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Diritto naturale e diritto positivo

Le conseguenze delle leggi del 1938 sulla vita delle persone

ANTIGONE E PORZIA (1938-1955)

9. Diritto naturale e diritto positivo

Nel 1947 Il Ponte di Calamandrei ospitava un saggio di Radbruch sulla giuristica tedesca, dopo la tragedia intenta a riflettere sulla polari-tà «ingiustizia giuridica, diritto sopragiuridico», quest’ultimo esempli-ficato, tra l’altro, nel diritto naturale 115. In quest’orizzonte Capograssi condannava l’«umanità senza diritto e diritto senza umanità entrata mostruosamente nella storia», i «particolari orribili», messi in scena a Norimberga, esito della norma ‘vuota’ «volontà dello Stato» intesa all’«annientamento», allo «spogliare l’esistenza». I giuristi erano vocati ad uscire dalla pura tecnica per costruire un diritto «per l’uomo», di cui era considerato esempio la Carta delle Nazioni unite, frutto del «di-ritto naturale», la cui irrisione – per Capograssi – era «arrivata talvolta allo scherno» 116. Anche Carnelutti tracciava un non esaltante «bilan-cio del giuspositivismo», con la «legge misura della giustizia», banco di prova della «legge ingiusta» 117. Nel 1951 Diritto naturale vigente raccoglieva gli scritti ospitati dalla Rivista dei giuristi cattolici, Iustitia, a proposito di un «problema fondamentale del diritto, la sua giustizia e la sua relazione con la coscienza del giurista» 118. Non a caso l’opera

113 G. oeStreich, Storia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, Roma-Bari, 2002, p. 139.

114 A.C. Jemolo, La famiglia e il diritto, in Id., Pagine sparse di diritto e storiografia, Milano, 1957, p. 231.

115 G. radbruch, La situazione attuale del diritto in Germania, in Il Ponte, 1947, pp.

729 ss.; G. radbruch, Propedeutica alla filosofia del diritto, Torino, 1959, pp. 212 ss.

116 G. capoGraSSi, Il diritto dopo la catastrofe, in Ius, 1950, pp, 177 ss. Sul filosofo del diritto, intento dagli anni Trenta a porre la «persona umana» al centro della ricerca

cfr. F. teSSitore, Giuseppe Capograssi, in Il contributo italiano alla storia del pensiero,

Filosofia, Roma, 2012; P. GroSSi, Capograssi, Giuseppe, in Dizionario biografico dei

giu-risti italiani, cit., pp. 428-430.

117 F. carnelutti, Bilancio del positivismo giuridico, in Rivista trimestrale di diritto

pubblico, 1951, p. 294.

ospitava l’intervento di Pio XII al primo Convegno nazionale dell’U-nione giuristi cattolici, con la forte affermazione della responsabilità degli operatori del diritto per gli effetti della legge ingiusta, e la critica del «cosiddetto positivismo giuridico» e della «perdita della retta co-gnizione della natura umana» 119. Dal canto suo Calamandrei leggeva nella «Allocuzione» del Pontefice un «dovere del giudice di rifiutare l’applicazione della legge moralmente ingiusta», indicazione «eversiva di tutto il sistema della legalità» 120. La posta in gioco della polarità tra diritto naturale e diritto positivo era anche la divisione di compiti tra il legislatore e l’interprete, e per quest’ultimo l’alternativa tra applica-zione della legge e giurisprudenza del «caso per caso». In questo senso il magistrato Mario Elia tematizzava dunque l’«indipendenza del giu-dice» come «ponte» tra «legge e vita», con l’esempio della «violazione dei diritti inviolabili dell’uomo», censurabile dalla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 2 121. Vincenzo Chieppa – già segretario dell’Associa-zione magistrati, autoscioltasi nel 1925 – metteva in luce il bivio tra la «norma iniqua» e la «coscienza»; da giudice, che aveva ripreso servizio dopo esser stato epurato nel 1926, distingueva tra il «cittadino», e il suo «dovere alla ribellione aperta», e il magistrato, che, «finchè tiene l’ufficio, deve lealmente applicare la legge quale essa è», o «abbando-nare la toga» 122.

