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La filiazione in Europa: analisi della disciplina nei principali documenti internazionale e europe

LA FILIAZIONE E IL DIRITTO SUCCESSORIO IN AMBITO COMUNITARIO

2. La filiazione in Europa: analisi della disciplina nei principali documenti internazionale e europe

Prima di procedere all’analisi della disciplina sulla filiazione nelle singole esperienze europee, è necessario procedere all’osservazione dei principi e delle regole sancite nelle norme sovranazionali.

La tutela dell’infanzia e della famiglia ha avuto un ruolo di primo piano sia nel dibattito interno che internazionale; la realizzazione di tali documenti si fonda sui valori delle varie culture nonché dipende dal momento storico e dalle condizioni economiche che influenzano il livello di tutela che può essere garantito, ad un minore ed alla sua famiglia.

Nella tutela del minore a livello internazionale necessita di essere analizzata la Convenzione dei diritti del fanciullo del 198914, la quale ha

13 Art. 36 bis co. 1 “Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le

norme del diritto italiano che: a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale; b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del figlio; c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale in presenza di condotte pregiudizievoli per il figlio”.

14 Siglata a New York il 20 novembre del 1989 e ratificata da 191 stati, approvata ad

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assunto un significato storico, infatti “per la prima volta i diritti dei bambini sono entrati a pieno titolo nel mondo giuridico internazionale, dopo avervi fatto comparse più o meno marginali”15.

Di centrale importanza è quanto previsto all’art. 2 della Convenzione, dove gli Stati si impegnano a rispettare e a garantire i diritti della stessa per tutti i fanciulli che dipendono dalla loro giurisdizione, senza alcuna distinzione o discriminazione relativa alla nascita o a qualsiasi altra circostanza; norma di centrale rilievo proprio perché rappresenterà una delle norme cardini su cui si fonderanno le legislazioni nazionali per l’eliminazione delle discriminazioni tra i figli a secondo dalla nascita o meno in costanza di matrimonio.

La disposizione prosegue in tale direzione andando a rafforzare ulteriormente tale principio, prevedendo come “gli Stati parti devono adottare tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione motivata dalla condizione sociale dei suoi genitori”.

Altra norma cardine è l’art. 7 della Convenzione del fanciullo, dove si garantisce il diritto del minore al nome, al cognome e alla bigenitorialità, cioè il diritto ad avere un rapporto con entrambi i genitori, indipendentemente dalla condizione dei genitori: sia che essi coniugati, conviventi o separati.

Si può notare come il diritto di famiglia sia ancora oggi considerato come prerogativa del diritto nazionale; ciò sembra essere dimostrato anche dalle stesse norme sovranazionali16.

Infatti, ad esempio nel Trattato di Lisbona il diritto di famiglia viene inserito tra le materie della politica di cooperazione giudiziaria in materia civile, art. 81 TFUE, prevedendo però una procedura legislativa speciale che richiede l’unanimità del Consiglio e solo la consultazione

15 UNICEF, I bambini e i loro diritti, 2001, p.1.

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del Parlamento, art. 81 3° comma sancisce la deroga alla procedura legislativa ordinaria.

Nell’ambito poi della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali17, mancano disposizioni dirette alla regolamentazione della filiazione; viene però ad essere regolato il diritto di famiglia attraverso due disposizioni, dalla cui formulazione si viene anche ad definire la “famiglia”, dal momento che manca une definizione espressa.

L’art. 818 che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, rappresentando la norma cardine, e l’art. 12 dove si prevede come “gli uomini e le donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”, garantendo il diritto al matrimonio, secondo quanto già previsto all’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 194819. Nei documenti del Consiglio d’Europa merita essere brevemente analizzata la Convenzione europea sullo status giuridico dei minori nati al di fuori del matrimonio20.

