4. Il danno non patrimoniale
4.1. Quale funzione per il danno non patrimoniale?
Prima di passare in rassegna le diverse proposte che, esclusa la
funzione compensativa, segnalano talvolta una funzione satisfattiva,
talaltra una punitiva ovvero una mista (e così via), bisogna
puntualizzare sulla scorta di quali indici tali speculazioni vengono
condotte.
Poiché generalmente le premesse di ogni ricostruzione sono
rappresentate da due poli, la tipicità e i criteri di quantificazione, è
opportuno fugare ogni dubbio in merito alla prima, potendosi già
affermare che essa non svolgerebbe alcun ruolo dirimente.
Se è vero che l’art. 2059, nella sistematica del codice, è nato con
lo scopo di limitare l’area della risarcibilità,
245non è men vero che
diverse possono essere le ragioni alla base. Innanzitutto già il filtro
dell’ingiustizia del danno, cui all’art. 2043, evidenzia una generale
scelta tipizzante dell’illecito aquiliano, tale da indurre alcuni autori a
sostenere che siffatta esigenza sarebbe soddisfatta, parimenti, tanto
nella disposizione da ultimo citata (tramite l’ingiustizia appunto)
quanto nell’art. 2059 (tramite i soli “casi determinati dalla legge”).
246245 Cfr. F. D. BUSNELLI – S. PATTI, op. cit., p. 68, «imprescindibile identità
originaria della norma, che nasce con una chiara finalità selettiva dei danni non patrimoniali risarcibili»
246 Vd. A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, pp. 252-253, «Di siffatta
“tipizzazione”, data la diversa funzione “compensativa” (del risarcimento) del danno patrimoniale, non v’è invece bisogno per quest’ultimo, essendo sufficiente la tipizzazione a livelli di illecito (danno ingiusto)» diff. P. ZIVIZ, La tutela risarcitoria
della persona. Danno morale e danno esistenziale, Giuffrè, 1999, p. 442, «Il termine
danno assume, nell’ambito dell’art. 2043, una duplice valenza: da un lato la norma parla di danno ingiusto, definendo il parametro utile a stabilire se una determinata lesione possa essere o meno fonte di reazione aquiliana; dall’altro fa menzione del risarcimento del danno, con ciò riferendosi alle conseguenze della lesione […] L’art. 2059 rappresenta, allora, la disciplina applicativa di quel precetto – formulato in termini generali dall’art. 2043 – […] appare evidente che l’art. 2059 entra in gioco quando il giudizio di ingiustizia è già stato sciolto in senso positivo. La tipizzazione degli interessi protetti a livello aquiliano viene operata, pertanto, nell’ambito dell’art. 2043».
N.B. tuttavia non si deve dimenticare che l’ingiustizia del danno, nell’art. 2043 c.c., svolge una funzione diversa da quella puramente tipizzante. Il requisito, infatti, rappresenta il filtro di selezione degli interessi meritevoli di tutela (aquiliana) e non
123
Così, altri autori, sulla scorta della mancanza di presupposti obiettivi
(la perdita patrimoniale ed i criteri di mercato), hanno rinvenuto la
ratio o nell’elevato grado di “politicità” e “discrezionalità” implicito
nella risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali,
247o nella sfiducia del
legislatore verso il giudizio equitativo (che si assume come
necessario);
248ed altri ancora in “esigenze di ordine probatorio”.
249Tutto ciò non esclude a priori la possibilità che tale caratteristica
sia menzionabile a conferma di una determinata ricostruzione
teleologica (si pensi ad esempio a quella punitiva),
250ma
indubbiamente essa sarebbe insufficiente, dal momento che, come si è
visto, molteplici potrebbero essere, astrattamente, le ragioni della
limitazione.
Diverso è, invece, il peso attribuibile ai criteri di quantificazione.
Secondo la dottrina la natura dell’obbligazione riparatoria dipende da
questi ultimi,
251non solo nella differenziazione rispetto al danno ex art.
2043, ma anche all’interno delle sottocategorie di danno non
patrimoniale.
In merito al primo aspetto, si sottolinea come, esclusa la funzione
compensativa, le soluzioni astrattamente possibili sarebbero 4:
già di tipizzazione dei danni risarcibili. L’ingiustizia, infatti, è un attributo della lesione, piuttosto che della conseguenza dannosa.
247 Cfr. C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., p. 219.
248 Cfr. G. BONILINI, op. cit., p. 79, «il disfavore che il legislatore mostra di avere
per il criterio equitativo come modo di quantificazione del danno, dà la misura della scelta limitativa codificata all’art. 2059 cod. civ.».
