1
UNIVERSITÀ DI PISA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
LAUREA MAGISTRALE
La disciplina delle successioni alla luce della
riforma della filiazione
Candidato
Relatore
Lucia Sartini
Prof.ssa Caterina Murgo
2 Indice
RINGRAZIAMENTI INTRODUZIONE
CAPITOLO PRIMO
LA FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE CON LA LEGGE 219 DEL 2012
1 La filiazione
2 Analisi evolutiva della condizione giuridica dei figli fino alla legge
del 2012: la filiazione nel periodo antecedente alla costituzione
2.1 La disciplina nella costituzione del 1948
2.2 La modifica apportata con legge del 1975 in materia di filiazione
2.2.1 La filiazione legittima nella legge del 1975 2.2.2 La filiazione naturale nella legge del 1975
2.3 Verso l'equiparazione tra filiazione legittima e naturale 3 L.219 del 2012 e D. Lgs n.154 del 2013 a completamento della riforma
in materia di filiazione considerazioni introduttive
3.1 L’unicità di stato e il diritto all’ascolto
3.2 La ridefinizione del concetto giuridico di parentela
3.3 La nuova disciplina in materia di riconoscimento
3.4 La modifica all’art. 38 delle disp. att. c.c. e la Delega al
Governo
4 Il d.lgs 154/2013
CAPITOLO SECONDO
LA POSIZIONE DEI FIGLI SUL PIANO SUCCESSORIO E GLI EFFETTI DELLA MODIFICA APPORTATA CON LEGGE 219 DEL 2012
1. L’evoluzione storica del diritto successorio in relazione ai figli:
3
1.1 Dalla Costituzione fino alla legge 151 del 1975 1.2 La legge di riforma del diritto di famiglia 1.3 Il favor della filiazione legittima
2. Il profilo successorio risultante dalla legge 219 del 2012 e dal
decreto attuativo 154/2013
2.1 Il diritto di commutazione: legge 219 del 2012 e d.lgs. 154 del 2013
2.2 Successione ab intestato
2.3 La disciplina dopo il d. lgs. 154/2013
CAPITOLO TERZO
LA FILIAZIONE E IL DIRITTO SUCCESSORIO IN AMBITO COMUNITARIO
1. La filiazione nel diritto internazionale privato
2. La filiazione in Europa: analisi della disciplina nei principali
documenti internazionale e europei
3. La filiazione nelle maggiori esperienze europee: La legislazione
francese
3.1 La legislazione tedesca
3.2 La legislazione della Gran Bretagna
4. La giurisprudenza della Corte europea nelle questioni di diritto
successorio
5. La disciplina delle successioni in Europa: il nuovo regolamento
europeo delle successioni
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
4
Introduzione
Il tema dell’uguaglianza di tutti gli individui di fronte alla legge, rappresenta uno dei principi cardini di tutti gli ordinamenti che ambiscono ad essere definiti come democratici e liberali.
Proprio in virtù di ciò, la filiazione necessitava di una riforma volta a superare le discriminazioni e le differenze nella disciplina regolante la posizione dei figli nati da genitori coniugati e figli nati al di fuori del vincolo di coniugio.
Con questo lavoro intendo quindi andare ad analizzare le modifiche prodotte sul piano successorio dalla riforma della filiazione con la legge 219 del 2012 intitolata “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”.
Prima di procedere all’analisi della disciplina successoria ritengo necessario, andare ad analizzare in un primo momento, le disposizioni sulla filiazione.
Oggetto di analisi sarà proprio le modifiche apportare con la legge 219 del 2012, agli art. 315 c.c dove si sancisce afferma il principio cardine della riforma «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico», art. 74 e 258 attraverso i quali i legislatore interverrà sul vincolo di parentela.
Per apprendere a pieno la rilevanza della legge e l’assetto dei rapporti familiari che si sono venuti a delineare, ritengo che sia utile un breve richiamo all’evoluzione del diritto di filiazione.
In questa direzione si muove il primo capitolo del mio lavoro, dedicato interamente alla disciplina della filiazione, dove affronterò in un primo momento la disciplina della filiazione contenuta nel codice civile del 1865, ripresa da code civil del 1804 e passando poi allo stato di figlio regolato nel codice civile del 1942.
Si potrà vedere come in entrambe le regolamentazioni il legislatore utilizzasse le espressioni filiazione “legittima” e “illegittima”, producendo così una diversificata posizione giuridica del figlio.
5
La pienezza dello status e l’inserimento all’interno della famiglia era previsto solo per la filiazione legittima, venendo così a riscontrare come la disciplina civilistica fosse volta alla tutela piena e incondizionata della famiglia legittima.
Procederò poi all’analisi della Carta costituzionale del 1948 e dei principi fondamentali introdotti con questa, esaminando l’incidenza degli stessi sulla disciplina codicistica.
Di rilevante importanza sarà la legge 151 del 1975, con la quale venne ad essere compiuto il primo passo verso l’equiparazione dello status di figlio, venendo così ad eliminare le discriminazioni che avevano caratterizzato la disciplina precedente.
La riforma del 1975 non riuscirà effettivamente in tale intento, come analizzerò nella prima parte del primo capito.
Al termine filiazione illegittima venne però ad essere sostituito con l’aggettivo “naturale”, procedendo ad una sostanziale parificazione tra le due categorie fi figli.
La parte conclusiva del primo capitolo sarà quindi dedicato all’analisi della legge 219 del 2012, che come si potrà vedere nelle pagine che seguono, attuerà la completa parificazione giuridica dei figli.
Il secondo capitolo sarà quindi dedicato all’analisi della disciplina successoria, ritenendo ancora una volta utile e necessario un excursus storico dei diritti successori spettanti ai figli, sia nati dentro il matrimonio che al di fuori.
Dopo questa breve analisi, mi soffermerò sull’esame delle disposizioni attualmente in vigore e sulle modifiche prodotte dalla riforma del 2012; osservando le sorti degli istituti ereditari.
L’ultimo capitolo è invece volta ad una comparazione con la disciplina di altri ordinamenti come quello francese, inglese e tedesco, osservando anche quelli che sono i principi sanciti nell’ordinamento comunitario. Sul piano successorio mi soffermerò nell’analisi di alcune delle sentenze più importanti della Corte europea dei diritti dell’uomo, sulla violazione
6
del principio di uguaglianza del diritto successorio dei figlia, a seconda che nati dentro o al di fuori del matrimonio.
7
CAPITOLO PRIMO
LA FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE CON LA LEGGE 219 DEL 2012
1. La filiazione
La filiazione è il rapporto giuridico che lega una persona e i suoi genitori, portando così a dire che la prima è figlio dei secondi; alla base della filiazione vi è quindi un rapporto, che si instaura per il fatto della procreazione.
Questa affermazione non è sempre vera poiché nell'ordinamento si possono individuare casi in cui alla procreazione biologica non corrisponde l'assunzione della responsabilità della filiazione sul piano giuridico.
Da qui discendono le ipotesi della filiazione adottiva che trova il suo fondamento su deliberazioni o provvedimenti dell'autorità e su decisioni dei singoli interessati e non sull'elemento biologico, o ancora la fattispecie del mancato riconoscimento del figlio naturale.
Per questa seconda ipotesi possiamo notare come sia mutato l’orientamento, infatti in passato la tesi prevalente sosteneva come fosse necessario il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale, affinché vi fosse la costituzione del vincolo di filiazione1; oggi la tesi prevalente2, sostenuta dalla stessa Cassazione3, prevede come il legame di filiazione esista in ogni caso, anche se il figlio non è riconosciuto, portando così a riconoscere come la sentenza del giudice con cui si accerta il rapporto di filiazione abbia carattere dichiarativo, perché si limita ad accertare un rapporto che è sempre esistito.
