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Una premessa tra storiografia e diritto

Le conseguenze delle leggi del 1938 sulla vita delle persone

PREMESSE DELLA LEGISLAZIONE ANTIEBRAICA TRA SVOLTA ANTISEMITA E PROGRESSIONE RAZZISTA

1. Una premessa tra storiografia e diritto

Come tutte le storie anche quella tragica e ripugnante della legisla-zione antiebraica ha una storia che la precede, delle premesse che non possono essere ignorate. Premesse che coincidono con la storia della cittadinanza ebraica in Italia 1 da indagare senza la pretesa di stabilire

1 Per un’indagine sull’antisemitismo in Italia tra Otto e Novecento, si vedano i

contributi in A. burGio (a cura di), Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d’Italia

nessi meccanici tra la trama e il suo svolgimento, alla ricerca di un finale prestabilito. Occorre evitare il rischio di un ragionamento storico che consideri ogni fatto politico rilevante l’anticipazione causale di quello che accadrà, cercando tuttavia di ragionare sulla posizione giuridica degli ebrei nella società italiana, intorno al profilo dell’eguaglianza dei culti, allargando la riflessione anche ad aspetti socio-istituzionali più generali.

Si tratta dunque di non retrodatare troppo la persecuzione, ma ne-anche troppo poco, riducendola al campo di concentramento e alla contabilità dello sterminio e quindi a una sostanziale gestione tedesca che parte con il viaggio in Germania di Mussolini e arriva sino all’epi-logo di Salò. Nel primo caso l’individuazione di elementi permanenti di antisemitismo storico rischia di introdurre la «defascistizzazione del fascismo» 2, riducendo tutto al carattere degli italiani tra indolenza ed eroismo, in cui alla fine anche la burocrazia notoriamente mal fun-zionante è un indizio di autoassoluzione sul filo dell’italica bonarietà di fondo. Nel secondo caso, si rischia di valutare, il 1938 attraverso quello che accadrà nel 1943-45, e non viceversa, retrodatando gli ef-fetti dei tanti fattori successivi all’8 settembre 1943, con intollerabile indulgenza derivante dalle cifre degli scampati ai campi di sterminio. Indulgenza che non tiene conto del peso condizionante e annientante della legislazione antiebraica sulla vita delle persone e del ruolo di una parte della società italiana, nell’attenuazione delle potenzialità dello sterminio, che nel momento stesso in cui salva gli ebrei non risponde alle direttive del regime fascista.

La periodizzazione non è mai un elemento neutro in questo tema sotto il profilo dei contenuti, dell’oggetto sostanziale, più che sull’i-dentificazione del tema trattato, visto ben si può tematizzare il 1938 3, attraverso il 1922 e i passaggi successivi nel solco della diseguaglianza tra i culti di ritorno. L’analisi centrata sul 1938 porta a distinguere il ventennio tra un lungo prima e un breve ma tragico dopo. In questo quadro, naturalmente le interpretazioni sono molto diverse nel giu-dizio sul rapporto tra le due fasi: logico sviluppo antisemita di una

2 E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Roma-Bari, 2002, p. VIII.

3 Come osserva F. Germinario, Fascismo e antisemitismo. Progetto razziale e

ideolo-gia totalitaria, Roma-Bari, 2009, p. IX, «il rischio è quello di identificare antisemitismo

e fascismo, con la conseguenza se non di defascistizzare, comunque di sottovalutare ciò che era stato il fascismo negli anni precedenti il 1938».

politica razziale o netta cesura? Laddove il discorso attiene alla svol-ta antisemisvol-ta o alla progressione razzissvol-ta, la riflessione non può non ricollegarsi a un contesto storico di medio-lungo periodo che copre quantomeno il ventennio 4.