249 P. ZIVIZ, op. cit., p. 443.
250 Cfr. M. FRANZONI (2003), Il nuovo corso del danno non patrimoniale, in Contr. impr., 2003, p. 1212, «La tassatività è un elemento comune tanto alla pena criminale,
quanto alla sanzione civile punitiva».
251 Cfr. E. NAVARRETTA (2008), Funzioni del risarcimento e quantificazione dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. prev., 2008, p. 500 ss., «Proprio dalla ricerca
delle funzioni del risarcimento, dalla definizione del contenuto dei pregiudizi non patrimoniali e dalla correlazione fondamentale e biunivoca tra questi parametri e la tecnica liquidativa può scaturire una revisione del problema»; G. PONZANELLI (2015), Diritti inviolabili, gravità dell’offesa e rimedi civilistici, in Danno e resp., 2015, pp. 520-521, «Da tempo osservo come il problema della quantificazione del danno non patrimoniale sia centrale, oggi, in Italia, nel dibattito in tema di responsabilità civile, la questione che segna e scolpisce con maggiore incisività le frontiere della responsabilità civile».
124
funzione
satisfattiva/consolatoria;
punitiva;
mista/composita;
indennitaria/compensativa impropria.
a) Satisfattiva/consolatoria.
Si
fonda
sull’idea
che
la
corresponsione di una somma di denaro può, in una qualche
misura, compensare la vittima attraverso l’attribuzione di
un’utilità sostitutiva. La consolazione si realizza, cioè,
attraverso la creazione di occasioni di piacere e di svago.
Questo certamente spiega, ad esempio in deroga al principio di
equivalenza, perché la vittima è ammessa a conseguire un
determinato arricchimento patrimoniale,
252ma sulla base di una
insostenibile equivalenza: vicende dannose e vicende piacevoli
(mediante il denaro) non sono correlabili.
253Senza considerare,
poi, che tale prospettiva sarebbe inconciliabile con il
riconoscimento del danno in esame alle persone giuridiche,
insuscettibili di soffrire patemi d’animo da consolare.
254b) Punitiva. Lo scopo sarebbe quello di affliggere il danneggiante,
coniugando esigenze di prevenzione
255con quella retributiva
252 Cfr. C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., p. 127.
253 Vd. A. RAVAZZONI, op. cit., p. 153, «È palese […] come una sensazione
dolorosa non solo non possa venire annullata, ma nemmeno essere posta in correlazione con una sensazione piacevole […] Il dolore fisico che posso avere sofferto per una ferita, non può essere messo in correlazione – compensato – con il piacere che mi può procurare una somma di denaro»; G. BONILINI, op. cit., pp. 267- 268, «Alludiamo all’ingiuria, alle lesioni personali, all’omicidio […] l’idea […] che la somma assegnata al portatore di quelle conseguenze realizzi lo scopo di eliminare il dolore con il piacere che la somma può procurare, risulta […] inammissibile […] La somma di denaro non potrà compensare, soddisfare, costituire quello che, del tutto inadeguatamente, è chiamato “prezzo del dolore”»; M. G. BARATELLA, op. cit., pp. 115-116, «[La funzione satisfattiva] intendendo il danno non patrimoniale quale
pretium doloris idoneo all’acquisizione di sensazioni piacevoli per rimuovere quelle
dolorose, postulerebbe la omogeneità di entità quali il dolore e il denaro, per contro, in alcun modo assimilabili».
254 Cfr. G. COMANDÈ, op. cit., p. 912.
255 Vd. G. BONILINI, op. cit., p. 255, «La necessità di ricostruire l’equilibrio turbato
dall’evento lesivo, non può esaurire le finalità delle tecniche di responsabilità civile, giacché alle stesse deve soprattutto chiedersi che evitino tale evento […] Ed un sistema che conosca la minaccia che le conseguenze non patrimoniali troveranno […] nella generalità degli avvenimenti illeciti […] disvela la possibilità, la forza dissuasiva, preventiva del mezzo impiegato. Forza dissuasiva che […] sarà tanto più
125
(sul versante della vittima).
256Se questo conduce a
ricomprendere nel novero delle pene private proprio l’art.
2059,
257dall’altro lato appare insostenibile l’idea che la natura
possa essere esclusivamente afflittiva, dato che “importanti
aspetti della disciplina non si lasciano infatti intendere
all’interno di una logica punitiva: si considerino la
responsabilità vicaria, l’assicurabilità, la mancata applicazione
della regola del ne bis in idem”.
