• Non ci sono risultati.

Il fondamento biologico-sanitario della legislazione sociale e il popolazionismo igienistapopolazionismo igienista

Le conseguenze delle leggi del 1938 sulla vita delle persone

PREMESSE DELLA LEGISLAZIONE ANTIEBRAICA TRA SVOLTA ANTISEMITA E PROGRESSIONE RAZZISTA

4. Il fondamento biologico-sanitario della legislazione sociale e il popolazionismo igienistapopolazionismo igienista

Sulle finalità politiche della politica sociale fondata sulla razza non mostrava dubbi Giuseppe Maggiore, che anzi cercava di smontare ogni moto di sorpresa intorno alle leggi razziali: «la sua politica demografica non è stata soltanto una politica di numero, ma una politica di qualità, val quanto dire selettiva, del perfetto tipo italiano. Ciò è potuto avveni-re perché il Fascismo ha cavveni-reduto nella esistenza della razza italiana» 65. Intorno alla politica demografica si era consolidata una legislazione so-ciale che esprimeva e rilanciava un progetto in cui la dimensione finale coincideva con il miglioramento della razza 66.

65 G. maGGiore, Politica fascista della razza. Numero e qualità, in Critica fascista, XVI, 1938, p. 308.

66 «“Il numero è potenza” in realtà conteneva in sé molteplici significative impli-cazioni, poiché partendo da un’analisi catastrofista degli effetti dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione tendeva a saldare intorno al caposaldo popolazionistico politi-ca demografipoliti-ca, politipoliti-ca militare ed espansionismo, politipoliti-ca delle migrazioni interne e

Se l’antisemitismo non compare per lungo tempo nel discorso pub-blico, il riferimento alla razza è pressoché costante, legato all’idea della potenza della nazione 67. Nazione come unità etnica degli italiani che costituiscono una razza da migliorare nell’ambito di un articolato si-stema legislativo fondato su profili distinti, ma coordinato dalla finalità totalitaria di organizzazione delle masse. Il nesso razza-nazione emerge sotto il profilo della politica demografica 68 in cui il regime concepisce il progetto di edificazione della società fascista, costantemente rilanciato 69

e consolidato a un livello giuridico interdisciplinare, che attraversa il di-ritto tributario della tassa sul celibato e della fiscalità premiale 70 e il dirit-to penale 71, per giungere a una dimensione giuridica della famiglia che si vorrebbe controllare e ricostruire su misura dell’ideologia fascista 72.

Quella che ambisce a essere la migliore legislazione del mondo è fon-data sui seguenti profili: l’ossessione demografica portata avanti con la promozione della natalità sin dai tempi del programma di Piazza San Se-polcro 73; rigida separazione uomo-donna nella formazione, con le donne

lotta all’urbanesimo, con il conseguente elogio della ruralizzazione e la condanna della

morale borghese» (I. pavan, Fascismo, antisemitismo, cit., p. 47).

67 Come osserva P. coSta, Civitas, cit. p. 287, «la potenza della nazione, se implica una ridefinizione dei soggetti al suo interno, implica anche, nello stesso tempo, un rafforzamento dei confini, una drammatizzazione del rapporto tra “fuori” e entro”, fra “interno” ed “esterno”, che trova nelle differenziazioni razziali il più evidente e indiscutibile parametro».

68 «L’intento della politica demografica fascista fu totalitario: era una politica che mirava a imporre scelta individuali fondamentali nel campo della migrazione, della

fe-condità e della nuzialità al servizio della “Nazione”» (C. ipSen, Demografia totalitaria.

Il problema della popolazione nell’Italia fascista, Bologna, 1997, p. 20).

69 La rivista «Gerarchia» nel settembre 1928 ripubblica la prefazione di Mussolini

a R. korherr, Regresso delle nascite: morte dei popoli, Roma, 1928, con il titolo Il

numero come forza. L’articolo è rilanciato da C. Gini: Il numero come forza, in Critica

fascista, 1928, pp. 362-363.

