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Indisponibilità del diritto e inderogabilità della legge

La questione del rapporto intercorrente tra indisponibilità della situazione

giuridica soggettiva e inderogabilità

124

della legge

125

è strettamente collegata con il

tema in esame.

La problematica è di ordine generale, ma ai fini della ricerca rileva

specificamente per i riflessi che essa ha sul sistema amministrativo, caratterizzato

dalla natura generalmente inderogabile

126

delle norme di diritto pubblico

127

.

pp. 1367 e ss., in particolare p. 1384 <<Alla luce delle considerazioni svolte una parte della dottrina ritiene che la maggior parte dei diritti del lavoratore non siano indisponibili>>; P. Tullini,

Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, in Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle Giornate di studio di Diritto del lavoro, Modena 18-19 aprile 2008, Milano, 2009, pp. 115 – 210, per cui l’area dei diritti propriamente indisponibili è

<<assai ristretta, se non ridotta a un mero simbolo>>. Nello stesso senso, I. Capelli, La disponibilità

dei diritti, cit., p. 679: <<nel diritto civile, infatti, la regola è rappresentata dalla disponibilità giuridica

e la limitazione degli spazi lasciati all’azione, o in altri termini, alla “disposizione” del singolo, può consentire la tutela di determinati interessi, oppure rappresentare uno strumento di indirizzo dell’ordinamento sull’attività dei privati>>. Similmente, nonostante le diverse conclusioni cui perviene, E. Russo, Il concetto di diritto soggetivo, cit., p. 21, il quale muove dalle norme per dimostrare che <<tutto il sistema è orientato verso la disponibilità o trasferibilità del diritto soggettivo>>.

123 Si veda infra, capitolo II. 124

Cfr. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., pp. 13 e ss., il quale suddivide, nell’ambito del diritto privatistico, le norme inderogabili dalle norme imperative, nel cui alveo circoscrive ulteriormente quelle imperative a carattere derogabile <<ove la parti siano assistite dalle associazioni di categoria>>, come avviene ai sensi dell’art. 2113, terzo comma, c.c. In linea generale, si osserva che il concetto di inderogablità (similmente a quello di disponibilità) difetta di una definizione a livello legislativo. Nell’ambito civilistico, l’unico richiamo a cui l’interprete può far riferimento è quello di norma imperativa, che rende nullo il contratto (art. 1418 c.c.) o illecita la causa che vi contrasti (1343 c.c.).

125 La problematica è da lungo tempo al centro del dibattito dottrinale: si veda C. Timellini, La

disponibilità dei diritti dei lavoratori, cit., pp. 1367 e ss.; R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità e sull’indisponibilità dei diritti del lavoratore subordinato, in Riv. dir. civ., 1971,

pp. 577 e ss. e in particolare p. 595: <<le norme inderogabili riflettono innanzitutto l’interesse pubblicistico all’integrità fisica e morale del prestatore o, se si vuole, al promovimento della eguaglianza sostanziale dei cittadini>>.

126 Le norme di diritto pubblico sono spesso qualificate, indifferentemente, inderogabili ovvero

imperative. Per una critica all’anzidetta identificazione, ma più in generale per la questione dei tratti caratterizzanti le norme imperative si veda M. Nuzzo, Negozio giuridico. IV) negozio illecito, in Enc.

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Occorre pertanto esaminare se inderogabilità e indisponibilità siano fenomeni

coincidenti (costituendo il primo la conseguenza del secondo o viceversa) ovvero

autonomi. L’eventuale assenza di distinzione tra i due istituti condurrebbe, infatti,

alla difficoltà di ammettere, nel sistema pubblicistico, situazioni giuridiche

disponibili

128

.

Nell’analisi si muoverà in prima battuta dall’ordinamento civile, ove la questione

è stata oggetto di specifica trattazione. Ciò consentirà di dedurre elementi di carattere

generale, da cui trarre alcune conseguenze interpretative con riferimento alla sfera

amministrativa.

