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Gli effetti prodotti dai beni in termini di efficacia

CHE COSA SONO I BENI RELAZIONAL

5. Gli effetti prodotti dai beni in termini di efficacia

L’introduzione del concetto di bene (in senso sostantivato), non è avvenuta in seno alle discipline economiche. Abbiamo già avuto modo di trattare questo aspetto in precedenza. L’economia comunque ha elaborato successivamente l’impalcatura teorica più robusta e, ancora oggi, risulta difficile ragionare sui beni prescindendo dall’impronta data dagli economisti classici. La definizione stessa di bene, quella ancora oggi largamente condivisa, è essenzialmente economica e verte attorno a un individuo e alla sua utilità. In questa visione non ha senso parlare di bene se questo non è utile per

qualcuno. I beni sono concettualmente e operativamente appiattiti nella loro dimensione A95. Essi devono essere strumentali in quanto devono rendersi utili, soddisfacendo

bisogni, desideri o appagando appetiti, sensazioni. Un bene, per definizione, va consumato. E il concetto di consumo, al di là di visioni suggestive e forse un po’ troppo romantiche96, nell’economia capitalistica ha una connotazione largamente strumentale e

individualizzante.

Ragionare in termini di utilità porta necessariamente a interpretare i beni in senso strumentale. Riteniamo che questa visione, pur restando dominante negli studi e nei comportamenti sociali, vada in parte superata. Il motivo di questa scelta è il seguente. L’utilità è un modo semplice e immediato di misurazione di un bene, ma non è preciso. Questo perché l’utilità genera effetti paradossali che si scontrano con la definizione di bene e che limitano la portata esplicativa del concetto. Abbiamo moltissimi esempi in grado di confermare questa ipotesi. Pensiamo a tutti i problemi legati allo sviluppo ambientale sostenibile. Se ancoriamo il concetto di bene a quello di utilità, si entra in corto circuito. Non ha senso domandarsi se una tonnellata di plutonio è utile o è dannosa. È ovviamente utile se si prende come riferimento la capacità di produrre energia nucleare in un reattore, ma diventa non utile, anzi dannosa, se prendiamo come riferimento il suo smaltimento in un territorio e l’inutilizzabilità dello stesso per le generazioni future. Pensiamo anche al problema delle dipendenze, di cui ci occuperemo nei gruppi di auto mutuo aiuto. Sarebbe paradossale, ma perfettamente coerente con la visione utilitaristica, sostenere che è utile il consumo di uno psicofarmaco, perché agisce sul benessere individuale, soffocando il dolore. Ma si tratta di un orizzonte parziale che entra in corto circuito se consideriamo gli effetti collaterali dei farmaci e la dipendenza che generano. Ancora una volta, questa volta con un gioco di parole, potremmo dire che l’utilità, dal punto scientifico, non serve. Vale a dire l’utilità non risponde in modo attendibile alle richieste che pone la ricerca scientifica. Lo stesso vale per i diritti sociali, per le politiche pubbliche, per tutto ciò che può generare beni pubblici, beni privati e beni relazionali. Il cosiddetto reddito di 95 Seguiamo qui lo schema teorico della sociologia relazionale. Donati, 1991.

96 Ci riferiamo, per esempio, a quegli studi sulla sociologia dei consumi che vedono nell’atto del consumo una forma di appartenenza e, quindi, di avvicinamento ad altre persone, di creazione di contatti e di relazioni significative con esse. Si tratta certamente di fenomeni reali, tuttavia riteniamo che, anche a seguito dei risultati raggiunti nel presente lavoro, si tratti di tendenze marginali. Nell’economia capitalistica il consumo è tuttora interpretato in modo molto più individualizzato. Ciò è dimostrabile empiricamente con il fatto che i beni privati hanno un potenziale negativo (l’effetto di spiazzamento) rispetto ai beni relazionali.

cittadinanza è utile per una persona? È impossibile rispondere a questa domanda in termini scientifici. Si può rispondere solo in termini politici, effettuando un calcolo sul consenso elettorale che una manovra di questo tipo può ottenere e riferendolo alla sostenibilità del bilancio pubblico. Oppure si può rispondere con riferimento ad una persona senza reddito che vedrebbe aumentare la propria capacità di acquisto. Dal punto di vista scientifico però, l’utilità gira a vuoto. Questo perché il consenso elettorale può agire paradossalmente contro gli interessi degli elettori, perché genera debito pubblico che va ripagato, con gli interessi, dagli stessi cittadini. Potremmo continuare a lungo.

In definitiva, un bene non può essere rendicontato in termini utilitaristici se si vuole mantenere alto il potere esplicativo del concetto. Si tratta di una questione scientificamente assai importante. La scienza deve iniziare ad introdurre nuovi modi di considerare l’uso che può essere fatto di un bene, ridimensionando le spiegazioni date dagli economisti classici. Il limite delle attuali teorie si trova “nell’eccessivo peso attribuito alla dimensione economica del problema, come se […] potesse essere ridotto a quello delle risorse economiche (patrimoniali e finanziarie), mentre è evidente che il problema investe tutte le condizioni di vita, da quelle dell’ambiente fisico (si pensi alle risorse naturali e alle condizioni dell’eco-sistema) a quelle culturali (la trasmissione di valori e di norme di civiltà) e a quelle dei contesti sociali (tessuti relazionali)”97.

Nel presente lavoro l’utilità non viene considerata come parametro, come strumento di misurazione dei beni. Un bene, qualsiasi bene, sia esso pubblico, privato o relazionale, non esiste in quanto è utile (ovvero se è in grado di soddisfare bisogni strumentali), ma esiste in quanto permette il perseguimento di scopi situati coerenti con gli obiettivi di lungo periodo del soggetto che li attiva. In termini di sociologia relazionale significa valutare i beni con riferimento all’asse G-L. Un bene è tale se permette di conseguire uno scopo coerente con gli obiettivi ultimi della realtà studiata. Ciò permette di superare i paradossi e il corto circuito presenti nelle teorie economiche impostate sulle visioni strumentali e utilitaristiche, attraverso una logica di secondo ordine, di riflessione sulla riflessione. La logica relazionale è indispensabile. Riprendiamo alcuni esempi fatti in precedenza. Il reddito di cittadinanza è un bene che produce effetti reali e positivi se permette di ottenere scopi situati (come la diminuzione della povertà in uno Stato) in coerenza con gli obiettivi ultimi della politica nazionale 97 Donati, 2003.

(cioè se riesce a farlo contenendo il debito pubblico, salvaguardando le libertà individuali di scelta, in definitiva se si adatta perfettamente alla cornice costituzionale dello Stato). Passare da una logica dei beni intesi in modo strumentale ed economico, ad un’altra relazionale aumenta la complessità del problema scientifico, ma lo rende più chiaro, discutibile, anche contestabile. Diventa realmente un problema scientifico.

Parleremo quindi di bene-efficace e non di bene-utile. Nelle realtà che studieremo, gli effetti prodotti dai beni (nel nostro caso dai beni relazionali), vengono riferiti costantemente e unicamente agli scopi dei soggetti che li agiscono, siano essi individui, gruppi, organizzazioni complesse. Solo in questo modo possiamo superare la visione utilitaristica dei beni.