70 Sulla «politica dell’alta natalità […] rafforzata da una serie di disposizioni legisla-tive, che concedono agevolazioni di carattere fiscale ai capi delle famiglie legittime con

numerosa prole», si veda G. dattino, Il diritto di famiglia e il diritto di proprietà nella

legislazione fascista, in Studi in onore di Mariano D’Amelio, vol. I, Roma, 1933, p. 433.

71 L’art. 553 del Ccodice penale Rocco prevede il reato di incitamento a pratiche

contro la procreazione.

72 Si vedano le considerazioni di P. reSciGno, Introduzione al Codice civile, Ro-ma-Bari, 1991, p. 69.

73 «Abbiamo quaranta milioni di abitanti su una superficie di 287 mila chilometri quadrati, separati dagli Appennini che riducono ancora di più la disponibilità del no-stro territorio lavorativo: saremo fra dieci o venti anni sessanta milioni ed abbiamo ap-pena un milione di chilometri quadrati di colonia, in gran parte sabbiosi, verso i quali

destinate ai licei femminili che dovrebbero formare alla vita domestica; tendenziale espulsione delle donne dal mondo del lavoro in modo tale da attuare una rigida separazione di ruoli all’interno della famiglia. Sotto questo profilo è esemplare la legge del 1934 sulla tutela del lavoro fem-minile in cui le donne sono tutelate dal lavoro più che essere tutelate nel lavoro. L’ennesima direttiva dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul divieto di lavoro notturno delle donne 74 viene anticipata nella riforma, cogliendo il duplice obbiettivo di dimostrare la bontà della legislazione italiana a livello internazionale e di perseguire l’effetto di rendere meno competitivo il lavoro femminile nel settore industriale. Oltre alla finalità occupazionale di destinare il lavoro ai capifamiglia, emerge il profilo del miglioramento biologico-sanitario da portare avanti attraverso la tutela della maternità che si ricongiunge al profilo di partenza demografico 75. E tutto questo è riconducibile alla razza. Il miglioramento della razza in una logica di inquadramento nazionale giustifica le tutele del lavoro.

Il fascismo rielabora le domande di inclusione sociale del proleta-riato in chiave nazionale 76, in cui rilegge anche il profilo biologico-sa-nitario della debole legislazione sociale del periodo liberale. I bisogni degli individui coincidono con i bisogni dello Stato: «negri e gialli sono [...] sono alle porte e non soltanto per la loro fecondità ma anche per la coscienza che essi hanno preso della loro razza e del suo avvenire nel mondo». Se «i bianchi degli Stati Uniti», arrancano nel loro «miserevo-le quoziente di natalità», ben diversa è la realtà cinese: «che cosa può

certamente non potremo mai dirigere il più della nostra popolazione. Ma se ci guar-diamo attorno veguar-diamo l’Inghilterra che con quarantasette milioni di abitanti ha un impero coloniale di 55 milioni di chilometri quadrati e la Francia che con una popola-zione di trentotto milioni di abitanti ha un impero coloniale di 15 milioni di chilometri quadrati. […] L’imperialismo è il fondamento della vita per ogni popolo che tende ad espandersi economicamente e spiritualmente» (citazione tratta dal discorso tenuto da Benito Mussolini il 23 marzo 1919 nella adunata di Piazza San Sepolcro, ripubblicato in Le direttive del Duce sui problemi della vita nazionale. La Politica demografica, a cura

e con prefazione di P. orano, Roma, 1937, pp. 19-20).

74 Convenzione Oil n. 4 sul lavoro delle donne, ratificata con r.d.l. 29 marzo 1923 n. 1021; Convenzione Oil n. 41 sul lavoro delle donne, emanata a Ginevra il 23 giugno 1934.

75 Secondo G. bottai, Bilancio 1934, in Diritto del lavoro, 1935, p. 8, con la ri-forma, la tutela del lavoro femminile «viene estesa ed intensificata, in rapporto alla politica demografica del Regime».

