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Necessarietà del carattere sanzionatorio

Differente dai precedenti è il filone dottrinario secondo il quale

l’idea stessa di tutela aquiliana non è possibile senza un preciso

carattere repressivo/deterrente.

A sua volta, tale dottrina pone l’accento su due aspetti: per un

verso la funzione deterrente costituisce il filtro necessario,

contrariamente a quanto si possa credere, per la selezione dei danni

risarcibili, evitando all’opposto indebite derive dell’istituto verso

funzioni latamente consolatorie e/o di mera sicurezza sociale; per

l’altro verso, inoltre, senza repressione non esiste reintegrazione.

Nello specifico, riguardo al primo aspetto, si prendono le mosse

dall’eccessivo ossequio nei confronti di quella separazione tra illeciti

penali ed illeciti privati alla base del percorso storico di sviluppo della

moderna tutela aquiliana;

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da ciò consegue che il progressivo

213 F. GALGANO, op. cit., p. 540.

214 A. PIZZOFERRATO, op. cit., p. 1103, «l’effetto di deterrenza rispetto agli abusi

non dipende dalla gravità della sanzione penale prevista ma dalla concreta possibilità che venga applicata».

215 Ibidem, «si deve prendere atto che laddove entrano in gioco condotte illecite che

implicano significativi introiti o esborsi finanziari, la sanzione detentiva svolge una funzione di deterrenza minimale del tutto insufficiente».

216 Cfr. come esempio di codesto ossequio, C. CASTRONOVO (2008), Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di chance, danni punitivi, danno esistenziale, cit., p. 342, «Considerazioni perciò traenti dalla gravità

della condotta o dal disvalore sociale della stessa, alla luce delle quali si vorrebbe riaccreditare un modello che associa alla riparazione della perdita l’afflizione dell’autore del fatto, risultano confliggenti con questa scelta chiara fatta dalle codificazioni in esito a quella che altra volta ho chiamato secolarizzazione della

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movimento di depenalizzazione degli illeciti privati

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non deve essere

invertito surrettiziamente tramite il riconoscimento di funzioni lato

sensu punitive.

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Tuttavia siffatto atteggiamento, è stato rilevato,

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ha

condotto da un lato ad una esasperazione della finalità riparatoria,

rinunciando a priori alla valorizzazione di strumenti deterrenti,

(soprattutto) al fine di incidere sul processo decisionale dei potenziali

danneggianti; dall’altro lato alla creazione di una figura di illecito

aquiliano eccessivamente dilatata e dai contorni indefiniti: frutto di una

scorretta sovrapposizione della logica meramente consolatoria (dinanzi

a qualsiasi situazione antigiuridica, ancorché fonte di semplici disagi) a

quella strettamente risarcitoria.

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responsabilità civile, riassumibile nell’idea che il movimento moderno della responsabilità civile […] nasce all’insegna della distanza da guadagnare tra danno civile e reato»; R. JHERING, op. cit., p. 144, «Che la bilancia di Temi nel Diritto privato stesso come nel penale debba pesare non il solo interesse pecuniario, ma anche il torto, è pensiero così lontano dalle nostre odierne rappresentazioni giuridiche, che […] devo aspettare a sentirmi opporre che in ciò appunto consiste la differenza tra il Diritto penale ed il privato».

217 Cfr. M. MARRONE, op. cit., p. 18, «è dato riscontrare a Roma un graduale, pure

se incompiuto, processo di “depenalizzazione” del regime proprio delle azioni penali del diritto privato. La via della “depenalizzazione” fu proseguita più tardi dagli interpreti del diritto comune […] Il risultato fu di negare la natura penale dell’actio

legis Aquiliae […] fu definita civilis in una accezione del tutto sconosciuta alle fonti

romane».

218 Cfr. F. D. BUSNELLI (2009), Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, danni punitivi, in Eur. dir. priv., 2009, p. 909, «Prospettare una funzione deterrente

della responsabilità civile significa evocare diffuse inquietudini circa un paventato ritorno a una remota responsabilità civile ancorata a parametri penalistici»; fenomeno emblematico consiste nell’eccezione di ordine pubblico opposta dai Paesi continentali in sede di riconoscimento di sentenze straniere in materia di danni punitivi, vd. per tutti A. SERRAVALLE (1993), I punitive damages nelle sentenze

straniere delle corti europee e dei tribunali arbitrali, in Riv. dir. int. priv. proc.,1993,

p. 881, «Il Bundesgerichtshof […] ha ammesso l’esecuzione di tutti i capi della sentenza ad eccezione di quello relativo ai punitive damages, ritenendoli in contrasto con l’ordine pubblico […] ritiene che la funzione punitiva e quella deterrente siano completamente estranee al diritto civile moderno […] Solo allo Stato è attribuito il diritto di applicare sanzioni punitive con le garanzie processuali e nei limiti previsti dalla legge»; in Italia, vd. per tutti G. CAMPEIS – A. DE PAULI (2002), Danni

punitivi, ordine pubblico e sentenze delibande a contenuto anfibio, in Nuova giur. civ. comm., 2002, p. 771 ss.

