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Il diritto di commutazione: legge 219 del 2012 e d.lgs 154 del

LA POSIZIONE DEI FIGLI SUL PIANO SUCCESSORIO E GLI EFFETTI DELLA MODIFICA APPORTATA CON LEGGE

2. Il profilo successorio alla luce della legge 219 del 2012 e dal decreto attuativo 154/

2.1 Il diritto di commutazione: legge 219 del 2012 e d.lgs 154 del

Una delle più significative modifiche apportate dalla legge 219/2012 atterrà all’abrogazione del 3° comma dell’art. 537 c.c., dove era contenuta la regolamentazione della facoltà di commutazione; in questo modo si è così venuti ad eliminare una delle ultime disuguaglianze giuridiche tra i figli, rimaste nel nostro ordinamento dopo la riforma 151 del 1975.

Nella norma citata il legislatore era andato a prevedere come “I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali”.

La facoltà di commutazione, come visto anche nel paragrafo precedente, fu introdotta con il codice civile del 1865 e conservata sia nel codice del 1942, sia anche a seguito della riforma del 1975; gran parte della dottrina però pur riscontrando la conformità del diritto di commutazione all’art. 30 3° comma della costituzione nel periodo successivo alla riforma del 1975 e fino al 2012 aveva ritenuto necessario il superamento dell’istituto in virtù delle differenze di trattamento tra i figli che questo produceva61. Sulla natura giuridica dell’istituto, in dottrina erano sorte diverse interpretazioni62: secondo alcuni si trattava di un diritto potestativo

61 BONILINI G., Manuale di diritto privato di famiglia, Milano, 2009, p.21

62 A. MAGNANI, Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessi successori.

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spettante ai figli legittimi nei confronti dei figli naturali, poiché la dichiarazione di volontà degli altri figli portava a far sì che l’esercizio del diritto produceva il mutamento della situazione giuridica dei figli “commutati”.

Anche dopo le modifiche apportate all’istituto dalla legge del 1975 con la quale si è andati ad introdurre il diritto di opposizione dei figli naturali con successiva valutazione da parte del giudice, rimaneva comunque una parte di dottrina che sosteneva la tesi della natura potestativa della facoltà di commutazione63.

Secondo altra parte della dottrina invece si trattava di un negozio giuridico unilaterale64, che poteva essere esercitato solo dai figli legittimi, ma tale facoltà doveva comunque essere comunicata ai figli naturali.

Altra tesi invece definiva la commutazione come un diritto potestativo ad esercizio controllato proprio perché era prevista la possibilità per i figli naturali di opporsi alla facoltà di commutazione dei figli legittimi, potendo il giudice intervenire al fine di verificare i presupposti della commutazione e la giusta causa della volontà di esclusione della comunione ereditaria dei figli legittimi65.

Come si può vedere dalla lettura della legge del 2012, l’art. 537 non è stato novellato direttamente riscontrando come se ne sia avuto solo un’abrogazione tacita ex art.15 delle preleggi per l’incompatibilità con l’art. 315 c.c.

63 S. D'AVINO, Commutazione delle quote ereditarie dei figli naturali, in Riv. not.,

1984, p. 564, secondo cui "la particolare incidenza di tale situazione giuridica si manifesterebbe nel potere riconosciuto ai figli legittimi di provocare ex uno latere l'esclusione dei figli naturali dalla comunione ereditaria, con l'assegnazione ad essi di determinati beni rientranti nel compendio ereditario".

64 G. BONILINI, Trattato di diritto delle successioni e donazioni, Milano, 2009, p.

292; L. MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione

legittima, cit., p. 81; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni,

Torino, 2006, p. 134; L. FERRI, Dei legittimari. Art. 536 - 564, cit., p. 35.

65 G. TAMBURRINO, Successione necessaria (diritto privato), in Enc. Diritto, XLIII,

Milano, 1990, p. 1357, se "il figlio naturale contesta in concreto le condizioni di legge cui il diritto potestativo è subordinato nel suo nascere, tale contestazione non può che portare, nel caso in cui il giudice accerti l'esistenza di queste condizioni, all'affermazione del diritto potestativo con Sentenza costitutiva del giudice".

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Solo con il decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154, art. 71, si è proceduto all’abrogazione della norma.