76 Sulla «cittadinanza totalitaria», si veda P. coSta, Civitas. Storia della cittadinanza

significare nella storia futura dell’Occidente, una Cina di quattrocento milioni di uomini, accentrati in uno Stato unitario?» 77. Esemplare sot-to quessot-to profilo è la creazione dell’Opera nazionale maternità infanzia nel 1925, quando risaliva al 1922 la nomina di una commissione incari-cata di studiare la condizione dei fanciulli abbandonati 78.

Un provvedimento dunque che trova facilissimo consenso, messo al servizio di un apparato concettuale che prosegue il tracciato legislativo del periodo liberale, caricandolo di significati inediti sotto il profilo del-la tutedel-la deldel-la stirpe e persino deldel-la «nazionalizzazione dell’infanzia» 79. Significati da cogliere proprio nella glorificazione dei risultati rispetto ai fallimenti precedenti 80. La tutela della salute, da correzione umanitaria in regime di eccezione nel lavoro, diventa un attributo della «cittadi-nanza totalitaria» dentro la famiglia nazionalizzata 81. Nella relazione al progetto di legge sull’istituzione dell’Omni, il relatore Ettore Marchiafa-va afferma: «la protezione, l’assistenza e della infanzia non è soltanto un dovere della solidarietà umana, della carità reciproca, è […] ma anche un alto dovere sociale, il cui adempimento deve essere diretto e vigilato dallo Stato, perché dalla efficacia delle opere, volte al bene della mater-nità e della infanzia, dipendono il succedersi di generazioni sane e forti, il miglioramento della razza, la efficienza e la prosperità materiale, intel-lettuale e morale, l’onore e la dignità della nazione» 82. Non si tratta di un riferimento ingenuo o casuale, se è vero che qualche anno dopo Attilio

77 B. muSSolini, Prefazione a R. korherr, Regresso delle nascite, cit., p. 145.

78 Sull’Omni si veda M. mineSSo (a cura di), Stato e infanzia nell’Italia

contempora-nea. Origini, sviluppo e fine dell’Omni, Bologna, 2007.

79 A. Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò, Torino, 2005.

80 Nel 1934 l’Italia colma una delle tante lacune legislative ereditate con l’istitu-zione del Tribunale per i minorenni in virtù del R.d.l. del 20 luglio 1934. Il Guardasi-gilli De Francisci può trionfalmente dichiarare: «il problema della prevenzione della delinquenza minorile era, prima dell’avvento del fascismo, discusso lungamente dagli studiosi, ma non avviato a soluzioni giuridiche e pratiche. [...] Il Fascismo ebbe, com’è noto, le maggiori cure per il fanciullo e per il giovane sotto l’aspetto fisico, sociale, morale, e nella creazione dell’Opera nazionale maternità e infanzia, dell’Opera nazio-nale Balilla e dell’Opera nazionazio-nale del Dopolavoro riuscì a trovare mezzi grandiosi per assicurare il successo della sua attività diretta alla conservazione e allo sviluppo della stirpe» (Il Tribunale per i minorenni e le relative norme di attuazione. Commentati e

illustrati, Roma, 1934, p. 3).

81 Si vedano le considerazioni di P. coSta, Civitas, cit., p. 283.

82 La relazione è citata in G. Silei, Lo Stato Sociale in Italia. Storia e documenti, vol. I, Dall’Unità al fascismo (1861-1943), Manduria-Bari-Roma, 2003, pp. 363-364.

Lo Monaco Aprile teorizzerà il «principio biologico del miglioramento della razza» come base della legislazione sociale fascista 83.

