La questione del rapporto intercorrente tra indisponibilità della situazione
giuridica soggettiva e inderogabilità
124della legge
125è strettamente collegata con il
tema in esame.
La problematica è di ordine generale, ma ai fini della ricerca rileva
specificamente per i riflessi che essa ha sul sistema amministrativo, caratterizzato
dalla natura generalmente inderogabile
126delle norme di diritto pubblico
127.
pp. 1367 e ss., in particolare p. 1384 <<Alla luce delle considerazioni svolte una parte della dottrina ritiene che la maggior parte dei diritti del lavoratore non siano indisponibili>>; P. Tullini,
Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, in Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle Giornate di studio di Diritto del lavoro, Modena 18-19 aprile 2008, Milano, 2009, pp. 115 – 210, per cui l’area dei diritti propriamente indisponibili è
<<assai ristretta, se non ridotta a un mero simbolo>>. Nello stesso senso, I. Capelli, La disponibilità
dei diritti, cit., p. 679: <<nel diritto civile, infatti, la regola è rappresentata dalla disponibilità giuridica
e la limitazione degli spazi lasciati all’azione, o in altri termini, alla “disposizione” del singolo, può consentire la tutela di determinati interessi, oppure rappresentare uno strumento di indirizzo dell’ordinamento sull’attività dei privati>>. Similmente, nonostante le diverse conclusioni cui perviene, E. Russo, Il concetto di diritto soggetivo, cit., p. 21, il quale muove dalle norme per dimostrare che <<tutto il sistema è orientato verso la disponibilità o trasferibilità del diritto soggettivo>>.
123 Si veda infra, capitolo II. 124
Cfr. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., pp. 13 e ss., il quale suddivide, nell’ambito del diritto privatistico, le norme inderogabili dalle norme imperative, nel cui alveo circoscrive ulteriormente quelle imperative a carattere derogabile <<ove la parti siano assistite dalle associazioni di categoria>>, come avviene ai sensi dell’art. 2113, terzo comma, c.c. In linea generale, si osserva che il concetto di inderogablità (similmente a quello di disponibilità) difetta di una definizione a livello legislativo. Nell’ambito civilistico, l’unico richiamo a cui l’interprete può far riferimento è quello di norma imperativa, che rende nullo il contratto (art. 1418 c.c.) o illecita la causa che vi contrasti (1343 c.c.).
125 La problematica è da lungo tempo al centro del dibattito dottrinale: si veda C. Timellini, La
disponibilità dei diritti dei lavoratori, cit., pp. 1367 e ss.; R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità e sull’indisponibilità dei diritti del lavoratore subordinato, in Riv. dir. civ., 1971,
pp. 577 e ss. e in particolare p. 595: <<le norme inderogabili riflettono innanzitutto l’interesse pubblicistico all’integrità fisica e morale del prestatore o, se si vuole, al promovimento della eguaglianza sostanziale dei cittadini>>.
126 Le norme di diritto pubblico sono spesso qualificate, indifferentemente, inderogabili ovvero
imperative. Per una critica all’anzidetta identificazione, ma più in generale per la questione dei tratti caratterizzanti le norme imperative si veda M. Nuzzo, Negozio giuridico. IV) negozio illecito, in Enc.
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Occorre pertanto esaminare se inderogabilità e indisponibilità siano fenomeni
coincidenti (costituendo il primo la conseguenza del secondo o viceversa) ovvero
autonomi. L’eventuale assenza di distinzione tra i due istituti condurrebbe, infatti,
alla difficoltà di ammettere, nel sistema pubblicistico, situazioni giuridiche
disponibili
128.
Nell’analisi si muoverà in prima battuta dall’ordinamento civile, ove la questione
è stata oggetto di specifica trattazione. Ciò consentirà di dedurre elementi di carattere
generale, da cui trarre alcune conseguenze interpretative con riferimento alla sfera
amministrativa.
