L’entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo ha dato nuovo
impulso alla dottrina e alla giurisprudenza nell’interpretazione (evolutiva) del
sistema istruttorio processuale amministrativo
682, apportando nuova linfa a un
dibattito che non si era mai del tutto sopito
683.
Se quindi, all’indomani del D.lgs. n. 104/2010, poteva osservarsi
nell’ordinamento amministrativo il tipico fervore che consegue a ogni riforma
legislativa significativa, è tuttavia da riscontrare come oggi, a distanza di qualche
tempo, il quadro interpretativo e applicativo sia tutt’altro che univoco e in esso non si
può fare a meno di notare una tendenza maggioritaria a non abbandonare troppo i
consueti schemi. E ciò non può che rendere ancora più complesso un sereno
inquadramento del singolo istituto qui in esame.
682 Cfr., ex mutlis, C. Lamberti, Primi orientamenti sulla prova nel processo amministrativo, in
www.giustizia-amministrativa.it; R. Chieppa, Un primo bilancio sul nuovo processo amministrativo:il
contributo della giurisprudenza e della dottrina prevale sulle aspettative (deluse) di un efficace intervento correttivo del legislatore, ne Il processo amministrativo dopo il correttivo al Codice,
Milano, 2012 e, prima ancora, R. Chieppa, Il codice del processo amministrativo alla ricerca
dell’effettività della tutela, ne Il Codice del processo amministrativo. Commento a tutte le novità del giudizio amministrativo, Giuffrè, Milano, 2010; R. Gisondi, La disciplina delle azioni di condanna nel nuovo codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it; A. Pajno, Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Giorn. dir. amm., 2010,
pp. 885 e ss., che evidenzia come il codice costituisca, tra le altre cose, una più completa attuazione del principio di legalità nel rapporto tra potere pubblico e cittadino.
683
In generale, quindi non con riferimento soltanto al sistema istruttorio, sembra superfluo evidenziare l’importanza dell’avvenuta codificazione delle regole del giudizio amministrativo. Di là dai (molti) limiti – di forma e di sostanza – che si possono facilmente riscontrare nel testo legislativo, è significativa la scelta di sistematizzare ed ordinare il complesso di norme sparse che prima del 2010 disciplinavano il processo avanti al TAR e al Consiglio di Stato. Lo scenario ante codicem infatti era una stratificazione di norme, un complesso di regole, piene di rinvii reciproci anche a testi normativi non processuali. A tale esigenza sistematico – formale di riordino del caos legislativo si accompagnandola un’esigenza sostanziale, non meno cogente, di tutela effettiva della posizione giuridica di interesse legittimo. Cfr. diffusamente sul punto R. Chieppa, Il codice del processo
182
Un’analisi sul principio di non contestazione nel processo amministrativo non
può pertanto prescindere da qualche breve cenno sul relativo sistema probatorio, così
come modificato dal Codice del 2010
684.
Ebbene, la dottrina maggioritaria che ha dedicato attenzione alle norme
codicistiche in tema di istruttoria
685ha ritenuto che – tuttora – il relativo sistema
sarebbe improntato al metodo acquisitivo
686, nel quale quindi al giudice fanno capo
poteri di iniziativa istruttoria officiosa
687.
Tale assunto non è tuttavia espressamente desumibile dalle disposizioni
normative, residuando a riguardo margini di opinabilità; pertanto, nell’assenza di una
soluzione espressa, ci si dovrà sforzare di delineare quella più conforme all’intero
sistema, nonché di verificare come la giurisprudenza sia indirizzata su tale
problematica.
Secondo l’orientamento prevalente, il combinato disposto degli articoli 63 e 64
del Codice del processo amministrativo sarebbe di per sé indicativo del già citato
metodo acquisitivo, (di conseguenza) più che mai vigente nel nostro ordinamento
amministrativo
688.
