivare i
consociati dall’arrecare un ingiustificato perturbamento alla pace
sociale.
136Anche in questa ipotesi, da ultimo, una conferma di quanto
normale cogenza non potrà essere elusa tanto facilmente, ove si tenga conto delle