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CAPITOLO 6 L’INDAGINE CAMPIONARIA: I RISULTATI 2

6.6 Discussione dei risultati

L’esperimento di scelta aveva lo scopo di attribuire agli attributi selezionati dei pesi indicanti la loro importanza relativa nella formazione dell’utilità che il consumatore ricava dall’acquisto di una bottiglia di vino, o in altre parole la loro influenza sulla valutazione del prodotto ai fini della scelta d’acquisto.

Al di là delle prevedibili differenze, le tre stime effettuate sull’intero campione concordano nell’assegnare i pesi più elevati all’indicazione dei vitigni, alla marca nota a livello sia regionale sia nazionale e alla presenza della denominazione doc o igt. La marca del distributore o private label passa dunque in secondo piano. Sembra anche emergere una predominanza dell’indicazione dei vitigni e della marca nota a livello regionale rispetto agli altri attributi, sebbene questa tendenza sia meno netta perché non supportata da tutti i risultati.

Per i quattro attributi più influenti, è stata stimata una disponibilità a pagare sempre positiva, abbastanza elevata e decrescente rispetto al prezzo.

L’interesse verso il tipo di uve utilizzate e la preferenza per un produttore noto localmente possono essere interpretati secondo diverse prospettive. Considerati congiuntamente, potrebbero indicare un’attenzione verso l’origine del prodotto, le tecniche di produzione, il

terroir. Le opinioni espresse nel corso delle interviste portano a collegare questo interesse a una curiosità di tipo conoscitivo-culturale-edonistico verso il vino, oppure dall’apprensione in merito alla salubrità e sicurezza alimentare. Il primo di questi due aspetti va collegato alla diffusa abitudine ad approvvigionarsi presso il produttore (37% degli intervistati), con il quale si instaura così un rapporto di fiducia. La fiducia risulta essenziale anche di fronte alla preoccupazione in merito alla sicurezza del prodotto. Per quanto non rilevata in maniera esplicita dal questionario, questa questione è emersa con forza nel corso delle interviste. Si è riscontrato un atteggiamento di diffidenza verso prodotti considerati “non genuini”, timore nei confronti degli additivi e di scorrette pratiche di produzione.

L’indicazione delle varietà delle uve impiegate per la produzione del vino può anche avere un’altra valenza: si tratta del segnale più visibile per inferire il gusto del vino, seppure in maniera approssimativa. Le descrizioni sul retro della bottiglia, oltre che facoltative e scritte in caratteri molto piccoli, potrebbero risultare di difficile comprensione ai consumatori non esperti. La denominazione dovrebbe svolgere tutte le funzioni attribuite ai vitigni e alla marca: essa nasce come garanzia della qualità del vino, suggerisce anche la qualità organolettica ed è chiaramente collegata al terroir d’origine. Tuttavia in molte stime la denominazione appare meno influente rispetto ai due attributi appena menzionati: questo fenomeno può essere causato

da una sua minore accessibilità e immediatezza. Gli effetti interazione denominazione- conoscenza, così come i coefficienti relativi all’effetto principale della denominazione riferiti ai segmenti dei consumatori occasionali e abituali, mostrano infatti che la denominazione acquista molta più importanza quando è associata ad un certo grado di conoscenza del prodotto e fra i consumatori abituali, più esperti.

La marca conosciuta a livello nazionale è abbastanza simile agli altri attributi come importanza, ma è interessante notare che nel confronto fra segmenti essa appare l’attributo più importante (o il secondo nella seconda stima) fra i consumatori occasionali, mentre fra quelli abituali il suo coefficiente cala fortemente e nella prima stima diventa addirittura non significativo.

Da quanto detto fin qui è già possibile generalizzare alcune conclusioni. I consumatori di vino intervistati si sono dimostrati interessati all’origine, alla qualità non solo organolettica ma anche igienico-sanitaria, ai processi di produzione. Gli acquirenti più esperti riconoscono la denominazione d’origine come segnale di qualità, ma quelli con un minore grado di conoscenza o di abitudine al consumo fanno ancora fatica ad utilizzare questa menzione e si affidano ad una marca nota. Una certa difficoltà nell’impiego delle indicazioni in etichetta, siano esse la denominazione, la marca o i vitigni, era già emersa nella prima sezione del questionario, in quanto quasi la metà degli intervistati ha dichiarato che il principale stimolo a comprare nuovi vini è costituito dal consiglio di amici o conoscenti. Il sistema delle denominazioni appare complesso e non è sufficientemente conosciuto fra tutti i potenziali consumatori: il mercato sembra richiedere maggiore chiarezza, diffusione e promozione, se non addirittura una semplificazione.

