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L’«umanità del giurista»

Le conseguenze delle leggi del 1938 sulla vita delle persone

ANTIGONE E PORZIA (1938-1955)

8. L’«umanità del giurista»

Nel Dicembre 1944 Francesco Calasso scriveva una pagina di ‘cri-tica cinematografica’: ricordava che, prima di aver visto Il grande

ditta-tore, l’assunto della separazione della norma giuridica da quella morale

gli era parsa, come a tutti gli uomini di legge, un «progresso». Quella «tragica immagine» – non a caso censurata dal regime – pareva impor-re un discorso che non ‘ripartisse’ dallo Stato, ma dall’‘uomo comune’, che nel finale del film non arringava le folle, ma tesseva le lodi della democrazia. Questa la condizione per scardinare il nesso totalitarismo e diritto in virtù della coincidenza di legalità e moralità 96. Nel 1945

94 G. Speciale, Giudici e razza, cit., p. 163.

95 www. Governo.it/presidenza/DICA/beni ebraici; Sulla Commissione Anselmi

cfr. G. Speciale, Giudici e razza, cit., p. 172; G. d’amico, Quando l’eccezione, cit., p.

371; I. pavan, Le “Holocaust litigation” in Italia. Storia, burocrazia e giustizia

(1955-2015), in G. focardi - c. nubola (a cura di), Nei tribunali. Pratiche e protagonisti della

giustizia di transizione nell’Italia repubblicana, Bologna, 2015, pp. 308 ss.; G. alpa, La

vicenda delle restituzioni, cit., pp. 128 ss.

96 F. calaSSo, Il senso del diritto; Nazismo e diritto, in Corriere del mattino, ora in R. abbondanza - m. caprioli piccialupi (a cura di), Cronache politiche di uno storico

(1944-1948), Firenze, 1975, pp. 9 ss. Sullo storico del diritto E. corteSe, Calasso

Giovanni Miele affidava alla Rivista di diritto commerciale una riflessio-ne emblematica fin dal titolo, Umariflessio-nesimo giuridico. Lo Stato appariva circondato da «tutti gli attributi della divinità, enfiato, pletorico, ma terribilmente vuoto», l’«ordinamento giuridico pura espressione del valore statale». Quanto ai giuristi, «protesi a realizzare la volontà del legislatore», Miele tematizzava un «preoccupante passivo nell’appro-fondimento di quei valori umani che stanno alla base della scienza del diritto», pur nei «progressi della tecnica giuridica». Allo «schermo del formalismo» era messo in conto anche il disorientamento dell’opinione pubblica, «non vi furono dei martiri, tranne pochissimi, che insegnas-sero agli altri la via con il loro sacrificio». Alla scientia iuris si indicava una svolta non solo metodologica, l’abbandono del «carattere astratto e formale che così bene ha favorito le varie tirannidi, e porre in essere i procedimenti atti a dare incremento a tutto quanto v’ha di nobile e di perenne nell’animo umano, la libertà, la giustizia, la solidarietà, la carità del prossimo, lo spirito di fraternità» 97.

Era un’operazione complessa per una ‘rinnovata penalistica civi-le’, che, dal «cielo» del formalismo e del ‘suo’ codice – opera dei fra-telli Rocco 98 – volgeva gli occhi sulle macerie fumanti in Europa. In quest’orizzonte una monografia di Pietro Nuvolone nel 1945 identifi-cava i «delitti di lesa umanità» nella violazione di diritti, innanzitutto quello alla vita, destinati a trascendere gli ordinamenti interni, perchè essenziali alla pacifica convivenza tra gli uomini e le nazioni 99. Nella

Prolusione di Giuliano Vassalli del Gennaio 1946 i diritti umani erano

costruiti in reazione ai «delitti contro l’umanità», la cui tutela ammet-teva deroghe alle legislazioni nazionali in considerazione di una

«cate-97 G. miele, Umanesimo giuridico, in Rivista di diritto commerciale, 1945, ora in

id., Scritti giuridici, II, Milano, 1987, p. 445; sul celebre saggio P. cappellini, Il

fasci-smo invisivile, cit., p. 207; I. birocchi, Il giurista intellettuale, cit., p. 10.

98 M. Sbriccoli, Le mani nella pasta e gli occhi al cielo. La penalistica italiana negli

anni del fascismo, in idem, Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e inediti

(1972-2007), Milano, 2009, pp.1001 ss.