Occorre insomma molta cautela, evitando errori di partenza in giu-dizi perentori e qualificazioni storiche frettolose: a partire dalla con-siderazione dell’Italia tra Otto e Novecento come una sorta di isola felice, totalmente immune dalle correnti dell’antisemitismo europeo, o, al contrario, dalla continuità tra antigiudaismo cattolico e razzismo fa-scista. Il punto di vista storico-giuridico 5 può fornire elementi impor-tanti, nel momento in cui l’inquadramento costituzionale degli ebrei è messo in relazione con la dimensione sociale.

Il livello storiografico è condizionato inevitabilmente dalla rimo-zione politica della persecurimo-zione. Alla Costituente tutto il discorso è ricondotto al ripristino dell’eguaglianza che non ammette distinzioni fondate sulla razza: l’eguaglianza come punto di partenza e di arrivo, dentro il disegno di una nuova cittadinanza che rompe con il passato. Certo è ancora troppo vivo per la comunità ebraica il ricordo delle do-lorose menzogne per accettare di buon grado il riferimento alla razza 6

onde evidenziare il tratto di un’eguaglianza che non ammette distinzio-ni. Accostata ad altri elementi reali come il sesso, la lingua, la religione e le opinioni personali, non tutti sono convinti dell'inesistenza della razza. Ciò che è davvero rilevante è non fare della razza un elemento di

4 Sui concetti di «svolta» e «progressione», si veda I. pavan, Fascismo,

antisemi-tismo, razzismo. Un dibattito aperto, in d. menozzi - a. mariuzzo (a cura di), A

Set-tant’anni dalle leggi razziali. Profili culturali, giuridici e istituzionali dell’antisemitismo,

Roma, 2010, pp. 33 ss.

5 Basti pensare alla vasta letteratura concentrata in poco più di un decennio che

trova come punto di partenza la ricerca di G. Speciale, Giudici e razza nell’Italia

fasci-sta, Torino, 2007, e prosegue negli anni successivi con e. de criStoforo, Codice della

persecuzione. I giuristi e il razzismo nei regimi nazista e fascista, Torino, 2008; O. De

Napoli; La prova della razza. Cultura giuridica e razzismo in Italia negli anni Trenta,

Fi-renze, 2009; S. falconieri, La legge della razza. Strategie e luoghi del discorso giuridico

fascista, Bologna, 2011; S. Gentile, La legalità del male. L’offensiva mussoliniana nella

prospettiva storico-giuridica (1938-1945), Torino, 2013.

6 Il democristiano Mario Cingolani mantiene una proposta di modifica come «atto

di doverosa cortesia verso le comunità israelitiche italiane, che hanno fatto conoscere a parecchi di noi [...] che sarebbe loro desiderio che alla parola “razza” sia sostituita la

parola “stirpe”» (aSSemblea coStituente, verbale della seduta pomeridiana LXXIV

differenza davanti alla legge 7.

Il ritorno all’eguaglianza avviene così nel solco di una rimozione della persecuzione. Il fragile equilibrio democratico scosso dalle solle-citazioni della Guerra fredda si consolida intorno all’antifascismo con la condanna storica senza appello delle leggi razziali. Oltre non si può andare in un primo momento: la ripartenza impone la condanna del fascismo più che dei fascisti.

Il primo passo è l’equiparazione del perseguitato razziale al perse-guitato per attività antifascista, compiuta dalla legge 96 del 10 mar-zo 1955 che porta la firma dell’ebreo laico Umberto Terracini: ai fini dell’assegno di benemerenza si tiene conto di «atti di violenza o sevizie da parte di persone alle dipendenze dello Stato o appartenenti a forma-zioni militari o paramilitari fasciste, o di emissari del partito fascista». Basta aggiungere che «un assegno nella stessa misura sarà attribuito, nelle identiche ipotesi, ai cittadini italiani che dopo il 7 luglio 1938 ab-biano subito persecuzioni per motivi d’ordine razziale». Equiparazio-ne fa quasi rima con rimozioEquiparazio-ne delle differenze, quelle stesse differen-ze che dovrebbero avere un peso storico decisivo per qualsiasi forma di persecuzione. L’equiparazione copre evidentemente il livello della coincidenza tra i due fenomeni, costituito dalla violenza, ignorando la complessiva lesione di personalità.