La private label sembra essere abbastanza ininfluente sull’utilità, sebbene secondo alcune specificazioni sia associata ad un lieve effetto che può essere sia negativo sia positivo. La stima degli effetti interazione e il calcolo della disponibilità a pagare aiutano a comprendere che l’effetto positivo dovrebbe verificarsi per prezzi molto bassi (inferiori a 2 €), mentre si riscontra una debole influenza negativa su fasce di prezzo elevate (oltre i 5€). Si è inoltre appurato che la private label viene apprezzata maggiormente al crescere dell’età dell’intervistato, ma quest’effetto è significativo solo nel segmento dei consumatori occasionali. Le sue interazioni con il grado di conoscenza del prodotto e con il coinvolgimento sono negativi: la private label è dunque valutata positivamente da consumatori inesperti, poco interessati al vino e più anziani. Se ne può dedurre che il mercato vinicolo italiano, a differenza di altri paesi, non sia adatto a questo tipo di marca, forse perché fortemente dipendente dalla tradizione e legato alla dimensione locale. Potrebbe anche trattarsi di una questione di tempi, che non sono ancora

maturi per l’immissione di vini a marchio del distributore, o ancora potrebbe essere necessario accompagnare il lancio di tali prodotti da una convincente campagna informativa e promozionale da parte delle insegne coinvolte, facendo leva sulle garanzie di qualità e sul controllo della filiera che il distributore può effettuare.

Il prezzo è quasi sempre significativo, ma con coefficienti più contenuti degli altri attributi. Rispetto a precedenti esperimenti di scelta sul vino (Mtimet e Albisu, 2006, Perrouty et al., 2006), il prezzo sembra meno influente, ma le modalità con cui si manifesta il suo effetto sono simili: esiste un prezzo ottimale, che in questo caso si situa fra i 3,5 e i 4€, che garantisce il massimo grado di utilità all’acquirente. Allontanandosi dal prezzo ottimale, l’utilità diminuisce progressivamente. Il prezzo ottimale è più basso di quello che era stato individuato da Mtimet e Albisu, come è logico dal momento che il loro esperimento considerava solamente vini appartenenti a tre affermate denominazioni d’origine e aveva come prezzo base 2,5€, mentre qua vengono trattati anche vini da tavola e i prezzi partono da 1€. La collocazione del prezzo ottimale fra i 3,5 e i 4€ rispecchia perfettamente la distribuzione degli intervistati in funzione del prezzo speso solitamente per l’acquisto di vino, che come si è visto nel capitolo precedente si concentrava sulla fascia 3-4,5€. La segmentazione mostra che il prezzo ottimale per i consumatori abituali è inferiore di circa 1€ rispetto a quello ottimale per i consumatori occasionali (2,9 contro 3,9€). Le indicazioni riguardanti il prezzo sono preziose in quanto non riguardano una categoria specifica di vini, ma tutti i vini per un consumo quotidiano e quindi individuano la fascia di prezzo che dovrebbe garantire un più vasto mercato ad un vino da commercializzare attraverso la distribuzione organizzata.

L’effetto delle interazioni fra gli attributi è in alcuni casi inaspettato, come nel caso dell’influenza negativa data dall’associazione della denominazione d’origine agli altri attributi. Tuttavia essa è del tutto plausibile, se si attribuisce una legge dei rendimenti decrescenti al meccanismo che, dalle caratteristiche del prodotto, porta alla generazione dell’utilità: la soddisfazione che il consumatore trae dal prodotto nel quale sono compresenti il marchio doc o igt e un altro elemento qualitativo è inferiore alla somma delle utilità di due prodotti nei quali il marchio doc o igt e l’elemento qualitativo singolarmente.

Alcune delle indicazioni più interessanti emerse dall’analisi riguardano l’influenza delle caratteristiche individuali degli intervistati, nonostante come si è visto sia impossibile una loro valutazione diretta. Il grado di conoscenza del prodotto è la caratteristica che ha dimostrato interagire di più con i sistemi di preferenze: essa accresce in misura considerevole l’apprezzamento per la denominazione d’origine e per l’indicazione dei vitigni e sposta verso l’alto il prezzo ottimale, aumentando la disponibilità a pagare, specie fra i consumatori abituali.

Il coinvolgimento, come ipotizzato, ha un effetto completamente diverso da quello della conoscenza: esso diminuisce l’effetto positivo della marca, sia del produttore sia del distributore. Si può notare come la conoscenza risulti una variabile esplicativa più influente del coinvolgimento, diversamente da quanto ottenuto da Goldsmith e d’Hauteville (1998), i quali concludono che il coinvolgimento rappresenta una variabile esplicativa più utile nella predizione del consumo di vino.

All’aumentare dell’età, diminuisce l’apprezzamento della denominazione d’origine fra i consumatori abituali, mentre fra i consumatori occasionali cala l’apprezzamento per l’indicazione della varietà. Sempre al crescere dell’età, fra i consumatori occasionali aumenta l’interesse verso le private label.

Si possono a questo punto riassumere alcuni punti chiave riguardanti i tratti individuali del consumatore. I bevitori abituali, giovani, con un buon grado di conoscenza del prodotto sembrano essere più attratti dalla presenza della denominazione; coloro che apprezzano maggiormente la private label sono consumatori occasionali, di età avanzata, con un livello di coinvolgimento nel vino piuttosto basso; i consumatori che danno molta importanza ad una marca conosciuta su tutto il territorio nazionale sembrano essere consumatori occasionali poco coinvolti.