Ai sensi del primo comma dell’art. 63
689D.lgs. n. 104/2010 il processo
amministrativo sarebbe ancorato al principio dispositivo attenuato
690: sono le parti
tenute al soddisfacimento dell’onere della prova, ma ove questa sia incompleta,
soccorre il giudice che può chiedere alle parti ex officio <<chiarimenti e
documenti>> oppure disporre, sempre d’ufficio, che l’amministrazione produca i
documenti utili e nella sua disponibilità. L’esercizio dei predetti poteri officiosi da
parte del giudice è quindi possibile solo ove la parte abbia adempiuto al suo onere
691.
684
Del resto, la medesima operazione di analisi globale vale, in maniera corrispondente, anche con riferimento al processo civile, cfr. M. Fornaciari, Il contraddittorio, cit.
685 Si tratta, in concreto, del Libro I, Titolo III, Mezzi di prova ed attività istruttoria, in cui
rivestono particolare interesse gli articoli 63 (Mezzi di prova) e 64 (Disponibilità, onere e valutazione
della prova). Per una disamina delle principali pronunce post codicem riferite agli artt. 63 e 64 d.lgs.
n. 104/2010, cfr. C. Lamberti, Primi orientamenti sulla prova, cit.
686
Così G. Manfredi, Il regime probatorio nel codice del processo amministrativo, in Urb. app., 2011, pp. 473 e ss.
687 Cfr. A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2014, per il quale nonostante
l’entrata in vigore del Codice nulla è mutato nell’impostazione del sistema istruttorio amministrativo. Cfr. anche, diffusamente, A. Romano Tassone, A proposito del libro II del progetto di codice del
processo amministrativo, in Dir. proc. amm. 2010, pp. 1131 e ss., il quale, dopo un’analisi raffrontata
della tutela di legittimità e di quella di merito, analizza le modifiche del codice, anche in tema istruttorio, arrivando alla conclusione che il giudice amministrativo è tuttora “signore della prova”.
688 In questo senso cfr. M. Protto, Le garanzie di indipendenza ed imparzialità, cit.
689 Si veda l’art. 63, comma 1, d.lgs. n. 104/2010: <<Fermo restando l’onere della prova a loro
carico, il giudice può chiedere alle parti anche d’ufficio chiarimenti o documenti>>.
690 Che si traduce, nella pratica processuale, nel cosiddetto onere del principio di prova. Cfr. R.
Villata, Considerazioni in tema di istruttoria, processo e procedimento, in Dir. proc. amm. 1995, pp. 195 e ss.
691 È da dire che l’imprecisione e la contraddittorietà delle disposizioni sull’istruttoria hanno
avuto l’effetto di non distogliere gran parte della dottrina dall’indirizzo tradizionale, con il risultato che, a oggi, il giudice amministrativo, di fatto, conserva ampio potere di iniziativa istruttoria.
183
La ratio di siffatta impostazione è tradizionalmente riscontrata, da un lato,
nell’impossibilità del privato di allegare elementi probatori che siano invece
nell’esclusiva disponibilità della parte pubblica
692, dall’altro (e soprattutto) nella
radicata concezione della natura indisponibile della posizione giuridica soggettiva
fatta valere in giudizio
693. L’indisponibilità sostanziale, quindi, determinerebbe quale
riflesso pratico – processuale una conseguente indisponibilità rispetto ai fatti
probatori posti a fondamento della posizione giuridica fatta valere
694.
Per riprendere l’analisi delle norme di legge, si deve osservare come al già citato
comma 1 dell’art. 63 C.P.A. spesso venga associato anche il comma 3 dell’art. 64
C.P.A.
695.
Il combinato disposto delle due norme sarebbe paradigmatico dell’esistenza ex
lege di un persistente potere officioso in capo al giudice
696, tanto che <<l’onere della
prova e la disponibilità della prova (art. 64, comma 2) paiono destinati a rimanere
mere affermazioni di principio>>
697.
Sul punto, ci si limita per ora a notare come la disposizione ex art. 64, comma 3
non possa essere isolata dall’intero contenuto del medesimo articolo
698, né da alcune
osservazioni generali sul processo amministrativo, pur sempre ancorate a riferimenti
normativi e che potrebbero condurre a conclusioni opposte. In questo senso, i
problemi interpretativi non sono limitati alla chiarezza e al coordinamento delle
692
In tale ottica, quindi, il principio dispositivo attenuato andrebbe a ristabilire la disparità connaturata a livello sostanziale tra pubblica amministrazione cittadino, con la funzione di ri- equilibrio da parte del giudice, per mezzo dei propri poteri istruttori. Sul punto, diffusamente, R. Villata, Considerazioni sull’istruttoria, cit.