219 Vd. G. PONZANELLI (2006), L’attualità del pensiero di Guido Calabresi: un ritorno alla deterrenza, in Nuova giur. civ. comm., 2006, p. 293 ss., passim.

220 Critica mossa evidentemente alla, talvolta, incontrollata estensione del campo

applicativo della figura di danno esistenziale. Vd. come esempi: G. MACCABONI,

Danno esistenziale e mercato finanziario: la irrisarcibilità del disagio esistenziale del risparmiatore “arrabbiato”, in Critica del danno esistenziale, (a cura di) G.

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Il risultato sarebbe, allora, una proliferazione incontrollata di

pretese risarcitorie,

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con ulteriore (ed inutile) sovraccarico per le

Corti,

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nonché uno svilimento della ratio sottesa all’istituto.

Quest’ultima osservazione consiste nel denunciare come un simile

sistema rischierebbe di trasformare la tutela aquiliana in una sorta di

meccanismo di sicurezza sociale “ove non solo tutti i danni ma anche

le svariate forme di disagio e di disgrazia, quotidiane e non, devono

trovare un rimedio monetario”.

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Parallelamente si rileva come fenomeni di questo tipo sarebbero

limitati (se non anche esclusi) dal riconoscimento di una funzione

deterrente, poiché “la deterrenza non può significare un indiscriminato

accesso alla risarcibilità di tutti i pregiudizi […] Che la responsabilità

civile possa intervenire sempre, in omaggio ad una generalizzata

applicazione del principio di integrale riparazione del danno, è pretesa

inutile e pericolosa […] una responsabilità civile che non accarezzi

l’obiettivo di deterrenza non è una vera responsabilità civile”.

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Spostandosi sul secondo versante, infine, si arriva ad affermare

che è lo stesso momento repressivo a garantire che vi sia

moglie abbandonata e un natale in aeroporto, in Critica del danno esistenziale, (a

cura di) G. PONZANELLI, Cedam, 2003, p. 149 ss.; S. CACACE, Il danno

all’immagine della P.A. e l’(in)utilità della categoria del danno esistenziale, in Critica del danno esistenziale, (a cura di) G. PONZANELLI, Cedam, 2003, p. 163

ss.; V. CUGNO GARRANO (2013), Smarrimento della salma: quale danno

risarcibile?, in Resp. civ. prev., 2013, p. 631 ss.

221 Cfr. G. PEDRAZZI, «Lifting the veil»: il disvelamento del danno esistenziale, in Critica del danno esistenziale, (a cura di) G. PONZANELLI, Cedam, 2003, p. 62,

«Se l’ombrello del danno esistenziale sembra offrire protezione ad ogni ripercussione negativa, l’assenza di un filtro idoneo a selezionare la meritevolezza delle pretese costituisce un implicito incoraggiamento ad una proliferazione incontrollata di pretese risarcitorie variamente qualificabili».

222 Non solo in termini di ragionevole durata dei processi o di costi di

amministrazione della giustizia elevati, ma anche di possibile trascuratezza di situazioni giuridiche soggettive, queste sì, pienamente meritevoli di ristoro: Ibidem, «È necessario prevenire ipotesi di concessione di risarcimenti eccessivi per casi di scarsa rilevanza, così come di simulacri per questioni bagatellari, poiché ciò porterebbe a trascurare offese ben più gravi, i cui riflessi negativi in termini di danni non patrimoniali sono ben più presenti alla coscienza sociale».

223 G. PONZANELLI, op. cit., p. 296.

224 Ivi, p. 297; cfr. anche P. CENDON, op. cit., p. 80, «resta il fatto, allora, che

l’ingresso definitivo dell’idea di generale di sanzione entro le stanze di governo della responsabilità è il solo tramite a poter rassicurare, per tutti i materiali che la servono, contro il rischio di abbagli nel futuro».

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reintegrazione: “Nessun dubbio che, in diritto civile, il gioco del

momento repressivo non debba eccedere – orientativamente – i confini

generali assegnati al momento reintegratorio; ma è altrettanto sicuro

che quest’ultimo, senza il sostegno offertogli dal primo […]

mancherebbe in tanti casi il suo bersaglio”,

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evidentemente

superando quella apparente ed assoluta incompatibilità fra sanzione

(propria del diritto penale) e diritto privato.

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