La prassi giurisprudenziale si è occupata spesso del problema della vincolatività
della graduazione dei motivi, con particolare riferimento all’ipotesi in cui tale
osservanza porti a un risultato non in linea con la tutela piena dell’interesse pubblico.
Preliminarmente va osservato che è pacifico in giurisprudenza che la
subordinazione dei motivi debba essere espressa e non desumibile implicitamente
dalla semplice enumerazione delle censure o dalla mera collocazione
nell’indicazione delle stesse
505: l’ordine dei motivi, quindi, deve essere definito,
altrimenti neanche si pone il problema.
Posto ciò, agli inizi del ‘900, il Consiglio di Stato era fermo nell’affermare la
piena vincolatività dei motivi di impugnazione proposti con il ricorso
506.
Più recentemente, sin da prima dell’entrata in vigore del codice del processo
amministrativo, la diatriba si è sviluppata per lo più in ipotesi di impugnazione degli
esiti di procedure concorsuali, quali gare di appalto ed elezioni amministrative, ove il
ricorrente proponga cumulativamente dapprima censure dirette a conseguire la
vittoria nella competizione, quindi, in via secondaria, censure il cui accoglimento
porta invece alla ripetizione, più o meno integrale, della procedura. In tali ipotesi è la
parte ad avere subordinato espressamente l’esame degli ulteriori motivi al rigetto dei
primi: si pone quindi l’esigenza di capire se il giudice sia vincolato a siffatto ordine.
Sulla questione si sono formati due opposti orientamenti all’interno del
Consiglio di Stato, l’uno, prevalente, volto a favorire il pubblico interesse e l’altro,
invece, più attento all’effettività della tutela
507: occorre soffermarsi singolarmente su
entrambi, analizzandone le motivazioni.
505 Si veda Cons. Stato, n. 1662/2014; Cons. Stato, n. 2837/2013; Cons. giust. amm. Sic., n.
98/2014. Contra, cfr. V. Caianiello, Lineamenti del processo amministrativo, cit., p. 372 , che precisa che il giudice, nel caso di pluralità di motivi senza precisazione di importanza, dovrebbe tendere ad adottare la pronuncia che soddisfi maggiormente l’interesse del ricorrente.
506
Cons. Stato, 18 febbraio 1916. In senso conforme, successivamente, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 22/1958. Contra, Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8/1963, che ha affermato la possibilità per il giudice amministrativo di rilevare di ufficio al fine dell’annullamento l’illegittimità, non dedotta dal ricorrente, sopravvenuta per effetto della pronuncia di illegittimità costituzionale di una legge.
507 Cfr. R. De Nictolis, L’ordine di esame dei motivi, cit., in cui l’Autrice espone nel dettaglio il
contrasto intervenuto tra la quinta sezione e la sesta sezione del Consiglio di Stato: <<la sesta sezione dà il massimo rilievo al principio dispositivo mentre la quinta sezione dà maggior rilievo alla tutela dell’interesse pubblico>>. L’Autrice cita le decisioni Cons. Stato, sez. VI, n. 213/2008 e Cons. St., sez. VI, n. 7387/2009. Si sofferma sull’esamedei due orientamenti anche A. Romano Tassone, Sulla
disponibilità dell’ordine, cit., pp. 803 e ss., che riporta gli esempi dati dalle pronunce della Sez. VI
(Cons. Stato, n. 213/2008 e n. 7387/2009) e della Sez. V (Cons. Stato, n. 5108/2006 e n. 2143/2009), riassumendo l’assetto in modo efficace: <<La Sezione VI si attiene all'ordine posto dal ricorrente, in un caso sic et simpliciter e senza alcuna osservazione esplicativa o giustificativa (n. 7387/2009), nell'altro accompagnando questa statuizione con considerazioni circa il carattere (si sostiene: logicamente) prioritario dell'esame delle censure maggiormente satisfattive dell'interesse della parte, e comunque all'assoluta improprietà dell'assorbimento di queste ultime in seguito all'accoglimento dei motivi che conducono alla rinnovazione delle operazioni concorsuali. L'ordine di esame posto dal
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Nell’impostazione tradizionale
508, come detto, l’interesse alla legittimità degli
atti amministrativi risulterebbe prevalente sulla tutela della posizione sostanziale
della parte
509.