I principali contributi nello studio della relazione intercorrente tra inderogabilità
e indisponibilità derivano da due ambiti.
Innanzitutto, l’arbitrato (sia quello civile che quello amministrativo): sul punto,
si rinvia alla separata trattazione che sarà svolta nella seconda parte del presente
lavoro
129.
In secondo luogo, nel settore del diritto del lavoro
130gli interpreti si sono
concentrati sulla previsione di cui all’art. 2113 c.c.
131, che offre una particolare tutela
ai diritti del lavoratore
132, coinvolgendo anche la questione in esame.
giur., XX, Roma, 1991, pp. 1 e ss.; E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 2002, in
particolare pp. 114 e ss.; R, Moschella, Il negozio contrario a norme imperative, in Legisl. econ., 1981, pp. 271 e ss.
127 Uno degli aspetti distintivi del diritto pubblico rispetto a quello privato è dato dalla
predominanza, nel primo, delle norme inderogabili e imperative. Si veda F. Gazzoni, Manuale di
diritto privato, cit., p. 13, il quale evidenzia efficacemente la distinzione, sul lato sanzionatorio, tra le
norme inderogabili pubbliche e quelle private. La problematica, quanto al diritto pubblico, è emersa principalmente per le ricadute in ordine alla compromettibilità – o meno – in arbitrato delle vertenze aventi a oggetto interessi legittimi. Ugualmente, A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto
privato, Milano, 2013. Il tema sarà oggetto di separata e specifica trattazione, cfr. infra, seconda parte,
cap. III. Nel rinviare, quindi, alla predetta sede, ci si limita qui a richiamare, per la completezza dell’analisi e anche per i copiosi riferimenti dottrinali, M. Delsignore, La compromettibilità in
arbitrato nel diritto amministrativo, cit., pp. 91 e ss., che sulla specifica questione rileva che <<se si
applicasse il ragionamento della dottrina e giurisprudenza civile sopra ricordato al diritto pubblico, ne deriverebbe che tutte le norme di diritto pubblico, per definizione inderogabili e finalizzate alla cura di interessi pubblici, sarebbero in ogni caso fonte di rapporti indisponibili e di conseguenza mai compromettibili in arbitrato>>.
128 Cfr. M. Delsignore, La compromettibilità, cit., p. 106. 129
Come già anticipato nell’introduzione, parte del lavoro sarà incentrata sugli effetti della natura indisponibile dell’interesse legittimo sul versante della tutela processuale (o, appunto, arbitrale) dell’interesse legittimo. Per il rilievo centrale della disponibilità nell’ambito dell’istituto dell’arbitrato, si veda infra, seconda parte, capitolo III.
130 Cfr., ex multis, P. Tullini, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e
ritorno, cit., pp. 115 e ss.; M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 52, nonché, ancor più
specificamente, p. 57; C. Cester, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del
lavoro, in Giorn. dir. lav rel. ind., 2008, pp. 407 e ss.; A. Occhino, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, in Riv. giur. lav. e prev. soc., 2008, pp. 183 e ss.; D. Borghesi, Conciliazione, norme inderogabili e diritti indisponibili, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2009, pp. 121 e ss.; R. De Luca
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L’articolo in questione non cita espressamente l’indisponibilità; essa è stata
elaborata in via interpretativa quale requisito della fattispecie ivi prevista, per
identificare il vincolo di irrinunciabilità e di intrasmissibilità dei diritti dei lavoratori
previsti da norme – di legge o della contrattazione collettiva – non derogabili.
La norma, pertanto, è indicativa di come, data la mancanza di chiari indizi di
diritto positivo, la sussistenza o meno di un’autonomia concettuale tra inderogabilità
e indisponibilità sia stata rimessa all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale.