1 C. ESPOSITO Famiglia e figli nella costituzione italiana, Milano 1951, p.149 il
quale negava che potesse avere qualche rilievo il fatto stesso della procreazione.
2 A. e M. FINOCCHIARO Diritto di famiglia, I, Milano 1984 p.378; F. RUSCELLO I rapporti personali tra i coniugi, p.485.
3 Decisioni della Cass. e Tribunale di Roma 1° aprile 2014, n.7400, su Fam. dir. 2014,
8
In base a ciò, possiamo quindi evincere come l’evento della nascita comporti sia la costituzione dei diritti in capo ai figli nei confronti del genitore, sia degli obblighi genitoriali, per il fatto stesso della procreazione4; si parlerà così di responsabilità da procreazione5.
Inoltre, anche nella filiazione biologica, salvo che il figlio non sia stato abbandonato alla nascita, si forma prima un rapporto giuridico con la famiglia di provenienza e in seguito tale legame può essere interrotto dallo stato di abbandono.
Prima di andare ad analizzare quella che è la disciplina attuale e le modifiche apportante con la legge 219 del 2012, ritengo che sia necessario analizzare quella che era la regolamentazione precedentemente; procederò quindi nell'analisi dei periodi centrali, sul piano argomentativo, che hanno caratterizzato il nostro ordinamento, ed esaminando nello specifico le disposizioni riguardanti la famiglia e la filiazione.
Come si potrà vedere più nel dettaglio nelle pagine successive, la regolamentazione della filiazione non può prescindere dall'essenza storica della concezione di famiglia che si viene ad realizzare in ogni periodo storico, portando così alla necessità di tener conto dei continui cambiamenti che si hanno nella società e nei costumi.
2. Analisi evolutiva della condizione giuridica dei figli fino alla legge del 2012: la filiazione nel periodo antecedente alla costituzione
Lo Statuto Albertino del 1848 era del tutto sprovvisto di una disciplina relativa alle relazioni familiari, in virtù della natura di costituzione breve, lasciando così al legislatore l'esclusiva competenza ad intervenire in tali ambiti.
4 G. A. PARINI, Rapporti genitori-figli e responsabilità civile, Roma 2011.
5 A. TRABUCCHI, Note preliminari agli artt.147 e 148, in Comm .dir. it. fam., Padova
9
Solo con il codice civile del 1865, il legislatore verrà per la prima volta a porre l'attenzione su tale materia, riscontrando come, nella regolamentazione dei rapporti familiari si sia ispirato al code civil del 1804, pur apportando alcune modifiche; ad esempio a differenza del codice napoleonico in quello italiano non venne mai introdotto il divorzio e ciò per ragioni etico-politiche, poiché veniva visto come un istituto contrario alla coesione della famiglia.
Dal codice francese venne ripresa la struttura piramidale della famiglia legittima, prevedendo come il marito fosse considerato “il capo della famiglia” ed esercitasse così un potere sulla moglie, la quale non poteva prendere alcuna autonoma decisione, comprese quelle sul piano economico; ciò si può evincere dall'istituto, regolato nel codice del 1865, dell'autorizzazione maritale della donna per tutti gli acquisti6. Ma l'uomo esercitava un potere anche sui figli legittimi essendo titolare della patria potestas, come si può evincere dall'art. 220, dove si prevedeva come il figlio indipendentemente dalla sua età dovesse onorare i genitori7.
Il codice disciplina due tipi di diritti dei genitori sui figli minorenni: quelli concernenti la persona, dove si faceva riferimento a tutto ciò che riguardava l'educazione dei figli e i mezzi di correzione; e quelli concernenti i beni, che si concretizzavano nel diritto di rappresentanza e di amministrazione8.
Per quanto riguarda la filiazione le norme erano molto rigorose e severe soprattutto riguardo ai figli nati fuori dal matrimonio, anche se si ammise la legittimazione per decreto reale e furono introdotte riforme specifiche in materia di diritti patrimoniali e patria potestas.
6V. CARBONE, Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam. dir., 2013, p.227.
7 L.BRIGIDA, La patria potestas dal codice del 1865 al diritto di famiglia.
8 All'art. 224 si prevedeva come il padre rappresentasse i figli nati e nascituri in tutti
10
Si stabiliva come non fosse ammessa la ricerca della paternità se non nei casi eccezionali di stupro e violenza e si escludeva il riconoscimento dei figli adulterini e incestuosi.
Il legislatore italiano fu molto più severo di quello francese, dove al contrario si attribuiva al genitore naturale una “tutela legale”, diversa dalla patria potestas del genitore legittimo, nei confronti del figlio riconosciuto; inoltre in casi tassativi nel code napoleon si prevedeva per i figli non riconoscibili il diritto agli alimenti9.
Durante il periodo fascista si avvertì sempre più l'esigenza di unificazione del diritto privato, con il conseguente svolgimento dei lavori preparatori per un nuovo codice civile; con il nuovo codice del 1942 non si ebbero innovazioni radicali rispetto alla disciplina del codice del 1865.
Nel codice rimase invariata la concezione sociale della famiglia, prevedendo però come gli interessi della stessa venissero a coincidere con quelli dello stato, come si evince dall'art 147 in materia dei doveri del padre di cura e vigilanza del figlio, dove si prevedeva come nell'educazione ed istruzione del figlio dovesse conformarsi ai principi della morale e del sentimento nazionale fascista10.
All'art. 315 si stabilì il dovere dei figli a qualsiasi età di onorare e rispettare i genitori.
La potestà era attribuita ad entrambi i genitori, pur se permaneva su un piano centrale il potere del padre mentre rivestiva un ruolo marginale e suppletivo quello della madre11.
9 BUONADONNA L. CIFERIELLO L. CORBETTA F, Le controversie in materia di
filiazione, Milano 2010, p.7 s.s.
10 BUONADONNA L. CIFERIELLO L. CORBETTA F. Le controversie in materia di filiazione, Milano 2010.
11All'art. 316 del codice civile del 1942 si distingueva la titolarità della patria potestà
attribuita ad entrambi i genitori, dall'esercizio della stessa al contrario riconosciuto in via principale al padre. Solo in caso di morte o impedimento legalo o di fatto dello stesso all'art. 317 si prevedeva il trasferimento dell'esercizio della patria potestà alla madre.
11
Per quanto riguarda i diritti del genitore sui figli rimasero invariate sia le disposizioni sulla persona, come si può evincere dalla lettura dell'art. 318 e 31912, sia quelle riguardanti i diritti patrimoniali; da ciò si può riscontrare come i figli fossero visti come oggetto dei diritti dei genitori più che come soggetti di diritto13.
Per quanto riguarda la regolamentazione sulla filiazione naturale, si riscontrava il carattere discriminatorio della stessa, poiché il fine era di evitare una svalutazione dell'istituto della famiglia fondata sul matrimonio, venendo così a penalizzare le unioni non fondate sul matrimonio e figli nati al di fuori dello stesso.
La filiazione naturale era sottoposta al riconoscimento e alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità soggetta a limiti; rimase invariato il divieto di riconoscere i figli adulterini e incestuosi14.
2.1 La disciplina nella Costituzione del 1948
Il riconoscimento di situazioni di diritto in favore dei figli nella Carta costituzionale, ad esempio l’art. 30 della Cost., portò ad un grande dibattito nell'Assemblea Costituente con l'assunzione di due diverse posizioni.
Un primo orientamento15 era contrario all'adozione di una disciplina costituzionale sulla filiazione e questo per due ragioni: un primo motivo risiedeva nella mancanza di un “effettivo contenuto normativo” delle disposizioni, portando così ad un'efficacia meramente programmatica e non precettiva; dall'altro si metteva in luce il rischio che l'adozione di una normativa costituzionale, avrebbe invaso i campi di competenza
12Disciplinavano il diritto di custodia e di correzione come esplicazione del dovere di
mantenere educare ed istruire la prole. Rispetto all'art. 222 del codice del 1865 nella nuova formulazione si prevede la sostituzione della parola “traviamento” con quella di “cattiva condotta” e l'abrogazione della facoltà paterna di allontanamento dei figli dalla famiglia.