258c) Mista/composita. Si sostanzia nell’affiancare alla funzione
punitivo-deterrente
(rivolta al
danneggiante) una c.d.
solidaristico-satisfattiva (rivolta alla vittima), che si differenzia
da quella di cui alla sub a) per il fatto non già di voler consolare
il danneggiato, quanto nel procurare a quest’ultimo un
corrispettivo
pecuniario
nell’ottica
della
dimensione
solidaristica propria della Carta Costituzionale, quindi
dell’intero ordinamento.
259determinata quanto maggiore sarà […] il legame tra obbligo riparatorio ed intensità colposa della condotta del soggetto agente».
256 Cfr. D. POLETTI, L’art. 2059 c.c.: sanzione civile punitiva?, in Le pene private,
cit., p. 340, «Le modalità con cui viene attuata la riparazione del danno in esame sembrano inoltre far trasparire l’esistenza di un profilo di carattere sanzionatorio ed afflittivo. Basti por mente, in proposito, alla commisurazione del quantum del risarcimento, operata dalla giurisprudenza». Secondo diversi studiosi, tale ricostruzione sarebbe avvalorata da un’interpretazione letterale ed originaria della “Relazione del Guardasigilli al progetto ministeriale sulle obbligazioni, n. 40: I danni non patrimoniali non rientrano sempre e necessariamente nel contenuto della prestazione di risarcimento […] poiché il suo risarcimento dovrebbe procurare al soggetto leso soltanto una soddisfazione che lo ripaghi del dolore subito, la sua riparazione si appalesa giustificata solo nel campo dei reati per rafforzare l’efficienza della sanzione afflittiva […] in via eccezionale fuori del reato quando […] la legge ritenga, per la natura della lesione, di consentire la particolare sanzione”.
257 M. G. BARATELLA, op. cit., p. 110 ss.; D. POLETTI, op. cit., passim; G.
BONILINI, op. cit., p. 296 ss..
258 C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., p. 130.
259 Cfr. G. CRICENTI, Il danno non patrimoniale, CEDAM, 2006, p. 390; C.
SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., pp. 94-95; G. COMANDÈ, op. cit., pp. 912- 913, «L’assegnazione in funzione di pena privata avrebbe tra i suoi obiettivi principali la finalità retributiva di affliggere il danneggiante con un “male di natura patrimoniale” ed, al contempo, offrirebbe al danneggiato la possibilità di “soddisfare”, in maniera più congrua possibile, il danno che in quanto non patrimoniale non è suscettibile […] di valutazione economica; A. DI MAJO, Profili
della responsabilità civile, cit., p. 252 ss.; E. NAVARRETTA, op. cit., p. 500 ss.,
126
d) Indennitaria/compensativa impropria. Più che una funzione a sé
stante, rappresenta una variante della funzione osservata sub c),
e di conseguenza deve considerarsi associata a quella
punitiva.
260La sua formulazione discende da due postulati: la
somma corrisposta, per la natura stessa del danno non
patrimoniale, non è mai idonea compensare (riparare
integralmente) la perdita subìta; ogniqualvolta non sussista
l’esatta coincidenza fra danno e obbligazione pecuniaria, non è
dato parlare di risarcimento, bensì di indennizzo.
261Il
riconoscimento di un indennizzo avrebbe perlopiù un valore
simbolico, in quanto sarebbe dimostrazione della non
indifferenza dell’ordinamento nei confronti della vittima.
262Avrebbe quindi il pregio, a differenza della precedente o della
punitiva tout court, di non determinare uno spostamento
dell’angolo visuale dalla vittima al danneggiante, rendendosi
compatibile con la prospettiva vittimocentrica continentale.
263responsabilità civile: se sia possibile coniugare una logica intrisa di diritti costituzionali e di funzioni solidaristiche con il principio di deterrence e con obiettivi di efficienza».
260 Cfr. M. G. BARATELLA, op. cit., p. 117, «sembra doversi riconoscere una
funzione mista (compensativa impropria e sanzionatoria) al danno non patrimoniale, per intendere la somma a tale titolo irrogata diretta a punire l’agente/responsabile, “indennizzando” le conseguenze non patrimoniali patite dal danneggiato».
261 Vd. A. RAVAZZONI, op. cit., p. 163 ss., «caratteristica comune di tutte le
indennità [è la] non (necessaria) coincidenza con l’entità del danno […] se noi consideriamo il danno non patrimoniale in genere […] anche qui ci si trova di fronte ad una ipotesi di non determinazione […] del male sofferto […] in sede riparatoria, un rapporto di equivalenza è, a priori, impossibile. In questo senso, sembra possibile parlare […] di pagamento di una indennità».