Un primo indirizzo, condiviso dalla risalente giurisprudenza
133, ha inteso le due
caratteristiche come strettamente connesse: alla natura inderogabile della norma
conseguirebbe il carattere indisponibile delle situazioni giuridiche soggettive dalla
stessa derivanti
134. In tal modo le due qualificazioni sarebbero tra loro
complementari, avendo a oggetto profili diversi di un fenomeno unitario:
l’inderogabilità, infatti, riguarderebbe il rapporto tra il titolare del diritto e la norma,
mentre l’indisponibilità avrebbe attinenza con la relazione tra il medesimo soggetto e
l’interesse sotteso alla legge
135.
La rigidità dell’indicato orientamento ha dato luogo a una successiva posizione
della dottrina e della giurisprudenza vertente sull’aspetto patologico dei vizi
negoziali. Si è così distinto tra situazioni soggettive indisponibili in assoluto (il cui
atto dismissivo sarebbe radicalmente nullo) e situazioni soggettive indisponibili solo
relativamente (per le quali sarebbe invece prevista la disciplina dell’annullabilità ex
art. 2113 c.c.)
136. Tale ultima corrente di pensiero, inizialmente consolidata nella
giurisprudenza
137, è successivamente tramontata.
131
G. Ferraro, Rinunce e transazioni del lavoratore, in Enc. giur. Treccani, Roma, XXVII, pp. 3 e ss. Si veda altresì AA.VV., Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle giornate
di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008, Padova, 2008.
132 Si riporta il testo dell’articolo 2113 c.c.: <<Le rinunzie e le transazioni , che hanno per oggetto
diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile>>.
133
La giurisprudenza in questione ha peraltro sovrapposto le conseguenze patologiche di cui all’art. 2113 c.c. a quelle di cui all’art. 1418 c.c.: Corte Cass., n. 2951/1958; Corte Cass., n. 3254/1958; Trib. Milano, 14 maggio 1959.
134 Cfr. R. De Luca Tamajo, La norma inderogabile nel diritto del lavoro, Napoli, 1976, nonché
Id., Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 580, cui si rinvia anche per le copiose citazioni; D. Borghesi, Conciliazione, norme inderogabili e diritti indisponibili, cit., pp. 121 e ss.
135
Cfr. in tal senso G. Pera, Le rinunce e le transazioni del lavoratore (art. 2113), in P. Schlesinger (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, Milano, 1990, pp. 19 e ss.
136 Cfr. F. Guidotti, Il fondamento giuridico dell’indisponibilità dei diritti del prestatore di
lavoro, in DL, 1955, pp. 365 e ss.; U. Prosperetti, Le rinunce e le transazioni del lavoratore, Milano, 1964, in particolare pp. 65 e ss.; R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit.; T.
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L’opzione interpretativa affermatasi in un secondo momento ha fatto leva sulla
distinzione tra diritti indisponibili già sorti (o già maturati), rispetto ai quali
rileverebbe quindi l’aspetto funzionale dispositivo di cui all’art. 2113 c.c. (sanzionato
dalla norma medesima con l’annullamento), e diritti ancora nella fase genetica, per i
quali invece avrebbe luogo la nullità dell’atto dispositivo
138. In altre parole,
l’indisponibilità sarebbe un fenomeno destinato a operare esclusivamente in una fase
successiva rispetto alla venuta a esistenza delle situazioni giuridiche soggettive.
Predetto indirizzo, che ha iniziato ad affermarsi negli anni ’60 del secolo scorso
139, è
ormai consolidato nella giurisprudenza, di merito e di legittimità
140: l’art. 2113 c.c.
configura, quindi, l’ipotesi di rinuncia a situazioni giuridiche soggettive già rientranti
nel patrimonio del soggetto titolare, mentre la rinuncia preventiva è regolata
esclusivamente dall’art. 1418 c.c.
Quanto esposto
141rende palese come l’approdo finale e ormai prevalente
propenda per l’autonomia dei due fenomeni
142: indisponibilità e inderogabilità
Mancini, Ancora in tema di diritti indisponibili e diritti posti da norme inderogabili di legge, in Riv.
giur. lav., 1966, pp. 23 e ss.; C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 409.