13FRANCESCO PATERNITI, Lo status costituzionale dei figli.
14 G. LISELLA, Riconoscimento di figlio nato da relazione incestuosa e autorizzazione del giudice.
15 Posizione di Vittorio Emanuele Orlando in Assemblea Costituente, seduta del 23
12
legislativa, regolati maggiormente dal codice civile, questo timore cade se si pensa che la Costituzione non contiene una regolamentazione della filiazione, come ho scritto sopra.
I lavori dell'Assemblea costituente si orientarono verso l'adozione di una normativa che regolasse i temi della famiglia e della filiazione.
Centrale è quindi l'art. 30, nella cui redazione, emerse in modo pregnante, l'interesse verso la posizione dei “figli illegittimi” indicati nella carta costituzionale come “figli nati al di fuori del matrimonio”. Merita ricordare come le diverse posizioni all'interno dell'Assemblea Costituente vedono contrapposte due correnti culturali:
1) cattolici e liberali, difendevano la famiglia fondata sul matrimonio, ritenendo una minaccia per l'istituzione familiare l'equiparazione tra figli legittimi e naturali; da ciò si riscontra come per tale posizione fosse necessario schierarsi a favore del “pubblico collettivo”, cioè la famiglia legittima, anche a scapito dell'interesse del singolo individuo16.
2) i laici, ritenevano come al contrario fosse preminente l'interesse del singolo individuo rispetto a quello dell'istituto familiare.
Le due parti avevano però anche alcune posizioni in comune: prima di tutto utilizzarono il principio “nessuno può essere privato del proprio nome”17 per i figli illegittimi, al fine di superare, quella che era la pratica in uso in quegli anni, di utilizzo della sigla NN cioè non nominato. Ulteriore punto in comune è dato dalla formula contenuta al 3° comma dell'art. 30 Cost. dove centrale è il criterio della “compatibilità”, utilizzata per il riferimento della tutela dei figli nati fuori del matrimonio, valutata alla luce dei diritti della famiglia legittima.
Questo porta a riscontrare come, l'intento non era eliminare interamente le disparità già delineate nel codice civile; pur avendo comunque lo
16 FRANCESCO PATERNITI Lo status costituzionale dei figli.
17 BERGONZINI C., Art. 30, in S. Bartole-R. Bin, Commentario breve alla costituzione, Padova. 2008, il quale Autore riporta le parole espresse da Togliatti nel
13
scopo di garantire una maggiore protezione dei figli naturali e adulterini18.
Si può quindi desumere come, la formula introdotta al 3° comma rappresenti una clausola generale19 aperta ai cambiamenti della società e del costume e rappresentando sia un ottimo strumento interpretativo per la Corte costituzionale, sia uno strumento utile per incentivare l'introduzione di modifiche legislative verso una sempre maggiore parità tra status di figli.
All'interno della Costituzione tre sono le disposizioni rivolte a disciplinare la famiglia in vari aspetti; art. 29 art. 30 e art. 31 Cost. Disposizione centrale per l'analisi dello “status filiationis” è l'art. 30 Cost.
Al 1° comma il legislatore disciplina il rapporto genitori-figli prevedendo come sia “dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati al di fuori del matrimonio”.
Tale disposizione incide in modo rilevante su quanto disposto nel codice civile del 1942, dove si utilizzava la dizione “figli illegittimi”, infatti la formulazione utilizzata nell'art. 30 “anche se nati al di fuori del matrimonio” è di centrale importanza, perché si è andati a superare la formula utilizzata nel codice civile, introducendo il riconoscimento naturale della prole anche se nata fuori del matrimonio20.
Centrale è anche la disciplina sancita al 3° comma21dell'art 30, dove si prevede anche qui, l'utilizzo della formula “figli nati fuori dal matrimonio” come avvenuto al 1° comma; dalla formulazione possiamo
18 FRANCESCO PATERNITI Lo status costituzionale dei figli, cit., p.9.
19Corte cost., 30 giugno 1960, n.54, in Gazz. Uff., 16 luglio 1960, n.174, dichiara
“l'art.30 3 comma della costituzione non contiene una disciplina precisa della tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, ma soltanto una generica disciplina in favore degli stessi, rimettendo al legislatore ordinario il compito di stabilire fino a che punto la loro maggiore tutela sia caso per caso, cioè nella eventuale determinazione di uno status e delle conseguenze di esso anche in campo successorio, compatibile coi diritti dei componenti la famiglia legittima”.
20 R. PICARO, Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto. Torino 2012. 21 Art.30 Cost. 3 comma: “la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela
14
desumere come, se da un lato il legislatore si impegna sul piano normativo a tutelare la filiazione naturale, dall'altro vi è una sfumatura negativa, data dall'utilizzo del termine “anche” riferito alla filiazione naturale, che porta a riscontrare come permangano due status filiationis. I due commi dell'art 30 hanno avuto una rilevanza centrale nella modifica apportata alla filiazione con legge 219 del 2012 (che andrò ad analizzare in seguito), rappresentando la base e il perno di tutta la disciplina.
2.2 La modifica apportata con legge del 1975 in materia di filiazione
Come si evince dal codice civile del 1942, i modi di accertamento della filiazione erano diversi a seconda che i figli fossero nati in costanza o meno di matrimonio; ciò portava a distinguere tra “filiazione legittima” e “filiazione illegittima”, questa seconda formula, verrà poi sostituita con la legge 151 del 1975.
La prima importante riforma del codice civile, che ha portato alla modifica della disciplina del diritto di famiglia, fu apportata con la legge 151 del 19 maggio del 1975.
Con questa riforma, l’intento del legislatore era di dare piena attuazione ai principi costituzionali di eguaglianza nei rapporti tra i coniugi con i figli, nonché al principio di parificazione tra filiazione legittima e naturale.
Con riguardo al rapporto con i figli, viene eliminato il concetto di patria potestà e viene ad essere introdotta la potestà genitoriale, esercitata da entrambi i genitori in modo uguale; per quanto invece riguarda la parificazione, il legislatore voleva dare piena attuazione alla disciplina contenuta all’art. 3 e 30 della Cost., venendo così ad eliminare le discriminazioni presenti tra filiazione legittima e naturale22.
Una prima modifica attiene alla sostituzione dell'aggettivo “illegittima” della filiazione, con quello di “naturale”, venendo quindi così ad
15
eliminare la disapprovazione morale che stava alla base del prima espressione; questa modifica ebbe grande risonanza, poiché venne ad evitare che si riversassero sui figli le conseguenze delle condotte tenute dai genitori.
Nel commentare la legge 151 del 1975 parte della dottrina, tra cui Luigi Ferri23, sostenne come sarebbe stato necessario eliminare anche l'aggettivo “legittimo”, poiché il suo utilizzo porta implicitamente a pensare come siano illegittimi tutti coloro che non sono figli legittimi. Ulteriore elemento innovativo apportato dalla legge, fu l'eliminazione delle differenze sul piano degli effetti derivanti dalla filiazione, prevedendo così, come il matrimonio non sia più elemento di distinzione nei rapporti tra i genitori e figli e raggiungendo quindi una equiparazione tra filiazione legittima e naturale, anche se questa come si potrà vedere nelle pagine che proseguono non sarà totale.
Il legislatore all'art. 261 c.c. viene a prevedere come, il “riconoscimento del figlio naturale, comporti in capo al genitore, l'assunzione di tutti i doveri e i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi”.