I principali contributi nello studio della relazione intercorrente tra inderogabilità

e indisponibilità derivano da due ambiti.

Innanzitutto, l’arbitrato (sia quello civile che quello amministrativo): sul punto,

si rinvia alla separata trattazione che sarà svolta nella seconda parte del presente

lavoro

129

.

In secondo luogo, nel settore del diritto del lavoro

130

gli interpreti si sono

concentrati sulla previsione di cui all’art. 2113 c.c.

131

, che offre una particolare tutela

ai diritti del lavoratore

132

, coinvolgendo anche la questione in esame.

giur., XX, Roma, 1991, pp. 1 e ss.; E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 2002, in

particolare pp. 114 e ss.; R, Moschella, Il negozio contrario a norme imperative, in Legisl. econ., 1981, pp. 271 e ss.

127 Uno degli aspetti distintivi del diritto pubblico rispetto a quello privato è dato dalla

predominanza, nel primo, delle norme inderogabili e imperative. Si veda F. Gazzoni, Manuale di

diritto privato, cit., p. 13, il quale evidenzia efficacemente la distinzione, sul lato sanzionatorio, tra le

norme inderogabili pubbliche e quelle private. La problematica, quanto al diritto pubblico, è emersa principalmente per le ricadute in ordine alla compromettibilità – o meno – in arbitrato delle vertenze aventi a oggetto interessi legittimi. Ugualmente, A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto

privato, Milano, 2013. Il tema sarà oggetto di separata e specifica trattazione, cfr. infra, seconda parte,

cap. III. Nel rinviare, quindi, alla predetta sede, ci si limita qui a richiamare, per la completezza dell’analisi e anche per i copiosi riferimenti dottrinali, M. Delsignore, La compromettibilità in

arbitrato nel diritto amministrativo, cit., pp. 91 e ss., che sulla specifica questione rileva che <<se si

applicasse il ragionamento della dottrina e giurisprudenza civile sopra ricordato al diritto pubblico, ne deriverebbe che tutte le norme di diritto pubblico, per definizione inderogabili e finalizzate alla cura di interessi pubblici, sarebbero in ogni caso fonte di rapporti indisponibili e di conseguenza mai compromettibili in arbitrato>>.

128 Cfr. M. Delsignore, La compromettibilità, cit., p. 106. 129

Come già anticipato nell’introduzione, parte del lavoro sarà incentrata sugli effetti della natura indisponibile dell’interesse legittimo sul versante della tutela processuale (o, appunto, arbitrale) dell’interesse legittimo. Per il rilievo centrale della disponibilità nell’ambito dell’istituto dell’arbitrato, si veda infra, seconda parte, capitolo III.

130 Cfr., ex multis, P. Tullini, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e

ritorno, cit., pp. 115 e ss.; M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 52, nonché, ancor più

specificamente, p. 57; C. Cester, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del

lavoro, in Giorn. dir. lav rel. ind., 2008, pp. 407 e ss.; A. Occhino, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, in Riv. giur. lav. e prev. soc., 2008, pp. 183 e ss.; D. Borghesi, Conciliazione, norme inderogabili e diritti indisponibili, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2009, pp. 121 e ss.; R. De Luca

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L’articolo in questione non cita espressamente l’indisponibilità; essa è stata

elaborata in via interpretativa quale requisito della fattispecie ivi prevista, per

identificare il vincolo di irrinunciabilità e di intrasmissibilità dei diritti dei lavoratori

previsti da norme – di legge o della contrattazione collettiva – non derogabili.

La norma, pertanto, è indicativa di come, data la mancanza di chiari indizi di

diritto positivo, la sussistenza o meno di un’autonomia concettuale tra inderogabilità

e indisponibilità sia stata rimessa all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale.