137 Cfr. Corte Cass., n. 12556/1998, che, muovendo dal presupposto per cui il regime di cui
all’art. 2113 c.c. configura una limitata possibilità di disposizione, ha distinto tra diritti indisponibili in assoluto, per provenienza diretta da norma inderogabile (cosiddetti diritti primari) e diritti derivanti da essi, a natura patrimoniale (denominati diritti secondari), soggetti alle limitazioni di cui alla norma in questione La distinzione è riportata anche da P. Tullini, Indisponibilità dei diritti, cit., p. 11, a cui si rinvia anche per i copiosi riferimenti dottrinali. Si veda anche M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 59.
138 In merito all’ulteriore distinzione tra inderogabilità e indisponibilità riferite a un rapporto
lavorativo in corso ovvero a un rapporto che è cessato, si veda G. Ianniruberto, Rinunzie, transazioni e
quietanze a saldo nel diritto del lavoro, Roma, 1969; si veda altresì P. Tullini, Indisponibilità dei diritti, cit., p. 5, nonché M. Magnani, Disposizione dei diritti, cit., p. 53, che pone efficacemente in
evidenza le insiste contraddizioni di tale orientamento, per il quale la natura indisponibile delle situazioni giuridiche muterebbe connotati a seconda della circostanza che il rapporto perduri o meno.
139 Corte Cass., n. 499/1964; Corte Cass., n. 2388/1965; Corte Cass., n. 2368/1965,.
140 Corte Cass., n. 12561/2006, nonché Corte Cass., n. 4822/2005; Corte Cass., n. 20686/2004;
Corte Cass., n. 13834/2004; Corte Cass., n. 7843/2003; Corte Cass., n. 13834/2001.
141
Per una più dettagliata ricostruzione delle varie fasi applicative e interpretative dell’inderogabilità, si Veda C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 19 e ss., nonché P. Tullini,
Indisponibilità dei diritti, cit., p. 118 e ss. per un’ampia ricostruzione dell’evoluzione
giurisprudenziale.
142 Così I. Capelli, La disponibilità dei diritti, cit., p. 677; cfr. altresì le riflessioni sul punto di R.
De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 599, ove l’Autore distingue nettamente l’inderogabilità dall’indisponibilità <<in quanto i limiti al potere di disposizione che la prima pone (art. 1418) discendono dall’indisponibilità dell’interesse, che nel singolo interesse trova protezione; quelli ex art. 2113 c.c., al contrario, sono posti in considerazione di un interesse esterno ed ulteriore rispetto a quello (…) di cui è portatore il diritto rinunziato o transatto>>; R. Voza, La disponibilità
assistita dei diritti del lavoratore, in Inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008, Padova, 2008, pp. 228 e ss. Si
veda altresì M. Delsignore, La compromettibilità, cit., p. 114, che cita la sentenza Corte di App. Milano 13 settembre 2002: <<le categorie concettuali dei “diritti indisponibili” e delle “norme imperative” non vanno confuse e sovrapposte tra loro, giacché, di certo, non tutte le norme imperative e neppure tutte quelle di “ordine pubblico” hanno ad oggetto diritti indisponibili, cioè sono tali da
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costituiscono entrambe tecniche limitative dell’autonomia privata, ma ciò che muta è
l’oggetto di tale limitazione.
Ferma l’alterità anzidetta, tra i due istituti sussistono punti di contatto (se non di
sovrapposizione), cosicché gli stessi possono talvolta coesistere nell’ambito di una
medesima fattispecie giuridica.
Posto ciò, la questione va precisata e inquadrata alla luce dei risultati cui si è
pervenuti nella trattazione precedentemente svolta. La distinzione tra disponibilità
intrinseca e disponibilità estrinseca (o ex post) incide anche rispetto al fenomeno
dell’inderogabilità
143, del quale occorre quindi una delineazione precisa.