99 P. nuvolone, La punizione dei crimini di guerra e le nuove esigenze giuridiche, Roma, 1945. Sul penalista lombardo, che da subito legava il penale alla Costituzione

indicazioni in M. Sbriccoli, Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penale

italiano (1859-1960), in id., Storia del diritto penale e della giustizia, cit., p. 651; S. vin

-ciGuerra, Nuvolone, Pietro, in Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit.,

pp.1446-1447; E. dezza, La Facoltà giuridica pavese dal fascismo alla repubblica, in Giuristi al

bivio. La Facoltà di giurisprudenza tra regime fascista ed età repubblicana, a cura di M.

goria nuova per la scienza giuridica contemporanea» 100. D’altro canto l’aspirazione ad una ‘nuova’ tutela, garantita da una giustizia penale internazionale, era complicata dal mettere in discussione il dogma – costruito dalla giuspubblicistica – della sovranità degli Stati, unici a conferire i diritti 101. Il nodo segnava l’operato del tribunale di Norim-berga, che diveniva anche la tribuna dei diritti umani da riconoscere e garantire. Al proposito Giuseppe Codacci Pisanelli prendeva atto dell’«assenza di consenso in Italia» per le «condanne politiche», irridu-cibili al modello della «giustizia a garanzia del diritto» 102, terzietà del giudice precostituito al giudizio, non retroattività della legge penale. Le stesse critiche erano rivolte ai processi italiani per collaborazioni-smo, ove la persecuzione antiebraica non figurava come imputazione specifica che in pochi casi, legati alle spoliazioni dei beni 103.

I non molti interventi sulla giustizia dei vincitori erano intesi a sottolineare il carattere ‘metagiuridico’ dell’eccezione; su Il ponte Ca-lamandrei ricordava i «milioni di martirizzati innocenti» a «qualche anima bennata offesa, impietosita dinnanzi a queste forche e a questi giustiziati». Al tempo stesso il giurista fiorentino non era sordo alle critiche del legalismo positivista, e risolveva il corto circuito tra lega-lità ‘formale’ e giustizia ‘sostanziale’ chiamando le «leggi di Antigo-ne» a sostanziarsi in un futuro «ordinamento giuridico». Calamandrei affermava che la «violazione delle leggi dell’umanità» aveva trovato una «sanzione», con un «precedente, che domani varrà come legge per

100 G. vaSSalli, La giustizia internazionale penale, ora in Rivista italiana per le

scien-ze giuridiche, 2010, pp. 15-39. Sul giurista e politico, protagonista del Novecento

pena-le, cfr. F. palazzo, Vassalli, Giuliano, in I. birocchi, e. corteSe - a. mattone - m.n.

miletti (a cura di), Dizionario biografico dei giuristi italiani, cit., pp. 2025-2028.

101 «Il crimine contro l’umanità colpisce direttamente ciò da cui dipende l’insieme delle relazioni giuridiche, e cioè proprio quello Stato che conferisce il diritto ad avere

dei diritti», così A. Garapon, Crimini che non si possono né punire nè perdonare,

Bo-logna, 2004, p. 108.

102 G. codacci piSanelli, I processi per delitti internazionali (1946), ora anche A. tarantino, r. rocco, r. Scorrano (a cura di), Il processo di Norimberga. Scritti inediti

e rari, Milano, 1999, p. 71. Sui giuristi italiani di fronte alla repressione dei crimini

contro l’umanità cfr. E. de criStofaro, Gradi di memoria. I giuristi italiani e i processi

ai criminali nazisti, in Laboratoire italien, 2011, pp. 159 ss.

103 M. floreS - v. Galimi, La Shoah in tribunale. Giustizia post-bellica e memoria

delle pesecuzioni, in M. floreS - S. levi Sullam - a.m. matard bonucci - e. traverSo

(a cura di), Storia della Shoah in Italia: vicende, memorie, rappersentazioni, Torino, 2010, II, pp. 44 ss.

tutti, i vincitori e i vinti». In quella «funebre Aula» le «leggi dell’uma-nità» da «frase di stile relegata nei preamboli delle convenzioni inter-nazionali», parevano aver «cominciato ad affermarsi come vere leggi sanzionate» 104. Peretti Griva opponeva alle ‘grandi fondazioni’ proces-suali l’eccezionalità del crimine di aver annientato «razze e nazioni» 105; l’argomento sarebbe stato ripreso da Galante Garrone, inteso a legare le fila da Norimberga al processo Eichmann 106. Di questa stagione non a torto Vassalli avrebbe ricordato la «straordinaria Allocuzione» di Pio XII, più esplicita di altri interventi nella condanna dei «delitti contro l’umanità per ragioni di razza» 107.

Anche Jemolo ripensava alla legislazione razziale, banco di prova del fatto che «la vita morale non si può ridurre a formule, paiano esse le più sicure». Nella stagione della Costituzione in fieri osservava che le «forme di persecuzione particolarmente odiose» ponevano la rodata «impassibilità del giurista» davanti ad un «bivio angoscioso», da un lato l’ancora criticata «involuzione della mescolanza del pregiuridico col giuridico», dall’altro l’affermazione dell’«umanità del giurista» 108. Ne era terreno la legalità costituzionale, con lo Stato vocato non a con-ferire ma a riconoscere i diritti; il ‘canone’ dello Stato persona lasciava il posto al principio della persona prius rispetto allo Stato. In questo orizzonte il ripudio della discriminazione antiebraica alla Costituen-te era strumentale al ripudio del regime, nel profilo che più pareva emblematico, il riferimento alla razza. Le Comunità israelitiche italia-ne intervenivano dunque italia-nel dibattito, che si apriva italia-nel paese, con la «sommessa richiesta di sostituire nell’art. 3 la parola stirpe a quella di razza, lasciando quest’ultima ai cani e ai cavalli». La proposta era ripresa alla Costituente dal democristiano Cingolani, «unicamente per

104 P. calamandrei, Le leggi di Antigone, ora in idem, Costituzione e leggi di

Anti-gone, Milano, 2004, pp. 17 ss.