La stessa Cassazione è intervenuta su tale ambito, affermando che “nel nostro ordinamento il riconoscimento del figlio naturale comporta, a norma dell’art. 261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione legittima, compreso quello dell’assunzione dello status genitoriale e quindi, dell’obbligo di mantenimento, a partire dalla nascita del figlio”24. Questo porta a far sì che, anche nella filiazione naturale troveranno attuazione principi e concetti di portata generale regolati nel codice civile come: gli obblighi genitoriali25, diritti e doveri dei figli26,
23 L. FERRI Lezioni sulla filiazione corso di diritto civile Bologna 1984 p.124 24Cass., 22 novembre 2000, n. 15603, in Giust. Civ., 2001, p. 1296.
25Art. 147 nel quale si prevede il “dovere dei genitori di mantenere istruire ed educare
il figlio tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”, art.148 nel quale si sancisce “l'obbligo dei genitori di mantenere i figli in relazione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale e casalingo”.
26Art 315 “Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle
proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.
16
intervento degli ascendenti; la parificazione si avrà in parte anche sotto il profilo successorio, come analizzerò nel successivo capitolo.
Da ciò emerge come, il principio cardine della riforma sia quello della realizzazione di una eguaglianza giuridica tra figli naturali e figli legittimi, in attuazione dell'art. 30 3° comma della Costituzione.
Dall'analisi della disciplina introdotta nel 1975 si desume come, il legislatore pur avendo apportato importanti miglioramenti non riuscì nell'intento di eliminare totalmente le discriminazioni nella filiazione, attraverso il raggiungimento dell'unificazione dello stato giuridico di figlio; per tale risultato si dovrà attendere più di trent'anni, fino all'emanazione della legge n 219 del 201227.
La riforma del 1975 lasciò inalterate alcune distinzioni nella disciplina applicabile ai figli legittimi e a quelli naturali, sia sul piano inter vivos che mortis causa.
Infatti mentre per i figli legittimi, in virtù dell'applicazione dell'art. 74 c.c, sorgeva il rapporto di parentela, cioè il vincolo che si instaura con le persone che discendono dallo stesso stipite, altrettanto non si prevedeva per i figli naturali, venendo così ad escludere la costituzione di un rapporto di parentela tra il figlio e i parenti del genitore.
Questo porta ad evincere come, in base alla disciplina delineata nel codice dalla riforma del 1975, la parentela fondava le proprie radici sulla necessità della presenza del matrimonio, portando così ad escludere la costituzione del vincolo nella filiazione naturale, proprio perché qui manca il rapporto di coniugio tra i genitori del figlio naturale.
Da ciò si può quindi concludere come, nella filiazione naturale, il riconoscimento comportasse la produzione di effetti solo nei confronti
27In A. MAGNANI Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessioni successori; R. PICARO Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto, M. BIANCA L’uguaglianza dello stato giuridico dei figli nella recente l. n.219 del 2012.
17
del genitore28, non producendo alcuna conseguenza verso i parenti del genitore che aveva effettuato il riconoscimento.
Anche la corte costituzionale aveva affermato tale principio stabilendo che non si potesse instaurare un rapporto di parentela tra fratelli naturali29.
La mancanza della nascita del vincolo di parentela per i figli naturali portava delle conseguenze sul piano successorio, riscontrando il permanere di una discriminazione sia rispetto ai parenti del genitori30 che ha effettuato il riconoscimento, sia nei confronti dei fratelli; si dovrà attendere la sentenza 55 del 197931 prima che sia dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 565 c.c., nella parte in cui in mancanza di altri successibili e prima dello Stato, andava ad escludere come chiamati alla successione legittima i fratelli e le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati.
Ulteriore discriminazione che rimaneva in auge, si aveva nella successione ereditaria, poiché veniva attribuito ai figli legittimi la facoltà di commutazione, cioè di soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali, pur nel rispetto dei limiti espressamente previsti.
Riguardo ai profili successori procederò nel successivo capitolo ad un'analisi più completa ed approfondita.
2.2.1 La filiazione legittima nella legge del 1975
Il figlio è legittimo se concepito da genitore uniti in matrimonio; dall'analisi del Titolo V capo I sezione I del codice civile si potevano
28Ciò si evince dalla lettura dell'art.258 c.c “Il riconoscimento non produce effetti che
riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge”.
29Corte cost., Sentenza 7 novembre 1994, n.337, in Giust. Civ., 1995, p.84.
30F. FRENI e F. PATRUNO, Dinamiche sociali ed esperienza giuridica
nell'evoluzione del diritto di famiglia in Europa, in Familia, 2004, p.571.
31Corte cost., 4 luglio 1979 n.55, in Foro it., I, c.1941 s.s e in Rass. Dir. Civ. 1980,
18
individuare quelli che erano i presupposti necessari per l'attribuzione dello stato di figlio legittimo:
a. I genitori siano coniugati
b. Il figlio sia partorito dalla donna
c. Il concepimento sia avvenuto in costanza di matrimonio d. Il figlio sia concepito ad opera del marito
Se per i punti a) e b) non sussistevano difficoltà per la dimostrazione in merito, altrettanto non si poteva dire per i punti c) e d) che restavano avvolti da incertezza.
Per sopperire a ciò il legislatore era ricorso a due presunzioni: per il punto d) si parla di “presunzione di paternità del marito”, la cui disciplina è contenuta all'art. 231 c.c., si trattava di una presunzione assoluta prima della riforma apportata con legge 219 del 2012.
Per punto c) si parlava invece di “presunzione di concepimento durante il matrimonio” quando il figlio è nato dopo centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non oltre i trecento giorni dalla data di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, come si evince dalla lettura dell'art. 232 c.c.
La disciplina normativa delineava, un primo ambito di favore per lo stato di figlio legittimo, che si conseguiva in via automatica in presenza dei presupposti di legge.
Ciò porta a riscontrare come, la disciplina sancita agli articoli 231 e 232 del codice civile trovasse applicazione indipendentemente dalla volontà dei genitori, in quanto un figlio è legittimo semplicemente quando sussistono i presupposti della legittimità; unica eccezione si ha in caso di dichiarazione da parte della madre di riconoscimento del figlio come naturale.
Dalla disciplina contenuta all'art. 236 del c.c., si prevedeva come “la filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri di stato civile”; da ciò si desumeva come l'atto di nascita non avesse solo la funzione di accertare l'esistenza della nuova persona fisica, ma
19
venisse anche ad accertare la filiazione come rapporto giuridico, attraverso l'indicazione dei genitori del nato, ex art. 73 della legge del 1975.
Da ciò si concludeva come, tramite l'atto di nascita il nato, venisse formalmente investito dello stato di figlio legittimo, venendo quindi a riscontrare, come l'atto rappresentasse lo strumento con cui si poteva far valere tale stato.
In mancanza di questo titolo, bastava il possesso continuo dello stato, art. 236 2° comma, cioè l'esistenza di fatti che nel loro complesso fossero idonei a dimostrare la relazione di filiazione e di parentela tra una persona e alla famiglia di appartenenza.
Come analizzerò approfonditamente nei paragrafi che seguono la disciplina ha subito un'importante modifica con la legge 219 del 2012 attraverso la quale si raggiungerà l'obbiettivo tanto auspicato della equiparazione della filiazione; tutto ciò si è però potuto raggiungere, attraverso l'esclusione del rapporto coniugale come elemento centrale di attribuzione dello stato giuridico della prole32.
2.2.2 La filiazione naturale nella legge del 1975
Disciplina contenuta nel Titolo VII Capo II del codice civile dove si prevede come siano figli naturali i figli nati da genitori non uniti in matrimonio.
