La legislazione tributaria ai fini della distinzione tra redditi di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo utilizza l’elemento della subordinazione, da cui vengono fatte discendere ulteriori conseguenze con riguardo alla determinazione del reddito da assoggettare a tassazione: tassazione al lordo tendenzialmente onnicomprensiva per il reddito di lavoro dipendente; tassazione al netto delle spese inerenti l’attività esercitata, per i redditi di lavoro autonomo.
Tuttavia in passato la tassazione del lavoro, muovendosi all’interno di un assetto impositivo di carattere reale, seguiva logiche diverse a seconda del tipo di attività prestata dal lavoratore ed in ogni caso risultava più mite rispetto a quella applicabile ai redditi di altra natura, in virtù dell’accoglimento del principio della discriminazione qualitativa dei redditi205. L’iter normativo in tema di tassazione del lavoro evidenzia, in un suo inquadramento storico, tre fasi206: la prima caratterizzata dalla previsione di regimi fiscali, esonerativi o agevolativi per i redditi percepiti da operai e talora da impiegati, terminata con l’emanazione del R.D.L. n. 18/1933; la seconda, comunque ispirata ad una sorta di favor legis per il lavoro dietro corrispettivo (sia subordinato che professionale), anche in considerazione della sua maggiore penosità, che si può ritenere conclusa con la legge delega n. 825 del 1971 (introduttiva dell’imposta progressiva sul reddito delle persone fisiche e di un sistema di aliquote crescenti per scaglioni in ragione dell’ammontare del reddito complessivo); la terza, in cui il peso della tassazione inizia a crescere per effetto del superamento delle tecniche di discriminazione qualitativa in favore di quelle di discriminazione quantitativa, più aderenti alle imposte personali e globali introdotte con la riforma tributaria degli anni ’70, avviata con il D.P.R. 597 del 1973 e culminata nel d.lgs. 314/1997. Le novità principali si hanno con riferimento all’adozione della regola dell’onnicomprensività della base imponibile sia fiscale che previdenziale207 e, sia pure con riguardo ad un diverso ambito, l’abolizione dell’Ilor (che recuperava la distinzione tra redditi di lavoro e redditi di fonte patrimoniale) e l’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive. Si assiste dunque al passaggio da un sistema di imposte reali, in cui era più agevole
205 V. sul tema, BUSCEMA S.–D’AMATI N., Documenti e discussioni sulla formazione del sistema tributario italiano, Cedam, 1961.
206Per una ricognizione storica delle norme susseguitisi in tema di tassazione dei redditi da lavoro v. tra tutti TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario, Parte speciale, Utet, 2012, p. 56 ss., ma anche FILÌ V., Il reddito imponibile
ai fini contributivi, Giappichelli, 2010, p. 12 ss.
207Il principio dell'onnicomprensività della retribuzione imponibile sarebbe emerso in prima battuta in campo previdenziale, per poi essere adottato anche in quello tributario, per ragioni di certezza giuridica e di gettito economico, così sostiene URICCHIO A., Motivazione dell'accertamento ed onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, nota a Cass. 30 gennaio 2007, n. 1905, in Rass. Trib., 2008, p. 210 ss., spec. p. 213, nota 5.
102 tener conto di ogni singola componente reddituale, graduando l’entità del prelievo in ragione della natura del reddito, a un sistema di tipo personale, nell’ambito del quale assume rilevanza la posizione del soggetto a cui imputare il reddito complessivo prodotto, attenuando la rilevanza del riferimento alla fonte produttiva del reddito. Nonostante ciò la distinzione dei redditi in relazione alla fonte non è completamente venuta meno assumendo rilievo soprattutto ai fini dell’individuazione dei criteri di determinazione della base imponibile e di imputazione temporale, tuttavia, l’insensibilità dei nuovi tributi (Irpef ed Irpeg) rispetto a qualsiasi forma di discriminazione qualitativa dei redditi ha fatto sì che i redditi di lavoro, sia dipendente che autonomo, concorressero alla formazione della base imponibile del tributo personale, secondo le modalità previste per tutti gli altri redditi.
La legislazione tributaria nell’assumere la retribuzione come “materiale” per la determinazione del reddito di lavoro dipendente, ha progressivamente esteso la sfera impositiva, accogliendo una nozione di retribuzione che va ben oltre rispetto a quella di “prezzo del lavoro”: in base alla nuova formulazione dell’art. 48 TUIR (attualmente trasfuso nell’art. 51, TUIR, come modificato dal d.lgs. 344/2003) il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, nel periodo d’imposta anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Dalla norma emerge chiaramente la volontà del legislatore di ampliare ulteriormente la nozione di reddito di lavoro dipendente, sganciandolo dalla dimensione corrispettiva per configurarla in senso tendenzialmente onnicomprensivo, estremizzando la rilevanza di qualsiasi attività svolta dal lavoratore al fine di ricondurre nell’ambito del rapporto di lavoro, e quindi della base imponibile, ogni somma o valore sia direttamente che indirettamente percepiti in forza della mera relazione con il rapporto di lavoro invece che in dipendenza di esso (Cass. n. 5081/1999)208. L’imponibilità non è infatti più collegata alla presenza di una causa specifica caratterizzante l’erogazione, ma piuttosto con il rapporto in base al quale avviene la singola percezione. Il nesso esistente tra somma di denaro o valore di beni e servizi attribuiti al dipendente ed il rapporto di lavoro, con la sostituzione dell’espressione “in relazione al rapporto di lavoro” alla precedente “in dipendenza del rapporto di lavoro”, viene reso meno intenso, inducendo a ritenere che il rapporto di lavoro, più che costituire la causa dell’erogazione, ne rappresenti solo un’occasione più o meno prossima (Cass. n. 15048/2000).