Quanto al diritto naturale, Guido Astuti coglieva il senso di que-sto ‘ritorno’ come coscienza critica dell’uomo di legge, non «antitesi al diritto storico», non sostituzione degli «ordinamenti positivi vigen-ti con sistema di norme valide per ogni tempo e luogo» 123. Santoro Passarelli ripensava il rapporto tra diritto positivo e diritto naturale, ed asseriva di non esser più «in adorazione di questo diritto positivo,

giuridica italiana. Un profilo storico (1860-1950), Milano, 2000, pp. 279 ss.

119 pio Xii, Discorso ai giuristi cattolici, in Diritto naturale vigente, cit., pp. 151 ss.

120 P. calamandrei, Processo e giustizia, in M. cappelletti (a cura di), P. calaman

-drei, Opere giuridiche, cit., p. 753.

121 M. elia, Il diritto come sintesi concreta e i poteri del giudice, in Diritto naturale

vigente, cit., p. 78.

122 V. chieppa, Il giurista nell’unità di vita del cattolico, ivi, p. 86. Su Chieppa A. meniconi, La magistratura nella storia costituzionale repubblicana, in Nomos, 2017, p. 12.

123 G. aStuti, Resoconto della discussione al primo Convegno dei giuristi cattolici del

1949, in Diritto naturale vigente, cit p. 182. Sullo storico del diritto cfr. M. caravale,

Astuti, Guido, in i. birocchi - e. corteSe - a. mattone - m.n. miletti (a cura di), in

col quale tanto male si è potuto compiere». D’altro canto sosteneva che, nonostante recenti «monstra legum», compito del giurista restava quello di «osservare e far osservare la legge», pur nella presa d’atto della «crisi del diritto inteso come norma meramente tecnica». Per i giuristi, «drammaticamente disorientati», si raccomandava come bus-sola la «coscienza sociale […] da cui deriva la stessa obbligatorietà della legge» 124. Anche Del Vecchio restituiva il giusnaturalismo al suo tempo storico, ma si dichiarava indisposto a rinunziare al vaglio «del giusto o dell’ingiusto», iscritto nelle «sempre mutevoli leggi positive», pena «rinnegare l’umana coscienza» 125. Capograssi ribadiva che «gli scienziati del diritto hanno vissuto finora di positivismo giuridico: si accorgono adesso che le cose sono meno semplici […] i conti non tor-nano»; a ‘svegliarli’ era stato il «diritto posto non come ragione e ga-renzia di vita ma come mezzo orribile di morte» 126. Barbero affermava che la legge ingiusta doveva essere «disconosciuta», nella critica del calamandreiano «sconsolato ossequio alle leggi solo perchè sono ta-li» 127. Il costituzionalista Esposito asseriva invece che la «singola legge ingiusta» era comunque «diritto»; metteva in guardia dal rischio che il «togliere la pietruzza» «facesse cadere tutta la montagna»; concludeva che «il diritto è quello che fa il legislatore» 128. Anche lo storico delle legalità comunale Nicolini condivideva questo paradigma, e legava la coincidenza tra «legalità ed eticità del diritto [...] allo Stato ordinato democraticamente» 129.

Ne La crisi del diritto – che raccoglieva un Ciclo di Conferenze te-nute da vari giuristi a Padova – Giacomo Delitala ripensava in modo

124 F. Santoro paSSarelli, Un problema fondamentale, in Diritto naturale vigente, cit., pp. 35-36, Resoconto, cit., p. 223.

125 G. del vecchio, Le concezioni moderne del diritto naturale, ivi, pp. 13 ss.

126 G. capoGraSSi, Resoconto, cit., p. 70.

127 D. barbero, Negazione della legge ingiusta come valore giuridico e resistenza, ivi,

p. 118. Sul civilista R. caterina, Barbero, Domenico, in I. birocchi - e. corteSe - a.

mattone - m.n. miletti (a cura di), in Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit., pp 166-168.

128 C. eSpoSito, Resoconto, cit., p. 175. Sul filosofo del diritto e costituzionalista cfr.

A. pace, Esposito, Carlo, in i. birocchi - e. corteSe - a. mattone - m.n. miletti (a

cura di), in Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit., pp. 805-808.