Per l’orientamento seguito in passato dalla dottrina e giurisprudenza33, la particolarità di tale tipologia era che, la procreazione non portava automaticamente alla costituzione dello stato di figlio naturale, ma affinché il nato acquistasse lo stato di figlio naturale, era necessario che al dato biologico della procreazione si aggiungesse o un atto volontario
32R. PICARO Stato unico della filiazione. Un problema ancora aperto. Torino 2012. 33C. ESPOSITO Famiglia e figli nella costituzione italiana, p.149 il quale negava che
potesse avere qualche rilievo il fatto stesso della procreazione; R. DE STEFANIS,
Mancato riconoscimento del figlio naturale e risarcimento del danno, in Danno resp.
2007, p.584. In giurisprudenza, v. Trib. Minorenni di Venezia, 12 maggio 1987, in Dir.
20
del genitore o una pronuncia del giudice; come visto precedentemente, l’orientamento assunto da dottrina e giurisprudenza è oggi cambiato34. Ne derivava come il riconoscimento35 rappresentasse un atto di libera scelta del singolo genitore, che dichiarava di essere padre o madre di una determinata persona; questo rappresentava un primo elemento di differenza, rispetto alla filiazione legittima, governato come si è visto precedentemente dall’automatismo.
Dalla lettura delle disposizioni contenuto nel Capo II Sezione I si riscontra come il riconoscimento sia: un atto unilaterale, atto personalissimo, atto irrevocabile e atto puro.
Il legislatore introduceva al 4° comma dell'art. 250 c.c. l'intervento del giudice, il quale si sostituiva al genitore, quando vi fosse l'interesse del minore e cioè il diritto ad essere riconosciuto da entrambi i genitori. Sull'art. 250 4° comma era intervenuta la Corte di cassazione, sancendo come “il diritto alla genitorialità è un diritto soggettivo primario di rango costituzionale riconosciuto all'art. 30.
Il riconoscimento di tale diritto è limitato al solo caso in cui vi sia fondato timore di un pregiudizio per il figlio e riconoscendo, concretamente ravvisabile e puntualmente accertato in sede di merito”36; questo era l’orientamento seguito fino alla legge 219 del 2012.
L'art. 258 c.c. disciplinava poi gli effetti del riconoscimento, i quale si realizzavano ex tunc, cioè dalla nascita del figlio e valevano solo per il genitore che avesse effettuato il riconoscimento; la norma sarà oggetto di modifica con la riforma del 2012.
34A. e M. FINOCCHIARO Diritto di famiglia, I, Milano 1984 p.378; F. RUSCELLO I rapporti personali tra i coniugi p.485. In giurisprudenza decisioni della Cass. e
Tribunale di Roma 1° aprile 2014, n.7400, su Fam. dir. 2014, p. 1013 ss.
35 Disciplina del riconoscimento contenuta all'art. 250 c.c “Il figlio naturale può essere
riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente. Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso. Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.”
21
Infatti con la riforma del 2012, il legislatore andrò a prevedere un ampliamento degli effetti del riconoscimento, disciplinando come questi, non si producano solo sul genitore che ha effettuato il riconoscimento, ma anche sui parenti dello stesso.
La disciplina codicistica, aveva assunto tale formulazione, al fine di dare attuazione all'orientamento assunto dalla stessa Corte costituzionale, che escludeva l'esistenza di un vincolo giuridico di parentale naturale, definendolo solo come un rapporto di consanguineità di fatto.
Nell'analisi della “categoria” dei figli naturali, era necessario analizzare anche l'art. 280 del codice civile, all'interno del quale si disciplinava l'istituto della legittimazione, prevedendo come “la legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo”; tale istituto è stato abrogato con la nuova disciplina introdotta nel 2012.
Ne derivava come il figlio naturale, una volta legittimato, entrasse a far parte della famiglia legittima acquisendo così una rapporto di parentela con i collaterali e ascendenti del genitore.
La legittimazione poteva avvenire: per susseguente matrimonio contratto dai genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.
Questo istituto aveva una grande rilevanza nell'analisi complessiva della riforma apportata dalla legge del 1975, essendo uno degli istituti da cui si riscontra come permanessero delle distinzione tra i due status filiationis; questo perché se si fosse riusciti a raggiungere una piena e totale equiparazione tra i figli non avrebbe avuto ragione di esistere tale istituto.
2.3 Verso l'equiparazione tra filiazione legittima e naturale
Numerosi sono stati i progetti di legge presentati alla Camera e al Senato sulla filiazione legittima e naturale, durante la XV e XVI legislatura.
22
Un primo passo in aventi si ebbe con la legge 8 febbraio 2006 n. 54 sull'affidamento condiviso, con cui si continuò nel processo di parificazione dei figli naturali e legittimi.
Con la nuova regolamentazione, si andò a prevedere come la disciplina trovasse applicazione, non solo nei casi di separazione, divorzio e annullamento del matrimonio, ma anche nei casi di procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati (art. 4 comma 2, l. n. 54/2006)37. La legge prevedeva che nel caso di separazione, divorzio e annullamento del matrimonio oltre che nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, i figli fossero affidati come regola ad entrambi i genitori e solo come eccezione in via esclusiva ad uno di questi.
La ratio ha quindi la funzione centrale, di permettere al minore di mantenere un rapporto il più possibile omogeneo con entrambi i genitori.
All'interno dell'ordinamento, prima della legge del 2006, mancava una norma ad hoc che disciplinasse il diritto del minore alla “bigenitorialità”, cioè il diritto ad essere mantenuto, allevato, istruito ed educato da entrambi i genitori; solo con la legge 54 del 2006 si andrà ad introdurre il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi.
Il diritto alla bigenitorialità era già stato riconosciuto nelle fonti internazionali, come si evince dalla lettura dell'art. 9 3°comma38della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e all'art. 2439della Carta di Nizza.
37 Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di
cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. (art. 4 l. n. 54/2006).
38 Art. 9 co. 3 “Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i
genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.”
39 Art. 24 co. 3 “Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni
personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.”
23
Elemento in comune della Convenzione internazionale e della Carta fondamentale dei diritti dell’uomo, fu il ribaltamento della prospettiva del rapporto genitori figli, ponendo l'attenzione e centralità sui diritti del minore e non sui doveri del genitore.
La riforma del 2006 ha quindi portato, all’introduzione dell’art. 155 bis del c.c., dove si prevede come l’affidamento condiviso sia la regola, mentre l’affidamento esclusivo trovi ricorso solo in via residuale, cioè quando il giudice ritenga come l’affidamento condiviso sia contrario all’interesse del minore40.
Questo porta a far sì, che il giudice, nel pronunciare un provvedimento di affidamento esclusivo, dovrà accompagnare la sua decisione, non solo con una valutazione positiva del genitore affidatario, ma anche con una negativa sull’idoneità educativa dell’altro41.
Al contrario in base alla disciplina antecedente alla legge del 2006, all'art. 155 c.c. e art. 6 della legge n. 898 del 1970, si prevedeva come il figlio venisse affidato in via esclusiva ad uno dei genitori e solo in via eccezionale, se ritenuto utile nell'interesse del minore, il giudice ricorreva all'istituto dell'affidamento congiunto o alternativo; previsto dalla legge sul divorzio42.
L'affidamento condiviso previsto nella legge del 2006, differisce dall'affidamento congiunto regolato nella precedente normativa poiché, nell’affidamento congiunto si prevede come la patria potestà sia data ad entrambi i coniugi, i quali dovranno condividere le principali responsabilità del figlio, portando così alla necessità di una totale condivisione e compartecipazione dei coniugi nella cura del figlio. Al contrario nell’affidamento condiviso, si prevede la suddivisione in parti uguali della potestà genitoriale, regolando come, mentre per le decisioni di maggiore interesse per il figlio relative all’istruzione
40M. SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, in Fam. dir. 2006, p.379.
