Alla luce dell’esame svolto, occorre adesso formulare delle ipotesi interpretative
conclusive, riprendendo i concetti principali e raccordandoli con i presupposti
sostanziali relativi alla struttura disponibile dell’interesse legittimo.
La graduazione è un ordine dato ai motivi dalla parte, in funzione del proprio
interesse, per segnalare la prioritaria importanza dell’esame e dell’accoglimento di
determinate questioni. Le censure subordinate o graduate per ultime rivestono quindi
minor rilievo e se ne chiede il vaglio solo in caso di mancato accoglimento di quelli
primarie.
Come detto
546, la mancanza di una chiara ed espressa positivizzazione del
vincolo ai motivi di parte non esclude che sussistano altri importanti riferimenti a
livello di diritto positivo, tra cui i principi generali vigenti nel giudizio
amministrativo, per previsione espressa (artt. 1 e 2 D.lgs. n. 104/2010) o comunque
indiretta (artt. 34 e 39 D.lgs. n. 104/2010, tramite il quale sono operativi nel processo
gli artt. 99 e 112 c.p.c.).
In particolare, il principio della domanda
547, secondo cui il giudice deve
pronunciarsi su ciò che il ricorrente chiede, costituisce per l’organo adito un vincolo
a natura non solo positiva, ma anche negativa/limitativa
548.
In quest’ottica, la graduazione dei motivi determina un’eccezione all’obbligo del
giudice di esaminare tutti i vizi di legittimità costitutivi del thema decidendum. Tale
deroga non può che trovare fondamento, dal punto di vista processuale, nella
caratterizzazione soggettiva del giudizio amministrativo e costituisce una conferma
della disponibilità sostanziale delle situazioni in esso azionate
549.
I due profili indicati sono tra loro legati e ruotano intorno all’individualità
dell’interesse legittimo, situazione rientrante nell’esclusiva sfera giuridica del titolare
e dalla quale esulano il pubblico potere e l’interesse generale.
546 Cfr. supra, § 2.
547 Cfr. A. Piras, Invalidità (dir. amm.), in Enc. giur., XXII, Milano, 1972, p. 607: <<infatti il
processo amministrativo è retto dal principio della domanda, ed è azionato da colui che ne ha interesse per la soddisfazione di una propria pretesa materiale di base>>. Così anche A. Romano Tassone,
Giudice amministrativo e interesse legittimo, cit., pp. 273 e ss.
548
Cfr. L. Donato, Sulla disponibilità degli effetti, cit., pp. 511 e ss., che rileva l'importanza che riveste il principio dispositivo, in forza del quale sono le parti a definire il limite entro cui il giudice potrà pronunciare l'annullamento del provvedimento: infatti, <<il provvedimento sarà annullato se risulterà illegittimo, secondo le allegazioni contenute nella domanda del ricorrente>>.
549 Cfr. in questi termini Cons. Stato, Ad. Plen., n. 5/2015, che espressamente rileva che la
graduazione dei motivi <<trova fondamento nella disponibilità degli interessi dei soggetti che agiscono in giudizio>>, aggiungendo che essa << richiede una puntuale ed esplicita esternazione sia per ragioni di certezza dei rapporti processuali, che per evitare che sia il giudice a sostituirsi alle parti nella ricerca arbitraria della maggiore satisfattività dell’interesse concreto perseguito da queste ultime>>.
149
Quanto alla tutela, infatti, se il giudizio in cui è fatto valere l’interesse legittimo è
retto dal principio dispositivo, dovrà essere tendenzialmente depurato
550dal carattere
dell’oggettività. In altri termini, il processo non verte sulla legittimità dell’agire
pubblico, ma sulla situazione azionata dal privato
551e ciò, sul fronte sostanziale,
corrisponde alla negazione di profili extraindividuali nella struttura della situazione
giuridica in questione.
