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La filiazione nel diritto internazionale privato

LA FILIAZIONE E IL DIRITTO SUCCESSORIO IN AMBITO COMUNITARIO

1. La filiazione nel diritto internazionale privato

Le modifiche apportate con le legge 219 del 2012 hanno prodotto delle conseguenze anche sul piano del diritto internazionale privato, portando così conseguenza riflesse sulla legge, 31 maggio 1995, n. 218.

Infatti come si evince la legge delega, all’art. 2 comma 1 lett. m), al governo è stato attribuito il compito di procedere “all’adattamento e riordino dei criteri di cui agli artt. 33, 34, 35, 39 della legge 31 maggio 1995, n. 218, concernenti l’individuazione, nell’ambito del sistema di diritto internazionale privato, della legge applicabile”, cui ulteriormente si aggiunge il compito di determinare “ eventuali norme di applicazione necessaria di attuazione del principio dell’unificazione dello stato di figlio”.

La precedente disciplina sulla filiazione era permeata dalla vecchia concezione, riflettendo così sul piano del diritto internazionale privato, i diversi regimi di filiazione presenti sul piano del diritto materiale1. La disciplina di diritto internazionale privato era comunque più innovatrice, dal momento che il legislatore del 1995 garantiva al figlio la necessaria centralità e orientando molte norme verso il favor filiationis, al fine di favorire l’attribuzione di uno status familiare anche al figlio naturale.

Come emerge dalla disciplina, si poteva riscontrare come, per la filiazione naturale, il favor per lo stabilimento di un rapporto di filiazione non si trasformava in un favor per lo stabilimento di un rapporto pieno, come al contrario avviene per la filiazione legittima2.

1 C. HONORATA, La nuova legge sulla filiazione e il suo impatto sul diritto internazionale privato, 2014.

2 C. HONORATA, La nuova legge sulla filiazione e il suo impatto sul diritto internazionale privato, 2014.

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Quindi il diritto del figlio “naturale” di istaurare un rapporto di filiazione con i propri genitori veniva ad essere contemperato con la salvaguardia della famiglia legittima, ritenuta fino ad oggi meritevole di tutela di una tutela piena e rinforzata.

Infatti all’art. 13 3° comma3 della legge n. 218 si prevedeva come in relazione a tutte e tre le norme relative alla filiazione, art. 33, 34 e 35, il rinvio fosse da operare solo nella misura in cui esso conduca allo stabilimento della filiazione di volta in volta sollecitata4.

Deve però essere messo in luce come oggi il principio del favor filiationis abbia subito un ridimensionamento, ritenendo come esso non rappresenti più un valore assoluto, ma debba essere ricercato tenendo conto del superiore interesse del minore e quindi bilanciato con il favor veritatis.

Con il decreto legislativo del 2013, il Governo procede all’attuazione dei principi inseriti nella legge delega del 2012, attuando in primis quanto previsto all’art. 2 lett. a) della legge 219 del 2012, dove si prevede in tutta la legislazione vigente, la modifica degli aggettivi che risultano non più pertinenti e apportando piccole correzioni che realizzano l’obbiettivo.

Per la legge 218 del 1995 si potrà riscontrare come l’intervento sia innovativo solo con l’introduzione dell’art. 36 bis5.

Centrale, prima di andare ad analizzare gli artt. 33 s.s., è il criterio di cittadinanza del figlio, il quale regge tutta la disciplina della filiazione, sul fatto che questo regola in modo quasi esclusivo l’intero ambito del diritto di famiglia6.

3 Art. 13, co.3 “Nei casi di cui agli articoli 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto

se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione”.

4F. MUNARI, Art.13, in Legge 31 maggio 1995 n.218. Riforma del sistema italiano del diritto internazionale privato, in Le nuove leggi civili e commentate, 1996, p.1034. 5 C. HONORATA, La nuova legge sulla filiazione e il suo impatto sul diritto internazionale privato, 2014

6 L’unico altro criterio cui si fa ricorso nell’ambito delle numerose norme sul diritto di

famiglia è quello del luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Questo criterio, oggi inoperante in relazione al matrimonio (art. 31) in seguito

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La legge del 1995 predispone comunque un meccanismo idoneo ad estendere i principi della legge anche a coloro che, pur non essendo cittadini italiano, sono comunque residenti; anche con la nuova disciplina permangono comunque le difficoltà già riscontrate con la regolamentazione precedente e cioè ad esempio nelle ipotesi di doppia cittadinanza.