693
Cfr. G. Tropea, Considerazioni sul principio di non contestazione, cit., che rileva come <<il mancato riconoscimento alle parti dell’autonomia processuale rispetto ai fatti probatori e il monopolio del giudice in ordine alle iniziative istruttorie sono funzionali ad impedire che il processo amministrativo produca risultati elusivi della legalità>>.
694 La tradizionale relazione di consequenzialità tra l’interesse legittimo (indisponibile) e il
principio dispositivo con metodo acquisitivo rende manifesta la difficoltà a riconoscere l’operatività del principio di non contestazione nel giudizio amministrativo. Non si tratta infatti di rivedere una mera prassi giudiziale, ma di reimpostare il modello processuale e, soprattutto, la concezione sostanziale dell’interesse legittimo.
695 Si riporta il testo dell’art. 64, comma 3, d.lgs. n. 104/2010: << Il giudice amministrativo può
disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione>>,
696 Senza contare che attenta dottrina ha messo in rilievo anche il comma 1 dell’art. 64, laddove
dispone che <<spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande ed eccezioni>>; ciò confermerebbe che il giudice ha potere di intervento officioso ogni qualvolta le prove non siano nella disponibilità della parte onerata. Cfr. F. Follieri, Il principio di non contestazione, cit.; G. Manfredi, Il regime
probatorio, cit. Nel senso che l’art. 64, c.1, c.p.a., riferendosi agli “elementi di prova”, richiami l’idea
per la quale le parti siano onerate a fornire solo il principio di prova dei fatti a loro disponibili, cfr. C. Lamberti, Disponibilità ed onere della prova, cit..
697
G. Tropea, Considerazioni sul principio di non contestazione, cit. L’Autore si sofferma anche sull’ulteriore questione dell’onere di allegazione dei fatti secondari, riconosciuto dalla maggioranza della dottrina a carico delle parti.
184
singole regole, ma si estendono a più rilevanti profili di sostanza legati all’effettività
della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi.
Si rende quindi necessaria una generale riflessione sul divenire del processo
amministrativo; l’attuale crisi del tradizionale sistema impugnatorio, che vedeva al
centro del giudizio l’atto, coincide con l’avvertita esigenza di tutela effettiva
dell’interesse legittimo
699, da intendersi quale proiezione giuridico – soggettiva del
rapporto tra privato e pubblica amministrazione.
In questo senso ci si riporta non solo al contenuto dell’art. 44 della legge delega
n. 69/2009
700, ma soprattutto ai principi di cui al Libro I, Titolo I, Capo I, artt. 1 e 2
C.P.A.
701.
699 La concezione autoritaria della pubblica amministrazione e la scarsa considerazione che il
legislatore aveva, sino a pochi decenni fa, dell’interesse legittimo, si sono tradotte nella struttura impugnatoria e tipica del processo amministrativo, tale per cui la sentenza del g.a. nel verificare la legittimità dell’atto impugnato senza considerare la bontà sostanziale dell’aspirazione del privato, <<verificava se l’amministrazione avesse torto piuttosto che stabilire se il privato avesse ragione>>, così F. Caringella, Il sistema delle tutele dell’interesse legittimo alla luce del codice e del decreto
correttivo, in Urb. e app., 2012, p. 14 e ss. Cfr. altresì F. Merusi, Il codice del <<giusto>> processo amministrativo, cit., secondo cui <<oggetto del giusto processo è il rapporto del cittadino con il potere
amministrativo>>.
700
Legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 44. (Delega al Governo per il riassetto della disciplina del
processo amministrativo): <<Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele. I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti principi e criteri direttivi: a) assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l'estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l'individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell'arretrato. b) disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni; 2) riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l'ordinamento vigente; 3) disciplinando, ed eventualmente riducendo, i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la tipologia dei provvedimenti del giudice 4) prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa; (…)>>. Cfr. A. Pajno, Il codice del processo amministrativo, cit., che valorizza la portata innovativa del Codice, evidenziando come già dalla lettura dell’art. 44, legge n. 69/2009 sia possibile evincere indicazioni capaci di suggerire che il riassetto del processo amministrativo dovrebbe essere più ambizioso di una semplice razionalizzazione della disciplina fino a quel momento vigente.