A metà anni ‘70, quando la Convenzione venne sottoposta alle firme degli Stati membri del Consiglio d’Europa, nella società europea si

17 Firmata a Roma il 4 novembre 1950 e attualmente ratificata da 47 Stati.

18Art. 8 “Ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata e familiare, del suo

domicilio e della sua corrispondenza. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del Paese, la prevenzione dei reati del la protezione della salute o della morale o la protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

19 Relazione illustrativa dello schema di disegno di legge recante modifiche alla disciplina in materia di filiazione, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 16

marzo 2007, su proposta del Ministro delle Politiche per la Famiglia, Rosy Bindi, del Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e del Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, in www.governo.it.

20 Firmata a Strasburgo il 15 ottobre del 1975 ed entrata in vigore 11 agosto del 1978,

l’Italia ha firmato questa Convenzione 11 febbrai del 1981, ma non l’ha ancora ratificata.

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cominciavano ad intravedere profondi mutamenti sociale, in grado di andare ad influenzare anche la famiglia tradizionale21.

Inoltre si cominciava a percepire come la distinzione, accettata per molto tempo, tra figli legittimi e figli illegittimi, era ormai superata ed ingiustificata.

Lo scopo della Convenzione del 1975 era centrato sull’equiparazione dello status giuridico dei figli sia essi nati dentro che fuori il matrimonio, con il tentativo di eliminare le discriminazioni sociali e legali retaggio del passato.

Per dare attuazione a tale obiettivo, il Consiglio d’Europa ha ravvicinato le regole concernenti lo status giuridico dei figli nati al di fuori del matrimonio; tale processo in virtù della lunghezza e della complessità richiede tempo, tuttavia il Consiglio, attraverso il sistema di riserve permette agli Stati di realizzarlo gradualmente.

Il sistema delle riserve prevede che non possano avere ad oggetto più di tre dei nove articoli che prevedono gli obblighi, esplicando le stesse riserve un’efficacia per non più di cinque anni; trascorso tale tempo saranno oggetto di ulteriore esame, al fine di procedere a quanto statuito. La convenzione s’ispira all’antico principio romano mater semper certa est, in virtù di ciò, all’art. 2 della convezione, si afferma che la filiazione materna di ogni bambino nato al di fuori del matrimonio si basa esclusivamente sul fatto della nascita.

Una delle norme cardini è l’art. 4, dove si prevede come il riconoscimento volontario di paternità non può essere opposto o contestato nella misura in cui sia permesso dalle leggi nazionali, a meno che non si tratti del padre biologico.

Infine, altra disposizione centrale è l’art. 6, dove al 1° comma si afferma come sia la madre che il padre di un bambino nato al di fuori del matrimonio hanno i medesimi obblighi di mantenimento del figlio,

21 E. FALETTI, La filiazione. Questioni sostanziali, processuali, internazionali nell’analisi della giurisprudenza, Perugia 2007.

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come se fosse nato all’interno del matrimonio; ciò porta alla conclusione che anche i membri delle famiglie paterne e materne possono essere portati ad ottemperare a tali obblighi quando sia loro richiesto.

All’art. 9 della convenzione viene ad essere dettata la disciplina successoria, affermando come i diritti successori del figlio nato al di fuori del matrimonio nei confronti del suo genitore sono i medesimi rispetto a quelli dei figli nati all’interno del vincolo coniugale.

Dalla disciplina comunitaria possiamo desumere come in Europa si stia realizzando un processo di avvicinamento delle diverse legislazioni nazionali in materia di diritto di famiglia; infatti, le riforme apportate da molti Stati europei a partire dagli anni 70 in materia di adozione, matrimonio, filiazione mostrano il convergere delle legislazioni nazionali su alcuni principi di fondo come quello del preminente interesse del figlio nell’ambito delle relazioni familiari e quello dell’uguaglianza di tutti i figli legittimi e naturali indipendentemente dalle circostanze della nascita22.

Questo percorso si fonda non solo sui principi interni agli Stati, ma anche nell’attività degli organi legislativi e giurisdizionali europei23. Ruolo centrale, è quindi rivestito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea24 negli artt. 7 e 9, ripresi dalla CEDU, prevedendo

22 R. DE MEO, La tutela del minore e il suo interesse nella cultura giuridica italiana e europea, in Dir. fam. pers., 2012, p. 461-462.