Pertanto, la natura disponibile dell’interesse legittimo è confermata e ricavata
anche dall’indicato modello processuale soggettivo
552improntato al principio
dispositivo
553, cui si accompagnano, altresì, le esigenze di satisfattività della
posizione del ricorrente
554e di completezza della cognizione.
550
Il principio dispositivo, infatti, permea tutto il giudizio, cfr. A. Romano Tassone, Sulla
disponibilità dell’ordine di esame, cit., p. 807: <<il principio dispositivo non verrebbe in gioco con
riferimento ai motivi. Il principio dispositivo, infatti, non copre soltanto le « domande » strettamente intese, ma attiene a qualsiasi aspetto delle domande stesse che possa portare ad una pronuncia giudiziale che rivesta un apprezzabile interesse per il ricorrente. Questo risulta — se si vuole: indirettamente, ma — inequivocabilmente confermato dal dibattito svoltosi nella dottrina civilprocessualistica in ordine ai limiti intrinseci dell'ammissibilità del cumulo condizionale, che sarebbe da escludere, in buona sostanza, soltanto ove il ricorso a tale meccanismo non appaia idoneo a soddisfare alcuna concreta e tangibile esigenza di tutela della parte che pretende di avvalersene>>.
551 Cfr. L. Ferrara, Domanda giudiziale e potere amministrativo, cit., pp. 617 e ss.: <<Ma il cpa
ha finalmente sposato (è un'opinione, s'intende) la giurisdizione soggettiva, la domanda in senso proprio, l'oggetto del processo consistente nella situazione giuridica soggettiva fatta valere; è confermativo del legame esistente tra questi tre termini; identifica, per riprendere quanto osservavamo poc'anzi, scopo della tutela e oggetto della tutela; concepisce «l'agire in giudizio ovvero la domanda [...] in rigida correlazione [...] con una situazione sostanziale dedotta nel processo». In una parola, il c.p.a. dice chiaramente che l'oggetto del giudizio di legittimità è l'interesse legittimo>>. L’Autore richiama, sul punto, l'art. 7 (Giurisdizione amministrativa), per il quale <<sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi>>.
552 Cfr. A. Carbone Azione di adempimento, disponibilità della situazione giuridica e onere della
prova, in Foro amm. T.A.R., 2011, pp. 2959 e ss.: <<Per sconfessare questo assunto è infatti
sufficiente richiamare quelle pronunce che successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 104/2010 hanno disposto l'effetto conformativo o la condanna senza sancire l'annullamento dell'atto , ovvero hanno accertato l'illegittimità dell'atto ai soli fini risarcitori secondo la regola del c.d. accertamento in continuazione di cui all'art. 34, comma 3, c.p.a Si capovolge in tal modo l'originaria struttura processuale amministrativa, per cui era l'azione esperibile a fornire il dato contenutistico della situazione giuridica fatta valere. Al contrario, è la pretesa del ricorrente a costituire ora la realtà con cui si rapporta la tutela processuale>>. L’Autore richiama le decisioni Cons. Stato, n. 2755/2011 e Cons. Stato, n. 2817/2011.
553 Cfr. A. Cerino Canova, La domanda giudiziale ed il suo contenuto, Torino, 1980, in
particolare pp. 127-128, ove l’Autore rileva che il principio della domanda sia da intendere anche come il riflesso del potere di disporre in senso sostanziale della situazione giuridica soggettiva.
554
Si veda F. Patroni Griffi, Forma e contenuto della sentenza amministrativa, in www.giustizia-
amministrativa: <<Nella sentenza di accoglimento oggi si tende a ritenere che debbano essere
esaminati tutti i motivi di ricorso (fatti salvi gli aspetti problematici evidenziati poc’anzi con riferimento all’ordine di trattazione delle questioni), in modo da assicurare la tutela maggiormente satisfattiva, in coerenza con la pienezza ed effettività di cui all’art.1 c.p.a.>>.
150
È evidente da quanto appena esposto che la risoluzione del problema dell’ordine
dei motivi di ricorso pone in evidenza la stretta dipendenza tra il versante processuale
e quello sostanziale.