Nella logica razziale, che vede l’essere umano come un prodotto biologico al servizio della nazione, riprodotta anche nel Codice pe-nale 84, l’istituzione familiare diventa un ingranaggio dell’ideologia produttivistica. La famiglia costituisce così la misura del lavoro, e vi-ceversa. Questa visione scivola senza interruzioni logiche nel quadro della difesa della razza 85 allorquando il primo libro del Codice è già imbrattato di oscenità razziali: «la razza è sana se lo è la famiglia e la famiglia è sana se lo è la razza» 86. La razza compare stabilmente nel discorso pubblico igienista alla base della politicizzazione della fami-glia 87 e la depolicitizzazione del lavoro. Come attrezzo ideologico, la razza è un concetto ancora piegabile alle torsioni delle dinamiche in-terne ed esin-terne più diverse.

Nel 1933 Mussolini teorizza la razza senza razzismo, esaltando la raz-za italiana in virtù della «mescolanraz-za di sangui». Una «razraz-za nobilissima, non già per una supposta purezza ereditaria o di pedigree, che non esiste in nessun Paese, ma perché ha dato un tipo medio o una serie di tipi medi che sono superiori a quelli di ciascun altro popolo e di ciascun altra razza». Il Duce mettendo insieme nella stessa razza Cesare, Dante,

83 A. lo monaco aprile, La legislazione assistenziale nel diritto fascista, prefazione

di G. bottai, Roma, 1928, p. 1.

84 Il Codice del 1930 prevede il Titolo X, del libro II, dedicato ai Delitti contro la

integrità e la sanità della stirpe, che contiene anche una compiuta articolazione dei reati

di aborto, in cui la donna è vista più come oggetto che non soggetto del reato.

85 Sulla difesa della stirpe e della razza si veda e. de criStoforo, Dalla difesa della

stirpe alla difesa della razza. La via italiana alla biopolitica, in Materiali per la storia della cultura giuridica, 2015, 2, pp. 329 ss.

86 F. loffredo, Politica della famiglia e della razza, in «La difesa della razza», 1939,

pp. 21-26, e 1940, pp. 29-33). La citazione è tratta da P. meldini, Sposa e madre

esem-plare. Ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo,

Rimini-Firen-ze, 1975, p. 269.

87 Nella descrizione della «concezione fascista della famiglia», Antonio Azara affer-ma che «più che alla affer-materialità degli emendamenti recati al testo del vecchio codice o ai nuovi articoli che vi sono stati introdotti, bisogna [...] badare al diverso orienta-mento, al mutato spirito che ravviva la nuova opera». Infatti, «l’individualismo trion-fante del codice Napoleone», nel «codice di Mussolini» è sostituito da «una disciplina giuridica di assistenza e di protezione» verso le famiglie, «perché la loro vitalità, sanità e forza, significano vita e potenza della più grande famiglia italiana, che è lo Stato

Fa-scista» (A. azara, Diritto fascista della famiglia nel nuovo codice civile, in G. azzariti,

e. albertario - a. azara, Linee fondamentali del primo libro sul nuovo codice civile,

Michelangelo e Napoleone crea un legame tra Italia e Francia, «nazioni la cui cooperazione appare più che mai necessaria per la salvezza della civiltà occidentale» 88. Una razza dunque di taglio italo-francese che ri-chiama un’alleanza, rassicurante nell’immediato – stante l’evidente «op-posizione della razza mediterranea alla razza tedesca che pretende di esercitare un’egemonia in Europa» 89 – ma inquietante nel susseguirsi di annunci in cui la soluzione è sempre l’azione adattata alla situazione. La garanzia per gli ebrei non risiede più nel diritto ma nelle dinamiche politiche. Un concetto razziale dunque ancora piegabile alle contingenze tattiche, ma ormai entrato in pianta stabile nel discorso pubblico sempre più colorato di bianchi, neri e gialli in cui è possibile ancora aggiungere diversità non cromatiche. Nel quadro dell’ineguaglianza dei culti, dentro un regime in cui avanza «l’entourage» antisemita – tratteggiato da Renzo De Felice 90 nei termini di un vero e proprio «fattore» 91 – non si guarda più allo Statuto albertino ma alle mosse di Mussolini, improntate a uno «spregiudicato relativismo» 92, orientato dalla convenienza politica senza più alcun argine nella forma giuridica.