23 Il radicarsi di principi comuni si deve anche all’adesione dei Paesi europei a

convenzioni internazionali promosse dalle Nazioni Unite (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo), o stipulate dagli Stati aderenti al Consiglio d’Europa e aventi come obiettivo quello di garantire anche al di fuori dei confini nazionali l’attuazione di diritti fondamentali in ambito familiare, come quello relativo alla salvaguardia delle relazioni tra genitori e figli ( Convenzione dell’Aja 28 maggio 1970; Convenzione di Lussemburgo 20 maggio 1980; Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980), o l’adozione ( Convenzione di Strasburgo 24 aprile 1967) o i diritti dei minori nei procedimenti che li riguardano ( Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1996, sull’esercizio dei diritti del minore,). BESSONE M., ALPA G.,D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme

legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 48.

24 Fu proclamata ufficialmente a Nizza nel dicembre 2000 dal Parlamento europeo,

dal Consiglio e dalla Commissione. La Carta è stata modificata e proclamata una seconda volta nel dicembre 2007. La carta è ampliamente influenzata dalla CEDU e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

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rispettivamente il rispetto della vita privata e familiare e il diritto di sposarsi e di costruire una famiglia.

All’art. 14 si afferma il diritto dei genitori di provvedere all’educazione ed istruzione del figlio secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche; all’art. 24 si riserva attenzione ai diritti del bambino diventando così il minore soggetto di diritto in quanto destinatario diretto della tutela riconoscendo anche la possibilità di esprimersi in merito alle situazioni che lo interessano, portando così alle norme sull’ascolto del minore.

Si può riscontrare come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea riprende e al contempo sviluppa i principi sanciti nella CEDU. All’art. 33 della Carta di Nizza si sancisce la tutela della vita familiare sul piano giuridico, economico e sociale; affermando poi al 2° comma il compito degli Stati di rendere compatibile la vita familiare con la vita professionale e lavorativa, prevedendo inoltre forme di assistenza e servizi sociali per la maternità.

La giurisprudenza della Corte è intervenuta sulla portata dell’art. 8 della CEDU, affermando che “la situazione da valutare è la possibilità concreta di due soggetti di stabilire e mantenere legami di tipo familiare”25; tale interpretazione estensiva è stata influenzata sia dall’evoluzione sociale della definizione di famiglia, sia da fenomeni migratori da altre nazioni verso l’Europa, portando così alla necessità di tener conto delle nuove culture26.

Allo stesso tempo è però necessario evidenziare la variabilità e discrezionalità delle scelte nazionali in materia di familiare27.

25 Corte europea dei diritti dell’uomo, 24 aprile 2006, Boughanemi vs. France,

Raccolta, 1996, p. 593.

26 E.FALETTI, La filiazione. Questioni sostanziali, processuali, internazionali nell’analisi della giurisprudenza, Perugia 2007.

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S. BARTOLE, B. CONFORTI, G. RAIMONDI, Commentario alla convenzione

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La giurisprudenza della Corte afferma che la protezione della vita privata e familiare implica la piena tutela delle relazioni familiari nell’effettività del loro svolgimento.

Nell’ambito della tutela dell’art. 8 CEDU rientrano sia le relazioni fondate sul matrimonio, sia quelle tra genitori e figli naturali.

Anche se il principio di eguaglianza tra i figli naturali e figli legittimi non è espressamente previsto negli articoli della Convenzione, esso viene ad essere desunto dalla lettura congiunta delle due disposizione, art. 8 e art. 14 della CEDU.

Ritengo interessante analizzare alcune importanti decisioni della Corte dei diritti dell’uomo, sulla materia della filiazione, che hanno portato alla necessità di rivisitare e di apportare modifiche alla disciplina dei singoli Stati membri.

Una delle decisioni più importanti della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di filiazione, e che ritengo necessario dover analizzare, attiene alla condanna del Belgio nel 1979 perché la legislazione nazionale sulla filiazione naturale determinava il sorgere di effetti giuridici esclusivamente fra la madre nubile che aveva riconosciuto la figlia minore, ma non nei confronti della famiglia della madre e del resto della società.