La Corte costituzionale era già intervenuta prima del 2012 sulla questione di legittimità dell’art. 537 3° comma c.c., con la sentenza 18 dicembre 2009 n. 33566, con la quale aveva però dichiarato non fondata la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo usando proprio come punto di riferimento il 3° comma dell’art. 30 della Cost., cioè la medesima disposizione su cui il Tribunale aveva fondato la questione di illegittimità e rimessa la stessa alla Corte.

I giudici da un lato sono consapevoli che l’art. 30 3° comma Cost. prevede il riconoscimento dei figli naturali, dall’altro però questo riconoscimento è contemperato con i diritti dei membri della famiglia legittima, la quale viene prima e rappresenta l’elemento cardine del diritto di famiglia.

Nella stessa motivazione della sentenza la Corte costituzionale il giudice sancisce che “l’approccio alla problematica relativa alla correttezza della scelta delle concrete modalità di realizzazione del menzionato contemperamento con (o la sottordinazione ad) altri principi di pari o maggior peso va interamente condotto sul versante della analisi della ragionevolezza del trattamento differenziato, commisurata ‘‘alla dinamica evolutiva dei rapporti sociali”67; sulla base di queste premesse logico-giuridiche era quindi sicura la conclusione di rigetto della questione di illegittimità costituzionale della norma da parte della Corte. Secondo i giudici dal momento che all’art. 537 c.c. assicura la parità di trattamento, riconoscendo e garantendo ai figli legittimi e naturali il diritto di concorrere alla successione del genitore nel medesimo grado e nelle medesime quote, si desume come il mantenimento del diritto di

66 Corte cost., 18 dicembre 2009, n. 335, in Nuova giur. civ. commentata, 2010, I, p.

567 s.s.

67 Così si legge nella motivazione della Corte cost., 18.12.2009, n.335, in Nuova giur. civ. commentata, 2010, I, p. 567 s.s.

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commutazione rappresenti quindi una libera scelta del legislatore dipendente dalle ragioni sociali.

La corte così si esprime: “di conservare in capo ai figli legittimi la possibilità di richiedere la commutazione, condizionata dalla previsione della facoltà di opposizione da parte del figlio naturale e dalla valutazione delle specifiche circostanze poste a base della decisione del giudice, non contraddice la menzionata aspirazione alla tendenziale parificazione della posizione dei figli naturali, giacché non irragionevolmente si pone ancor oggi (quale opzione costituzionalmente non obbligata ne vietata) come termine di bilanciamento (compatibilità) dei diritti del figlio naturale in rapporto con i figli membri della famiglia legittima”.

Come diceva la stessa Corte nella motivazione, la norma “appare viceversa idonea a consentire il recepimento nel suo ambito dispositivo (di volta in volta, e secondo il sentire dei tempi) delle singole fattispecie, commisurate proprio a quella dinamica evolutiva dei rapporti sociali, che attualizza il precetto costituzionale. Ciò, tanto più in quanto – per colmare la già evidenziata ampia latitudine del riferimento normativo alle ‘‘circostanze personali e patrimoniali’’ – il giudice, nella propria opzione ermeneutica, è tenuto a dare una valutazione costituzionalmente orientata, la quale appunto non può ignorare (ma deve necessariamente prendere in considerazione) la naturale evoluzione nel tempo della coscienza sociale e dei costumi”.

Dalla sentenza possiamo concludere che la Corte ha ritenuto costituzionalmente compatibile il diritto di commutazione poiché questo non andava a contraddire l’ambizione all’attuazione della parificazione tra le due categorie di figli; ciò portava così a sottolineare come l’equiparazione nel nostro sistema non fosse piena e reale ma solo tendenziale.

Dalla lettura delle motivazioni parte della dottrina è giunta alla conclusione che la Corte non soltanto riconoscesse la legittimità della

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commutazione, ma finisse per considerarla come lo strumento giuridico che consentiva la realizzazione e l’attuazione del principio contenuto al 3° comma dell’art. 30 della costituzione68.

I principi che hanno ispirato il legislatore del 2012, portando alla abrogazione dell’art. 537 3° comma c.c., sono mutati, rispetto a quelli seguiti dalla Corte costituzionale nel 2009 con la sentenza n. 335; infatti con l’introduzione di un unitario statuto giuridico di figlio e la totale equiparazione tra i “figli nati nel matrimonio” e “figli nati al di fuori del matrimonio” era inevitabile l’abrogazione dell’istituto della commutazione.