La natura del giudizio amministrativo quale processo tra parti avente a oggetto il
rapporto amministrativo
555va di pari passo con la disponibilità riconosciuta
all’interesse legittimo; la graduazione va tendenzialmente rispettata dall’organo
adito, con il temperamento delle questioni rilevabili d’ufficio, rispetto alle quali le
indicazioni di parte non possono derogare all’ordine legale.
Sarebbe, del resto, illogico negare il vincolo dei motivi a fronte della possibilità,
per il ricorrente, di rinunciare al ricorso
556.
Pertanto dalla vincolatività deriva in capo al ricorrente non solo la disponibilità
dei motivi del ricorso
557, ma anche dell’effetto derivante dalle azioni esperibili
558nonché, ancor prima, la disponibilità della tutela processuale, quale possibilità di
decidere se servirsi del processo e in che misura.
Ciò induce a riflettere su un ulteriore aspetto, in precedenza soltanto accennato.
La natura soggettiva del processo amministrativo
559quale giudizio nella
disponibilità delle parti
560comporta, in via complementare, che il ruolo del giudice
sia da esse nettamente distinto, in virtù di un’effettiva terzietà e imparzialità
561.
La giurisprudenza
562e la dottrina
563sono, sul punto, tendenzialmente concordi.
555 Così M. Protto, Le garanzie di indipendenza e imparzialità, cit., pp. 95 e ss.: <<si riconosce
(…) che il giudizio amministrativo è un processo di parti che ha a oggetto il rapporto amministrativo >>.
556
Sulla rinuncia processuale al ricorso giurisdizionale, cfr. infra, capitolo III, § 2.
557
Cfr. F. Patroni Griffi, La sentenza amministrativa, cit.: <<quanto alla disponibilità dei motivi di ricorso, va detto che il principio dispositivo fa sí che la parte possa disporre liberamente del ricorso nel suo complesso, rinunciandovi, o in parte, rinunciando solo ad alcuni tra i motivi di censura proposti>>.
558 Cfr. A. Piras, Interesse legittimo, cit., p. 609: <<L'annullamento, l'annullabilità non hanno i
caratteri della sanzione: rappresentano piuttosto il contenuto di un effetto del quale spetta ad un soggetto di disporre, nei modi dell'azione e di fronte all'organo giurisdizionale>>.
559
Sulla diversa conformazione del giudizio a natura soggettiva ovvero oggettiva si veda F. G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2014, p. 154.
560 Si veda L. Bertonazzi, L'istruttoria nel processo amministrativo di legittimità: norme e
principi, Milano, 2005, pp. 340 e ss.: << l'attribuzione al solo ricorrente del potere processuale
formale di individuazione dell'oggetto del giudizio, identifica invece un processo retto dal principio della domanda, e cioè dal potere esclusivo o monopolistico delle parti di delimitare la materia del contendere e del decidere>>.
561 Cfr., ancora, M. Protto, Le garanzie di indipendenza e imparzialità, cit., p. 95: <<il problema
dell’indipendenza ed imparzialità del giudice diventa centrale>>.
562 Si veda supra, § 4.
563 Cfr. L. Ferrara, Domanda giudiziale e potere amministrativo, cit., p. 620: <<se si vanno a
leggere alcune recenti Adunanze plenarie del Consiglio di Stato, quali la n. 4 del 2011 o la n. 30 del 2012 (e, in genere, la giurisprudenza di quest'organo) , o se si scorrono le principali posizioni dottrinali, si rinvengono nette affermazioni a favore del carattere soggettivo della giurisdizione del giudice amministrativo>>. Si rinvia all’opera indicata anche per i copiosi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali ivi contenuti.
