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Il principio di non contestazione quale elemento a favore di una nuova

Nel documento La disponibilità dell'interesse legittimo (pagine 198-200)

Abbiamo già evidenziato come nella dottrina e nella giurisprudenza civilistiche

la disponibilità delle posizioni giuridiche fatte valere nel relativo giudizio sia una

caratteristica che va di pari passo con la non contestazione quale strumento di

selezione del thema probandum

754

.

Occorre adesso vagliare la conciliabilità di tale limitazione con l’operatività

dell’istituto nel processo amministrativo, nel quale il privato fa valere una posizione

di interesse legittimo.

Le difficoltà del rapporto tra interesse legittimo e principio di non contestazione

derivano dalla ritenuta natura indisponibile del primo

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, in quanto posizione

giuridica coinvolta nell’ambito di una vicenda di esercizio di un potere pubblico.

Come già illustrato nella prima parte del lavoro, la possibilità di riscontrare i caratteri

della disponibilità nella posizione giuridica soggettiva vantata dal cittadino va

ricercata nel diritto sostanziale e si pone quale prius logico rispetto alla vigenza (o

meno) del principio dispositivo nel processo, in particolare nell’ambito

dell’istruttoria

756

.

Posto ciò, in ogni caso il raccordo tra l’interesse legittimo e il principio di non

contestazione implica una visione estesa agli aspetti processuali del rapporto tra p.a.

e privato.

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Sebbene occorra dare atto che anche nel processo civile l’indisponibilità quale limite all’operatività della non contestazione risente di attenuazione nel momento in cui a questa non venga attribuito valore vincolante del convincimento del giudice. Diverso è, invece, se al principio in questione sia dato valore di relevatio ab onere probandi, che impedisce l’iniziativa istruttoria officiosa del giudicante, parifica le parti nella vigenza del principio della domanda e dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., valorizza il contraddittorio e rende più celere il processo. Non si può peraltro omettere di rilevare che la non contestazione da sempre operi, nel giudizio civile, prevalentemente all’interno del rito del lavoro, ove spesso sono fatti valere diritti indisponibili. Sul punto, si richiama di nuovo la natura della non contestazione, che produce effetti sul piano degli oneri probatori delle parti e non sulla veridicità dei fatti oggetto della stessa: il comportamento non contestativo rende i fatti non controversi, quindi né veri, né provati e il giudice ben potrebbe ritenerli sussistenti, a fronte di altre risultanze probatorie.

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L’indisponibilità dell’interesse legittimo è stata studiata soprattutto con riferimento al tema della non compromettibilità in arbitrato delle suddette posizioni giuridiche soggettive, su cui cfr. E. Righetti, A. Piotto, L’arbitrato nella giurisprudenza italiana, cit., 2005, p. 55; S. Nicodemo, Arbitrato

e giurisdizione, cit.; L. Ferrara, L’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale, cit., pp. 1218 e ss.,

che parla di <<dogma dell’indisponibilità degli interessi legittimi>>; F. G. Scoca, La capacità della

pubblica amministrazione, cit. Per la trattazione della compromettibilità in arbitrato degli interessi

legittimi, si veda infra, capitolo III.

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Cfr. G. Tropea, Considerazioni sul principio di non contestazione, cit.: <<Se si dovesse ritenere che il metodo acquisitivo è legato non tanto alla disparità fra parte pubblica e parte privata, quanto all’indisponibilità dell’interesse nel processo amministrativo, si finirebbe per accrescere la distanza tra metodo acquisitivo e principio di non contestazione>>.

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A questo proposito si può richiamare, quale principale elemento indicativo

dell’evoluzione dell’interesse legittimo, il riferimento del D.lgs. n. 104/2010

all’effettività della tutela quale principio guida del processo amministrativo

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, dal

quale deriva la possibilità di esperire azioni e di pronunciare sentenze satisfattive

della pretesa, contenenti l’accertamento dell’esistenza o meno del rapporto.

Sempre nell’ottica dei principi, assume importanza centrale nella presente

analisi il giusto processo, ex art. 2 c.p.a., applicato a ogni giurisdizione in relazione

alle sue particolari caratteristiche e pertanto vigente anche nel processo

amministrativo, quale indice di riferimento e di interpretazione di tutto il sistema.

Va aggiunto inoltre che presupposto del giusto processo è il principio di legalità

amministrativa, che impone la sussistenza di una disciplina normativa dell’esercizio

del potere per soddisfare l’interesse legittimo del privato, pertanto anche per tutelare

giudizialmente una pretesa nata da un rapporto con la p.a. Sul presupposto – già

sostenuto in questo studio

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– che oggetto del giudizio non sia la legalità, ma la

situazione giuridica fatta valere.