Si ha inderogabilità ove il rapporto giuridico considerato non possa essere
diversamente regolamentato dalla volontà delle parti: in queste ipotesi, pertanto,
l’unica disciplina applicabile è quella legale. Da ciò deriva che l’ambito operativo
dell’istituto si pone a un livello strettamente normativo.
Elemento caratteristico delle previsioni inderogabili è dato dalla loro
sovraordinazione rispetto alle diverse fonti: il precetto inderogabile si impone anche
nel silenzio delle altre norme, alle quali è comunque inibita una regolamentazione
difforme della materia.
Nel concreto, l’inderogabilità costituisce un fenomeno complesso, che non si
esaurisce in una tecnica normativa di regolazione, ma evidenzia il rilievo dato
dall’ordinamento a un interesse pubblico
144.
In altre parole, le leggi inderogabili, nell’imporre una determinata disciplina, si
ispirano sempre a un interesse che, trascendendo quello del singolo, viene sottratto
sottrarre in radice diritti soggettivi alla disponibilità dei privati (…). La massima parte del più ampio
genus delle norme imperative agisce, invece, con comandi o divieti pur sempre perentori, ma nel
territorio dei diritti disponibili, che restano tali anche quando il loro esercizio sia “conformato” da una disciplina inderogabile>>.
143 Cfr. R. De Luca Tamajo, Considerazioni sull’inderogabilità, cit., p. 599, ove tale distinzione è
funzionale ai fini della ratio dell’art. 2113 c.c., il quale esprimerebbe due fenomeni autonomi che vengono in relazione: il diritto e la disponibilità. Cfr. altresì A. Auricchio, Appunti sull’ambito di
applicazione dell’art. 2113 c.c., in Dir. giur., 1957, pp. 162 e ss., ove pure è messa in rilievo
l’indisponibilità quale effetto giuridico proveniente da norma diversa da quella che prevede il diritto medesimo.
144 Come osservato, con la norma inderogabile l’ordinamento persegue interessi pubblici ovvero
tutela una parte in posizione di debolezza, quale il lavoratore nel rapporto con il datore di lavoro. Si vedano le considerazioni di C. Cester, La norma inderogabile, cit., in particolare p. 416: <<E’ certo infatti che l’inderogabilità opera come tecnica normativa, e dunque come criterio di confronto e di regolazione della concorrenza tra fonti (in senso ampio) di disciplina di un certo rapporto giuridico, segnando la prevalenza (totale o parziale, definitiva o temporanea) di una di esse sull’altra o sulle altre. Ma è altrettanto certo che la tecnica dell’inderogabilità non è fine a se stessa, perché le ragioni di quella prevalenza si spiegano solo in relazione a scelte su valori ed interessi, secondo priorità ricavabili dall’ordinamento e in particolare dal quadro costituzionale. Insomma, l’inderogabilità si presenta come un binomio nel quale fini e mezzi dell’intervento normativo si fondono insieme e, nel loro complesso, forniscono una chiave di identificazione e di lettura dello stesso ordinamento generale>>.
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all’autonoma regolazione del medesimo
145: la norma, quindi, può essere qualificata
come inderogabile ove persegua finalità di interesse generale
146147.
Volgendo, adesso, l’attenzione all’indisponibilità, si rileva che la dimensione
extra individuale propria dell’inderogabilità caratterizza (come già visto) anche
quelle ipotesi in cui l’ordinamento limita ab externo il potere dispositivo dei privati
su situazioni soggettive, che quanto alla struttura sono invece disponibili
148.
Siffatta identità di ratio
149non comporta, tuttavia, la possibilità di assimilare i
due fenomeni.