L’abrogazione del 3° comma dell’art. 537 c.c. porta a doversi interrogare della coerenza della disciplina introdotta con la legge 219 del 2012 rispetto ai principi sanciti all’art. 2969 della Cost., il quale pone il matrimonio alla base della famiglia e all’art. 30 3° comma70 della Cost.

Si è comunque consapevoli che la legge 219 del 2012 è stata approvata in attuazione dei principi costituzionali, tuttavia non è agevole conciliare gli effetti con il modello di famiglia delineato all’art. 29 della Cost. dal momento che la famiglia delineata nella legge è una famiglia estesa e non più la famiglia legittima.

Si dovrà quindi attendere l’intervento del Governo con i successivi decreti legislativi per vedere definitivamente abrogato dal nostro ordinamento il comma 3 dell’art. 537 c.c. e conseguentemente il diritto di commutazione; infatti solo con l’art. 71 del Decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154 entrato in vigore il 7 febbraio 2014 si è proceduto all’abrogazione espressa della norma.

68 V. BARBA, Le successioni mortis causa dei figli naturali dal 1942 al disegno di legge recante <<Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali>>, Fam. pers. e succ., 2012, p.659

69 Art 29 cost. “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale

fondata sul matrimonio”.

70 Art 30 3° comma Cost. “La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni

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Si pone l’interrogativo se l’abrogazione avvenuta con il d.lgs 154/2013 possa legittimamente rientrare nei confini della delega che la legge 219 del 2012 ha affidato al Governo; secondo la dottrina71 si deve escludere che vi sia stato un eccesso di delega, rientrando in quanto previsto alla lettera l) dell’art. 2 della legge 219 del 2012.

Sfuggono però le ragioni, alla base della scelta del legislatore, di non predisporre l’abrogazione del 3° comma dell’art. 537 c.c. con la legge del 2012.

All’interno dell’ordinamento due sono le opinioni assunte sulla abrogazione della disposizione, una prima opinione sostiene come già con l’entrata in vigore della legge 219/2012 doveva reputarsi implicitamente abrogata la norma72; secondo altra tesi invece è preferibile l’abrogazione espressa73.

Parte della dottrina74 si è quindi opposta alla tesi che sosterrebbe come con la legge del 2012 vi sia stata un’abrogazione implicita della disposizione, dal momento che non avrebbe allora senso l’intervento successivo del legislatore con cui si è prevista l’abrogazione espressa. Seguire questa seconda impostazione porta però a concludere come, mentre per le successione apertesi tra l’entrata in vigore della legge 219 del 2012 e il decreto legislativo 154 del 2013 trova applicazione la disciplina contenuta al 3° comma dell’art. 537 c.c., altrettanto non si avrebbe per le successioni apertesi dopo il decreto del 2013 in conseguenza dell’espressa abrogazione.

Si può quindi desumente come sull’ambito di applicazione della avventura abrogazione dell’istituto della commutazione non si abbia ancora un giudizio pieno.

71 G. BONILINI, L’abrogazione della norma concernente il diritto di commutazione, Fam. e dir., 2014, p. 517.

72 A. MAGNANI, Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessi successori, p. 23.

73 G. BONILINI, L’abrogazione della norma concernente il diritto di commutazione, Fam. e dir., 2014, V, p. 520.

74 G. BONILINI, L’abrogazione della norma concernente il diritto di commutazione, Fam. e dir., 2014, p. 520.

76 2.2 Successione ab intestato

Come già detto nei capitoli precedenti con la legge 151 del 1975 si era assistito alla sostanziale equiparazione tra i figli legittimi e naturali sul piano del trattamento successorio nei soli confronti dei genitori, portando così alla costituzione di un rapporto genitore-figlio sostanzialmente omogeneo, dal momento che venivano ad essere attribuiti i medesimi diritti successori.

Si poteva però riscontrare come quel rapporto che si istaurava tra genitori e figli si presentasse sempre come un rapporto univoco, cioè si esplicava solo nei confronti del genitore che aveva effettuato il riconoscimento (cioè in linea retta discendente), escludendo così, che sorgessero diritto successori sia nel senso inverso, cioè dal genitore naturale nei confronti del figlio deceduto, sia tra fratelli naturali.

La disciplina regolata dalla legge del 1975 era quindi legata alla definizione di parentela contenuta nell’art. 74 e all’art. 258 c.c.

