Prima di procedere verso la disamina delle peculiarità delle norme sulla valutazione delle
performance previste per il dirigente sanitario, può rivelarsi proficuo esaminare le caratteristiche
strutturali della classe dirigenziale nel comparto sanità, notevolmente differente rispetto a quella del settore privato.
Il primo fondamentale presupposto di tale differenziazione è dato innanzitutto dall’equazione medico-dirigente effettuata dal legislatore, che ha determinato un’elevatissima percentuale delle figure dirigenziali presente in questo comparto. In conseguenza di tale scelta, nella sanità pubblica si ha una radicale rottura con la tradizionale natura elitaria del contratto di lavoro del dirigente privato, ma anche con la restante sfera della dirigenza pubblica. Ciò, come è stato rilevato, determina, da una parte, un problema di svuotamento della figura organizzativa, dinanzi al rilievo attribuito alla sua più decisiva veste professionale; dall’altra, una accentuazione della responsabilità dirigenziale/manageriale, anche in casi nei quali il medico/dirigente non è investito di rilevanti poteri gestionali, decisori e/o organizzativi. Un secondo rilevante presupposto di differenziazione/specificità della dirigenza medica è rappresentato dalla marcata eterogeneità del personale dirigente, come dimostra la molteplicità di figure dirigenziali all’interno del comparto175. In tale ambito vi è, infatti, una pluralità di dirigenze:
174 Così PINTO V., Lavoro subordinato flessibile e lavoro autonomo nelle amministrazioni pubbliche. Politiche legislative e prassi
gestionali, Cacucci, 2013, p. 289.
175 Sul punto v. LUNARDON F., La dirigenza sanitaria, in RODOTÀ S.,ZATTI P. (diretto da), Salute e sanità, Trattato di
83 1) il top management, costituito dal Direttore generale dell’Asl, affiancato dal Direttore amministrativo e dal Direttore sanitario176;
2) la dirigenza medica e veterinaria, assai numerosa e che, pur addetta a funzioni altamente qualificate sul piano tecnico, scientifico e professionale, nella maggior parte dei casi risulta “priva, dal punto di vista dell’organizzazione gerarchica del lavoro, delle funzioni proprie della dirigenza socialmente tipica”; a questa categoria della dirigenza (come pure alla successiva categoria di cui al punto 3), si applica sia la disciplina generale di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, sia la disciplina speciale contenuta negli artt. 15 e ss. del d.lgs. n. 502 del 1992);
3) la dirigenza del ruolo sanitario non medico (per la quale vale quanto detto supra punto 3); 4) la dirigenza del ruolo professionale, tecnico e amministrativo (cui si applica interamente la disciplina generale contenuta nel d.lgs. n. 165 del 2001);
5) la dirigenza per le professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica, introdotta dalla legge n. 251 del 2000 (cui pure si applica la disciplina generale contenuta nel d.lgs. n. 165 del 2001).
Un terzo rilevante aspetto di differenziazione/specificità riguarda poi il contenuto delle mansioni dirigenziali177, che possono essere caratterizzate da connotati di managerialità e responsabilità via via crescenti. Nel settore sanitario, infatti, vi è una cospicua parte di dirigenti che svolgono prevalentemente mansioni a contenuto prettamente professionale e a cui, di fatto, è precluso lo svolgimento di compiti gestionali e organizzativi veri e propri. A tal proposito va detto che i dirigenti sanitari sono strutturalmente destinati, perlomeno nella fase iniziale del rapporto, a non svolgere funzioni concretamente ed effettivamente manageriali/gestionali, ma a prestare attività sostanzialmente professionale, ancorché nel
176 Sia il Direttore generale, sia il Direttore amministrativo e il Direttore sanitario non possono inserirsi nel novero dei dirigenti, che si pongono funzionalmente alle loro dipendenze, ed al cui trattamento normativo ed economico i primi sono sottratti, poiché il loro rapporto si colloca sul piano del lavoro autonomo, anche se la retribuzione viene definita tenendo contro di quanto previsto in merito dalla contrattazione collettiva per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa (l’art. 3-bis, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992 precisa esplicitamente che i rapporti di lavoro del Direttore generale, del Direttore amministrativo e del Direttore sanitario sono regolati con contratti di diritto privato stipulati «in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile»). Il Direttore generale, dunque, con l’ausilio dei suoi stretti collaboratori (Direttore amministrativo e Direttore sanitario), costituisce l’organo di indirizzo e di controllo cui la dirigenza si rapporta e dal quale vengono conferiti gli incarichi dirigenziali: con la sua istituzione si è realizzato l’adeguamento della struttura delle Asl al principio di separazione tra indirizzo/controllo e gestione/attuazione.