Si rende ora necessario procedere all’analisi delle disposizioni della legge 218 del 1995 modificate con la legge del 2012 e con il successivo decreto attuativo del 2013.

Art. 33 della legge 218 del 1995 è stato modificato con la riforma ed oggi appare semplificato, infatti con la rimozione del triplice regime di filiazione nella disciplina codicistica, è anche venuto meno il dibattito sulla natura autonoma o integrativa della norma7.

La nuova formulazione dell’art. 33 1° comma, introdotta con il decreto legislativo all’art. 101, prevede infatti “Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita”. Ciò porta a riscontrare come il legislatore sia andato a ribadire il collegamento dello status filiationis con la legge nazionale del figlio al momento della nascita, alla quale si aggiunge l’eventuale collegamento alla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita del figlio.

Al secondo comma si prevede poi come la legge regoli i presupposti e gli effetti dell’accertamento dello status di figlio e della contestazione dello stato; quando però tale legge non permetta l’accertamento dello

all’entrata in vigore del Regolamento 1259/2010 c.d. Roma III, trova applicazione in via sussidiaria, per il caso che non sia possibile fare ricorso al criterio della comune cittadinanza, in relazione ai rapporti personali e patrimoniali tra coniugi (artt. 29 e 30) e in relazione all’adozione di minori.

7 A lungo si è dibattuto in dottrina se il comma 1 dell’art. 33, relativa appunto allo stato

di figlio, costituisca una norma di conflitto autonoma, con un proprio ambito di applicazione, o se essa costituisca un elemento integrativo della sola disciplina della filiazione legittima, oggetto del comma 2, o anche di tutte le altre tipologie di filiazione. Si veda un’eco del dibattito in C. CAMPIGLIO, Lo stato di figlio nato da

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stato di figlio si applica la legge italiana.

Il rinvio al diritto straniero non garantisce l’applicazione del principio di eguaglianza giuridica in materia di filiazione; questo porta a concludere come al figlio nato fuori dal matrimonio viene attribuito lo status di “figlio” solo quando questo o uno dei suo genitori abbia la cittadinanza italiana o quella di altro Stato che abbia accolto tale principio.

Quando però la legge richiamata conosce una pluralità di regimi differenti nell’attribuzione dello status filiationis l’obbiettivo di diritto materiale non si realizza.

La questione si pone quando la legge regolatrice richiamata dalla norma sia quella dello Stato mussulmano, poiché in tali paesi non è consentito il riconoscimento dei figli naturali8 o nel caso di legislazioni che pur consentendo il riconoscimento, regolino poi discipline differenziate. In via generale si può dire che la questione si pone in tutti i casi in cui il rapporto di filiazione è accertato all’estero ma non produce effetti in Italia; ci sono state infatti recenti sentenze della Cassazione e della Cedu sul figlio nato all’estero in seguito a contratto di sostituzione di maternità.

Sulla trascrizione degli atti di stato civile concernenti il minore e formati all’estero è intervenuto il Tribunale di Trieste9 e il Tribunale di Milano10 contestando il reato di alterazione di stato civile, in virtù della trascrizione in Italia di certificati di nascita ideologicamente falsi in quanto relativi a minori italiani, nati in Ucraina da madre con cittadinanza ucraina, ma contenenti l’indicazione della madre italiana

8 C. HONORATA, La nuova legge sulla filiazione e il suo impatto sul diritto internazionale privato, 2014

9 Tribunale di Trieste, 6 giugno 2013, in Rivista del diritto internazionale privato e processuale, 2014, I, p. 154 s.s.

10 Tribunale di Milano, 15 ottobre 2013, in Rivista del diritto internazionale privato e processuale, 2014, I, p. 157 s.s.

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già all’atto di nascita11.

Le ragioni di ciò risiedevano nella ammissibilità in Ucraina della surrogazione di maternità, anche eterologa, regolata all’art. 123 comma 2 del codice di famiglia ucraino.