105 R.D. peretti Griva, A proposito del processo di Norimberga, in Il Foro padano, 1946, col. 189 ss.

106 A. Galante Garrone, Il caso Eichmann, in G. hauSer, Sei milioni di

accusa-tori. La Relazione introduttiva del procuratore generale al processo Eichmann, Torino,

2010, pp. 165 ss. Sulla vicenda www. A. SciGliano, Il processo Eichmann. Il ruolo del

diritto nella ridefinizione della memoria dell’identità nazionale israeliana, in Diacro-nie,10/2013.

107 V. vaSSalli, Cinquant’anni dopo. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e Statuto di

Roma, in idem, Ultimi scritti, Milano, 2007, p. 450.

un atto di doverosa cortesia» per gli «italiani israeliti vittime della cam-pagna razzista fatta dal nazifascismo». Altri – tra questi Togliatti – si dichiaravano invece favorevoli al mantenimento, «per dimostrare che si vuole ripudiare quella politica razziale che il fascismo aveva instau-rato»; il presidente Ruini tematizzava la necessità di ricordare «qualche cosa che è realmente accaduto in Italia». Si decideva infine che la «pa-rola maledetta» restasse in Costituzione, come monito del nazifascismo ed architrave del principio della «parità umana e civile delle razze» 109.

Seppur tra pochi riferimenti espliciti al corpus antiebraico, la Costi-tuente poneva inoltre con forza il tema dell’argine – anche con riserva di legge – all’instaurarsi di uno status giuridico differenziato rispetto a quello comune dei cittadini, quanto alla persona, la famiglia – art. 29, contro ogni ipotesi di impedimenti di carattere razziale – la capacità, il nome, il lavoro, la cittadinanza, la confessione. L’art. 8 non rece-piva le istanze delle Comunità israelite, anche se l’art. 19 sanciva la libertà religiosa di tutti 110; l’esperienza del Tribunale della razza, oltre che delle giurisdizioni speciali, innervava l’art. 113 111. Con la Costitu-zione come argine ai totalitarismi entravano in crisi i temi forti dello Stato nazionale e della legge formale, quasi un «risveglio dal sonno dogmatico» 112; dopo l’«orrore assoluto», l’ideale morale innervava la costituzionalizzazione dei diritti umani anche sul piano delle Carte in-ternazionali, ricomponendo, almeno in teoria, il tragico dualismo tra

109 www.La nascita della Costituzione, art. 3, seduta 14 Novembre 1946, 24 Marzo 1947. Sull’attenzione dei Costituenti per le istanze dell’ebraismo italiano, sul protago-nismo di Della Seta, Terracini e Sereni – laici di origine ebraica – e sulla

consapevolez-za delle leggi razziali come un ‘mai più’, con scelte conseguenti cfr. almeno G. fubini,

La condizione giuridica, cit., pp. 84 ss; con riferimento al legame tra la Costituzione e

l’Intesa del 1987 idem, L’Italia, in Ebraismo e antiebraismo: immagine e pregiudizio,

Firenze, 1989, pp. 267 ss.; cfr. inoltre G. Sacerdoti, Gli ebrei e la Costituzione, in Il

ritorno alla vita, cit., pp. 50 ss; G.E. viGevani, L’influenza delle leggi razziali

nell’elabo-razione della Costituzione repubblicana, in Il diritto di fronte all’infamia nel diritto, cit.,

pp. 207 ss.; D. pulitanò, Di fronte all’infamia, cit., p. 225. Su una proposta di togliere

la parola razza dall’art. 3 cfr. M. monti - c.a. redi, No razza, sì cittadinanza, Cellule e

genomi XV corso, Pavia, 2017.

110 www.La nascita della Costituzione, cit., seduta 12 Aprile 1947. Sul punto cfr.B. randazzo, Diversi ed uguali. Le confessioni religiose davanti alla legge, Milano, 2008, pp. 61 ss.

111 G. Speciale, L’eredità delle leggi razziali, cit., pp 131 ss.

112 G. benedetti, La cultura del civilista al risveglio dal sonno dogmatico, in idem,

Oggettività esistenziale dell’interpetazione. Studi su ermenutica e diritto, Torino, 2014,

leggi della città e leggi non scritte degli dei, pur nel persistere delle antinomie tra universalismo dei diritti e pluralismo delle culture 113. Quanto alla Costituzione italiana, Jemolo coglieva la tensione della Carta a «dominare» terre incognite, oltre i «principi giuridici», per la «direzione morale della società» 114.