177 In linea generale, l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 502 prevede che “l’attività dei dirigenti sanitari è caratterizzata, nello svolgimento delle proprie mansioni e funzioni, dall’autonomia tecnico-professionale i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono progressivamente ampliati. L’autonomia tecnico professionale, con le connesse responsabilità, si esercita nel rispetto della collaborazione multi professionale, nell’ambito di indirizzi operativi e programmi di attività promossi, valutati e verificati a livello dipartimentale ed aziendale, finalizzati all’efficace utilizzo delle risorse e all’erogazione di prestazioni appropriate e di qualità. Il dirigente, in relazione all’attività svolta, ai programmi concordati da realizzare ed alle specifiche funzioni allo stesso attribuite, è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito”.
84 quadro di un programma di attività predisposto dal responsabile della struttura di appartenenza e finalizzato al raggiungimento di obiettivi prefissati ed al rafforzamento delle competenze tecnico professionali e gestionali dell’interessato.
A tali fini, come prevede l’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992, il dirigente sanitario è inserito in una apposita struttura all’interno della quale vi è un dirigente responsabile che “predispone e assegna al dirigente un programma di attività finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati e al perfezionamento delle competenze tecnico professionali e gestionali riferite alla struttura di appartenenza. In relazione alla natura e alle caratteristiche dei programmi da realizzare, alle attitudini e capacità professionali del singolo dirigente, al dirigente, con cinque anni di attività con valutazione positiva sono attribuite funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettive, di verifica e di controllo, nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici”. Alle mansioni a contenuto strettamente professionale, può pertanto aggiungersi, dopo cinque anni di attività con valutazione positiva, l’incarico di direzione di struttura, dapprima semplice, poi complessa. In quest’ultimo caso (direzione di struttura complessa, sostanzialmente corrispondente all’antico primariato), al dirigente sono attribuite, “oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell’ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l’adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l’appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative”, con responsabilità di risultato circa l’efficace ed efficiente gestione delle risorse assegnate (art. 15, comma 6, del d.lgs. n. 502).
L’articolazione della dirigenza medica attualmente prevista dal d.lgs. n. 502 del 1992 distingue i dirigenti di nuova assunzione rispetto alla restante dirigenza medica. I primi sono preposti allo svolgimento delle sole funzioni mediche, con la garanzia di autonomia tecnico-professionale riconosciuta a tutta la dirigenza medica, nel rispetto degli indirizzi impartiti dal dirigente responsabile della struttura e nel perseguimento del programma di attività da quest’ultimo assegnato. Risulta evidente, pertanto, come le funzioni mediche siano considerate dirigenziali a prescindere dallo svolgimento di funzioni di direzione di strutture, oppure di studio e di ricerca, le uniche reputate dirigenziali nelle restanti amministrazioni178. Vi è poi una
178 Secondo RAVERA E., La dirigenza medica dopo il d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (cosiddetto decreto Bindi), in LPA, 2000, pag. 94, le ragioni di tale deroga ai principi generali possono ravvisarsi nella peculiarità delle mansioni mediche, di per sé valutate come dirigenziali, e, altresì nell’esigenza di mantenere il numero dei medici con mansioni dirigenziali in numero inferiore rispetto a quelli che svolgono mansioni di diagnosi e di terapia.
85 parte della dirigenza cui sono attribuiti specifici compiti di direzione di strutture semplici e/o complesse e che, pertanto, svolgono (o dovrebbero svolgere) quel ruolo gestionale/manageriale sul quale le riforme dell’ultimo ventennio hanno scommesso per l’attivazione di processi virtuosi di ammodernamento delle amministrazioni pubbliche; processi di ammodernamento della sanità pubblica che oggi, tuttavia, sembrano cedere il passo di fronte a mere logiche di contenimento della spesa a detrimento degli standard di qualità in grado di rendere effettivo ed esigibile il diritto costituzionalmente tutelato alla salute e alla cura179.