Le due disposizioni hanno rappresentato le norme cardini della riforma apportata con legge 219 del 2012, portando così ad importanti evoluzioni e modifiche nei diritti successori dei figli e andando ad aumentare i successibili ex lege.

Come già detto, prima della legge del 2012, al rapporto di parentela naturale tra fratelli veniva dato solo un limitato riconoscimento in virtù della sentenza 12 aprile 1990 n. 184, con la quale la Corte aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 565 c.c. nella parte in cui, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, escludeva la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali dei quali fosse legalmente accertato il rispettivo status di filiazione nei confronti del comune genitore75.

75 Il nuovo articolo 565 c.c è stato così riformulato “Nella successione legittima

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Da ciò ne derivava come la successione tra fratelli unilaterali era ammessa in un solo caso e questa non trovava fondamento sul rapporto di parentela, ma bensì sul vincolo di consanguineità, venendo così a creare una nuova categoria di successibili diversi dai parenti entro il sesto grado e dallo Stato76.

Con la formulazione precedente al 2012, come evidenziato anche dalla Suprema Corte77, vi era la necessità di realizzare una concezione di parentela che fosse in grado di consentire la successione dei parenti naturali fino al sesto grado; si poteva quindi riscontrare come numerose fossero le situazioni discriminatorie per la filiazione nata fuori dal matrimonio.

Con la nuova formulazione del vincolo di parentela, si è reso necessario andare a ridisegnare gli assetti ereditari delineati nella successione legittima, rideterminare il novero dei successibili e ricalcolare le quote loro spettanti78.

Con la riforma del 2012 si è avuto quel passo avanti che la dottrina da tempo auspicava, venendo a prevedere come tutti i soggetti legati da vincolo di parentela concorrono alla comunione ereditaria, senza che riveli lo stato di legittimità; questo dipende dalla nuova formulazione dell’art. 565 c.c.79.

Tale modifica porta ad importanti conseguenze nella fisionomia delle norme contenute nel Capo I, Titolo II, del Libro II del codice civile una volta eseguita la delega, poiché molte disposizioni, al fine di adeguarsi ai principi della riforma, non potranno limitarsi alla sostituzione dei

legittimi, ai collaterali, agli altri parenti, allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”

76Notaio E, MATANO, Testo del convegno del 12.4.2013 al Convegno

“Sull’unificazione dello Stato Giuridico dei figli: quadro generale della riforma e delle sue prospettive”.

77Cass., sez. I, 10 settembre 2007, n.19011, in Giust. Civ., 2008, n.11, pag.2477. 78 R, PICARO, Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto., Torino, 2012 79 Art.565 riformato dalla legge 219 del 2012 “Nella successione legittima l’eredità si

devolve ai coniugi, ai discendenti, agli ascendenti, ai fratelli e alla sorelli, agli altri collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”.

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termini” legittimo” e “naturale” con quello di “figlio”; ad esempio è ragionevole pensare che verranno ad essere abrogate le norme che ancora riconoscono una quota di eredità doppia ai fratelli germani in concorso con gli unilaterali, consanguinei o uterini(art. 569 e 570 c.c.)80. Dalle modifiche apportate in materia di parentela possiamo quindi concludere che anche i fratelli naturali potranno ereditare gli uni dagli altri ex art. 570 e 571 c.c. e non più come ordine residuale prima dello Stato.

La nuova disciplina trova applicazione per fratelli e sorelle adottivi nei confronti degli altri parenti degli adottanti, ritenendo come anche essi rientrino nei successibili; è necessario però distinguere tra “adozione legittimante” da un lato e dall’altro “adozione del maggiorenni” e “adozione del minore in casi particolari”.

Questo porta a distinguere come, mentre nell’adozione legittimante i figli adottati succedono ai fratelli e sorelle poiché istaurano un rapporto di parentela con tutti i parenti degli adottanti, diversa è la disciplina che trova applicazione per l’adozione di maggiorenne e per quella in casi particolari.

Come visto nel capitolo precedente, con la riformulazione dell’art. 74 c.c., il legislatore ha previsto come il rapporto di parentela nel caso di adozione si costituisce solo per l’adottato minorenne, escludendo espressamente la costituzione del vincolo nel caso del maggiorenne; sul l’adozione in casi particolari non vi è stato alcun intervento legislativo. La mancata regolamentazione dell’adozione in casi particolari ha portato ad interrogativi sulla disciplina applicabile, giungendo però a riscontrare come la dottrina maggioritaria sostenga come sia rimasto in auge l’art. 55 della legge del 184/1983 dove nel disciplinare l’adozione in casi particolari si fa rinvio all’ipotesi di adozione del maggiorenne.