208V. per tutti, EINAUDI L., Principi di scienza della finanza, Einaudi, 1949, p. 178, secondo cui i redditi di lavoro sono meritevoli di un trattamento differenziato rispetto agli altri redditi, derivando esclusivamente dall’opera dell’uomo e cessando al raggiungimento di un determinato limite d’età o al verificarsi di situazioni occasionali (malattia, infortunio ecc.). Lo stesso Autore giustificava le minori aliquote applicabili ai redditi di lavoro con le ridotte possibilità di evasione dei lavoratori dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi e agli imprenditori.
103 L’assunzione del principio di relazione con il rapporto di lavoro consente di ritenere accolto il principio di onnicomprensività e di allineare la normativa tributaria con quella previdenziale, il che evidenzia una tendenza volta ad abbandonare il principio del favor nella disciplina tributaria, stante la estensione della sola base imponibile fiscale che, se da un punto di vista previdenziale determina migliori trattamenti, da quello fiscale comporta un aggravio
della tassazione sul lavoro.
Inizialmente, invero, l’intervento fiscale si poneva, in quanto strumento della redistribuzione del risultato del processo produttivo e mezzo per la rimozione degli ostacoli di cui all’art. 3, comma 2 Costituzione, come manifestazione del principio del favor il quale trovava una forma di realizzazione attraverso la cesura dell’art. 36, comma 1 Cost., con il principio di capacità contributiva ovvero con una forma di tassazione dei redditi di lavoro che assicurasse quel diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Il tema è stato piuttosto dibattuto, vedendo la contrapposizione della tesi della dottrina tradizionale che motivava l’attenuazione dell’imposizione dei redditi di lavoro attraverso il principio della discriminazione qualitativa209, con l’orientamento di chi ricavava l’esistenza del
favor dal principio di capacità contributiva a sua volta collegato ai principi di solidarietà sociale
e di eguaglianza sostanziale, poiché attraverso lo strumento fiscale è data attuazione ai principi costituzionali relativi alla tutela materiale e spirituale del lavoratore dipendente210.
Questa conclusione è però contrastata da altra parte della dottrina che, intervenendo più di recente, ritiene che le disposizioni tributarie in materia di lavoro servano a differenziare gli effetti fiscali tra le varie prestazioni di lavoro, e ciò non per prevedere l’applicazione di regolamentazioni di favore, piuttosto per modulare l’imposizione sulle particolari caratteristiche delle varie tipologie di lavoro211.
209 V. STEVE S., Lezioni di scienza delle finanze, III, Cedam, 1960. Accanto a tale impostazione si devono ricordare quella che, constatato che il reddito di lavoro è un reddito temporaneo mentre quello di capitale è perpetuo, ritiene più corretto esentare parzialmente il primo al fine di evitare un fenomeno di doppia imposizione della parte risparmiata (una volta come reddito da lavoro ed una seconda volta come frutto della parte risparmiata) e la tesi che giustifica la discriminazione qualitativa in base al differente sacrificio nella produzione del reddito (certamente minore per il reddito di capitale che lascia libera tutta la forza lavorativa del soggetto).
210V. tra tutti GRIZIOTTI B., Il potere finanziario e il diritto finanziario, Giuffrè, 1956, p. 71 ss, impostazione poi ripresa da MAFFEZZONI F., Il principio di capacità contributiva nel diritto finanziario, UTET, 1970, p. 99 ss.
211In questa prospettiva è sembrata auspicabile una riduzione generalizzata del carico dell’imposizione sul reddito più che una modificazione in senso premiale dei criteri di imposizione dei redditi di lavoro dipendente v. Patrizi V., Equità verticale e orizzontale: i problemi dell’Irpef, in Atti del convegno, I cento giorni e oltre: verso una rifondazione del rapporto fisco-economia, Roma, 2002, pag. 380, il quale , dopo aver illustrato le linee lungo le quali si è sviluppato il sistema dell’imposizione sui redditi , osserva , in prospettiva, che assoggettando a tassazione personale solo il reddito da lavoro (e da pensione) , si dovrebbe “limitare sia la caratteristica di progressività , sia quella di personalizzazione dell’imposta”. Si chiede, tuttavia, l’Autore come possa essere “perseguita la progressività dell’imposta una volta che l’Irpef, anche se lentamente sarà arrivata al suo destino di imposta speciale proporzionale sui redditi di lavoro.” V. anche, per una ricostruzione dell’orientamento
104 Ad ogni modo, l’estensione dell’area di assoggettamento ad imposizione non comporta l’automatica identificazione tra retribuzione e reddito imponibile, difatti l’art. 51 TUIR, enunciato nel primo comma il criterio di determinazione del reddito da sottoporre ad imposizione, prevede nei commi successivi ipotesi di esclusione dall’imposizione o di riduzione dell’imponibile.
La normativa tributaria accoglie, infine, pienamente, il carattere della continuità che connota la retribuzione, vale a dire il fatto che è determinata in base alla durata della prestazione nel tempo (art. 2099 c.c.) oltre che in relazione alla qualità e quantità del lavoro svolto (principio della post numerazione). Il riferimento alla continuità dell’erogazione reddituale completa la definizione del reddito di lavoro dipendente, rendendo più agevole l’inquadramento nell’ambito della categoria delle pensioni e degli assegni ad esse equiparati, nonché delle rendite vitalizie, di determinate prestazioni pensionistiche e di altri assegni periodici.