L’organo adito, pertanto, è legittimato a far conseguire al ricorrente un’utilità
minore rispetto a quanto richiesto con i motivi principali, laddove questi siano
contrastanti con l’interesse pubblico: il legittimo esercizio del potere amministrativo
ricorrente viene dunque ritenuto vincolante, in palese contraddizione con l'indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente, che sosteneva la piena libertà del giudice in punto di trattazione dei motivi di ricorso. Più articolato e denso discorso svolge invece la Sezione V, soprattutto nella sentenza n. 2143/2009, nella quale l'affermazione del ricorrente circa la vincolatività del cumulo condizionale dei motivi non è condivisa dalla Sezione, che ritiene di aderire, sul punto, all'indirizzo tradizionale. Sostiene infatti la Sezione che il principio dispositivo, che consente al ricorrente di articolare come meglio creda le proprie domande, debba considerarsi limitato, nel processo amministrativo di legittimità, dalla particolare funzione di tale giudizio, destinato ad incidere fortemente sulla determinazione dell'assetto dell'interesse pubblico, sicchè vanno comunque privilegiati, nell'esame giudiziale, i motivi che portino ad una più completa ed esaustiva definizione di tale interesse, piuttosto che alla soddisfazione di quello del ricorrente (cui non è dato, pertanto, vincolare il giudice)>>.
508
L’orientamento si è affermato sin da tempi meno recenti, cfr. Cons. Stato, n. 184/1997, secondo cui impugnata una graduatoria concorsuale, il ricorrente non può pretendere il prioritario esame della censura di errata valutazione dei titoli, in modo da conseguire la nomina, e poi, in caso di mancato accoglimento, far valere un motivo di illegittimità riguardante l’intera procedura. Ciò sul rilievo secondo cui non si può conseguire la nomina a seguito di un concorso, la cui procedura sia, secondo quanto dedotto dal ricorrente, integralmente invalida. Conformemente, cfr. Cons. Stato, n. 4487/2002, Cons. Stato, n. 635/1982, nonché Cons. Stato, n. 1095/1992: <<Il ricorrente ha il potere di determinare l’ambito e i limiti della cognizione del giudice sulla legittimità di un provvedimento amministrativo, definendo esattamente le censure con le quali ritiene di poterne ottenere l’annullamento; tuttavia, una volta che ha proceduto alla formulazione dei motivi, e salvo l’eventuale rinuncia a taluno di essi, egli non può pretendere di indicare l’ordine di esame dei motivi dedotti quando questi, per la loro consistenza oggettiva, siano tra loro in un rapporto ben definito sul piano logico giuridico e non alterabile su mera richiesta dell’interessato>>. Da tale giurisprudenza emerge chiaramente, quindi, il principio per cui la gradazione dei motivi prospettata nel ricorso non ha carattere vincolante per il giudice, al quale spetta piuttosto il compito di decidere l’ordine di trattazione delle censure, in vista della tutela dell’interesse pubblico.
509 Cfr. F. Patroni Griffi, La sentenza amministrativa, cit.: <<Un diverso, ma convergente ordine
di considerazioni è espresso in altre decisioni in cui si afferma che il ricorrente non può vincolare il giudice a un determinato ordine di trattazione delle censure: del resto, se è possibile proporre domande in via subordinata, non altrettanto sembra potersi dire in relazione ai motivi di ricorso, che non costituiscono “domande” in senso processualcivilistico. Cosí, per esempio, è stato ritenuto che, impugnata una graduatoria concorsuale, il ricorrente non può pretendere che sia esaminata prima la censura di errata valutazione dei propri titoli, in modo da conseguire la nomina, e poi, in caso di esito negativo, far valere un motivo di illegittimità concernente l'intera procedura: non si può conseguire la nomina a seguito di un concorso la cui procedura, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, sia integralmente invalida. Del pari, si è ritenuto, in materia di operazioni elettorali, che, a fronte di una censura concernente la legittimità del procedimento nel suo complesso e di un'altra censura che comporterebbe la mera correzione del risultato elettorale in favore del ricorrente, il giudice debba esaminare con precedenza la questione della regolarità delle operazioni elettorali nel loro complesso>>.
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è condizione imprescindibile per la soddisfazione della situazione giuridica del
ricorrente
510.
In tale ottica, il processo amministrativo non sarebbe diretto soltanto a stabilire la
spettanza della pretesa azionata, ma anche a verificare il rispetto del principio di
legalità da parte del soggetto pubblico: a mutare, rispetto al giudizio civile, è lo
stesso ruolo del giudice
511, che diviene garante della legalità e del pubblico
interesse
512, potendo a tal fine discrezionalmente invertire l’ordine dei motivi
stabilito dal ricorrente. Una siffatta interpretazione evoca la contrapposizione tra
giurisdizione di diritto oggettivo e giurisdizione di diritto soggettivo
513.