Un primo indirizzo, condiviso dalla risalente giurisprudenza

133

, ha inteso le due

caratteristiche come strettamente connesse: alla natura inderogabile della norma

conseguirebbe il carattere indisponibile delle situazioni giuridiche soggettive dalla

stessa derivanti

134

. In tal modo le due qualificazioni sarebbero tra loro

complementari, avendo a oggetto profili diversi di un fenomeno unitario:

l’inderogabilità, infatti, riguarderebbe il rapporto tra il titolare del diritto e la norma,

mentre l’indisponibilità avrebbe attinenza con la relazione tra il medesimo soggetto e

l’interesse sotteso alla legge

135

.

La rigidità dell’indicato orientamento ha dato luogo a una successiva posizione

della dottrina e della giurisprudenza vertente sull’aspetto patologico dei vizi

negoziali. Si è così distinto tra situazioni soggettive indisponibili in assoluto (il cui

atto dismissivo sarebbe radicalmente nullo) e situazioni soggettive indisponibili solo

relativamente (per le quali sarebbe invece prevista la disciplina dell’annullabilità ex

art. 2113 c.c.)

136

. Tale ultima corrente di pensiero, inizialmente consolidata nella

giurisprudenza

137

, è successivamente tramontata.

131

G. Ferraro, Rinunce e transazioni del lavoratore, in Enc. giur. Treccani, Roma, XXVII, pp. 3 e ss. Si veda altresì AA.VV., Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle giornate

di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008, Padova, 2008.

132 Si riporta il testo dell’articolo 2113 c.c.: <<Le rinunzie e le transazioni , che hanno per oggetto

diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile>>.

133

La giurisprudenza in questione ha peraltro sovrapposto le conseguenze patologiche di cui all’art. 2113 c.c. a quelle di cui all’art. 1418 c.c.: Corte Cass., n. 2951/1958; Corte Cass., n. 3254/1958; Trib. Milano, 14 maggio 1959.

134 Cfr. R. De Luca Tamajo, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, Napoli, 1976, nonché

Id., Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 580, cui si rinvia anche per le copiose citazioni; D. Borghesi, Conciliazione, norme inderogabili e diritti indisponibili, cit., pp. 121 e ss.

135

Cfr. in tal senso G. Pera, Le rinunce e le transazioni del lavoratore (art. 2113), in P. Schlesinger (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, Milano, 1990, pp. 19 e ss.

136 Cfr. F. Guidotti, Il fondamento giuridico dell’indisponibilità dei diritti del prestatore di

lavoro, in DL, 1955, pp. 365 e ss.; U. Prosperetti, Le rinunce e le transazioni del lavoratore, Milano, 1964, in particolare pp. 65 e ss.; R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit.; T.

44

L’opzione interpretativa affermatasi in un secondo momento ha fatto leva sulla

distinzione tra diritti indisponibili già sorti (o già maturati), rispetto ai quali

rileverebbe quindi l’aspetto funzionale dispositivo di cui all’art. 2113 c.c. (sanzionato

dalla norma medesima con l’annullamento), e diritti ancora nella fase genetica, per i

quali invece avrebbe luogo la nullità dell’atto dispositivo

138

. In altre parole,

l’indisponibilità sarebbe un fenomeno destinato a operare esclusivamente in una fase

successiva rispetto alla venuta a esistenza delle situazioni giuridiche soggettive.

Predetto indirizzo, che ha iniziato ad affermarsi negli anni ’60 del secolo scorso

139

, è

ormai consolidato nella giurisprudenza, di merito e di legittimità

140

: l’art. 2113 c.c.

configura, quindi, l’ipotesi di rinuncia a situazioni giuridiche soggettive già rientranti

nel patrimonio del soggetto titolare, mentre la rinuncia preventiva è regolata

esclusivamente dall’art. 1418 c.c.