La persecuzione antiebraica costituisce una mera appendice, attac-cata in termini di equiparazione al tema della persecuzione politica: il 7 luglio 1938 omologato al 28 ottobre 1922. L’equiparazione è frutto dell’aggiunta all’ultimo momento di un emendamento riguardante la persecuzione razziale 8. Una saldatura posticcia tanto è vero che occor-rerà attendere l’art. 5 della legge 3 aprile 1961 n. 284 per

individua-7 Secondo il comunista Renzo Laconi, «per il fatto che questo richiamo alla razza

costituisce un richiamo ad un fatto storico realmente avvenuto e che noi vogliamo con-dannare, oggi in Italia, riteniamo che la parola “razza” debba essere mantenuta. Ciò non significa che essa debba avere alcun significato spregiativo per coloro che fanno parte di razze differenti da quella italiana. Basta aprire un qualsiasi testo di geografia per trovare che gli uomini si dividono in quattro o cinque razze: e questa suddivisione non ha mai comportato, per se stessa, alcun significato spregiativo. Il fatto che si man-tenga questo termine per negare il concetto che vi è legato, e affermare l’eguaglianza assoluta di tutti i cittadini, mi pare sia positivo e non negativo» (ivi, pp. 2422-2423).

8 G. Speciale, Il risarcimento dei perseguitati politici e razziali: l’esperienza italiana,

in G. reSta - v. zeno-zenchovich, Riparare Risarcire Ricordare. Un dialogo tra storici

re nella Corte dei conti l’autorità competente sul contenzioso, in una sfera applicativa ridotta che lascia fuori i danni irreparabili ai percorsi di vita sin dal primo stadio formativo 9. L’infelice equiparazione impe-disce di riflettere sul piano giuridico sul significato della legislazione antiebraica, alimentando l’insopportabile formalismo della prova che diventa sempre più pervasivo nei confronti di chi è sopravissuto, ma-gari sfuggendo alla persecuzione dei corpi, trovando per caso o per ostinata disperazione la personale via d’uscita che riemerge oggi nella forma della memoria 10.

In una Repubblica fondata sull’antifascismo l’equiparazione degli ebrei ai perseguitati politici vorrebbe cogliere un profilo di integra-zione. Gli effetti della legislazione antiebraica visti dunque come com-pletamento del discorso sulla persecuzione politica, eludendo tuttavia un momento di doverosa riflessione specifica. La persecuzione razziale rimane a livello politico la testimonianza aberrante di un altro ordina-mento, quello fascista, mentre la macchina dello Stato, dalla produ-zione legislativa all’apparato giudiziario passando per la burocrazia, tende a considerare le questioni della condizione degli ebrei dopo la persecuzione, quasi come una fastidiosa pratica da classificare nel qua-dro della problematica defascistizzazione. L’effetto evidente è costitu-ito dal contrasto tra la velocità nel montaggio dell’apparato razziale e la lentezza nello smontaggio. Ma il problema non può essere soltanto costituito dalla lentezza degli apparati e dal cattivo funzionamento del-la pubblica amministrazione: le contraddizioni del dopoguerra espri-mono qualcosa di più che coinvolge la società italiana nella capacità di fare i conti sino in fondo con l’aberrazione razziale. Tra autoindulgenza nazionale che porta a rimarcare le differenze tra Italia e Germania, ri-ducendo il destino degli ebrei italiani a vittime di un’alleanza spinta al livello del sostanziale allineamento legislativo, e autoassoluzione come riflesso della condanna di un regime e condizione per la ricostruzione morale e materiale, emerge la rimozione che è un po’ la continuazione

9 Speciale ricorda che «rimangono esclusi dal beneficio dell’indennizzo i

dipen-denti pubblici e privati licenziati ex lege, gli espulsi dalle scuole, i radiati dagli ordini professionali, gli esclusi dalle attività commerciali», ivi, pp. 118-119.

