Per quanto attiene la responsabilità che sanziona l’incapacità del dirigente di svolgere il proprio ruolo manageriale, le causali – come visto in precedenza – sono connesse al legame di fedeltà della dirigenza con il vertice politico: cioè il mancato raggiungimento degli obbiettivi programmati e l’inosservanza delle direttive impartite.
134 Le determinanti dell’inadempimento del dirigente pubblico si esauriscono nella pura e semplice mancanza della prestazione dovuta, senza bisogno indagini circa il proprio comportamento264, il che non esclude, tuttavia, che sia possibile, nel corso delle esecuzioni dell’incarico medesimo, procedere ad un rinegoziazione qualora si ritiene possano verificarsi eventi che ne impediscano il conseguimento. Come già evidenziato la responsabilità dirigenziale è stata al centro del dibattito dottrinale circa la sua natura, e l’orientamento maggioritario propende per la natura oggettiva di essa, laddove a partire dalla novella del 2002 sono state valorizzate le componenti oggettive di questo tipo di responsabilità tali da considerarla quale responsabilità senza colpa dell’agente265.
In effetti prima del 2002 veniva contemplato, ai fini dell’addebito, non tanto il raggiungimento dell’obiettivo assegnato quanto le prestazioni dirigenziali, in modo da poter misurare in modo puntuale la colpa del dirigente, diversamente dalla formulazione attuale in cui diventa preponderante il raggiungimento degli obbiettivi mentre resta in disparte il riferimento alla prestazioni dirigenziali e cioè alle modalità di conduzione della gestione da parte del dirigente stesso266. In dottrina, peraltro, si sostiene come la responsabilità dirigenziale per mancata conseguimento degli obiettivi assegnati, si sostanzi nell’inadempimento di un’obbligazione di risultato e dunque si considera il dirigente adempiente non quando abbia dimostrato di aver usato tutti i mezzi possibili nell’esecuzione della prestazione (e quindi nel raggiungimento dell’obiettivo) bensì quando abbia conseguito il risultato programmato. Nel caso di obbligazioni di mezzi non è fondamentale il verificarsi di un risultato, quanto l’osservazione del comportamento tenuto dal debitore ai fini del compimento della prestazione.
Con il d.lgs. 150/2009 viene conferita una forte centralità alla valutazione della prestazione dirigenziale e viene posta, altresì, l’enfasi sulla verifica della complessiva attività dirigenziale: l’art. 9 descrive in maniera dettagliata tutti gli aspetti in cui si esprime la verifica della
264 Con l’unica possibilità di temperare la responsabilità, a ricorrere delle fattispecie del caso fortuito o della forza maggiore che rendono inesigibile la prestazione.
265 Anche la giurisprudenza avalla quest’orientamento, v. tra tutte Cass. Sez. lav., 8 aprile 2010, n. 8329, secondo cui la responsabilità dirigenziale, a differenza di quella disciplinare, ha carattere gestionale, non riferibile a condotte realizzate in puntuale violazione di singoli doveri, ma collegate ad un apprezzamento globale dell’attività del dirigente.
266 L’orientamento dominante, peraltro, nel vigore del precedente disposto normativo, confermava comunque la natura oggettiva della responsabilità dirigenziale in quanto l’accertamento della stessa avveniva guardando non tanto il comportamento colposo dell’agente quanto i risultati complessivi prodotti sull’organizzazione dell’ufficio cui il dirigente era preposto. V. ZOPPOLI A., Dirigenza, contratto di lavoro e organizzazione, Esi, 2000, p. 310, secondo cui “ad avere rilievo giuridico essenzialmente è, di per sé, l’andamento dell’ufficio che si dirige, in tutti i suoi profili, e non una colpa del dirigente”. Dello stesso avviso sono anche RUSCIANO M., Spunti su rapporto di lavoro e
responsabilità del dirigente pubblico, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1998, p. 387 ss.; TORCHIA L., La responsabilità dirigenziale, Cedam, 2000.
135 complessiva micro-organizzazione e gestione dirigenziale considerando sia elementi soggettivi che oggettivi la cui verifica consente di indagare, in sede di valutazione, anche la componente psicologica.
Potrebbe così sembrare che si dia rilievo, da questo momento in poi, ad una visione soggettiva della responsabilità che coinvolge l’accertamento della volontà di produrre i risultati fissati nonché il modus operandi del dirigente nello svolgere il suo ruolo gestionale-manageriale.
In realtà in questa norma confluiscono tanto l’aspetto soggettivo quanto quello oggettivo: in sede di valutazione si effettua l’indagine dell’elemento psicologico e dunque la verifica della ‘colpa’ del dirigente, anche attraverso il ricorso a strumenti – come le schede di valutazione – che costituiscono forme di graduazione indiretta del grado di colpa del personale dirigenziale sottoposto a valutazione della propria performance267.
Stante questa impostazione si ritiene si possa sposare la tesi di chi afferma che la responsabilità del dirigente connessa all’attività gestionale, accertata secondo criteri e parametri oggettivi – che evidenziano il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’inosservanza delle direttive disposte dall’organo funzionalmente sovraordinato – ha una sua autonoma conformazione. Ai fini di tale configurazione si prescinde da elementi di colpa o dolo talché è sufficiente il controllo sull’oggettivo andamento dell’incarico, nei suoi effetti finali e provvisori tenendo in considerazione del rispetto o meno, da parte del dirigente, delle direttive ricevute268.