Quanto esposto

141

rende palese come l’approdo finale e ormai prevalente

propenda per l’autonomia dei due fenomeni

142

: indisponibilità e inderogabilità

Mancini, Ancora in tema di diritti indisponibili e diritti posti da norme inderogabili di legge, in Riv.

giur. lav., 1966, pp. 23 e ss.; C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 409.

137 Cfr. Corte Cass., n. 12556/1998, che, muovendo dal presupposto per cui il regime di cui

all’art. 2113 c.c. configura una limitata possibilità di disposizione, ha distinto tra diritti indisponibili in assoluto, per provenienza diretta da norma inderogabile (cosiddetti diritti primari) e diritti derivanti da essi, a natura patrimoniale (denominati diritti secondari), soggetti alle limitazioni di cui alla norma in questione La distinzione è riportata anche da P. Tullini, Indisponibilità dei diritti, cit., p. 11, a cui si rinvia anche per i copiosi riferimenti dottrinali. Si veda anche M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 59.

138 In merito all’ulteriore distinzione tra inderogabilità e indisponibilità riferite a un rapporto

lavorativo in corso ovvero a un rapporto che è cessato, si veda G. Ianniruberto, Rinunzie, transazioni e

quietanze a saldo nel diritto del lavoro, Roma, 1969; si veda altresì P. Tullini, Indisponibilità dei diritti, cit., p. 5, nonché M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 53, che pone efficacemente in

evidenza le insiste contraddizioni di tale orientamento, per il quale la natura indisponibile delle situazioni giuridiche muterebbe connotati a seconda della circostanza che il rapporto perduri o meno.

139 Corte Cass., n. 499/1964; Corte Cass., n. 2388/1965; Corte Cass., n. 2368/1965,.

140 Corte Cass., n. 12561/2006, nonché Corte Cass., n. 4822/2005; Corte Cass., n. 20686/2004;

Corte Cass., n. 13834/2004; Corte Cass., n. 7843/2003; Corte Cass., n. 13834/2001.

141

Per una più dettagliata ricostruzione delle varie fasi applicative e interpretative dell’inderogabilità, si Veda C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 19 e ss., nonché P. Tullini,

Indisponibilità dei diritti, cit., p. 118 e ss. per un’ampia ricostruzione dell’evoluzione

giurisprudenziale.

142 Così I. Capelli, La disponibilità dei diritti, cit., p. 677; cfr. altresì le riflessioni sul punto di R.

De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 599, ove l’Autore distingue nettamente l’inderogabilità dall’indisponibilità <<in quanto i limiti al potere di disposizione che la prima pone (art. 1418) discendono dall’indisponibilità dell’interesse, che nel singolo interesse trova protezione; quelli ex art. 2113 c.c., al contrario, sono posti in considerazione di un interesse esterno ed ulteriore rispetto a quello (…) di cui è portatore il diritto rinunziato o transatto>>; R. Voza, La disponibilità

assistita dei diritti del lavoratore, in Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008, Padova, 2008, pp. 228 e ss. Si

veda altresì M. Delsignore, La compromettibilità, cit., p. 114, che cita la sentenza Corte di App. Milano 13 settembre 2002: <<le categorie concettuali dei “diritti indisponibili” e delle “norme imperative” non vanno confuse e sovrapposte tra loro, giacché, di certo, non tutte le norme imperative e neppure tutte quelle di “ordine pubblico” hanno ad oggetto diritti indisponibili, cioè sono tali da

45

costituiscono entrambe tecniche limitative dell’autonomia privata, ma ciò che muta è

l’oggetto di tale limitazione.

Ferma l’alterità anzidetta, tra i due istituti sussistono punti di contatto (se non di

sovrapposizione), cosicché gli stessi possono talvolta coesistere nell’ambito di una

medesima fattispecie giuridica.

Posto ciò, la questione va precisata e inquadrata alla luce dei risultati cui si è

pervenuti nella trattazione precedentemente svolta. La distinzione tra disponibilità

intrinseca e disponibilità estrinseca (o ex post) incide anche rispetto al fenomeno

dell’inderogabilità

143

, del quale occorre quindi una delineazione precisa.