Come previsto dall’art. 27 del CCNL dell’area della dirigenza medico-veterinaria quadriennio normativo 2002-2005 – confermato peraltro dall’art. 9 del successivo CCNL 2006-2009, ad oggi ancora non rinnovato - la valutazione annuale sull’attività gestionale svolta dai dirigenti di struttura complessa e di struttura semplice riguarda veri e propri aspetti in relazione ai quali sono (o dovrebbero essere) verificabili le capacità manageriali del dirigente180. Come previsto dal sopra citato art. 27 del CCNL, infatti, per questi dirigenti la valutazione riguarderà: a) l’osservanza delle direttive nel raggiungimento dei risultati in relazione all’incarico attribuito; b) il raggiungimento degli obiettivi prestazionali quali-quantitativi espressamente affidati; c) l’impegno e la disponibilità correlati all’articolazione dell’orario di lavoro rispetto.
In aggiunta a tale valutazione annuale, i dirigenti medici e sanitari sono poi sottoposti a una ulteriore valutazione al termine dell’incarico, attinente alle attività professionali, ai risultati raggiunti e al livello di partecipazione ai programmi di formazione continua, effettuata dal Collegio tecnico, nominato dal Direttore generale e presieduto dal Direttore di dipartimento, con le modalità definite dalla contrattazione nazionale. Degli esiti positivi di tali verifiche si tiene conto nella valutazione professionale allo scadere dell’incarico.
179 Sul tema v. GENESIN M.P., Problematiche vecchie e nuove a proposito di dirigenza sanitaria, in Ragiusan, 2004, p. 411; LIGUORI F., Politica e amministrazione nelle aziende sanitarie, cit., pp. 49 ss.; MAZZOTTA O., Attribuzioni e poteri
del dirigente sanitario, in LPA, 2003, pp. 486 ss. CONTIERI A., La dirigenza sanitaria, in CHITI M.,URSI R. (a cura di),
La dirigenza pubblica: analisi e prospettive, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 235 ss.; TORCHIA L., La dirigenza del SSN, in
Sanità pubblica, 1997, pp. 261 ss.; SCIULLO G., Ruolo e responsabilità della dirigenza del SSN, in Sanità pubblica, 1995, pp. 837 ss.; TRUCCHIA L., Funzioni di direzione e gestione della dirigenza medica. Nuove tendenze in tema di responsabilità, in
DP, 2003, pp. 682 ss.; FALLETTA P., La disciplina della dirigenza sanitaria, cit., p. 293.
180 In particolare: a) la gestione del budget finanziario formalmente affidato e delle risorse umane e strumentali effettivamente assegnate in relazione agli obiettivi concordati e risultati conseguiti; b) ogni altra funzione gestionale espressamente delegata in base all’atto aziendale; c) l’efficacia dei modelli gestionali adottati per il raggiungimento degli obiettivi annuali; ii) Dei risultati raggiunti da tutti i dirigenti in relazione agli obiettivi affidati: in questo caso, oggetto di valutazione è l’attività della bassa dirigenza (priva di incarichi di direzione) caratterizzata da limitate prerogative gestionali/manageriali. Detta bassa dirigenza avrà assegnati obiettivi più circoscritti, nei quali evidentemente rileverà più il contenuto professionale dell’attività da svolgere, che la capacità manageriale vera e propria.
86 L’art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 502 prevede, a tal proposito, un sistema di valutazione articolato su due livelli, con l’intervento di una pluralità di soggetti. I dirigenti medici e sanitari sono innanzitutto sottoposti a una verifica annuale dell’attività svolta posta in essere da un soggetto che oggi può essere individuato nell’Organismo Indipendente di Valutazione delle
performance di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2009. Tale soggetto procede alla verifica e
valutazione annuale:
1) dei risultati della gestione del dirigente di struttura complessa e di struttura semplice: a tal proposito, l’art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 502, nella sua rinnovata formulazione, prevede che “gli strumenti per la verifica annuale dei dirigenti medici e sanitari con incarico di responsabile di struttura semplice, di direzione di struttura complessa e dei direttori di dipartimento rilevano la quantità e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate in relazione agli obiettivi assistenziali assegnati, concordati preventivamente in sede di discussione di budget, in base alle risorse professionali, tecnologiche e finanziarie messe a disposizione, registrano gli indici di soddisfazione degli utenti e provvedono alla valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi tramite l’uso appropriato delle risorse”.
Appare chiaro che in relazione all’attività svolta da questa categoria di alta dirigenza si configura il possibile svolgimento di una vera e propria attività gestionale/manageriale oggetto di valutazione, non solo al fine dell’attribuzione della retribuzione di risultato, ma anche – in caso di valutazione negativa – ai fini di un eventuale addebito di responsabilità dirigenziale. Come previsto dall’art. 27 del CCNL dell’area della dirigenza medico-veterinaria quadriennio normativo 2002-2005 (confermato nel successivo rinnovo), la valutazione annuale sull’attività gestionale svolta dai dirigenti di struttura complessa e di struttura semplice riguarda veri e propri aspetti in relazione ai quali sono (o dovrebbero essere) verificabili le capacità manageriali del dirigente; in particolare: a) la gestione del budget finanziario formalmente affidato e delle risorse umane e strumentali effettivamente assegnate in relazione agli obiettivi concordati e risultati conseguiti; b) ogni altra funzione gestionale espressamente delegata in base all’atto aziendale; c) l’efficacia dei modelli gestionali adottati per il raggiungimento degli obiettivi annuali.