In virtù quindi delle disposizioni contenute nel codice ucraino, i certificati trascritti in Italia non potranno considerarsi ideologicamente falsi, portando ad una pronuncia di assoluzione dal momento il fatto non costituisce reato in Ucraina.

Possiamo quindi concludere come in base all’art. 15 dell’ordinamento dello stato civile italiano, le dichiarazioni di nascita poste in essere da cittadini italiani all’estero “devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità competenti”.

Al 3° comma dell’art. 33 si prevede oggi, come la legge nazionale del genitore, attraverso cui il figlio acquisisce lo status, non può che essere contestata alla stregua della stessa.

Di centrale importanza è quindi la formulazione del 4° comma dell’art. 33 riformulato, dove si sancisce espressamente come le norme italiane che sanciscono il principio dell’unicità dello status di figlio trovano necessaria applicazione; la norma dà quindi piena attuazione alla disciplina del decreto legislativo12.

Con il decreto del 2013 si è proceduto anche alla modica degli articoli successivi, infatti con l’art. 105 del decreto legislativo si è proceduto all’abrogazione dell’art. 34 regolante la filiazione legittima.

Non solo la legittimazione non sarà più possibile per i minori di nazionalità italiana, ma l’attribuzione di paternità al figlio nato fuori dal matrimonio dovrà avvenire solo a seguito del riconoscimento volontario

11 S. TONOLO, La trascrizione degli atti di nascita derivante da maternità surrogata: ordine pubblico ed interesse del minore, in Rivista del diritto internazionale privato e processuale, 2014, I, p. 81 s.s.

12 All’art. 2, co.1, lett. m) della legge 219/2012 ai sensi della quale il Governo dovrà

provvedere “all’adattamento e riordino dei criteri di cui agli articoli 33, 34, 35 e 39 della legge 31 maggio 1995, n.218 …anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessaria in attuazione del principio dell’unificazione dello stato di figlio”.

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o di accertamento giudiziale.

Altra modifica interessa l’art. 35 della legge del 1995, volto alla regolamentazione del riconoscimento dei figli naturali; con la nuova formula si è andati ad eliminare l’aggettivo “naturali” e si conferma come le condizioni per il riconoscimento sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, o se più favorevole dalla legge nazionale del soggetto che opera il riconoscimento.

Si prevede inoltre il ricorso all’applicazione della legge italiana quando quella straniera non consente il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.

L’art. 101 del decreto 154/2013 interesserà anche l’art. 36 della l. 218 del 1995, allineando la norma ai principi della legge delega.

Si afferma che i rapporti personali e patrimoniali tra i genitori e figli sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

Già prima della riforma tale articolo era visto con favore, dal momento che garantiva l’applicazione della disciplina a tutti e tre gli status di filiazione; non solo sottoponeva i rapporti tra genitori e figli alla medesima legge regolatrice, ma ne unificava la disciplina anche quanto ai soggetti coinvolti e al loro oggetto.

Soggetti a modifica anche gli artt. 38 e 39 della legge 1995 n. 218, dove veniva regolata l’adozione di maggiorenne e l’adozione in casi particolari.

La disciplina attualmente in vigore stabilisce che i rapporti personali tra genitore e figlio sono regolati dalla legge nazionale degli adottanti se comune o in subordine dalla legge dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Il criterio previsto all’art. 39 riprende quanto detto nella disposizione precedente dove, nel regolare la sorgenza del vincolo adottivo, il legislatore prevede unitarietà nella disciplina dei presupposti e delle condizioni di adottabilità oltre che le conseguenze nei rapporti tra genitori e figlio adottivo.

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La maggiore novità che il decreto legislativo ha introdotto è stata l’introduzione dell’art. 36 bis13; lo scopo della norma è quello di andare

ad individuare i principi ritenuti fondamentali e inderogabili del nuovo diritto del minore e garantirne comunque l’applicazione, nonostante il richiamo ad altre leggi.

Nella disposizione si prevede come le norme di diritto italiano siano considerate di applicazione necessaria, in maniera da attribuire ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale, con riguardo al dovere di entrambi di provvedere al mantenimento del figlio e relativamente alla competenza dell’autorità giudiziaria di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale quando questa venga ad essere esercitata in pregiudizio dei figli.

2. La filiazione in Europa: analisi della disciplina nei principali