Il legislatore del 2012 è intervenuto a specificare una importante qualità degli obiettivi da conseguire con l’incarico: la ragionevole realizzabilità269. Ai sensi dell’art. 5, comma 11, della L. 135/2012, la c.d. spending review, gli obiettivi devono essere specifici, misurabili, ragionevolmente realizzabili e collegati a precise scadenze temporali, aprendo così la strada all’eventualità che il dirigente, in sede di audizione consultiva della valutazione, possa eventualmente eccepire che gli obiettivi programmati non presentino i requisiti imposti dalla legge. I presupposti dell’inadempimento del dirigente pubblico si esauriscono, pertanto, nella pura e semplice mancanza della prestazione dovuta nel tempo e nei luoghi previsti, con l’unica possibilità di temperare la responsabilità, al ricorrere del caso fortuito o della forza maggiore,
267 Così NICOSIA G., Dirigenze responsabili, cit., p. 153.
268 V. tra tutti ESPOSITO M., La responsabilità dirigenziale, cit., p. 241 ss.
269 V. NICOSIA G., Valutare per risparmiare: strategie e best practices per la “buona amministrazione”, in Rassegna italiana di
136 ovvero quando l’obiettivo sia divenuto irragionevolmente realizzabile secondo i criteri introdotti nel 2012270.
L’art. 21 è stato oggetto di modifiche anche da parte del decreto attuativo (non ancora efficace) della L. 124/2015 ed in particolare all’art. 5 – intitolato modifiche all’art. 21 del d.lgs. 165/2001 - introduce al comma 1 del suddetto articolo la puntuale declinazione delle fattispecie che integrano gli estremi del “mancato raggiungimento degli obiettivi”271. La scelta di riempire di contenuto una previsione che appariva abbastanza generica potrebbe essere facilmente condivisibile, quello che non convince è la poca chiarezza di alcune disposizioni e la dubbia riconducibilità di alcune di esse nell’ambito della responsabilità dirigenziale. Sono queste le critiche mosse in sede di esame del decreto da parte del Consiglio di Stato, valutazioni che sono pressappoco le stesse che si evincono nel parere delle Camere. Tra le fattispecie tacciate di non rispondere al modello ci sono quelle che fanno riferimento alle relazioni con il personale, incriminate perché appaiono piuttosto riconducibili alla violazione dei doveri di vigilanza sul personale, già disciplinate dal comma 1-bis dell’art. 21.
Altre fattispecie sembrano invece costruite come violazione di obbligazioni di “mezzi” e non di “risultato”, quale il “mancato rispetto delle norme sulla trasparenza che abbiano determinato un giudizio negativo dell’utenza sull’operato della pubblica amministrazione e sull’accessibilità ai relativi servizi” che prescinde dall’oggettivo mancato perseguimento dei risultati. Altre ancora appaiono, eccessivamente generiche, quali la “valutazione negativa della struttura di appartenenza, riscontrabile anche da rilevazioni esterne”, nonché “la mancata rimozione di fattori causali illeciti”272. Alla luce di quanto emerso in una prima disamina delle
270 Questo non esclude, tuttavia, che – nel rispetto dell’impostazione contrattuale che giustifica il rapporto di lavoro e incarico del dirigente – sia possibile, nel corso dell’esecuzione dell’incarico medesimo, procedere ad una rinegoziazione dell’obiettivo in vista di eventi che si frappongano al relativo conseguimento. Pertanto, il dirigente che in maniera accorta abbia intuito il verificarsi di tali eventi, procederà alla rinegoziazione dell’obiettivo medesimo e sfuggirà all’addebito di responsabilità; viceversa, colui che abbia lasciato scorrere il segmento temporale alla cui scadenza l’amministrazione è legittimata a chiedere il rendiconto sull’obiettivo, non potrà che soggiacere a tutte le conseguenze descritte.
271 L’art. 5 del decreto recita: a) al comma 1, sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: “Costituiscono mancato raggiungimento degli obiettivi: la valutazione negativa della struttura di appartenenza, riscontrabile anche da rilevazioni esterne; la reiterata omogeneità delle valutazioni del proprio personale, a fronte di valutazione negativa o comunque non positiva della performance organizzativa della struttura, e in particolare il mancato rispetto della percentuale del personale prevista dalla legge, o della diversa percentuale oggetto di negoziazione, cui attribuire indennità premiali, secondo le indicazioni dei contratti collettivi di lavoro; il riscontrato mancato controllo sulle presenze, e sul contributo qualitativo dell’attività lavorativa di ciascun dipendente; la mancata rimozione di fattori causali di illecito; il mancato rispetto delle norme sulla trasparenza, che abbiano determinato un giudizio negativo dell’utenza sull’operato della pubblica amministrazione e sull’accessibilità ai relativi servizi; il mancato rispetto dei tempi nella programmazione e nella verifica dei risultati imputabile alla dirigenza”.
272 E’ stato inoltre previsto l’inserimento del comma 1-ter che prevede, tra le fattispecie costituenti il mancato raggiungimento degli obiettivi, la mancata realizzazione del programma sottoscritto unitamente al contratto di lavoro, per i dirigenti generali il mancato raggiungimento degli obiettivi risponde all’atto di programmazione accessorio al conferimento dell’incarico e sottoscritto unitamente allo stesso. Si prevede inoltre che la procedura di contestazione, finalizzata ad accertare la responsabilità dirigenziale, venga recepita in apposito atto
137 modifiche alla norma, sembra che, in sede di approvazione del decreto attuativo, siano state accolte le eccezioni mosse dal Consiglio di Stato (e dalle Camere), e ci si auspica che venga quanto prima risolto il problema di incostituzionalità sollevato dalla sentenza n. 251 del 2016, in modo da dar luogo ad una disciplina della responsabilità quanto più possibile organica e chiara.