Le riforme dell’ultimo decennio - in tema di dirigenza pubblica -, come già evidenziato, hanno avuto come obbiettivo il conseguimento di una migliore organizzazione del lavoro e un progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, indicando tra gli strumenti utilizzabili anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato. Le finalità sottese alle modifiche relative alla dirigenza riguardano il conseguimento di adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico, il riconoscimento di meriti e demeriti, col fine ultimo di rafforzare il principio il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza. È chiaro l’intento di voler dare risalto al ruolo manageriale che dovrebbe assumere la dirigenza nell’organizzazione del lavoro, tant’è che al dirigente si affida un ruolo centrale nel sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche che diventa co-protagonista del ciclo di gestione delle performance e degli strumenti di valorizzazione del merito e della produttività della prestazione lavorativa.
Si fa riferimento, in particolare, a quanto previsto dalla lett. e bis), introdotta dall’ art. 39 del d.lgs. 150/09 all’art. 17, comma 1 del d.lgs. 165/01 secondo cui i dirigenti effettuano la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione delle indennità e premi incentivanti.
Questa disposizione, letta assieme ad altri articoli del d.lgs. 150/2009, (art, 9, comma 2, circa i parametri della valutazione e della misurazione della performance individuale del nell'implementazione del sistema di monitoraggio e valutazione delle dirigenze e del personale, introdotto con il D.lgs. 150/2009.
79 personale attribuendo tale compito al dirigente; l’art. 12, comma 1 lett. d) e l’art. 7, comma 2, lett. a) che fanno riferimento al dirigente nel definire i soggetti del processo di valutazione) rende evidente la volontà del legislatore di affidare ai dirigenti il potere/dovere di valutare il personale nelle strutture alle quali essi sono preposti.
V’è da dire che, a norma dell’art. 5, comma 2 del d.lgs. 165/2001, il dirigente è sempre stato titolare del potere di adottare le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro “con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro”. Nell’ambito dei poteri manageriali è sempre stato implicito un momento della gestione dei rapporti di lavoro che contemplasse il circuito assegnazione degli obiettivi (individuali e di gruppo) e conseguente valutazione del raggiungimento dei risultati programmati, anche se la valutazione era affidata prevalentemente alla regolazione della contrattazione collettiva decentrata.
L'esigenza di diffondere la condivisione di un cultura del merito viene perseguita anche tramite la previsione di una sanzione al dovere dirigenziale di vigilare sul rispetto da parte del personale assegnato ai propri uffici di standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione, conformemente agli indirizzi dell'Organismo centrale166. Si tratta della decurtazione fino all'80% della retribuzione di risultato del dirigente modulata in proporzione alla gravità del comportamento (art. 41, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150/2009 introduce art. 21, comma 1 bis, d.lgs. n. 165/2001).
Il dirigente, nell’ambito del sistema di valutazione delle performance, oltre che ‘valutatore’ risulta essere a sua volta ‘valutato’: la disciplina prevista nel d.lgs. 150/2009 (art. 4) prevede un ciclo di gestione della performance dirigenziale, che consta di sei fasi, il cui esito negativo comporta l’impossibilità dell’erogazione della retribuzione di risultato fino ad arrivare all’addebito della responsabilità dirigenziale, come si vedrà più avanti nella trattazione.
La valutazione del dirigente viene ancorata non solo a indicatori della performance individuale (come la sua capacità individuale di perseguire gli obiettivi e/o alle competenze professionali e manageriali dimostrate), ma anche a indicatori legati all'andamento della struttura di riferimento (come la qualità del contributo garantito e/o all'ambito organizzativo di diretta responsabilità e/o alla capacità di valutare i propri collaboratori con una significativa differenziazione dei giudizi — cfr. art. 9, d.lgs. n. 150/2009)167.
166 Sulla necessità di promuovere le capacità dirigenziali nell'individuazione del demerito e nella differenziazione dei giudizi cfr. art. 1, comma 2, art. 37, art. 11, comma 8, 9, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2009. In dottrina sul punto v. BARILÀ M., La cultura del merito per la gestione delle risorse umane e gli strumenti premiali condizionati dalla
valutazione certificata, in TIRABOSCHI M.,VERBARO F., cit., 2010, p. 289.
167 V. SANTUCCI R.,MONDA P., Valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della
80 I risultati dei sistemi di valutazione vengono inoltre valorizzati ai fini dell'accertamento delle responsabilità disciplinari del dirigente: il mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero l'inosservanza delle direttive sono accertati attraverso le risultanze del sistema di valutazione e previa contestazione, ferma la responsabilità disciplinare, comportano l'impossibilità di rinnovo dell'incarico168 (art. 41, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150/2009 che modifica art. 21, comma 1, d.lgs. n. 165/2001).
La valutazione per un verso, e l’addebito della responsabilità dirigenziale per l’altro, esprimono il momento della verifica sistemica della capacità dei dirigenti di interpretare il ruolo di manager, micro-organizzatori, e quello di datori di lavoro. Il primo di questi strumenti, cioè la valutazione, costituisce un aspetto fisiologico del rapporto di lavoro dirigenziale: quello della verifica e misurazione del “saper fare” dirigenziale169, che esprime la c.d. “buona amministrazione”170.
La valutazione è destinata a mettere in moto il meccanismo di erogazione della retribuzione correlata al risultato e ad incentivare, quindi, il conseguimento della buona organizzazione e gestione.