Al fine della produzione degli effetti della filiazione legittima e per superare le gravi discriminazioni, la madre intraprese la procedura di adozione della figlia naturale.

La corte si andò così ad esprimere nella sentenza di condanna verso il Belgio “quando lo Stato determina il suo sistema legale interno il regime applicabile a certe famiglie, come quelle composte da madre nubile e suo figlio, deve essere comunque garantita loro una vita familiare normale. Secondo la lettura che la Corte da all’art. 8 ciò significa che nelle leggi nazionali devono esistere strumenti che rendano possibile l’integrazione del bambino nella sua famiglia al momento della nascita.

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Lo Stato è libero di scegliere diversi mezzi, resta necessario il rispetto rigoroso dei parametri dell’art. 8.1 e art. 8.2”28.

Altra sentenza cardine, fu il caso Kroon vs. Olanda29, attinente alla distinzione tra favor veritatis e favor legitimitatis.

Il caso atteneva al concepimento e nascita di un figlio, quando la madre si trovava in costanza di matrimonio con un uomo che non era il padre del bambino; la legge olandese prevedeva che, visto la costanza di matrimonio non era possibile per il padre biologico riconoscere il figlio. La corte di Strasburgo affermò che la nozione di “vita familiare”, prevista all’art.8 della CEDU, non è limitata esclusivamente alle relazioni fondate sul matrimonio ma ricomprende anche le altre relazioni di fatto intraprese al di fuori del vincolo matrimoniale.

Nella sentenza, la Corte prosegue che, i principi della giurisprudenza della Corte, prevedono che dove si preveda l’esistenza di un legame familiare con un bambino, lo Stato deve porre in atto le misure opportune che rendano possibile lo sviluppo di tale legame e lo salvaguardino già dal momento della nascita.

L’impossibilità di riconoscimento della filiazione, costituiva un’illegittima interferenza dell’amministrazione olandese nella vita privata e familiare dei ricorrenti.

Altro caso di rilevante importanza è infine la decisione Mazureck vs. Francia30, in tema di uguaglianza nei diritti successori indipendentemente dalla filiazione.

Come andrò ad analizzare più nel dettaglio nella parte conclusiva del capitolo, il ricorrente affermava di essere stato discriminato nella divisione dei beni ereditari, rispetto al fratello legittimo, poiché adulterino.

28 Corte europea dei diritti dell’uomo, 13 giugno 1979, Merckx vs. Belgio.

29 Corte europea dei diritti dell’uomo, 27 ottobre 1994, Kroon vs. Olanda, www.echr.coe.int.

30 Corte europea dei diritti dell’uomo, 1 febbraio 2000, Mazureck vs. Francia in www.echr.coe.int.

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La Corte osservò che non vi sono ragioni che giustifichino la discriminazione nel trattamento della divisione ereditaria fondata sulla nascita fuori dal matrimonio, dal momento che non possono essere imputati al ricorrente fatti dipendenti dalla condotta del genitore. Merita infine di essere analizzata una recente pronuncia della Corte europea, Manuello e Navi vs. Italia31, con la quale la Corte di Strasburgo ha riconosciuto il diritto dei nonni a mantenere un legame con i nipoti. I ricorrenti per più di 12 anni non avevano potuto incontrare la nipote e ciò da quando la nuora aveva chiesto la separazione e il figlio era stato accusato per sospetti abusi sessuali sulla bambina.

Nonostante il processo penale si fosse concluso con l’assoluzione piena del genitore, la vicenda si è ripercossa nei rapporti con i nonni, poiché i servizi sociali e gli psicologi, incaricati dal tribunale di favorire la riconciliazione con padre e nonni paterni, non operarono in tal senso. Gli psicologi infatti espressero parere negativo sulla continuità dei rapporti con i nonni, in virtù della loro posizione di genitori del padre della bimba e il loro legame con il figlio assolto, ritenendo incompatibili le visite con il benessere della nipote e chiedendone così la sospensione. I ricorrenti lamentavano così la violazione dell’art. 8 della CEDU sia per l’eccessiva durata del processo innanzi al tribunale dei minori, sia per il mancato intervento delle autorità italiane contro la condotta ostativa dei servizi sociali.