10 Tra i tanti contributi, si veda f. taGliacozzo, Gli ebrei romani raccontano la

«propria» Shoah. Testimonianze e memorie raccolte e organizzate a cura di r. di ca

del «silenzio» colpevole del periodo 1938-43 11.

La rimozione politica non favorisce la ricostruzione di una storia difficile da raccontare a partire dal punto di inizio e dall’ambienta-zione sociale 12. A quale storia appartiene la persecuzione antiebraica e in quale periodo si articola? Nelle grandi opere di sintesi, distin-ti fattori concettuali, dai caratteri genedistin-tici del fascismo alla necessità dell’allineamento imposta dall’alleanza 13, passando per la personalità del Duce 14, coesistono con la fattualità opinabile dell’integrazione de-gli ebrei nel regime 15. Emergono così svariate interpretazioni tutte sul filo di un’oscillazione strumentale alla risposta finale sull’influenza del fattore tedesco. Due podestà ebrei come Renzo Ravenna 16 a Ferrara, capace di resistere alla contestazione antisemita sotto la protezione di Italo Balbo, ed Enrico Paolo Salem 17 a Trieste, peraltro cattolico a livello di culto pubblicamente dichiarato, e un ministro delle finanze come Guido Jung 18, tra gli artefici della fondazione dell’Iri, possono essere sufficienti per suffragare il profilo, ma anche quella ben diversa di un’originaria diffidenza reciproca e di un antisemitismo di partito che si misura proprio nelle eccezioni, in cui appare evidente se non il problema razziale almeno quello politico.

Nel complesso, emerge una lettura funzionale alla ripartenza de-mocratica e antifascista del popolo italiano che oscura la pagina delle premesse storiche, senza più cogliere il senso storico dell’alleanza tra fascismo e nazionalsocialismo, che è tutta dentro la storia europea

de-11 Sul silenzio degli «intellettuali, laici o religiosi, comunisti o democratici», si

ve-dano le riflessioni di V. foa, Questo Novecento, Torino, 1996, p. 151.

12 Per una ricostruzione storiografica sugli si veda il contributo di m. toScano, Il

dibattito storiografico sulla politica razziale del fascismo, in G. reSta - v. zeno zencovi

-ch (a cura di), Leggi razziali. Passato /presente, Roma, 2015, pp. 9-41.

13 l. Salvatorelli - G. mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Torino, 1962, p. 753.

14 Così A. milano, Storia degli ebrei d’Italia, Torino, 1963, p. 392.

15 Sull’utilizzo argomentativo del riferimento alla presenza di ebrei tra i gerarchi,

si veda, ad esempio, d. mack Smith, Storia d’Italia dal 1861 al 1997, Roma-Bari, 1997,

p. 532.

16 Su Renzo Ravenna si veda i. pavan, La storia di Renzo Ravenna tra fascismo e

leggi razziali, Roma-Bari, 2006.

17 Sulla figura del podestà triestino, cfr. S. bon, Un fascista imperfetto. Enrico Paolo

Salem, podestà «ebreo» di Trieste, Trieste, 2009.

18 Si veda r. raSpaGlieSi, Guido Jung. Imprenditore ebreo e ministro fascista, Mila-no, 2012.

gli anni trenta, nei profili di interazione totalitaria, ben distanti da una servile imitazione, e nelle peculiarità italiane evidenti nella sfasatura cronologica: la diseguaglianza dei culti è un dato conclamato in Italia prima ancora dell’ascesa al potere di Hitler in Germania.

Il lungo silenzio è interrotto dalla fondamentale ricerca di Renzo De Felice commissionata dalla comunità ebraica che rimane a lungo l’unico contributo generale 19. Il merito fondamentale è naturalmente quello di aver indagato la vicenda degli ebrei sotto il regime fascista ri-flettendo sul tema come questione centrale nella storia italiana, offren-do una ricostruzione fattuale e offren-documentale in graoffren-do di orientare le letture successive persino alternative alla linea interpretativa prescelta. Altro indiscutibile merito è rappresentato dalla rappresentazione della svolta antisemita come una autonoma scelta del regime fascista.