151
Ove, infatti, si ammettesse la possibilità di modificare discrezionalmente l’ordine
della trattazione dei motivi determinato dalle parti, in considerazione del
coinvolgimento di interessi della collettività, ne uscirebbe falsato il ruolo del
giudice
564, la cui posizione sarebbe volta a garantire in via prioritaria (quando non
esclusiva) non la situazione soggettiva azionata, ma la legalità e l’interesse
generale
565. Dimenticando che ciò compete in via esclusiva all’organo titolare del
potere esecutivo.
Al contempo, la parte pubblica si troverebbe in una posizione di prevalenza
processuale sul privato.
Peraltro, all’amministrazione (e agli eventuali controinteressati) non mancano
adeguati strumenti di difesa con i quali far valere fatti impeditivi, modificativi o
estintivi della situazione soggettiva azionata dal ricorrente
566, senza che sia l’organo
adito a interferire in tale attività difensiva mediante strumenti officiosi e
contravvenendo al proprio ruolo super partes. In altri termini, dovrebbe essere la
parte pubblica mediante le proprie difese (e non il giudicante con la propria
iniziativa) a portare in evidenza in giudizio la sussistenza di un interesse generale con
funzione di impedimento, modifica o estinzione della situazione del ricorrente, con
un eventuale effetto anche sull’ordine giudiziale dei motivi.
In mancanza di ciò, il giudizio dovrebbe svolgersi nei limiti di quel che il privato
ha chiesto e il giudice non potrebbe esercitare discrezionalmente poteri officiosi in
564 L’organo adito, infatti, sarebbe in questo caso giudice dell’interesse pubblico. È quindi
criticabile il punto di vista di M. Magri, L’ordine dei motivi, cit., p. 1077 e ss.: <<Vista come attività devoluta alla giurisdizione amministrativa, la tutela degli interessi legittimi nei confronti della pubblica amministrazione (art. 103 Cost.) sembrerebbe perdere i suoi connotati di giudizio su situazioni o posizioni soggettive, per assumere i contorni di una modalità o tecnica di tutela obbiettiva, che si realizza compiutamente solo con la imputazione della sentenza agli nteressi della collettività. (…) non è il “bene della vita” il paradigma del giudizio, ma la legittimità sostanziale dell’esercizio del potere>>.
565 Cfr. F. Patroni Griffi, Forma e contenuto, cit.: <<la soluzione del problema risiede nella
prevalenza che voglia darsi all’ordine logico della trattazione delle questioni, nell’ambito di una visione tendenzialmente oggettiva della giurisdizione, oppure all’interesse della parte, in un’ottica prevalentemente soggettiva della giurisdizione amministrativa e della conseguente disponibilità dei motivi di ricorso>>.
566 In senso concorde, A. Romano Tassone, Sulla disponibilità dell’ordine, cit., pp. 806: <<Si
debbono rinvenire, quindi, congegni processuali idonei a mettere al riparo le controparti dal meccanismo del cumulo condizionale predisposto dall'attore: affermazione, questa, che appare quasi un ovvio corollario della trasposizione della tematica qui affrontata nel più proprio ambito della disponibilità della trattazione della causa, piuttosto che della disponibilità della domanda. A mio avviso, ciò può affermarsi anche nel processo amministrativo, dove un congegno del genere potrebbe forse ravvisarsi oggi nel ricorso incidentale, che l'art. 42 C.p.a. mette esplicitamente a disposizione di tutte le parti resistenti (dunque: anche della p.a.), così ricostruendolo — parrebbe — quale semplice formalità di introduzione in giudizio di ogni tipo di domanda difensiva. In questa prospettiva, il ricorso incidentale parrebbe dunque aver definitivamente perduto le proprie originarie caratteristiche di vera e propria impugnazione (sia pure « in funzione difensiva »), ed assumerebbe piuttosto la veste di pura tecnica di introduzione delle istanze che le parti resistenti hanno l'onere di presentare al giudice>>.
152
protezione di situazioni giuridiche prive delle allegazioni dovute dalle parti
convenute.