701 Art. 1, d.lgs. n. 104/2010 (Effettività): <<La giurisdizione amministrativa assicura una tutela
piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto Europeo>>. Art. 2, d.lgs. n. 104/2010 (Giusto processo): <<Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’art. 111 Costituzione. Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo>>. Cfr. L. Mazzaroli,
185
Oltre a ciò, altre norme possono fare ulteriormente riflettere su una rinnovazione
del giudizio amministrativo. Si fa riferimento al principio del contraddittorio,
valorizzato attraverso il Codice
702, nonché ai principi di economia e celerità dei
giudizi
703di cui sono espressivi alcuni strumenti di accelerazione idonei a perseguire
la ragionevole durata del processo. Nella medesima direzione di una tutela più rapida
si pone anche l’ammissibilità del cumulo di domande e della conversione delle azioni
e del rito.
Quanto appena espresso permette di osservare la problematica dal punto di vista
ampio dei principi.
Se ci soffermiamo altresì sulle regole, ulteriori elementi possono indurre a
valutare i cambiamenti sostanziali e processuali del sistema amministrativo, in una
prospettiva, quindi, non più legata unicamente alla fase giudiziale.
Il procedimento amministrativo, disciplinato dalla legge n. 241/1990, ha, nelle
modifiche che si sono succedute nel tempo
704, valorizzato la parificazione tra
pubblica amministrazione e privato, mediante la previsione di obblighi in capo alla
prima, sanzionabili ove non adempiuti (o male adempiuti), esigibili dal cittadino
705.
inteso in rapporto inscindibile con il bene della vita. Cfr. L. Torchia, I principi generali, in Giorn. dir.
amm., 2010. In particolare sui principi ex art. 2, cfr. F. Merusi, Il codice del “giusto” processo amministrativo, cit., nonché G. Tropea, L’ibrido fiore della conciliazione, cit., pp. 965 e ss.
702 Alcuni esempi: le repliche alle memorie, le maggiori possibilità di contraddittorio nella fase
cautelare, nonché l’art. 73, comma 3: <<il giudice, se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie>>. Ritiene che il codice del 2010 abbia diffuso nel processo il principio del contraddittorio anche A. Pajno, Il codice del processo
amministrativo, cit. Sulla necessità di valorizzare il principio del contraddittorio nel processo
amministrativo, pur se contestualizzato in altra questione interpretativa, cfr. L. Ferrara, L’allegazione
dei fatti, cit., nonché F. Merusi, Il codice del <<giusto>> processo amministrativo, cit.
703
I principi di economia e celerità processuale si pongono - e questo è un dato di estrema importanza sistematica - nell’ambito della medesima ratio del principio di non contestazione.
704 Si intende qui fare riferimento, in particolare, ai decreti legislativi n. 29/1993 e 80/1998, alla
legge n. 205/2000, alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, al D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito con modificazioni in legge 14 maggio 2005, n. 80), nonché alla legge 18 giugno 2009, n. 69. L’analisi dettagliata delle modifiche apportate al processo amministrativo dai suddetti testi di legge evidenzia la tendenza a rendere sempre più effettiva la tutela del cittadino, sul presupposto della mutata concezione di contenuto dell’interesse legittimo.
705 Cfr. L. Torchia, Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in Giorn. dir.
amm., 2010, che, superando la diatriba giudizio sull’atto/giudizio sul rapporto, sostiene che <<la
legittimità dell’esercizio del potere e la correttezza dell’assetto degli interessi che ne risulta devono essere quindi valutate non solo alla luce delle specifiche norme rilevanti, ma dei principi generali dell’azione amministrativa, spesso di elaborazione giurisprudenziale, ed oggi disseminati nelle Costituzioni, nazionali e sopranazionali, alle quali l’ordinamento deve conformarsi>>. Cfr. altresì G. Tropea, L’ibrido fiore della conciliazione, cit., secondo cui già nel procedimento viene ridotto il margine di libertà riconosciuto alla pubblica amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni.
