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COME MISURARE I BENI RELAZIONAL

1. Il disegno della ricerca empirica

Studiare dal punto di vista sociologico i beni relazionali significa capire come le relazioni sociali siano in grado di soddisfare alcuni bisogni fondamentali dell’uomo. Ma qual è il motivo alla base di una ricerca empirica che ha per oggetto tali beni?

Per molto tempo si è sostenuto che felicità e senso di soddisfazione personale dipendessero essenzialmente dal reddito o, comunque, da entità materiali. La ricerca scientifica (economica, sociologica, politologica) è stata applicata al fine di massimizzare e ottimizzare il consumo di beni economici, intesi sia come beni privati che come beni pubblici. Questo benessere è stato misurato con indicatori numerici molto semplici, immediatamente evocativi, se non monetari, potenzialmente monetizzabili. Altre dimensioni sono rimaste ai margini della ricerca scientifica, a causa della difficoltà di operativizzazione. Ritenere che il benessere sia legato a variabili come, per esempio, gli affetti di cui si è circondati, la stima e il rispetto di cui si gode, il supporto emozionale trovato negli altri, è una ipotesi scientifica ancora largamente trascurata. Avere una famiglia, degli amici su cui contare, colleghi con i quali condividere progetti, più in generale una rete di persone cui dare importanza

rappresentano, secondo l’impostazione data da questo contributo, beni fondamentali. Non si tratta di beni scarsi ma di beni che nelle società moderne rischiano di essere relegati in secondo piano. Ciò può produrre effetti sociali perversi.

Vogliamo capire se i beni relazionali si possono promuovere e se le tendenze sociali che ne erodono la produzione possono essere contrastate. Una di queste tendenze è legata ai processi di individualizzazione delle biografie di vita. La realizzazione di obiettivi personali - nella famiglia, nel lavoro, nella società - è considerata una meta individuale, legata alle capacità del singolo che deve dimostrare, per essere bravo, di sapercela fare da solo. E così le nostre società prescindono dai contesti relazionali; li trattano con superficialità, talvolta anche con sospetto.

Si può dire che la relazione sociale nel contesto delle società moderne sia stata svenduta. Proprio come si fa con un bene di cui non è riconosciuto pienamente il valore intrinseco. Ancora oggi molti studiosi interpretano le relazioni come un mero accidente, un accessorio accattivante da includere nelle attività economiche, politiche, familiari. Anche la maggioranza delle teorie esistenti sui beni relazionali ragionano in questo modo. Fra tutte spiccano quelle che interpretano i beni relazionali come realtà emozionali, affettive, ritenute utili al fine di lubrificare il motore di un sistema economico, politico e sociale imballato. Ciò significa continuare a svendere le relazioni, seppure attraverso teorizzazioni più elaborate.

Svendere le relazioni mina alla base la produzione di fiducia e mutila l’identità dell’attore sociale, perché questa identità emerge dalla dialettica intersoggettiva e dal continuo farsi e disfarsi delle relazioni sociali. Svalutare le relazioni può significare produrre rottami umani: soggetti dediti ad attività paurosamente spersonalizzate. Ci si deve proiettare verso teorie e ricerche sociologiche capaci di vedere i beni relazionali e finalizzate a evitare i processi di disintegrazione delle relazioni sociali. Bisogna essere in grado di individuare il nucleo generatore delle relazioni sociali che creano capitale sociale.

In sintesi, sostenere che i beni relazionali vadano promossi significa riconoscere che: a) esistono beni immateriali non economici (pubblici o privati) generatori di benessere; b) occorre incrementare il loro consumo, non in senso particolaristico e parcellizzato, ma in modo diffuso e generalizzato.

In ultima analisi l’obiettivo è vedere come alcuni comportamenti sociali (e non altri) modellano le relazioni, attraverso il consumo di beni relazionali, fino a fare assumere loro la configurazione di capitale sociale. Ma soprattutto vogliamo mostrare gli effetti sociali positivi generati da questo consumo.

Nel disegno della ricerca, i beni relazionali sono sia una variabile dipendente (y), cioè la risultante di alcuni fattori causali da studiare, sia variabile indipendente (x). Entrambe le assunzioni assolvono a interessi conoscitivi e operativi diversi, ma complementari. Nel primo caso, infatti, è possibile studiare le correlazioni tra alcuni dati strutturali (caratteristiche individuali e organizzative di gruppi/istituzioni) e la produzione di beni relazionali. Nel secondo caso ci si muove lungo un filone nuovo. Si tratta di entrare in alcune sfere sociali per vedere – dall’interno – come nascono, si rigenerano ed agiscono gli stock di beni relazionali. In altre parole vorremmo spiegare se l’effetto dei beni relazionali è positivo, nullo (indifferente) o negativo nei rispettivi campi di indagine (economici, politici, di terzo settore, di mondo vitale). Vogliamo osservare la natura dei feed-back, riconducibili alla presenza dei beni relazionali, sui risultati conseguiti dalla realtà sociale oggetto di studio.

Il bene relazionale studiato come variabile indipendente permette di rispondere alla domanda: è possibile che i beni relazionali contribuiscano in modo significativo al miglioramento della società, partendo dai sottosistemi di cui essa è costituita? Se i beni relazionali rendono più efficiente il mercato, se essi contribuiscono a migliorare l’efficacia delle realtà di terzo settore rispetto ai propri obiettivi; se ciò avviene anche all’interno del funzionamento della macchina pubblica e se, infine, essi contribuiscono a umanizzare i mondi vitali, allora non ci sono dubbi sugli effetti sociali positivi dei beni relazionali. Le politiche sociali, per esempio, non potranno più prescindere da “valutazioni di impatto relazionale”. Lo stesso varrebbe per le azioni economiche, e via dicendo.

La ricerca si sofferma su alcuni esempi. In particolare, nel sottosistema del terzo settore, analizzando alcune realtà di auto mutuo aiuto si sono studiate alcune correlazioni tra produzione di beni relazionali e perseguimento delle finalità tipiche di tali organizzazioni (accrescimento del benessere degli individui attraverso l’instaurazione di relazioni significative, creazione di un sapere riproducibile tra i

gruppi, capacità di fare rete ed aprirsi all’esterno), al fine di validare, o meno, l’ipotesi secondo cui più beni relazionali portano più efficacia nel terzo settore.

Nel sottosistema economico si sono studiate le correlazioni tra i beni relazionali e indicatori oggettivi propri della logica economica (redditività e economicità dell’impresa). L’ipotesi è che un’alta presenza di beni relazionali si correli positivamente con alcuni indicatori oggettivi come la capacità di produrre reddito e di rispettare i vincoli di redditività nella gestione dell’azienda.