Non va tralasciato, infine, che la denuncia da parte del ricorrente dei soli vizi dal
cui accoglimento consegua soddisfazione, ovvero la denuncia in via subordinata di
vizi radicali, non impedisce di per sé la piena soddisfazione dell’interesse pubblico,
affidata stragiudizialmente ai poteri di autotutela della stessa amministrazione, ove
ne sussistano i presupposti previsti dalla legge.
Le conclusioni ipotizzate hanno ripercussioni dirette sul fenomeno
dell’assorbimento improprio dei motivi, decisamente incompatibile con un tipo di
giudizio a cognizione piena sul rapporto tra privato e pubblica amministrazione
567,
come riconosciuto, peraltro, dalla stessa giurisprudenza
568, specie dopo l’emanazione
del codice del processo amministrativo.
Non basta, sul punto, far riferimento ai diversi effetti che seguono una pronuncia
di annullamento
569, ma occorre, ancora una volta, prendere in considerazione
l’interesse legittimo quale oggetto del processo amministrativo, di cui costituiscono
indici rivelatori non solo le norme processuali di cui al D.lgs. n. 104/2010, ma anche
quelle che progressivamente hanno spostato dal versante formale a quello sostanziale
il fulcro di ciò che al privato è garantito per legge
570. L’attenzione all’aspetto
sostanziale dei provvedimenti amministrativi ha, infatti, sconfessato l’utilità di un
mero annullamento giudiziale per vizi di forma e, di conseguenza, ha contribuito
all’avversione verso il fenomeno dell’assorbimento improprio
571.
567 Si veda, in questo senso, A. Contieri, Principio di buon andamento e vizi dell’atto
amministrativo, in A. Contieri, F. Francario, M. Immordino, A. Zito (a cura di), L’interesse pubblico tra politica e amministrazione, Napoli 2010, vol. II, pp. 95 e ss.: <<l’assorbimento dei motivi è
decisamente incompatibile con il giudizio sul rapporto>>. Cfr. altresì F. Patroni Griffi, La sentenza
amministrativa, cit.: <<Dell'assorbimento dei motivi è stata criticata la discrezionalità, e talvolta
l'apparente casualità, della scelta rimessa al giudice; più a fondo, è stato rilevato che l'assorbimento di alcune censure riduce il cd. effetto ripristinatorio della sentenza e, conseguentemente, frena la tendenza del processo amministrativo ad atteggiarsi come processo a cognizione piena del rapporto tra cittadino e amministrazione>>.
568
Si veda la sentenza T.A.R. Toscana, n. 1443/2011. Per una più dettagliata analisi giurisprudenziale, cfr. supra, in questo capitolo, § 2, 3 e 4.
569 Sul punto ci si è già soffermati supra, in questo capitolo, § 2. Per una critica all’assorbimento
in quanto riduttivo dell’effetto conformativo della sentenza cadicatoria, si veda B. Cavallo, Processo
amministrativo e motivi assorbiti, cit.; L. Mazzaroli, L’atto definitivo e la teoria dell’assorbimento, in Studi in memoria di E. Guicciardi, Padova, 1975, pp. 701 e ss.
570
Si fa naturalmente riferimento all’ Anche il 21 octies, comma 2, legge n. 241/1990, che prevede espressamente la svalutazione del vizio formale a scapito di quello sostanziale.
571 Cfr. F. Patroni Griffi, Forma e contenuto della sentenza, cit.: <<La soluzione è influenzata (e
in qualche modo “compensa” o ne costituisce il contrappasso) dalla maggiore rilevanza attribuita (in seguito alle modifiche apportate alla legge n. 241 sul procedimento amministrativo a partire dalla legge n.15/2005) alla legittimità contenutistica del provvedimento rispetto al dato formale, il che limita di molto, nei fatti, la praticabilità dell’assorbimento dei motivi. Quanto detto, peraltro, non ha eliminato del tutto la prassi dell’assorbimento dei motivi, che mi sembra risponda a una logica di economia quanto meno in tutti quei casi in cui l’accoglimento di tutti i motivi di ricorso (e meno ancora la loro reiezione, una volta che il ricorso sia destinato all’accoglimento) non sia utile ad
153
La pienezza e l’effettività della tutela, in altri termini, hanno potenziato il
principio della domanda
572e sono connesse con il dato sostanziale relativo alle utilità
garantite dalla legge al titolare della situazione soggettiva: pertanto si ritiene che il
giudice sia tenuto
573a decidere su tutti i motivi, fintantoché ciò si traduca in una
maggior soddisfazione, anche sotto il profilo risarcitorio
574, del ricorrente
575 576.