186
Emerge chiaramente quindi che l’agire dell’amministrazione è disciplinato da
regole e da principi ed è suscettibile di controllo in sede giurisdizionale
706.
L’interpretazione della natura dell’interesse legittimo vantato da un privato nei
confronti di un’amministrazione deriva, come già detto, anche dallo studio del
processo amministrativo, dell’istruttoria amministrativa e, quindi, anche della non
contestazione
707.
Sulla base di un quadro normativo e interpretativo così variegato e complesso, si
rileva come all’indomani dell’emanazione del codice si sia affievolita la tradizionale
operatività del principio dispositivo con metodo acquisitivo
708. Su tale presupposto, i
poteri officiosi del giudice sarebbero da interpretare in maniera restrittiva,
eccezionale; l’esercizio di essi dovrebbe quindi essere vincolato a una previa istanza
di parte, solo ove le parti stesse per obiettive ragioni non riescano a raggiungere la
prova completa.
Anche la giurisprudenza appare incerta. Anteriormente all’entrata in vigore del
Codice del 2010, la mitigazione del principio dispositivo con il metodo acquisitivo
nella prassi giurisprudenziale operava generalmente, soprattutto nel caso di
documenti nella disponibilità esclusiva della parte pubblica. Attualmente tale
indirizzo inizia a risentire di alcuni adattamenti, dai più cauti, secondo i quali il
ricorrente è tenuto sempre a fornire un indizio (o principio) di prova affinché il
giudice possa esercitare i propri poteri istruttori officiosi
709, ai più radicali
710.
706 Cfr. L. Mazzaroli, Ancora qualche riflessione, cit. secondo cui <<l’ipotesi che un
accertamento dei dati di fatto che costituiscono il presupposto dell’esercizio del potere o la valutazione delle conseguenze dell’applicazione di principi generali fa sì che la discrezionalità si restringa tanto da dover considerare essersi prodotta a favore del privato una vera e propria pretesa>>. Cfr. altresì A. Pajno, Il codice del processo amministrativo, cit., per il quale l’effettività della tutela, quale principio vigente anche nel processo amministrativo, implica il superamento della sfera di immunità tradizionalmente riconosciuta alla p.a.
707 Cfr. F. Caringella, Il sistema delle tutele, cit. secondo cui <<la conformazione di una
posizione soggettiva è un prius logico rispetto all’intensità della protezione accordata dall’ordinamento>>.
708
Cfr. F. G. Scoca, Commento agli artt. 64 – 67 del codice del processo amministrativo, ne Il
processo amministrativo, Commentario al D.lgs. n. 104/2010, A. Quaranta e V. Lopilato (a cura di),
Milano, 2011. Di tutt’altro avviso la giurisprudenza maggioritaria: cfr., sul punto, Consiglio di Stato, sez. IV, n. 924/2011, secondo cui <<nel processo amministrativo, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice approvato con d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (cfr. art. 64, comma 3, cod. proc. amm.), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, il quale comporta l'onere per il ricorrente di presentare almeno un indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori (…)>>. La sentenza, in continuità con l’orientamento tradizionale, riconosce un generale sistema di principio di prova. Il fatto che l’onere del principio di prova sia, di fatto diffuso, non deve tuttavia far ritenere automaticamente che esso coincida con il modello processuale favorito di diritto, ovverosia secondo la legge.
709
Cfr. Cons. Stato, n. 924/2011; Cons. Stato, n. 2955/2011, e n. 3135/2011, con nota di M. Capizi, in Osservatorio sulla giurisprudenza amministrativa, in www.ildirittoamministrativo.it; TAR Calabria, n. 2541/2011. Il Codice, dunque, avrebbe, secondo tali indirizzi, accolto e consacrato a livello normativo l’orientamento giurisprudenziale per il quale nel processo amministrativo non si applica il principio generale di cui all’articolo 2697 c.c. (secondo cui spetta a chi agisce in giudizio