Si ha inderogabilità ove il rapporto giuridico considerato non possa essere

diversamente regolamentato dalla volontà delle parti: in queste ipotesi, pertanto,

l’unica disciplina applicabile è quella legale. Da ciò deriva che l’ambito operativo

dell’istituto si pone a un livello strettamente normativo.

Elemento caratteristico delle previsioni inderogabili è dato dalla loro

sovraordinazione rispetto alle diverse fonti: il precetto inderogabile si impone anche

nel silenzio delle altre norme, alle quali è comunque inibita una regolamentazione

difforme della materia.

Nel concreto, l’inderogabilità costituisce un fenomeno complesso, che non si

esaurisce in una tecnica normativa di regolazione, ma evidenzia il rilievo dato

dall’ordinamento a un interesse pubblico

144

.

In altre parole, le leggi inderogabili, nell’imporre una determinata disciplina, si

ispirano sempre a un interesse che, trascendendo quello del singolo, viene sottratto

sottrarre in radice diritti soggettivi alla disponibilità dei privati (…). La massima parte del più ampio

genus delle norme imperative agisce, invece, con comandi o divieti pur sempre perentori, ma nel

territorio dei diritti disponibili, che restano tali anche quando il loro esercizio sia “conformato” da una disciplina inderogabile>>.

143 Cfr. R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 599, ove tale distinzione è

funzionale ai fini della ratio dell’art. 2113 c.c., il quale esprimerebbe due fenomeni autonomi che vengono in relazione: il diritto e la disponibilità. Cfr. altresì A. Auricchio, Appunti sull’ambito di

applicazione dell’art. 2113 c.c., in Dir. giur., 1957, pp. 162 e ss., ove pure è messa in rilievo

l’indisponibilità quale effetto giuridico proveniente da norma diversa da quella che prevede il diritto medesimo.

144 Come osservato, con la norma inderogabile l’ordinamento persegue interessi pubblici ovvero

tutela una parte in posizione di debolezza, quale il lavoratore nel rapporto con il datore di lavoro. Si vedano le considerazioni di C. Cester, La norma inderogabile, cit., in particolare p. 416: <<E’ certo infatti che l’inderogabilità opera come tecnica normativa, e dunque come criterio di confronto e di regolazione della concorrenza tra fonti (in senso ampio) di disciplina di un certo rapporto giuridico, segnando la prevalenza (totale o parziale, definitiva o temporanea) di una di esse sull’altra o sulle altre. Ma è altrettanto certo che la tecnica dell’inderogabilità non è fine a se stessa, perché le ragioni di quella prevalenza si spiegano solo in relazione a scelte su valori ed interessi, secondo priorità ricavabili dall’ordinamento e in particolare dal quadro costituzionale. Insomma, l’inderogabilità si presenta come un binomio nel quale fini e mezzi dell’intervento normativo si fondono insieme e, nel loro complesso, forniscono una chiave di identificazione e di lettura dello stesso ordinamento generale>>.

46

all’autonoma regolazione del medesimo

145

: la norma, quindi, può essere qualificata

come inderogabile ove persegua finalità di interesse generale

146147

.

Volgendo, adesso, l’attenzione all’indisponibilità, si rileva che la dimensione

extra individuale propria dell’inderogabilità caratterizza (come già visto) anche

quelle ipotesi in cui l’ordinamento limita ab externo il potere dispositivo dei privati

su situazioni soggettive, che quanto alla struttura sono invece disponibili

148

.

Siffatta identità di ratio

149

non comporta, tuttavia, la possibilità di assimilare i

due fenomeni.