assicurare una maggior tutela o almeno a fornire un’utile direttiva all’amministrazione per l’ottemperanza al giudicato>>.
572
Così R. De Nictolis, L’ordine di esame dei motivi, cit.: <<La giurisprudenza ha affermato che i principi di effettività e completezza della tutela impongono di valorizzare il ruolo della domanda dell’interessato, riducendo la pronuncia di assorbimento dei motivi ai soli casi - in realtà del tutto marginali - in cui sussista un rapporto di chiara continenza, pregiudizialità logica, o implicazione, tra la censura accolta e quella non esaminata Tale conclusione, strettamente collegata al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, espresso dall’art. 112, c.p.c., con disposizione avente il valore di principio generale di ogni processo, diventa inevitabile in un contesto sistematico diretto ad assicurare il più intenso e integrale accertamento del rapporto amministrativo controverso, in relazione ai profili ritualmente prospettati dalle parti interessate, anche per evitare lunghi e defatiganti contenziosi diretti a riproporre le stesse domande in seguito al rinnovo del provvedimento, affetto dagli stessi vizi non esaminati dal giudice>>.
573 Si osservino, tuttavia, le importanti deduzioni di A. Romano Tassone, Sulla disponibilità
dell’ordine di esame, cit,, p. 807: <<il giudice — pur assumendo vigente il principio dispositivo —
non può essere obbligato ad esaminare i motivi di ricorso nell'ordine indicatogli dalla parte ricorrente, se non nella misura in cui quest'ultima abbia un apprezzabile interesse al rispetto di tale ordine, altrimenti il giudice sarà libero di esaminare prioritariamente, accogliendoli, i motivi che ritenga di più agevole decisione (ovviamente: al solo fine di poter legittimamente dichiarare assorbiti gli altri, la cui fondatezza invece appare di più laborioso accertamento) (...) la forza vincolante del cumulo condizionale non può essere sic et simpliciter desunta dalla vigenza del principio dispositivo (…) Il dibattito sulla necessaria esistenza di un « nesso funzionale » tra le varie domande perché possa istituirsi tra di esse un cumulo condizionale, dimostra tuttavia, ancora una volta, come l'ammissibilità di quest'ultimo (e dunque: la sua cogenza) non sia esclusivamente deducibile dall'eventuale vigore del principio dispositivo, ma debba esser considerata anche in relazione alle esigenze complessive di buon funzionamento del meccanismo processuale>>. In giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, n. 3002/2008; Cons. Stato, n.. 213/2008: <<il giudice dovrebbe esaminare per prime quelle censure da cui derivi un effetto pienamente satisfattivo della pretesa del ricorrente (…) la censura formale non può eludere quella sul vizio sostanziale, il giudice dovrà proseguire nell’esame sul dei motivi finché è certo che dall’accoglimento di un ulteriore motivo non deriva più alcuna utilità al ricorrente. (…)>>.
574 Si veda la già citata sentenza del Cons. Stato, n. 213/2008: <<La prassi del giudice
amministrativo di assorbire alcuni motivi del ricorso deve essere del tutto riconsiderata ora che è ammesso il risarcimento del danno derivante dall’esercizio illegittimo dell’attività amministrativa, in quanto per assorbire un motivo deve essere evidente che dall’eventuale accoglimento della censura assorbita non possa derivare alcun vantaggio al ricorrente, neanche sotto il profilo risarcitorio>>. La