La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione del diritto dei nonni a mantenere un legame con la nipote, rientrante a pieno titolo tra quelli tutelati dall’art. 8 della CEDU.

Nella motivazione della sentenza si può leggero come lo Stato, nel caso di abusi sessuali, deve sì agire con grande prudenza e le “misure prese per proteggere il minore possono porre dei limiti ai contatti con i membri

31 Corte europea dei diritti dell’uomo, 20 gennaio 2014, Manuello e Navi vs. Italia, in www.echr.coe.int.

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della famiglia”32, ma è altresì vero che le autorità italiane avevano il dovere di compiere ogni sforzo e adottare le opportune cautele al fine di salvaguardare il legame familiare, evitando il disfacimento totale delle relazioni familiari, come avvenuto nel caso di specie.

La Corte prosegue come spetti alle autorità interne predisporre le misure

necessarie per tutelare il benessere primario del

minore garantendo l’equo bilanciamento degli interessi.

Si può quindi concludere come pur se poche le disposizioni comunitarie in materia di famiglia, stanno avendo un’influenza notevole sulla disciplina giuridica dei rapporti familiari; il rispetto di tali diritti sovranazionali deve essere effettivo33, cioè realizzato non solo attraverso una condotta di astensione della violazione, ma anche utilizzando tutti gli strumenti legislativi, amministrativi e giurisdizionali per la loro tutela.

Un’eventuale qualificazione interna di tali diritti, ad esempio in Italia si parla di “interesse legittimo”, non può essere alla base di una minore tutela rispetto agli standard sovranazionali34.

L’individuazione di alcuni principi di diritto familiare sovranazionale hanno portato a trasformare l’idea stessa dei rapporti familiari e del rapporto di filiazione, ad esempio la concezione sostanziale dei rapporti familiari, il divieto di discriminazione, il passaggio dalla potestà alla responsabilità.

Prima di andare ad analizzare quelle che sono le regole previste in materia di filiazione, nei singoli Stati membri, ritengo di dover dedicare alcune righe al progetto per una Costituzione europea.

32 Motivazione della sentenza Manuello e Navi vs. Italia, 20 gennaio 2014, in www.echr.coe.int, “Bien que la Cour soit consciente du fait qu’une grande prudence

s’impose dans des situations de ce type et que des mesures visant à protéger l’enfant peuvent impliquer une limitation des contacts avec les membres de la famille, elle estime que les autorités compétentes n’ont pas déployé les efforts nécessaires pour sauvegarder le lien familiale et n’ont pas réagi avec la diligence requise”.

33V. CONCELLI, Le situazioni giuridiche soggettive nel sistema CEDU, Perugia 2010. 34 Es. Corte di Giustizia, 9 luglio 1985, C-179/ 94, Bozzetti, in Racc., 185, p.2317.

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Come si è visto precedentemente, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione non è l’unica fonte di diritto europeo che ha ad oggetto la filiazione; proprio per questo la Convenzione europea aveva presentato un progetto che istituisse una Costituzione per l’Europa35 nel 2003, firmata a Roma il 29 ottobre 2004 dai rappresentati dei 25 Stati membri dell’Unione europea; in conseguenza dei voti contrari di Francia e Paesi Bassi non è entrata in vigore36.

La Costituzione europea nomina la famiglia in diversi articoli:

1) L’art. 7 dove si prevede che “ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare …”;

2) Art. 9 garantisce: “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia …”

3) Art. 14 riconosce “… il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche …”.

4) Art. 24 3° comma recita che “ogni bambino ha diritto di intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i due genitori …”

5) Artt. 33 e 34 garantiscono “la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. Al fine di poter conciliare vita familiare