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I beni relazionali come grandezze empiricamente misurabil

CHE COSA SONO I BENI RELAZIONAL

3. I beni relazionali come grandezze empiricamente misurabil

I beni relazionali restano entità incomprensibili se non vengono calate nella realtà empirica. Uno degli obiettivi principali di questo lavoro consiste proprio nel passaggio da una visione esclusivamente teorica ed astratta dei beni relazionali ad una empirica, fattuale, concreta.

Ciò è reso possibile dal fatto che i beni relazionali sono grandezze che producono effetti sociali reali.

Ma cosa significa dire che i beni relazionali sono “grandezze empiricamente misurabili”?

Il concetto di grandezza è applicato costantemente nelle scienze naturali, in particolare nelle scienze fisiche. La necessità di trattare con le grandezze è strettamente legata al concetto di classi di equivalenza. Più in generale una grandezza è qualsiasi ente suscettibile di una precisa definizione quantitativa, quindi di misurazione, che lo studioso introduce, con maggiore o minore aderenza ai dati dell’esperienza sensibile e ai significati del linguaggio comune, in maniera talvolta, almeno apparentemente, artificiosa, allo scopo di consentire una descrizione quantitativamente precisa di alcuni fenomeni e la traduzione in equazioni matematiche di problemi89.

Più avanti introdurremo un modello matematico di descrizione della grandezza dei beni relazionali. L’obiezione che può essere fatta alla trattazione dell’argomento in questi termini può essere quella dell’inutilità dell’introduzione di un algoritmo macchinoso. Tuttavia la mancata corrispondenza tra esperienza comune e grandezza matematica è una caratteristica abbastanza comune in chi si occupa di scienza. Prendiamo come esempio il lavoro di una forza. Si tratta di una grandezza fisica la cui definizione non sempre corrisponde a ciò che comunemente si chiama lavoro; in questo caso il definire la forza viva come semiprodotto della massa per il quadrato della velocità è cosa matematicamente comoda, se si vogliono risolvere problemi matematici, 89 Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1970.

ma ha indubbiamente qualcosa di artificioso. Anche ciò che chiamiamo quantità di calore corrisponde ben poco alle nostre sensazioni di caldo e di freddo90.

Il quadro si completa se definiamo i beni relazionali come grandezze sociologiche vettoriali. Di questo aspetto ci occuperemo più avanti. Per ora basti sapere che un bene relazionale non è quantificabile per mezzo di un numero reale accompagnato da un’unità di misura. Essendo grandezze intrinsecamente temporali, i beni relazionali possono essere studiati in un determinato istante solo dal punto di vista analitico. In questo caso i beni relazionali possiedono, oltre ad una misura, anche un verso e una direzione. La misura è la quantità di bene relazionale prodotta in un determinato contesto sociale, ad un determinato istante t. Il verso, relativo alla produzione del bene relazionale, può essere di due tipi: orientato in senso positivo (ovvero quando si stanno producendo più beni relazionali e aumenta l’efficacia dell’azione sociale del soggetto che li consuma) o negativo, quando se ne producono di meno. La direzione è invece l’inclinazione del vettore che ne rappresenta la produzione. Esistono infatti configurazioni relazionali entro le quali, a parità di investimenti, si ottengono più beni relazionali rispetto ad altre. Esemplifichiamo quanto detto nella figura 3:

Fig. 3 – Il bene relazionale come grandezza sociologica vettoriale

Nella figura 3 è rappresentato un bene relazionale come grandezza sociologica vettoriale, dove il bene relazionale è il segmento orientato ab.

Il modulo di tale bene è simboleggiato dal numero uno. Più avanti, quando applicheremo empiricamente il modello, potremo quantificare questo modulo, per

90 Ibidem.

α

1 2 a b x

mezzo di un indice additivo ottenuto tramite l’attribuzione dei punteggi agli item del questionario di rilevazione.

La freccia posta al termine del segmento ab indica invece il verso della produzione del bene relazionale. Se utilizziamo come riferimento questa figura, avremo che la produzione è positiva se la freccia è rivolta verso l’alto (ovvero se essa giace nella porzione di piano al di sopra dell’asse delle ascisse), mentre è negativa se è rivolta verso il basso (ovvero se giace nella porzione di piano al di sotto dell’asse delle ascisse). Il verso permette di comprendere se le relazioni sociali coinvolte nella produzione del bene relazionale agiscono in modo da incrementarne la produzione nel tempo o se, viceversa, ne frenano la creazione.

Infine abbiamo la direzione, ovvero la retta tratteggiata dove giace il bene relazionale. Il significato empirico della direzione del vettore è il seguente. Se prendiamo l’ampiezza dell’angolo tra la linea tratteggiata (la direzione del bene relazionale) e l’asse delle ascisse (angolo che chiameremo α), questo rappresenta la modalità di produzione del bene relazionale.

In figura abbiamo un esempio di bene relazionale che sta incrementando nel tempo (verso positivo), con una modalità di aumento di circa 40°. Non tutte le configurazioni relazionali emergenti dalle relazioni intersoggettive e dalle relazioni di riflessività dei soggetti, producono la stessa quantità di beni relazionali. Esistono infatti configurazioni relazionali che, a parità di investimenti effettuati, ne producono più di altri. Ciò dipende dalla direzione di produzione, ovvero dall’angolo creato con l’asse delle ascisse. Come è noto, l’ampiezza dell’angolo può essere compresa tra un minimo di zero (produzione nulla di bene relazionale nel tempo) e un massimo di 180° (produzione massima di bene relazionale). Quando il vettore si sposta al di sotto dell’asse delle ascisse avremo che la configurazione relazionale studiata sta bruciando beni relazionali.

Il bene relazionale inoltre può essere interpretato come la grandezza risultante da due vettori - RS e RI - che hanno lo stesso punto di applicazione. Come noto, in questo caso il vettore è calcolabile mediante la regola del parallelogramma, cui possono essere associate, oltre alle due dimensioni RS e RI, anche le quattro dimensioni A, G, I, L91.

Vediamo meglio l’operazione nella fig. 3b:

91 Ringrazio il prof. Donati per avere contribuito, in una serie di colloqui, a unire il concetto di scomposizione del vettore con lo schema AGIL.

Fig. 3b – Scomposizione del vettore “bene relazionale” nelle quattro componenti

costitutive (A, G, I, L) secondo la regola del parallelogramma

Nella fig. 3b il bene relazionale è la risultante vettoriale di quattro forze: quella strumentale (A), quella degli scopi situati (G), quella dell’integrazione (I) e quella valoriale (L). Più avanti si delineerà questa figura dal punto di vista operativo e sarà più facile comprendere come le quattro componenti concorrono a creare il bene relazionale.