CONCLUSIONI

Il presente lavoro ha inteso apportare un contributo alla conoscenza della struttura delle preferenze del consumatore di vino. Partendo da una prospettiva generale, che ha abbracciato i mercati vitivinicoli mondiali, la ricerca è stata indirizzata verso la domanda e in particolare verso il comportamento del consumatore italiano e il rapporto fra la percezione della qualità del vino e gli attributi del prodotto.

L’analisi dei mercati ha evidenziato una forte eterogeneità dell’offerta, fra paesi e all’interno degli stessi. Dal lato della domanda, sono stati riconosciuti processi evolutivi di diversa natura: nei paesi tradizionalmente consumatori di vino, si è registrata una forte contrazione dei consumi, mentre la domanda è in espansione in mercati nei quali il vino è stato introdotto recentemente. Le dinamiche della domanda sono strettamente connesse ai mutamenti nelle abitudini dei consumatori. Nei paesi del Vecchio Mondo si riduce il numero dei forti consumatori e si diffonde un modello di consumo occasionale, simile a quello dei mercati emergenti: in questo è possibile ravvisare una tendenza dei singoli mercati nazionali verso modelli di consumo simili. D’altra parte, si osserva ovunque una crescente segmentazione dei mercati, in conseguenza della differenziazione e dell’aumento dell’offerta, della diversificazione delle occasioni e delle motivazioni al consumo, dell’importazione di modelli di consumo da altri paesi. Ciononostante la specificità geografica della domanda è ancora forte e il comportamento del consumatore italiano non può essere dedotto da studi realizzati altrove.

Un’altra importante tendenza dei mercati è l’interesse verso la qualità. Quest’ultima rappresenta un elemento chiave per molti prodotti alimentari, ma per il vino è centrale, vuoi per l’accentuazione delle componenti di piacere e di prestigio legate al suo consumo, vuoi per l’elevato numero di attributi che concorrono a definirla. Gli attributi del vino svolgono inoltre una funzione di riconoscimento, essenziale per un bene così complesso e con una tale varietà di tipologie.

La conoscenza delle modalità con cui il consumatore utilizza gli attributi del vino per identificarlo, per inferirne la qualità, per collocarlo nella sua struttura di preferenze e infine per sceglierlo, è fondamentale. Queste informazioni offrono una migliore comprensione e previsione della domanda di vino, al fine di soddisfare le richieste del consumatore. L’adeguamento dell’offerta è un obiettivo strategico sia per l’impresa, sia, in un’ottica più generale, per tutte le istituzioni che mirano a riequilibrare i mercati.

L’attuale stato della ricerca non permette di stabilire con precisione gli effetti degli attributi qualitativi sul comportamento del consumatore, poiché i risultati degli studi sono spesso in disaccordo e legati a contesti e ipotesi specifici. La non trasferibilità degli studi da un paese all’altro e la scarsità di ricerche sul consumatore italiano aggravano questa carenza in Italia. Queste sono le motivazioni e il contesto che hanno spinto a procedere con l’analisi empirica.

Sono stati raccolti 444 questionari compilati da altrettanti acquirenti di vino dell’Italia nord-orientale, dei quali sono stati indagati comportamenti d’acquisto e preferenze per i vini consumati abitualmente. La limitazione geografica dell’indagine è stata imposta dalle risorse disponibili e vincola la validità dei dati all’area interessata.

I risultati offrono svariati punti di riflessione.

Per quanto riguarda l’influenza degli attributi del vino sulle scelte dei consumatori, nelle domande a scelta multipla un’ampia maggioranza dei rispondenti ha indicato il gusto come attributo che più influenza la decisione d’acquisto. Si tratta di un’informazione non disponibile a priori, raramente indagata nella letteratura economica poiché appartiene più al dominio enologico ed è di difficile misurazione. Essa evidenzia come la primaria funzione d’uso del vino sia oggi di tipo edonistico, tendenza da cui dipende la ricerca della qualità.

Nelle dichiarazioni esplicite (contrapposte alle inferenze dell’esperimento di scelta), gli attributi più influenti dopo il gusto sono risultati, nell’ordine, la presenza della denominazione, la conoscenza diretta del produttore, la zona d’origine, il prezzo, la notorietà della marca del produttore, i vitigni. Sommando le due voci relative alla conoscenza del produttore, si raggiunge quasi la stessa frequenza della denominazione.

I risultati dell’esperimento di scelta rispecchiano bene questa situazione, rilevando il forte peso, sulle scelte dei consumatori, dei seguenti attributi: presenza della denominazione, presenza dell’indicazione della varietà delle uve (entrambe contrapposte alla loro assenza), notorietà del produttore (rispetto ad una marca sconosciuta). Essendo stati stimati numerosi modelli di scelta, i quali ordinano gli attributi per importanza diversamente, senza grandi differenze nei coefficienti, non si è ritenuto lecito stabilire una classifica di tali attributi, anche