Nell’impostazione di De Felice, l’attenzione tende sempre più a spostarsi sul terreno della storia del fascismo che implica il confronto con il nazionalsocialismo 20. Un confronto che porta inevitabilmente a ridimensionare il razzismo fascista in chiave antisemita, sino a ricon-durre la legislazione a una necessità tattica e strategica nell’alleanza con Hitler, nella riflessione sulle «concause» e la causa scatenante. Non a caso Angelo Ventura rimprovera a De Felice la sottovalutazione della valenza strutturale del razzismo: «lungi dal rappresentare una discri-minante tra fascismo italiano e nazionalsocialismo tedesco, razzismo e antisemitismo costituiscono denominatori comuni, che confermano la validità scientifica del concetto generale di fascismo, come categoria ermeneutica che definisce un fenomeno di portata europea e interna-zionale, nel quale confluiscono i diversi fascismi» 21.

Negli ultimi decenni sono emerse delle ricerche che si sono distac-cate dall’impostazione di De Felice, mettendo finalmente al centro del discorso la condizione ebraica nella società fascista. Ricerche che han-no approfondito la dimensione del razzismo nell’ambito dei tanti fili

19 r. de felice, Storia degli ebrei sotto il fascismo, Torino, 1993 (1961). Un’altra

opera importante sul tema è costituita dalla riflessione dello storico israeliano m. mi

-chaeliS, Mussolini e la questione ebraica. Le relazioni italo-tedesche e la politica razziale

in Italia, Milano, 1982 (1978).

20 r. de felice, Mussolini il duce, vol. II, Lo stato totalitario 1936-1940, Torino, 1981.

21 A. ventura, Il fascismo e gli ebrei. Il razzismo antisemita nell’ideologia e nella

contenuti nel progetto totalitario, dal rapporto con il fenomeno reli-gioso alla dimensione coloniale, che sviluppa consapevolezze razziali già emerse a livello di legislazione sociale 22. Dietro il 1938 vi è sicura-mente il 1921-1922 e il 1936 con il gas usato in Etiopia 23.

Vari contributi storiografici che possono essere ricondotti nella li-nea concettuale del rapporto tra razzismo e antisemitismo 24. Due ele-menti che si possono comporre e scomporre all’infinito: il razzismo come prodotto ultimo dell’antigiudaismo, l’antisemitismo persecuto-rio come lineare scivolamento del razzismo. Oppure ancora razzismo e persecuzione collegati dalla «svolta antisemita», in cui l’attenzione si sposta proprio sul significato della svolta: l’antisemizzazione del razzismo, la maturazione di un antisemitismo latente. In una diversa prospettiva, è stato descritto un salto, in termini di qualità totalitaria, dall’antropologia dell’uomo fascista all’antisemitismo, senza passare per un livello razziale, in cui ritorna a essere un elemento decisivo il viaggio in Germania di Mussolini 25.

Nel concetto di razzismo vi rientra anche la legislazione coloniale che scompone e ricompone il soggetto di diritto 26 secondo un bio-di-ritto di chiara derivazione igienista. I diversi filoni del razzismo fascista appaiono un fondamentale dato di partenza per ulteriori analisi sto-riografiche intorno la combinazione di fenomeni ben distinti. Combi-nazione che emerge lungo l’asse razza-Combi-nazione-cittadinanza. In virtù della legislazione coloniale, è un dato conclamato il collegamento tra cittadinanza e razza. Il salto di qualità, che richiede un apparato di pseudoscienza di copertura, consiste a quel punto nel considerare gli ebrei una razza diversa: l’antisemitismo come «motore aggiunto del processo di costruzione del sistema totalitario» 27.