80A. MAGNANI, Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessioni successori, p. 36 s.s.

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Questo porta a concludere come sia nell’adozione del maggiorenne, che nell’adozione in casi particolari, l’adottato non costituendo alcun rapporto civile con la famiglia dell’adottante, non succede ai fratelle e alle sorelle.

Si pone inoltre la necessità di interrogarsi se le modifiche apportate con la legge 219 del 2012 trovino applicazione anche per i fratelli “unilaterali” cioè in quei casi in cui vi sia un solo genitore in comune. L’unitarietà non è sempre detto che derivi da un rapporto di filiazione avvenuta fuori dal matrimonio, producendo quindi una parentela “naturale”, ci posso infatti essere casi in cui ad esempio il genitore che ha avuto figli dal primo matrimonio, rimasto vedovo si risposa e ha figli con il coniuge di seconde nozze.

Parte della dottrina81 ritiene come non vi siano stati cambiamenti per i fratelli e sorelle unilaterali con la legge del 2012 se non dal punto di vista lessicale, non potendo più essere definiti come naturali.

Le disposizione che regolano la successione dei fratelli e sorelle unilaterali rinvia a quanto previsto dal legislatore nel codice civile, regolando come questi conseguano la metà della quota quando concorrono con i fratelli e le sorelle germani.

Il legislatore adotta il criterio della “quota di fatto” in base a cui il fratello unilaterale viene attribuita una quota in virtù della quota che effettivamente consegue il fratello germano; tale criterio si contrappone alla “quota di diritto” che al contrario prevede delle porzioni predeterminate.

Il criterio della quota di fatto garantisce quindi il mantenimento di una costante proporzione tra le quote dei fratelli germani e quella degli unilaterali, venendo così ad attenuare le disparità di trattamento dal momento che gli viene ad essere accordata una quota maggiore di quella risultante dall’applicazione del criterio della “quota di diritto”.

81 A. MAGNANI Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessioni successorie, p.45.

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Era inevitabile che l’estensione del concetto di parentela andasse ad incidere sulla categoria dei legittimari.

Con le modifiche apportate dalla legge 219 del 2012 l’ascendente naturale, che prima era estraneo, diventa parente del figlio nato fuori dal matrimonio e dunque elevato a rango di legittimario; ciò in virtù della modifica apportata all’art. 536 c.c., dove si sostituisce alla parola “ascendenti legittimi” quella di “ascendenti”82.

Si pone l’interrogativo se tale modifica dipenda dalla legge 219 del 2012 oppure se discende dal decreto 154/2013.

Parte della dottrina83 mette in luce come, mentre nella successione legittima il legislatore ha sempre utilizzato i termini parenti e ascendenti, senza distinguere tra “legittimi” e “naturali”, nella successione necessaria al contrario utilizzava l’espressione “ascendenti legittimi” andando così ad escludere implicitamente quelli “naturali”.

Ciò porta a concludere come, se la successione legittima deve considerarsi modificata dalla legge 219 del 2012, riscontrando come il decreto del 2013 abbia avuto solo una funzione di allineamento linguistico; al contrario la successione necessaria si deve ritenere modificata solo a partire dal decreto del 2013.

Da una valutazione dei due interventi legislativi possiamo concludere come sotto il profilo discendente, cioè nella successione dal nonno al figlio, non si hanno modifiche rispetto a quanto previsto precedentemente; al contrario sul piano ascendente, cioè la successione del figlio al nonno, la situazione cambia.

Sotto il profilo discendente, in caso di morte del nonno “naturale”, in caso di mancanza dei genitori, il figlio godeva di una tutela successoria; infatti il nipote anche se non legittimario, in virtù delle regole sulla

82 V. BARBA, Principi successori del figlio nato fuori del matrimonio e problemi di diritto transitorio, in Fam. e dir. 2004, cit., p. 505.

83 V. BARBA, Principi successori del figlio nato fuori del matrimonio e problemi di diritto transitorio, in Fam. e dir. 2004, cit., p. 506.

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rappresentazione aveva comunque diritto di pretendere una quota del patrimonio del nonno, che sarebbe spettata al genitore.