129 U. nicolini, Verità e certezza del diritto, in Diritto naturale vigente, cit., p. 130.

Sullo storico del diritto cfr. i. birocchi - e. corteSe - a. mattone - m.n. miletti (a

cura di), U. Sanatrelli, Nicolini Ugo, in Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit.,

esplicito alla legislazione antiebraica, iscrivendo la «vera decadenza del diritto» nelle leggi «non dettate dalla giustizia»; asseriva che «vent’anni di dittatura» avevano visto il giurista «in contemplazione delle strutture formali […] non un vanto, ma vergogna», e che «violare leggi estranee al nostro spirito» era stata una necessità «ieri meritoria». D’altro canto il «diritto naturale» – tornato al centro del dibattito – pareva «buono per la città d’Utopia»; così come la giustizia italiana di transizione e il processo di Norimberga erano poggiati sulla umanità come categoria morale, estranea al ‘giuridico’. Nella difficile stagione del lento proces-so di ‘incivilimento’ della codificazione del 1930 alla luce dei principi costituzionali, Delitala indicava al legislatore repubblicano un diritto irriducibile a «codice della forza», piuttosto garantistica «forza per la società» 130. Jemolo discuteva la rappresentazione dello Stato «onnipo-tente e impo«onnipo-tente» di Capograssi; la sovranità dello Stato e la legalità, cardini della giuspubblicistica nazionale tra Otto e Novecento, era-no ancora poste come pietre angolari di una legge statuale che, dopo l’«annientamento» e lo «spogliare l’esistenza», era vocata a riconosce-re i «diritti fondamentali dell’uomo», di fronte ai quali il «legislatoriconosce-re deve arrestarsi» 131. Per Jemolo la legislazione razziale aveva mostrato «di che lacrime grondasse la voluntas legis»; per il giurista, al bivio tra «attività intellettuale e vita morale», ‘doppio fedele’ alla legalità ed alla moralità cristiana, non sarebbe stata più pensabile la legalità senza giustizia, ma neppure la «giustizia senza legalità» 132.

Antonio Cicu si confrontava con Diritto naturale vigente soprattut-to sul terreno, a lui congeniale, degli status e del diritsoprattut-to di famiglia; in particolare nel 1956 sottolineava la possibile dichiarazione di incosti-tuzionalità di una norma «ispirata al fine di persecuzione razziale» 133. Nel tempo i riferimenti specifici alle norme contro gli ebrei andavano sfumando; Uberto Scarpelli aggiungeva un punto di domanda al «di-ritto naturale vigente», nella decisa affermazione che «vigente è solo il

130 F. delitala, La crisi del diritto nella società contemporanea, in La crisi del diritto,

Padova, 1951, pp. 81 ss. Sul penalista indicazioni in G. marinucci, Delitala, Giacomo,

in Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit., pp. 748-749.

131 A.C. Jemolo, La crisi dello Stato moderno, in Crisi del diritto, cit., p. 111.

132 A.C. Jemolo, Attività intellettuale e attività morale, in Archivio di filosofia, 1945, p. 122.

133 A. cicu, Diritto naturale vigente, in Rivista trimestrale di diritto e procedura

civi-le, 1956, p. 236. Sul giurista sardo indicazioni in G. cianferotti, Il concetto di status, cit. pp. 50 ss.

diritto positivo». Il filosofo del diritto ricordava le parole di Chieppa sul giudice che «o abbandona la toga o applica la legge»; per Scarpelli il ‘mai più’ della «legge mostruosa»  spettava allo «Stato liberale de-mocratico moderno» 134. Nelle pagine di Carlo Antoni la «restaurazio-ne del diritto naturale» – ‘impersonata’ da Antigo«restaurazio-ne – rimandava alla «corrispondenza della legislazione positiva all’istanze dell’etica» 135, nei termini tensivi indicati anche da Alessandro Passerin d’Entreves 136. Da oltreatalantico Hart chiedeva «Are there any Natural Rights»? 137; Bobbio asseriva che, con la costituzionalizzazione dei diritti umani, era stata superata la cesura, operata dal positivismo giuridico, tra diritto positivo e diritto naturale 138.