In rapporto alle differenti prospettive si articola il tempo storico della persecuzione. Se la linea che svilisce il fenomeno italiano ad

al-22 Si vedano le riflessioni sul controllo sociale attuato attraverso la demografia di E. collotti, Il fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia, Roma-Bari, 2003, p. 28.

23 F. Germinario, Fascismo e antisemitismo cit., pp. IX-X.

24 Si veda F. miGliorino (a cura di), Scarti di umanità. Riflessioni su razzismo e

antisemitismo, Genova, 2010.

25 m.a. matard-bonucci, L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, Bologna, 2008.

26 A. mazzacane, Il diritto fascista e la persecuzione degli ebrei, in G. Speciale (a cura di), Le leggi antiebraiche nell’ordinamento italiano, Bologna, 2013, pp. 47-48.

lineamento consapevole del fascismo alla strategia nazionalsocialista tende ad accorciare i tempi dentro il periodo 1943-45, quella aperta alla comprensione storica della condizione ebraica si concentra sull’i-dentità, sulla collocazione costituzionale di lungo periodo.

La tendenza ad allargare il raggio di osservazione della questione ebraica in Italia attraverso il pendolo dell’eguaglianza compare nell’in-dagine di Guido Fubini, una vera e propria storia della condizione giuridica degli ebrei: «dall’eguaglianza dei cittadini all’eguaglianza dei culti», come punto di partenza liberale, «alla diseguaglianza dei citta-dini» contenuta nel «ritorno alla diseguaglianza dei culti» 28. Michele Sarfatti ragionando su cicli storici sovrapposti distingue «la persecu-zione della parità dell’ebraismo (1922-1936)», dalla «persecupersecu-zione dei diritti degli ebrei (1936-43)» per arrivare al «periodo della persecu-zione delle vite degli ebrei (1943-45)». In questo quadro condivisibi-le, il discorso si allarga alla dimensione della questione ebraica nella storia d’Italia, partendo dal periodo liberale 29 e poi si restringe sino a cogliere i passaggi che conducono alla «progressione persecutoria» 30, attraverso scansioni che evocano passaggi giuridici annidati nei tanti fattori della complessità di un regime che cavalca per via autoritaria le contraddizioni nella struttura sociale.

L’elemento giuridico orienta la lettura di questa complessità evitan-do pericolose scorciatoie nella ricerca di un elemento unico scatenan-te nella deriva antisemita. La scorciatoia principale che spiega tutto e non spiega niente è naturalmente costituita dal ragionamento tutto costruito intorno al peso dell’alleanza con la Germania, con la sbrigati-va premessa di un regime nato dall’affermazione di un movimento non apertamente antisemita e addirittura anticlericale 31. Una verità che è una delle tante verità che non tengono conto di altre verità di segno op-posto, attesa la facilità nell’accertare tracce di antigiudaismo nei fasci-sti della prima ora e la difficoltà di tenere insieme tanti fascismi diversi

28 G. fubini, La condizione giuridica dell’ebraismo italiano. Dal periodo napoleonico

alla repubblica, Firenze, 1974.

29 M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, 2000.

30 Ivi, p. IX.

31 Sulla «contrapposizione netta con i valori più profondi del cristianesimo» del

fascismo-movimento, si veda r. de felice, Intervista sul fascismo, Roma-Bari, 2001

rispetto al ruolo della Chiesa, da incrociare con le tante modalità cat-toliche, dal dissenso all’adesione, di rapportarsi all’ascesa del regime.

Fuori da ogni semplificazione, occorre insomma riflettere sulla complessità delle «concomitanze» evocate da Arturo Carlo Jemolo in una lettera a Mario Falco datata 27 settembre 1936:

«Io non leggo giornali, ma vedo i sintomi di quella campagna; che se dilagasse, non so a cosa porterebbe, chè ricordo sempre la frase di Manzini, che la credulità e la bestialità umana sono le cose più