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CAPITOLO 3 GLI STRUMENTI METODOLOGICI NELL’ANALISI DELLA DOMANDA

3.6 Choice modelling

3.6.1 Le tecniche di analisi

3.6.2.1 Gli esperimenti di scelta

Mtimet e Albisu (2006) conducono un esperimento di scelta in Spagna. Basandosi sui risultati di uno studio precedente, essi selezionano come attributi la denominazione d’origine (Cariñena, Rioja, Somontano), il prezzo (2,5€ 5€ 7,5€), l’invecchiamento (joven, crianza,

reserva) e la varietà (Cabernet Sauvignon, Garnacha, Tempranillo). In base agli attributi, ottengono 27 insiemi di scelta, composti da tre diversi vini più l’opzione di non acquisto, fra i quali i rispondenti devono indicare la loro preferenza. I 27 insiemi di scelta vengono suddivisi in tre questionari, ognuno dei quali contiene nove insiemi. Nei questionari viene specificata l’occasione di consumo, una cena informale con amici a casa. 357 questionari validi vengono raccolti presso due ipermercati Carrefour a Saragozza. Vengono stimati due modelli: nel primo tutti gli attributi sono considerati discreti e nel secondo il prezzo viene considerato una variabile continua e inserito in forma lineare e quadratica. I risultati mostrano come tutti gli attributi considerati abbiano un’influenza significativa sulle scelte dei consumatori. L’invecchiamento presenta i coefficienti più elevati, seguito da prezzo, denominazioni d’origine e infine varietà. L’utilità aumenta al crescere dell’invecchiamento, per la denominazione Somontano e per i Cabernet Sauvignon, ma il risultato più interessante riguarda il prezzo: il coefficiente più alto corrisponde al prezzo intermedio (5€) e i coefficienti del secondo modello indicano che l’utilità in funzione del prezzo è concava. Estrapolando dalla curva, si stima che l’utilità diventa negativa oltre i 10€. Gli esiti sembrano indicare che i consumatori usano il prezzo come una proxy per la qualità e che esiste un prezzo ottimale. Le stime delle disponibilità a pagare indicano che, nell’intervallo di prezzo 0-5€, i consumatori ottengono una disutilità da qualsiasi cambiamento, verso una maggiore o minore qualità; essi preferiscono scegliere un vino con un prezzo ottimale, ritenuto adeguato per il prodotto, e astenersi da scelte rischiose. Oltre i 5€, i consumatori sono invece disposti a pagare un premio, anche consistente, per miglioramenti qualitativi (fino a 2,1€ per un Reserva in luogo di un Joven). Viene inoltre stimato un modello con alcune interazioni, che a volte presentano coefficienti significativi, come per certe combinazioni prezzo-varietà o denominazione-varietà. In un quarto modello, vengono stimate anche le interazioni degli attributi con la frequenza di acquisto, inserita come dummy (consumatore forte o occasionale). Le interazioni con prezzo, denominazione e invecchiamento sono significative e il potere esplicativo del modello migliora. La ricerca si conclude con quattro simulazioni che stimano le probabilità di scelta per consumatori forti e occasionali per determinati prodotti.

L’esperimento di Martìnez-Carrasco et al. (2006) interessa in particolare l’effetto di luogo e occasione di acquisto: innanzitutto in ogni questionario vengono ipotizzati due scenari di acquisto, al ristorante e in negozio. In secondo luogo, uno degli attributi che definiscono le alternative è l’occasione di consumo, che può essere formale o informale. Secondo gli autori è la prima volta che tale variabile viene inclusa in un esperimento di scelta. I rimanenti attributi sono simili a quelli utilizzati da Mtimet e Albisu: denominazione (Rioja, Alicante, altro), prezzo (alto, medio, basso), invecchiamento (joven, crianza, reserva), oltre naturalmente all’occasione di consumo (formale, informale). Una caratteristica interessante di questa formulazione è la modalità di attribuzione di valori monetari al prezzo, che varia secondo il luogo di acquisto e l’invecchiamento e avviene solo quando il prezzo appare in una card. Così, per esempio, si ottiene che il prezzo alto di un vino reserva in un ristorante è 21,6€, mentre il prezzo alto di un vino joven in un negozio è 2,2€. Il campione, 439 individui intercettati per strada ad Alicante, è casuale e stratificato secondo alcune variabili socio-demografiche e viene segmentato in base alla frequenza di consumo. Il modello stimato è additivo a effetti principali.