Per quel che riguarda il problema specifico oggetto del presente capitolo, è

evidente che l’inserimento espresso della non contestazione all’interno del sistema

amministrativo è un indizio di grande rilievo a favore della disponibilità della

situazione del privato

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. L’applicazione concreta del principio in esame comporta un

potere processuale dispositivo della parte, ugualmente a quanto accade in ambito

civile, e ciò può sussistere soltanto a fronte di una posizione individuale del privato

nei confronti della pubblica amministrazione, prevista nell’esclusivo interesse di

esso. Una diversa interpretazione andrebbe contro il dato di diritto positivo,

ignorando la volontà del legislatore che ha inserito la non contestazione.

Infine, rileva precisare che il principio spiega effetto non tanto nella fase

decisoria

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, quanto nella fase pre–istruttoria. L’assunto non è di poco conto e

757 Cfr. art. 1, d.lgs. n. 104/2010. La legge delega n. 69/2009, comma 2, lett. B fa espressamente

riferimento alla “pretesa” della parte vittoriosa e questo elemento sembra ribadire il primato dell’effettività della tutela e della garanzia sostanziale dell’interesse legittimo; sull’evoluzione dell’interesse legittimo quale figura soggettiva piena, cfr. A. Pajno, Il codice del processo

amministrativo, cit. Le implicazioni processuali del principio di effettività della tutela sono svariate,

tra cui: la necessaria motivazione dei provvedimenti del giudice, la redazione chiara e sintetica degli atti ad opera delle parti processuali, ecc.

758 Si veda supra, seconda parte, cap. I. 759

Su cui cfr. F. Follieri, Il principio di non contestazione, cit. In particolare, l’Autore rileva come ai sensi dell’art. 64, comma 1 <<spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità (…)>> ed equipara la non conoscenza di determinati fatti alla non disponibilità dei medesimi. Sui fatti non conosciuti, quindi non disponibili, non graverebbe alcun onere di prova a carico delle parti; di conseguenza, dal momento che l’onere di contestazione si calibra su quello di prova, con riferimento ai medesimi fatti neppure si porrebbe il problema dell’applicazione del principio di contestazione.

760 Nonostante che l’art. 64, comma 2, d.lgs. n. 104/2010 disciplini la non contestazione dal punto

di vista del giudice, la stessa è operativa nel momento in cui viene determinato il tema controverso. I riflessi sulla decisione sono importanti, ma non automatici e generalizzabili, poiché potrebbe ben darsi

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potrebbe essere utile a superare una serie di resistenze: alla non contestazione non

corrisponde il riconoscimento della posizione fatta valere in giudizio, che invece

deriverà dal complesso delle risultanze processuali.

In definitiva, la codificazione del principio di non contestazione è indicativa

della disponibilità dell’interesse legittimo.

L’interpretazione della norma codicistica può, infatti, condurre a prospettazioni

opposte.

Da una parte, l’introduzione della non contestazione può venire intesa come

inutilizzabile praticamente perché non conciliabile con il sistema amministrativo,

incompatibile con il metodo acquisitivo e sostanzialmente contraddittoria con la

tradizionale indisponibilità dell’interesse legittimo. Rimane tuttavia difficile,

seguendo tale impostazione, capire il senso della scelta del legislatore, che avrebbe

potuto, molto più semplicemente, limitarsi ai già numerosi rinvii, contenuti nel

codice amministrativo, alla disciplina processuale civilistica, senza bisogno di

riportare in un’apposita norma quanto previsto nell’art. 115 c.p.c. Senza contare che

l’esigenza di codificazione della non contestazione non proveniva neanche dalla

giurisprudenza, la quale non aveva contribuito più di tanto alla diffusione

dell’istituto, che, seppur presente in alcune decisioni posteriori al 2009

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, sembrava

destinato a mantenere un ruolo marginale nel sistema amministrativo.

Ciò conduce propendere per una diversa soluzione e a riflettere che se la legge

ha espressamente previsto l’istituto, l’applicazione dello stesso dovrebbe ritenersi

non solo ammessa, ma addirittura doverosa.

L’unico modo per conciliare la non contestazione con il sistema amministrativo

è ritenere superato il modello tradizionale e pervenire a una nuova idea di processo,

procedimento, interesse legittimo e pubblica amministrazione.

5. L’applicazione giurisprudenziale del principio di non contestazione: elementi

Nel documento La disponibilità dell'interesse legittimo (pagine 198-200)