145

Cfr. C. Timellini, La disponibilità dei diritti, cit., p. 1380, che distingue tra le norme assolutamente inderogabili – a presidio dell’interesse generale, senza alcuna possibile interferenza dell’autonomia privata – e le norme relativamente inderogabili, dirette alla salvaguardia anche degli interessi individuali del lavoratore. La prime sono, per esempio, quelle previste nella Costituzione (art. 36 e art. 38 Cost.), rispetto alle quali non è possibile al lavoratore fare rinunce e transazioni. Si veda altresì, nello stesso senso, C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 425: <<l’inderogabilità è stata collegata, in generale, al necessario rispetto di interessi di carattere generale, i soli che consentirebbero di ed anzi imporrebbero la compressione dell’autonomia privata e della sia libertà fino a invalidarla>>. Conformemente, G. Ferraro, intervento in Inderogabilità delle norme e

disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,

Milano, 2008, p. 269: <<l’inderogabilità qualifica determinate norme in relazione agli interessi implicati, che sono interessi che investono l’intera collettività, o, comunque, interessi che riguardano una parte notevole della nostra comunità>>.

146

Aderendo a tale linea interpretativa, la Corte di Cassazione ha qualificato come norme di ordine pubblico quelle volte a tutela di interessi generali, cfr. Corte Cass., n. 6997/2000; Corte Cass., n. 4334/1999, ove si specifica che la norma di cui all’art. 2721 c.c. sull’ammissibilità della prova testimoniale non attiene a ragioni di ordine pubblico, essendo dettata a tutela di interessi privatistici. La giurisprudenza di legittimità ha, del pari, ritenuto altre norme derogabili in quanto non poste a tutela di un interesse pubblico, ma privato, cfr. Corte Cass, n. 104002002; Corte Cass., n. 6613/2000.

147

Per l’individuazione degli ulteriori fondamenti del fenomeno dell’inderogabilità, con speciale riferimento all’ambito lavoristico, si veda, ancora, C. Cester, La norma inderogabile, cit., pp. 425 e ss., secondo cui alla ratio di garantire la tutela di interessi essenziali (o comunque extraindividuali) si affianca altresì la necessità di correggere asimmetrie di potere contrattuale, nonché l’opportunità di uniformità di regolamentazione.Si veda altresì V. Speziale, intervento, in Inderogabilità delle norme e

disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,

Milano, 2008, pp. 341 e ss, il quale rileva l’espansione della tecnica dell’inderogabilità <<quando si tratta di proteggere categorie deboli e/o di tutelare interessi di carattere generale, che non solo hanno un rilievo collettivo, ma addirittura una valenza pubblica>>.

148 Si intende riferirsi, a titolo di esempio, alle limitazioni imposte ai beni del demanio statale.

Rileva questa sovrapposizione tra inderogabilità della norma e indisponibilità della disciplina anche G. Gitti, L’oggetto della transazione, cit., p. 258, che si sofferma in particolare sull’identificazione tra indisponibilità dei diritti ai fini della transazione con l’iliceità del rapporto contrattuale controverso.

149 Evidenziata efficacemente da U. Carabelli, intervento in Inderogabilità delle norme e

disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,

Milano, 2008, pp. 277 e ss.. Cfr. altresì F. Rosi, L’arbitrabilità delle controversie in materia di

marchi, in Riv. arb., 1991, pp. 625 e ss., secondo cui l’indisponibilità è tutelata <<dall’ordinamento

giuridico con norme imperative al fine di tutelare un interesse superiore, cioè l’interesse pubblico. L’ordine pubblico, pertanto, porta a comprimere la libertà negoziale dei privati, riservando la competenza all’autorità giudiziaria. Cosicché l’invalidità del contratto per violazione di norme imperative viene sottratta alla disponibilità delle parti in quanto rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., da chiunque vi abbia interesse, nonché dal giudice d’ufficio>>.

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Prima di proseguire nell’analisi, occorre circoscrivere ulteriormente l’ambito di

interesse ai fini dell’oggetto della ricerca. Esulano, infatti, dalla trattazione di cui al