41 Cass., 18 giugno 2008, n. 16593, in Nuova giur. civ. comm. 2009, I, p. 68. 42 L. 898/1970.
24
educazione e alla salute devono essere assunte di comune accordo; al contrario per quelle attinenti all’ordinaria amministrazione la potestà può essere esercitata separatamente.
L’affidamento condiviso rappresenta quindi l’istituto base, poiché è idoneo ad attuare gli intenti del legislatore di riequilibrare le modalità di frequentazione della prole e permette l’esercizio da parte di entrambi i genitori della potestà genitoriale43.
Dal momento che nella legge 54/2006 si sancisce espressamente come la disciplina trovi applicazione anche nei confronti di figli di genitori non uniti in matrimonio, si evidenzia un ulteriore intento del legislatore, al fine di garantire una parificazione dello status di figli, di attuare anche per i figli naturali le regole applicabili ai figli legittimi sia sul piano formale che sostanziale44.
Sotto il profilo sostanziale si è però posto l'interrogativo se e in che misura l'art. 317 bis45sia stato abrogato con l'avvento della legge 54 del 2006.
All’art. 317 bis c.c., il legislatore disciplinava l’esercizio della potestà in capo al genitore naturale, regolando poi la fattispecie di esercizio della potestà da parte di genitori non conviventi.
Il fatto che il legislatore con la legge n. 54 del 2006 non abbia previsto espressamente alcuna abrogazione della norma né alcuna clausola di compatibilità ha suscitato forti dubbi sulla applicabilità della nuova disciplina anche nei confronti di figli di genitori non coniugati46. Interrogativo è sorto anche sotto il profilo processuale portando a chiedersi chi sia il giudice competente in tale materia.
43F. RUSCELLO, La tutela dei figli nel nuovo <<affidamento condiviso>>, Milano
2006, p.645 s.s.
44M. SESTA, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: a) profili sostanziali, in Fam. dir. 2006.
45 SCHLESINGER P., L'affidamento condiviso è diventato legge! Provvedimenti di
particolare importanza, purtroppo con inconvenienti di rilievo, in Corriere giuridico
2006, p.301 s.s.
46 BUONADONNA L. CIFERIELLO L. CORBETTA F., Le controversie in materia
25
Degno di nota è anche il disegno di legge n. 2514 presentato durante la XV legislatura il 12 aprile del 2007, contenente la delega al governo per la revisione normativa in materia di filiazione.
Nel disegno di legge venivano individuati in via preminente quelli che erano i fini, prevedendo “obiettivo di modificazione che si propone di portare a compimento il disegno – già assai ben delineato fin dalla precedente legge di riforma del diritto di famiglia, la legge 19 maggio 1975, n. 151 – di parificare ogni forma di filiazione, nel rispetto dell’articolo 30, terzo comma, della Costituzione”47;proseguendo poi “La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell’impianto costituzionale. Del resto, l’articolo 30 della Costituzione si esprime assai chiaramente in proposito, quando discorre di diritti e doveri dei genitori: qui non vi è spazio per alcuna forma di discriminazione.”
Il disegno di legge intende quindi eliminare definitivamente dall’ordinamento ogni difformità di trattamento tra i figli, anche sul piano lessicale; infatti si propone di sostituire la dizione “figli legittimi” e “figli naturali” con le espressioni figli nati dentro il matrimonio e figli nati al di fuori del matrimonio, riprendendo così la disciplina costituzionale.
Il disegno di legge n. 2541 del 2007 è composto da 3 articoli; il primo apporta delle modifiche alla disciplina dei rapporti genitori e figli, al fine di renderla più consona alla concezione di famiglia.
Modifiche interessano l'art. 315 c.c., rubricato “Diritto doveri dei figli”, nel quale si prevede oltre al diritto di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, viene ad essere aggiunto il diritto all’assistenza morale, il diritto a crescere nella propria famiglia, ad avere rapporti con i parenti.
26
Sembra quindi che con la riformulazione dell’art. 315 c.c., si sia venuti a riassume le ultime correnti dottrinali nate sul rapporto familiare48. Altra modifica regolata all’art. 1 del disegno di legge delega, attiene all'introduzione dell'art. 315 bis c.c., dove si statuisce come “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”, e che come “le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli senza distinzioni, salvo che si tratti di disposizioni specificamente riferite ai figli nati nel matrimonio o a quelli nati fuori del matrimonio”; si può quindi notare come il legislatore fosse andato a prevedere una clausola limite49.
All'art. 2 del disegno di legge delega 16 marzo 2007, si attribuisce una delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e successioni, in modo da dare attuazione al principio di eguaglianza.
Tale obiettivo ha una grande rilevanza anche sul piano sociale, dal momento che permetterebbe di far cadere anche le ultime “barriere”, presenti nel nostro ordinamento, che discriminano la persona in base alla sua nascita.
L’interruzione anticipata della legislatura non ha permesso l’approvazione del disegno di legge.
Come si potrà vedere nel paragrafo successivo gran parte delle soluzioni contenute nel disegno di legge del 2007, sono state recepite nella legge n. 219 del 2012, con la quale si è raggiunto l’obiettivo tanto cercato.
3. L.219 del 2012 e D. Lgs n.154 del 2013 a completamento della riforma in materia di filiazione. Considerazioni introduttive
La riforma auspicata seguirà solo dopo circa 37 anni, conquistando così il legislatore, l’obiettivo di equiparare lo status giuridico dei figli.
48 La disposizione sembrerebbe accogliere la dottrina che afferma la sussistenza di un
diritto fondamentale per il figlio, cioè il diritto “all’amore”, questo diritto “tutela l’interesse del figlio a ricevere quella carica affettiva di cui l’essere umano non può fare a meno al tempo della sua formazione” C.M BIANCA, La filiazione: bilanci e
prospettive a trent’anni dalla riforma del diritto di famiglia, Fam. dir. 2006, p.207. 49 E. FALLETTI, La lunga strada dell’equiparazione tra filiazione legittima e naturale, in Vita Notarile 2007, II parte, p.364 s.s.
27
La legge 10 dicembre 2012 n. 219, intitolata “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, modifica l'assetto giuridico della filiazione sulla base del principio “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”, portando così ad eliminare dal codice civile e negli altri testi di legge le parole “figli legittimi” “figli naturali” “figli adottivi” con la parola “figli”50, come si evince dall'art. 1 comma 11 della legge.
Da ciò si riscontra come, si sia venuti a dare effettiva attuazione ai principi fondamentali contenuti all'art. 30 Cost., non pienamente attuati con la disciplina precedente.
Attraverso la legge 219, il legislatore è intervenuto al fine di raggiungere una effettiva equiparazione di trattamento per i figli naturali a quanto previsto per quelli legittimi, attuando così, non solo quanto regolato nel dettato costituzionale, ma conformandosi anche agli obblighi imposti a livello internazionale.
Attraverso questa modifica si abbandona definitivamente l'uso di formule semantiche discriminanti, potendo riscontrare come il principio che si è voluto affermare è che, “i figli hanno tutti il medesimo stato giuridico, hanno diritto ad una stessa identità familiare, con uguali rapporti di parentela ed identici diritti patrimoniali e successori”51. Dalla lettura del titolo della legge si evince però una imprecisione da parte del legislatore, perché mentre nel testo della legge sancisce l'abrogazione dei termini “legittimi” e “naturali”, quindi di tutti gli aggettivi che portano a conseguenze negative, al contrario utilizza la seconda terminologia nel titolo della stessa.
L'importanza della riforma deve essere valutata alla luce del concetto e definizione di famiglia, calando quindi la legge nel contesto sociale e culturale attuale.
Come si evince, nella legislazione italiana manca una definizione
50M. SESTA, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari,
in Fam. e dir. 2013, p.231 s.s.