I risultati indicano che, nell’acquisto al ristorante, l’attributo più importante (31,1% dell’importanza relativa) è la denominazione, seguito da invecchiamento (30,0%), prezzo (24,9%) e occasione (13,5%). In negozio, l’invecchiamento (36,1%) diventa più importante della denominazione (26,7%), il prezzo scende di importanza (22,5%) e l’occasione sale non significativamente (14,7%). Singolarmente, fra acquisti in ristorante e in negozio cambia anche l’ordine dei livelli che apportano maggiore o minore utilità (i vini reserva sono preferiti ai

crianza in negozio, mentre al ristorante si verifica l’opposto). La segmentazione in base alla frequenza di consumo rivela differenze significative fra i consumatori abituali rispetto a quelli occasionali e sporadici che risultano simili. Per esempio, i consumatori più assidui danno maggiore importanza all’attributo invecchiamento, sia al ristorante sia in negozio, e minore importanza al prezzo; essi preferiscono i vini reserva anche al ristorante. Questi risultati possono confermare quanto suggeriscono ricerche precedenti (Lockshin e Rodhus, 1993; Quester e Smart, 1998; Lockshin et al., 2006): i consumatori più esperti o coinvolti si affidano di meno al prezzo e sono disposti a pagare di più, se il prezzo è giustificato dalle caratteristiche del prodotto. Il livello di prezzo che restituisce una maggiore utilità è sempre quello intermedio, come in Mtimet e Albisu e in Lockshin et al. (2006).

Anche se l’occasione di consumo contribuisce a determinare l’utilità del prodotto, potrebbe essere discutibile la scelta di includerla nel modello come attributo. Tuttavia, rispetto ad altri esperimenti che controllano l’occasione specificandola a priori, i risultati sono più informativi. Sarebbe forse stato interessante inserire l’occasione in termini di interazione.

Lockshin et al. (2004) raccolgono 250 interviste in quattro diversi negozi ad Adelaide. Oltre a variabili socio-demografiche e a una scala di Likert per misurare il coinvolgimento (sviluppata da Lockshin et al., 1997), ad ogni rispondente vengono sottoposte 20 scelte fra quattro vini più l’opzione di non acquisto. Lo scenario è l’acquisto di una bottiglia di Shiraz per una cena informale con amici e familiari. Gli attributi sono la marca, la regione, il prezzo e un eventuale premio, come in Tabella 6. I livelli della marca consistono in otto nomi commerciali, ordinati secondo le rispettive quote di mercato. Le dimensioni dei produttori australiani rendono possibile questo approccio. Le stime vengono effettuate sia per l’intero campione sia per vari sottogruppi, secondo età, sesso, frequenza di consumo, coinvolgimento. La segmentazione che fornisce stime più significative, rispetto alle stime sull’intero campione, è quella rispetto al coinvolgimento.

I risultati indicano che l’effetto della marca è più forte per vini provenienti da regioni poco rinomate e a livelli di prezzo inferiori, come se i consumatori si aspettassero che le grandi marche siano economiche e fossero pronti a pagare di più per marche sconosciute. Questo effetto potrebbe essere dovuto al fatto che tradizionalmente il settore vinicolo è composto da molte marche di ridotte dimensioni, specie in Europa. L’effetto della regione di provenienza si manifesta indipendentemente dai livelli degli altri attributi. È possibile rilevare differenze fra consumatori poco e molto coinvolti, poiché questi ultimi sono più propensi all’acquisto di vini posizionati in fasce di prezzo elevate, specie se provenienti da regioni rinomate. I consumatori poco coinvolti sono più influenzati dai premi e dalla notorietà della marca, anziché dalla regione di provenienza. La probabilità di scelta è, in generale, concava in funzione del prezzo.

Lo studio di Lockshin et al. (2006) viene paragonato ad una ricerca simile effettuata in Canada, in Halstead e Lockshin (2005). Emergono alcune differenze fra l’uso degli attributi da parte dei consumatori australiani e canadesi, in particolare per quanto concerne la regione di provenienza e la notorietà della marca. I risultati suggeriscono una certa cautela nell’impiego di strategie globali per i produttori di vino.

Nonostante le diversità fra paesi, Perrouty et al. (2006) analizzano congiuntamente i dati raccolti in quattro paesi: Francia, Germania, Austria e Gran Bretagna. Essi desiderano studiare l’influenza dell’indicazione dell’origine sulla reazione del consumatore agli altri attributi (region of origin equity). Basandosi sulla letteratura precedente, essi indagano come tale influenza si relazioni con gli attributi coinvolti e con il grado di conoscenza del prodotto da parte del consumatore. Gli attributi per l’esperimento di scelta, come illustrato nella Tabella 7, subiscono alcuni adattamenti ai paesi. I consumatori sono intervistati nei supermercati, scelti

casualmente all’interno di quote per età e sesso, per un totale di ben 1162 unità equamente suddivisi fra i quattro paesi.

Il modello con i soli effetti principali viene confrontato con il modello nel quale sono incluse le interazioni, attraverso il test del rapporto di verosimiglianza (likelihood ratio test). Il risultato indica che le interazioni “origine–varietà” e “origine-marca” aumentano significativamente la bontà di adattamento e quindi la spiegazione delle scelte. Lo stesso procedimento viene applicato per il confronto fra un modello stimato sull’intero campione e un modello in cui le stime sono eseguite separatamente per i tre campioni di “molto esperti”, “moderatamente esperti” e “novizi”. La segmentazione migliora significativamente la bontà di adattamento. Infine, per mezzo dei parametri e delle utilità stimate, viene dimostrato che, all’aumentare del grado di conoscenza, cresce l’importanza delle interazioni fra gli attributi e diminuisce l’importanza degli attributi presi singolarmente.