2) dei risultati raggiunti da tutti i dirigenti in relazione agli obiettivi affidati: in questo caso, oggetto di valutazione è l’attività della bassa dirigenza (priva di incarichi di direzione) caratterizzata da limitate prerogative gestionali/manageriali. Detta bassa
87 dirigenza avrà assegnati obiettivi più circoscritti, nei quali evidentemente rileverà più il contenuto professionale dell’attività da svolgere, che la capacità manageriale vera e propria. Come previsto dal sopra citato art. 27 del CCNL, infatti, per questi dirigenti la valutazione riguarderà: a) l’osservanza delle direttive nel raggiungimento dei risultati in relazione all’incarico attribuito; b) il raggiungimento degli obiettivi prestazionali quali – quantitativi espressamente affidati; c) l’impegno e la disponibilità correlati all’articolazione dell’orario di lavoro rispetto. In aggiunta a tale valutazione annuale, i dirigenti medici e sanitari sono poi sottoposti a una ulteriore “valutazione al termine dell’incarico, attinente alle attività professionali, ai risultati raggiunti e al livello di partecipazione ai programmi di formazione continua, effettuata dal Collegio tecnico, nominato dal Direttore generale e presieduto dal Direttore di dipartimento, con le modalità definite dalla contrattazione nazionale”. Degli esiti positivi di tali verifiche si tiene conto nella valutazione professionale allo scadere dell’incarico. L’esito positivo della valutazione professionale determina la conferma nell’incarico o il conferimento di altro incarico di pari rilievo.
Da quanto sinora emerso, è evidente che la ratio che collega tutti gli interventi riformatori nel settore sanitario, legati in particolare alla figura del Direttore generale, è quella di formare e selezionare bravi managers, in possesso di requisiti altamente professionalizzanti, scelti attraverso criteri meritocratici con l'intento di sottrarre la loro nomina dalle interferenze della politica e valutati sulla base dei risultati che sono in grado di ottenere. A tal proposito, così come accade per le altre pubbliche amministrazioni, anche i dirigenti del settore sanitario rivestono il duplice ruolo di soggetti valutati e di valutatori.
Il Sistema di misurazione e valutazione della performance all'interno delle Aziende sanitarie è implementato in applicazione alle linee guida regionali, ai sensi dei CCNL vigenti e nel rispetto del dettato del d.lgs. 150/2009.
Il Sistema deve essere orientato principalmente al perseguimento dell'interesse pubblico "salute", e come tale non può prescindere dall'erogazione di prestazioni di cura, di diagnostica, di prevenzione e di riabilitazione in favore dei pazienti, in coerenza con quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza previsti dall'art. 117 della nostra Carta costituzionale181.
181V. FERRARA R., Organizzazione e principio di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale: spunti problematici, IN
BOTTARI C., TULLINI P. (a cura di), La dirigenza sanitaria, Maggioli Editore, 2004, 68 ss. V. anche MASTRAGOSTINO F., Servizio sanitario nazionale e ordinamento contabile, Maggioli Editore, 1982.
88 In questa prospettiva misurare le performance costituisce un elemento indispensabile per fissare obiettivi, valorizzare i contributi dei dipendenti e soprattutto, mettere i dirigenti nelle condizioni di assolvere al meglio ai loro compiti gestionali.
Come previsto nell’art. 6 del d.lgs. 150/09, è la Direzione dell'Azienda sanitaria che, con il supporto dei dirigenti, verifica l’andamento della performance rispetto agli obiettivi durante il periodo di riferimento; rientra quindi nel governo complessivo dell’Azienda la funzione di verifica dei risultati e di proposta di “interventi correttivi in corso di esercizio”, quando sia necessario.
La funzione di misurazione della performance, con il coordinamento del Dipartimento della Funzione pubblica), è svolta dagli OIV e dai dirigenti dell’Azienda.