L’assegnazione della retribuzione di risultato al dirigente è effettuata sulla base di una graduatoria delle valutazioni del personale dirigenziale di ciascuna amministrazione, distinto per livello generale e non, compilata dall’Organismo indipendente di valutazione in considerazione dei livelli di performance individuale raggiunti e applicando i medesimi criteri previsti per il personale non dirigenziale. L’applicazione del vincolo percentuale (che come detto deve costituire almeno un terzo del trattamento accessorio) va coordinata con la previsione contenuta nell’art. 19, comma 3, del d.lgs. 150/2009, che estende anche ai livelli dirigenziali, limitatamente alla retribuzione di risultato, l’obbligo di articolare in tre fasce i destinatari del trattamento accessorio.
168MAINARDI S., Fonti, poteri e responsabilità nella valutazione del merito dei dipendenti pubblici, in LPA, II, 2009, p. 753.
169 Per una interessante tesi relativa all’area del debito esigibile connesso al saper fare dei dirigenti in funzione della erogazione della retribuzione incentivante, v. CARABELLI U., Remunerazione del lavoro e incentivi: l’ambiguità della
c.d. performance individuale dal punto di vista giuridico, Relazione al seminario ASTRID del 4 giugno 2012 (Roma) su La riforma del lavoro pubblico, della dirigenza, e della valutazione delle performances delle Pubbliche amministrazioni.
170 Nell’attuale contesto storico istituzionale l’azione pubblica eccellente – quella cioè in grado di produrre la massima soddisfazione dell’utenza, intesa come collettività dei consociati – potrebbe implicare la realizzazione di comportamenti moralmente impeccabili da parte dei propri dipendenti e dei dirigenti in particolare, e gestioni virtuose improntate alla buona fede e correttezza comportamentale; e ancora che, il cittadino utente, una volta inserito in un processo di co-amministrazione, avrebbe, forse, la possibilità di esigere i medesimi comportamenti onesti ed etici, se non addirittura l’opportunità di intervenire per conformare in tal senso l’azione amministrativa. Pure nelle amministrazioni è possibile, perciò, contemplare valori altri da quelli che tradizionalmente hanno accompagnato l’agire pubblico; la persona si traduce nell’obiettivo da perseguire sia dentro che fuori degli uffici. Sul tema dell’etica dei comportamenti nell’ambito delle amministrazioni v. tra tutti COLAPIETRO C., Una rilettura
costituzionale in chiave personalistica delle amministrazioni e delle dirigenze pubbliche. Spunti di riflessione, in LPA, 2012, p. 471
81 Questo sistema di regole, rigidamente e puntualmente legificate è stato da molti stigmatizzato171 per via della contraddizione che crea con il paradigma originario di “contrattualizzazione” e “privatizzazione”, poiché si impongono per legge quei comportamenti datoriali che la logica privatistica voleva autonomi, flessibili e adattivi.
Se prima di fatto la valutazione era sostanzialmente ignorata, ora si prospetta il rischio di quella che è stata chiamata “la tragedia della valutazione” ovvero che “lo sforzo venga indirizzato non verso il più efficace svolgimento delle funzioni pubbliche, ma verso la migliore valutazione”172.
Con riguardo alla responsabilità dirigenziale, essa esprime, come accennato, la fase patologica del rapporto di lavoro dirigenziale, cioè l’addebito della sanzione, e presuppone, quale condicio sine qua non una valutazione negativa. La valutazione rappresenta quindi il punto di snodo cruciale dell’intero modello prospettato nel d.lgs. 150/09173 e proseguito con la l. 35/2012 e, da ultimo, con la l. 124/2015: molti dei passaggi critici, relativi allo sviluppo del rapporto di lavoro dirigenziale, sono incardinati e risolti nel momento della valutazione:
1. la verifica complessiva della performance dirigenziale e l’indagine relativa all’eventuale colpa;
2. la formulazione dei giudizi sulle diverse performance, necessari ai fini della successiva attribuzione degli incarichi di funzione dirigenziale ai dirigenti interni dell’amministrazione. L’art. 19 del TUPI così come modificato dal d.lgs. 150/2009, annovera, tra i criteri di scelta dei dirigenti cui conferire i diversi incarichi disponibili in ciascuna amministrazione, anche i risultati conseguiti nel corso della precedente valutazione.
3. la redazione delle pagelle di merito dei dirigenti che apre la strada alla concreta possibilità di confrontare, nel rispetto dei principi della buona fede e della correttezza comportamentale, le diverse performance dirigenziali, sempre ai fini della distribuzione degli incarichi.
171 V. tra tutti BORGOGELLI F., Valutazione e responsabilità della dirigenza pubblica: ancora una riforma, in LPA, II, 2014, p. 689 ss.; MATTARELLA B.G., Il principio del merito, la tragedia della valutazione e la riforma del pubblico impiego, in GARDINI G., Il nuovo assetto del pubblico impiego dopo la Riforma Brunetta, in Quaderni SPISA, 2012, p. 251 ss. Nella Relazione 2014 della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica, in tema di valutazione si legge: “Particolari criticità permangono nell’assetto ordinamentale della dirigenza pubblica amministrativa. A fronte di una sostenuta dinamica retributiva non è mai entrato a regime un idoneo sistema di valutazione della capacità manageriale, presupposto per la corresponsione della cosiddetta retribuzione di risultato”.
172 Così BORGOGELLI F., cit, p.670.
82 Lo schema di decreto legislativo attuativo della delega impartita dal legislatore del 2015, con riguardo alle indicazioni che concernono la valutazione, sembra porsi in linea di continuità con la Riforma Brunetta e la legislazione successiva, ma con una accentuazione della subordinazione al potere politico. La proliferazione di disposizioni legislative, oltre a ridurre drasticamente la possibilità per la dirigenza di esercitare i poteri e di applicare metodi manageriali, “contribuisce alla deresponsabilizzazione degli organi di indirizzo politico – amministrativo rispetto alla necessità di tradurre le proprie scelte in termini di programmazione strategica e di definizione degli obiettivi e dei risultati da raggiungere”174.