145
Cfr. C. Timellini, La disponibilità dei diritti, cit., p. 1380, che distingue tra le norme assolutamente inderogabili – a presidio dell’interesse generale, senza alcuna possibile interferenza dell’autonomia privata – e le norme relativamente inderogabili, dirette alla salvaguardia anche degli interessi individuali del lavoratore. La prime sono, per esempio, quelle previste nella Costituzione (art. 36 e art. 38 Cost.), rispetto alle quali non è possibile al lavoratore fare rinunce e transazioni. Si veda altresì, nello stesso senso, C. Cester, La norma inderogabile, cit., p. 425: <<l’inderogabilità è stata collegata, in generale, al necessario rispetto di interessi di carattere generale, i soli che consentirebbero di ed anzi imporrebbero la compressione dell’autonomia privata e della sia libertà fino a invalidarla>>. Conformemente, G. Ferraro, intervento in Inderogabilità delle norme e
disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,
Milano, 2008, p. 269: <<l’inderogabilità qualifica determinate norme in relazione agli interessi implicati, che sono interessi che investono l’intera collettività, o, comunque, interessi che riguardano una parte notevole della nostra comunità>>.
146
Aderendo a tale linea interpretativa, la Corte di Cassazione ha qualificato come norme di ordine pubblico quelle volte a tutela di interessi generali, cfr. Corte Cass., n. 6997/2000; Corte Cass., n. 4334/1999, ove si specifica che la norma di cui all’art. 2721 c.c. sull’ammissibilità della prova testimoniale non attiene a ragioni di ordine pubblico, essendo dettata a tutela di interessi privatistici. La giurisprudenza di legittimità ha, del pari, ritenuto altre norme derogabili in quanto non poste a tutela di un interesse pubblico, ma privato, cfr. Corte Cass, n. 104002002; Corte Cass., n. 6613/2000.
147
Per l’individuazione degli ulteriori fondamenti del fenomeno dell’inderogabilità, con speciale riferimento all’ambito lavoristico, si veda, ancora, C. Cester, La norma inderogabile, cit., pp. 425 e ss., secondo cui alla ratio di garantire la tutela di interessi essenziali (o comunque extraindividuali) si affianca altresì la necessità di correggere asimmetrie di potere contrattuale, nonché l’opportunità di uniformità di regolamentazione.Si veda altresì V. Speziale, intervento, in Inderogabilità delle norme e
disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,
Milano, 2008, pp. 341 e ss, il quale rileva l’espansione della tecnica dell’inderogabilità <<quando si tratta di proteggere categorie deboli e/o di tutelare interessi di carattere generale, che non solo hanno un rilievo collettivo, ma addirittura una valenza pubblica>>.
148 Si intende riferirsi, a titolo di esempio, alle limitazioni imposte ai beni del demanio statale.
Rileva questa sovrapposizione tra inderogabilità della norma e indisponibilità della disciplina anche G. Gitti, L’oggetto della transazione, cit., p. 258, che si sofferma in particolare sull’identificazione tra indisponibilità dei diritti ai fini della transazione con l’iliceità del rapporto contrattuale controverso.
149 Evidenziata efficacemente da U. Carabelli, intervento in Inderogabilità delle norme e
disponibilità dei diritti. Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Modena, 18 – 19 aprile 2008,
Milano, 2008, pp. 277 e ss.. Cfr. altresì F. Rosi, L’arbitrabilità delle controversie in materia di
marchi, in Riv. arb., 1991, pp. 625 e ss., secondo cui l’indisponibilità è tutelata <<dall’ordinamento
giuridico con norme imperative al fine di tutelare un interesse superiore, cioè l’interesse pubblico. L’ordine pubblico, pertanto, porta a comprimere la libertà negoziale dei privati, riservando la competenza all’autorità giudiziaria. Cosicché l’invalidità del contratto per violazione di norme imperative viene sottratta alla disponibilità delle parti in quanto rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., da chiunque vi abbia interesse, nonché dal giudice d’ufficio>>.