Il sistema coinvolge annualmente i dirigenti delle strutture che hanno in gestione problematiche trasversali (come possono essere la Farmacia e gli staff della Direzione Generale, Sanitaria e Amministrativa) o che comunque gerarchicamente sono a conoscenza delle criticità (quali ad esempio la Direzione Sanitaria Ospedaliera, il Coordinamento dei Distretti, la Direzione dei Dipartimenti territoriali e della Prevenzione): ad ognuno di questi soggetti viene richiesto fin dalla definizione degli obiettivi di prendersi in carico il monitoraggio e la misurazione dell’andamento degli obiettivi e di relazionarne alla Struttura Tecnica Permanente. Attraverso la partecipazione del dirigente al Sistema di misurazione e valutazione della performance, specie di quella individuale, si sviluppa il sistema premiante aziendale che rende il meccanismo di programmazione e controllo non soltanto un supporto ai processi decisionali del management, ma anche una modalità di gestione delle risorse umane.
11. Un esempio di comparazione: la retribuzione collegata alle
performance nel modello spagnolo
Per affrontare un corretto approccio al profilo della valutazione della prestazione nell’ordinamento spagnolo, è bene che si parta dall’analisi delle funzioni dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni spagnole tenendo ben presenti tre grandi livelli, per via dell’assenza nel sistema politico-amministrativo spagnolo di un concetto di dirigente pubblico comprendente tutte le figure che svolgono funzioni di tale natura182:
a) livello strettamente politico, composto, da una parte, dai membri del Governo statale, autonomico e locale; e, dall’altra, dai Segretari di Stato e dai membri dei Gabinetti;
182JIMÉNEZ ASENSIO R., Altoscargos y directivos públicos (Un estudio sobre las relaciones entre política y administración en
89 b) livello politico-amministrativo, in cui verrebbero inclusi gli altoscargos, il personal eventual che svolge funzioni direttive e il regime di diritto privato del rapporto di lavoro dell’alta dirigenza;
c) livello burocratico-direttivo, che includerebbe i livelli dirigenziali delle pubbliche amministrazioni assunti prevalentemente tra i funzionari attraverso il sistema della libre
designación.
La prima delle categorie incluse nel livello politico-amministrativo fa riferimento ai cosiddetti altoscargos, la cui delimitazione concettuale è sempre stata, dal punto di vista storico, enormemente complessa. Il principale motivo di questa situazione è la confusione in cui incorre la legislazione spagnola, in particolare la normativa sulle incompatibilità, includendo in tale categoria i membri del Governo e i Segretari di Stato, cariche di natura politica.
La dottrina scientifica a riguardo è fortemente critica: è stato affermato che una nozione depurata di alto cargo esclude ab initio l’inclusione nella stessa sia dei membri del Governo sia della figura del Segretario di Stato, tenendo conto del profilo politico da essa rappresentata183. Secondo questo orientamento, il concetto di alto cargo dovrebbe essere limitato ai livelli organici di carattere politico-amministrativo, occupati da una serie di posti di carattere direttivo la cui caratteristica fondamentale è la collocazione nella parte alta di ogni Amministrazione, ovvero nello spazio intermedio esistente tra la Politica e l’Amministrazione.
Sulla base di questa idea, l’approvazione, a livello statale, della Legge 6/1997 (LOFAGE) di Organizzazione e Funzionamento dell'Amministrazione Generale dello Stato, cercò di delineare con maggiore precisione quello spazio intermedio collocato a cavallo tra la Politica e l’Amministrazione. In tal senso, la norma - il cui schema si riproduce in modo generale sia a livello autonomico che locale -opera una distinzione tra gli organi superiori, il cui compito è quello di stabilire i piani di azione dell’organizzazione posta sotto sua responsabilità, e gli organi direttivi, la cui funzione, invece, è quella di sviluppare ed eseguire tali piani.
Non essendo stato previsto alcun procedimento selettivo diretto ad accertare i criteri di accesso e non essendo stato attuato alcun sistema di valutazione dei risultati gestionali conseguiti, la LOFAGE finì per concretizzare un sistema di libera nomina (libre nombriamento) e, quindi, di mera derivazione politica, per le più alte cariche amministrative (altoscargos). Un sistema di nomina a carattere cerrado in quanto viene riservato ai funzionari di più elevato livello (appartenenti, secondo i criteri di classificazione del personale, al gruppo A, ora A1) e che ammette il reclutamento all’esterno solo eccezionalmente e limitatamente a determinati
90 posti (artt. 15.2 e 18.2)184337.In un assetto privo di una regolamentazione organica, anche di natura basica, in materia di dirigenza pubblica, considerato che il previsto estatuto del personal