51R. PICARO, Stato unico della filiazione, un problema ancora aperto, Torino, 2012,
28
giuridica di famiglia, nonostante i numerosi tentativi della costituente. Nell'art. 29 Cost. si definisce la famiglia come “società naturale” fondata sul matrimonio, questa formulazione pone in luce la natura metagiuridica52; poiché richiamando il concetto di “natura” e allo stesso tempo rispettando la concezione canonistica, rifletteva un’idea di famiglia, teorizzata ed accolta nella tradizione giusnaturalista, sia di matrice religiosa che razionalista (l’unione tra un uomo e una donna per la procreazione dei figli)53.
Si può inoltre concludere come la formula era protesa, in modo molto innovativo per l’epoca, all’affermazione di nuovi rapporti familiari informati al principio di eguaglianza tra i coniugi54.
La riforma è intervenuta in un momento storico di grande complessità per il tessuto familiare, poiché sempre più si affiancano al modello di famiglia fondata sul matrimonio, modelli diversi, come le famiglie di fatto, forme di convivenza tra persone dello stesso sesso; si assiste quindi, all'affievolimento del valore istituzionale della famiglia legittima e al diffondersi della “crisi della famiglia” che risulta sempre più evidente dalla trasformazione della famiglia come cellula primaria della società, ad una mera aggregazione di individui più o meno stabile a seconda della volontà dei partecipanti55.
Essendo quindi la riforma inserita in questo contesto, l'interprete deve dare un ordine e un significato coerente al principio di uguaglianza nella filiazione senza cadere nell'errore dell'indifferenziato.
L'uguaglianza dei figli appare quindi sganciata dallo status dei genitori o della famiglia e proprio per ciò, siamo di fronte ad un'uguaglianza che riguarda esclusivamente lo status filiationis, quindi come stato della singola persona umana56.
52V. CARBONE, Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam. e dir.
2013, p.225.
53 P. CAVANA, La famiglia nella costituzione italiana. 54P. CAVANA, La famiglia nella costituzione italiana.
55V. CARBONE, Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam. e dir.
2013, p.229.
29
Dalla lettura delle legge possiamo individuare come il legislatore si sia mosso lungo quattro direttrici, le quali si riassumono in 6 norme57: a) principi in materia di filiazione che vengono ad incidere in via immediata sulla disciplina codicistica (art. 1)
b) criteri direttivi a cui dovrà attenersi il legislatore delegato, nel dare attuazione alla delega, al fine di rivedere tutte le disposizioni in materia di filiazione andando ad eliminare ogni discriminazione tra figli, compresi quelli adottivi (art. 2)
c) modifiche di natura processuale (art. 3)
d) modifiche delle norme regolamentari in materia di stato civile, prevedendo l'eguaglianza finanziaria (art. 4 art. 5 art. 6).
Come si può vedere il testo, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati58 il 30 giugno 2011, ha subito alcune modifiche in Senato59. Le modifiche riguardavano: introduzione del 3° comma all'art. 1 della legge portando alla riformulazione dell'art. 251 c.c., prevedendo un ampliamento delle possibilità di riconoscimento dai figli nati da persone tra cui esiste un vincolo di parentela; si viene inoltre ad introdurre il 5° comma con il quale si riformula l'art 276 c.c sulla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale.
Il senato aveva rivisto integralmente, anche l'art. 3 portando così alla riformulazione dell'art. 38 disp. att. c.c., prevedendo l'attribuzione della competenza al tribunale ordinario nei casi di amministrazione del fondo patrimoniale, costituzione dell'usufrutto, riconoscimento dei figli naturali; tutto ciò è dovuto all'eliminazione nella precedente formulazione del rinvio all'art. 317 bis c.c.
Il Senato era infine intervenuto, anche sull'art. 262 c.c. stabilendo come il figlio potesse assumere il cognome del padre aggiungendolo e non più
2012, in Giust. Civ. 2013, p. 205.
57M. SESTA, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari,
in Fam. e dir. 2013, III.
58A.C n 2519/XVI, ma si tratta del testo unificato di sei proposte di legge parlamentare
e di un disegno di legge governativo (A.C 2519/XVI ,A.C 3184/XVI. A.C 3247/XVI, A.C 3516/XVI, A.C 3915/XVI, A.C 4007/XVI, A.C 4054/XVI).
30
sostituendolo a quello della madre.
La Camera ha approvato in via definitiva il testo il 27 novembre 2012, con il quale si introduce lo stato unico della filiazione; dalle votazioni emerge la contrarietà alla legge da parte dell'Udc e di una parte del Pdl. Analizzando gli interventi in aula, si riscontra come i maggiori contrasti durante i lavori preparatori si sono avuti sulle disposizioni volte a regolare il riconoscimento dei figli di genitori uniti da vincoli di parentela o affinità non dispensabili.
Se da un lato, i deputati dell'Udc e parte del Pdl sostenevano come non si potesse dare piena facoltà di riconoscimento anche ai figli nati da un incesto, chiedendo quindi uno stralcio della legge60, in posizione diametralmente opposta si esprimevano i deputati, come Alessandra Mussolini e l'on. Cinzia Capano61.
Nel dibattito parlamentare venne richiamato anche l'orientamento espresso dai giudici della Consulta, ove si sosteneva che il diritto dei figli ad avere un'identità certa era prevalente rispetto al reato di cui si erano macchiati i genitori e la discriminazione effettuata dal legislatore nei confronti dei figli incestuosi, non poteva essere giustificata sulla base della tutela di altri interessi, come ad esempio l'ordine pubblico familiare.
Ulteriore questione, che ha visto all'interno dell'assemblea l'assunzione di posizioni opposte e contrastanti, attiene alle disposizioni processuali. Da un lato, possono essere richiamate le parole dell'on. Federico Palomba il quale aveva definito “intrusa e astrusa la disposizione che riguarda lo spopolamento delle competenze del tribunale per i minorenni” e il loro trasferimento al giudice ordinario riscontrando il
60on. Paola Binetti parlava di “sdoganamento dell'incesto” anche l'allora vicepresidente
della Camera dei deputati l'on. Rocco Buttiglione si muoveva contro la norma sostenendo come la legge non sia posta a tutela del minore, ma a tutela del diritto del genitore incestuoso.
61Alessandra Mussolini parlava di “un grande passo di civiltà” riferendosi alla
scomparsa dal codice civile della distinzione tra figli legittimi e naturali; l'on. Capano sosteneva la disciplina prevista all'art 251 sostenendo come senza di essa la donna vittima di stupro non avrebbe potuto riconoscere il figlio.
31
rischio di una grave riduzione di tutela del minore.
La commissione opterà per l'approvazione del disegno di legge, al fine di garantire la parità di trattamento tra i figli, tenendo comunque conto di quello che viene definito come “sentire sociale”62; infatti il Governo si impegnava, in un ordine del giorno, a favorire l'istituzione del “Tribunale per la persona e per le relazioni familiari” garantendo così la creazione di organi giurisdizionali specializzati nella materia della famiglia e dei minori63.
3.1 L’unicità di stato e il diritto all’ascolto
La legge è composta da sei articoli; mi soffermo ora sul primo articolo, dove il legislatore viene ad inserire le modifiche che incidono direttamente e con effetto immediato sulla disciplina del codice civile, analizzando in un secondo momento le altre disposizioni.
La disposizione centrale della legge è l'art. 315 c.c., nel quale si sancisce come “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”, portando al definitivo abbandono dei riferimenti ai figli legittimi e figli naturali; la formula utilizzata riscontra l'attuazione di una disciplina nel rispetto dell'art. 3 e 30 della costituzione.
Se da una parte, la disciplina prevede l'eliminazione di qualsiasi aggettivo che possa produrre una discriminazione, dall'altro si ammette però la possibilità di utilizzare denominazioni come “figli nati dentro il matrimonio” e “figli nati al di fuori del matrimonio” quando siamo di fronte a questioni relative a tali situazioni.