262 Vd. A. RAVAZZONI, op. cit., p. 166, «la sua funzione non potrà essere che di
generico compenso per avere sofferto quella determinata infelice vicenda»; .P. ZIVIZ, op. cit., p. 453, «In buona sostanza, il danneggiato […] non viene lasciato privo di tutela risarcitoria da parte dell’ordinamento; tale protezione, ove non attuabile in altra maniera, si realizza attraverso un arricchimento sul piano patrimoniale».
263 Ivi, p. 456, «Anche quei criteri che abitualmente vengono interpretati in chiave
punitiva assumono, in questa luce, una diversa coloritura: si tratta, cioè, di valutare complessivamente la vicenda, alla stregua della coscienza sociale media. In questa luce viene allora privato di qualsiasi intento punitivo il richiamo di parametri quali la gravità dell’illecito e l’arricchimento conseguito dal danneggiante».
127
Con riguardo al secondo aspetto, invece, si deve rilevare che la
apparentemente monolitica categoria del danno non patrimoniale è
suscettibile di scindersi, almeno su di un piano funzionale, in
molteplici sottoclassi.
264Brevemente, si specifica che il sistema italiano ammette una vera e
propria tripartizione del danno in esame, consistente in: danno
biologico; danno non patrimoniale da lesione di (altri) diritti inviolabili
della persona; danno non patrimoniale da reato (purché sganciato dal
danno biologico o da quello derivante da lesione di altro diritto
inviolabile della persona).
265Per il primo, in realtà, da più parti si sostiene la sussistenza di una
qualche funzione compensativa, laddove il criterio liquidativo “poggia
su una collaudata suscettibilità di valutazione economica”
rappresentata “dall’adozione […] di specifiche tabelle delle
menomazioni dell’integrità psicofisica”.
266Per il secondo, si afferma la natura essenzialmente solidaristico-
satisfattiva affiancata da quella punitiva, sulla quale la prima,
comunque, prevale: “Il suo filtro selettivo specifico è quello della
gravità dell’offesa, con il necessario bilanciamento tra solidarietà e
tolleranza.”
267Infine, al terzo si riconnette una natura principalmente punitiva
(sempre nell’ambito della teoria mista), tale da rappresentare il
principale oggetto di indagine della speculazione attorno alle pene
private da illecito aquiliano: “il suo criterio liquidativo […] esige che
264 Cfr. C. SALVI, , Il risarcimento integrale del danno non patrimoniale, una missione impossibile. Osservazione sui criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale, cit., «il principio di tipicità […] non implica che esista un unico ”tipo”
o modello di danno non patrimoniale. I tipi o modelli, per i quali oggi è ammesso il risarcimento, sono invece fra loro differenti perché rispondono a funzioni diverse che giustificano variamente il diritto al risarcimento».
265 Vd. F. D. BUSNELLI – S. PATTI, op. cit., p. 72 ss.; M. FRANZONI (2004), Il danno morale fra lettera della legge, ratio legis e compito dell’interprete, in Corr. giur., 2004, p. 510 ss.
266Ibidem; E. NAVARRETTA, op. cit., p. 500 ss., «tolto il danno biologico, non
sussiste per gli altri danni non patrimoniali il presupposto delle teorie compensative».
128
la liquidazione del danno sia comunque proporzionata alla effettiva
gravità del reato. Il suo filtro selettivo specifico è quello della
riprovevolezza della condotta del reo, da porre in rapporto diretto con
l’intensità
della
sofferenza
morale
del
danneggiato”.
268268 Ivi, p. 76, si aggiungano anche le riflessioni sulla natura di pena privata e la
funzione determinante «A una componente senza dubbio satisfattiva […] si affianca una componente essenzialmente sanzionatoria […] Tale componente […] assume, in relazione alla rilevata accessorietà della relativa struttura, una diversa valenza a seconda che il fatto-reato abbia leso, o meno, un diritto inviolabile della persona: in caso affermativo, assume un ruolo ancillare, che giustifica una correzione integrativa del risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto inviolabile a volta a volta leso; viceversa, quando manchi una simile lesione, diviene essa stessa il presupposto e la ragion d’essere di un risarcimento»; diff. E. NAVARRETTA, op.
cit., p. 500 ss., «In definitiva, una funzione punitiva o individual-deterrente del
risarcimento per il danno morale può configurarsi solo nella prospettiva della liquidazione di quest’ultimo e nel rispetto della logica risarcitoria subordinata alla prova del pregiudizio. Per converso, non sembra fondata una funzione punitiva che si rifletta sull’an della regola di risarcibilità né pare accreditarsi l’immagine di un danno morale visto come pena privata».