Tale disposizione porta così a riconoscere in capo ai figli uguali diritti e la soggezione ai medesimi doveri.
Per parte della dottrina64 dall'art. 315 sorge però il quesito se questa
62Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione per lo studio e
l'approfondimento di questioni giuridiche afferenti la famiglia e l'elaborazione di proposte di modifica alla relativa disciplina, relazione conclusiva, cit., p. 10.
63R. PICARO, Stato unico della filiazione, un problema ancora aperto, Torino 2012. 64M. BIANCA, L'uguaglianza dello stato giuridico dei figli nella recente l.219 del 2012, in
32
uguaglianza attiene solo l'ambito del trattamento, o se si estende anche all'accertamento dello stato di filiazione, accogliendo così la distinzione operata dalla dottrina65 tra “titolarità formale” e “titolarità sostanziale”. Si deve concludere, come l’attribuzione di pari diritti non comporta la forzata parificazione delle regole di accertamento della filiazione; anzi ci sono casi in cui, la parificazione si risolve in discriminazione, dal momento che imporrebbe pari trattamento in situazioni diverse.
Con l'avvenuta unificazione dello stato di figlio e le conseguenze prodotte sulla parentela (che andrò ad analizzare nelle successive pagine), si pone in luce la non utilità del mantenimento dell'istituto della legittimazione, poiché l'art. 1 10° comma, ha eliminato la legittimazione dei figli naturali (art. 280 ss c.c) e all'art. 2 lettera b), si è andati ad attribuire una delega al Governo per l'abrogazione complessiva della disciplina sulla legittimazione.
L'abrogazione dell'istituto rappresenta quindi elemento di attuazione dell'unicità dello status filiationis, producendo conseguenze che si vengono a realizzare, anche sul piano successorio.
La disciplina sancita all'art. 315, rappresenta la norma cardine anche per l'analisi della disposizione successiva art. 315 bis c.c.66, dove si prevedono i diritti e doveri dei figli enunciando così per la prima volta
Giust. Civ. 2013, p. 205.
65C.M BIANCA, Diritto Civile II, Milano 2002, cit.345 <<La “titolarità sostanziale”
della posizione del figlio deriva dal fatto naturale della procreazione. A questa titolarità sostanziale della filiazione fa riferimento il principio costituzionale che riconosce al figlio il diritto al mantenimento, all'educazione e all'istruzione. La titolarità sostanziale della filiazione conferisce inoltre il diritto alla “titolarità formale” della filiazione, e cioè a quella posizione formalmente e pubblicamente accertata che è lo “stato di figlio”>>.
66«Art. 315-bis c.c. (Diritti e doveri del figlio). – “Il figlio ha diritto di essere
mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.
33
uno “statuto dei diritto fondamentali del figlio”67 come persona.
Si vengono così a delineare, i principi su cui poggia l'intera disciplina e cioè i diritti del figlio al mantenimento, all'educazione, e all'assistenza morale dei genitori.
Si assiste quindi all’espansione degli obblighi genitoriali già esistenti, cioè quello di essere assistito moralmente dai genitori; attraverso questo diritto si vuole rimarcare come la responsabilità genitoriale si completi con l'interesse affettivo, morale ed esistenziale68.
Da un'analisi attenta della disposizione si riscontra come, i diritti elencati al 1° comma dell'art. 315 bis c.c. non replicano i doveri previsti in capo ai genitori all'art. 147 c.c., ma sono affermati in maniera autonoma, indipendentemente dal vincolo matrimoniale.
Da ciò si riscontra la perfetta coincidenza con l'art. 30 della Costituzione.
Dalla lettura del 1° comma si desume come vi sia stata una modifica nella graduatoria dei diritti rispetto a quanto disciplinato all'art. 30 della Costituzione, infatti dalla lettura emerge come prevalga il diritto del figlio ad essere istruito, rispetto a quello di essere educato, portando così delle importanti conseguenze come si evince in dottrina69.
Merita di essere analizzata anche la disciplina contenuta al 2° comma dell'art. 315 bis c.c., dove si sancisce il diritto del figlio di crescere in una famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti; si tratta di un diritto introdotto ex-novo poiché non era mai stato individuato espressamente nel codice, ma se ne trova traccia nei principi sanciti in
67C.M BIANCA, Note introduttive, in C.M BIANCA, con la collaborazione di T.
ALLETTA. G. BALLARANI , L. BALESTRA, A. BELLELLI, M.BIANCA, M. COSTANZA, G. FREZZA la riforma della filiazione, cit. p. 439.
68R. PICARO, Stato unico della filiazione, un problema ancora aperto, Torino 2012. 69P. RESCIGNO, La tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, ora in P. RESCIGNO matrimonio e famiglia. Cinquant'anni del diritto italiano, Torino 2000, p. 279. Sul
tema è intervenuto anche M.SESTA L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti
delle relazioni familiari cit. p. 237 “rilevante è il richiamo al rispetto delle capacità,
delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio, ove il termine assume un significato più attento alla personalità del figlio se posto a confronto con l'esortazione a tenere conto, cui tuttora si riferisce l'art. 147”.
34
materia di adozione e di separazione personale dei coniugi art. 155 c.c. Dall'analisi dell'art. 155 si riscontra come titolare di tale diritto sia il minore e non anche gli ascendenti e parenti70; rilevando inoltre come, solo nella disciplina del divorzio compaia la formula “propria famiglia”. Con la nuova regolamentazione introdotta nel 2012, si viene a mutare tale orientamento, consentendo espressamente anche agli ascendenti di adire il giudice per far valere il loro diritto71.
Nella disciplina antecedente, dottrina e giurisprudenza hanno sempre ammesso il legame giuridico e affettivo tra i nonni e i nipoti, escludendo però il diritto degli avi di partecipare al giudizio, poiché questo non era espressamente previsto; erano quindi i giudici che andavano ad escludere tale possibilità72.
Questo porta a riscontrare come, il legislatore ha demandato all'Esecutivo il compito di prevedere, in capo agli ascendenti, il potere di azionare in giudizio il proprio diritto a mantenere una relazione con i nipoti73.
La legge delega mira a dare riscontro ad una necessità, che nemmeno la legge sull’affidamento condiviso era riuscita a dare seguito, riconoscendo così ai nonni non solo la legittimazione ad agire in via principale, ma anche intervenendo ad adiuvandum nei procedimenti istaurati tra i genitori74.
70 Con il disegno di legge n. 1345, si voleva introdurre il diritto di visita dei nonni. In
particolare all’art. 1 prevedeva che dopo l’art. 317 bis c.c fosse inserito il 317 ter (Diritto di visita degli ascendenti) “I genitori, o il genitore che ha esercitato la patria potestà sul figlio, hanno il dovere di consentire e non ostacolare il rapporto tra i figli e i genitori del padre e della madre dei figli, ove ciò non sia in contrasto con l’interesse del minore. In caso di inosservanza di quanto disposto nel primo comma, il giudice, accertato l’inadempimento dell’obbligo, su istanza dei genitori del padre o della madre del minore, sentito chi esercita la potestà e, qualora lo ritenga opportuno, il minore, disciplina le modalità di esercizio del diritto di visita”.
71M. DOSSETTI , M. MORETTI e C.MORETTI, La riforma della filiazione. Aspetti personali, successori e processuali, cit. p. 135 ss.
72 Trib. Reggio Emilia, 17 maggio 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.227; Trib. Bari,
27 gennaio 2009, in Fam. dir., 2009, p.497.
73 R. PICARO, Stato unico della filiazione, un problema ancora aperto, Torino 2012,
p. 235 s.s.
74 Trib. Bologna, 15 maggio 2006; Trib. Firenze, 22 aprile 2006, in Fam. dir., 2006,