Ancor più esplicitamente, in una recente pronuncia, il Collegio ha affermato che
rientra nel potere del giudice amministrativo, derivante dal particolare oggetto del
giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, decidere l’ordine
di trattazione delle censure sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto
fra le stesse esistente sul piano logico-giuridico, non alterabile dalla semplice
richiesta dell’interessato
514. Resta fermo, tuttavia, che il potere officioso del giudice
510 Cons. Stato, n. 552/2015. Cfr. A. Cerreto, Sul potere del giudice, cit.
511 Sul punto, in particolare, cfr. TAR PugliaBari, n. 22/2015, per il quale ritenere vincolante per
il Giudice l’ordine di enucleazione dei motivi così come effettuato in ricorso sulla base di una lettura forte del principio dispositivo e di quello di corrispondenza fra chiesto e pronunciato implica una non condivisibile ablazione ideologica del potere del Giudice di autorganizzare la propria funzione decisoria, a tutela tanto dell’interesse della parte privata quanto dell’interesse pubblico.
512 Cons. Stato, n. 3351/2012.
513 Cfr. A. Romano Tassone, Sulla disponibilità dell’ordine, cit., p. 807: <<la soluzione del
problema della vincolatività del cumulo condizionale (di domande, come di motivi) nel processo amministrativo dipenderebbe infatti, in ultima analisi, dalla definizione della vexata (ma tutt'altro che risolta) quaestio circa il carattere soggettivo ovvero oggettivo di tale giurisdizione. (…) In realtà, il problema è più complesso, perché se è vero che il carattere oggettivo del giudizio ripugna al condizionamento di parte, limiti, anche cospicui, alla vincolatività di tale condizionamento sono sicuramente immaginabili anche nell'ambito di una giurisdizione di diritto soggettivo. Il chè significa — in sintesi — che non vi è forse bisogno di etichettare tout court come « di diritto oggettivo » la giurisdizione di legittimità, per poter introdurre alcune non irragionevoli limitazioni al vincolo del giudice amministrativo al rispetto dell'ordine condizionale di trattazione dei motivi posto dal ricorrente>>.
514 Cons. Stato, n. 552/2015; Cons. Stato, n. 4445/2001: <<è rimesso alla discrezionalità
dell’organo giudicante l’ordine con il quale intenda procedere all’esame delle questioni sottoposte al suo esame>>; Cons. Stato, n. 6488/2000; Cons. Stato, n. 4259/2008; Cons. Stato, n. 2143/2009: <<per il particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, rientra nel potere del G.A. decidere l’ordine di trattazione delle censure sollevate all’interno della stessa domanda>>. La decisione ha a oggetto una fattispecie comune alle altre, relativa all’impugnazione dell’aggiudicazione per una procedura affidamento di contratti pubblici, ove erano stati fatti valere sia vizi comportanti la caducazione dlel’intero procedimento di gara, sia relativi a aspetti specifici (tipo mancanza requisiti dell’aggiudicatario). Su questa sentenza, cfr. M. Magri, L’ordine dei motivi, cit., pp 1071 e ss., che afferma: <<assorbimento come tecnica legittima ogni qual volta che non sia frutto di arbitrio o casualità giudiziaria, ma espressione di un consapevole potere di controllo esercitato dal giudice amministrativo sull’esercizio della funzione pubblica. (…) in linea generale, il principio dispositivo che caratterizza ogni tipo di processo ad impulso di parte, ed il giudizio amministrativo in particolare, comporta che il ricorrente abbia il potere di scegliere le domande da proporre e la
140
amministrativo deve essere esercitato nell’ambito di motivi sollevati all’interno di
una medesima domanda; il vincolo per il giudice permane, invece, ove vengano
azionate più domande diverse per petitum
515.
L’esame giudiziale, secondo questo orientamento, deve dare prioritaria
attenzione alle questioni e ai motivi che evidenziano in astratto una più radicale
illegittimità del provvedimento impugnato
516. La tutela della legittimità dell’agire
pubblico assurge a criterio che garantisce in modo pieno anche l’interesse sostanziale
dedotto in giudizio, poiché diversamente il ricorrente conseguirebbe un’indebita
utilità
517. Sarebbe, in altri termini, paradossale che il ricorrente vittorioso ottenesse il
risultato richiesto, a fronte di un vizio inficiante l’intero procedimento
amministrativo, o l’intera gara concorsuale.
In conclusione, al giudice è demandata una funzione determinativa dell’ordine di
esame dei motivi
518, che si esplica in poteri officiosi di scelta delle censure a cui dare
priorità
519, coordinando le ragioni fatte valere dal privato con la tutela del pubblico
interesse
520.
possibilità di indicare l’ordine con il quale ritiene che i motivi, all’interno della domanda, debbano essere esaminati, dichiarando l’interesse all’accoglimento di alcuni di essi solo in via subordinata, per l’ipotesi in cui altri non vengano accolti (…) Tale principio non può essere però condiviso nella sua assolutezza ma deve essere coordinato con l’opposta tesi, sviluppata dalla giurisprudenza tradizionale, secondo cui rientra nel potere del giudice amministrativo, rinveniente dal particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato all’esercizio della funzione pubblica, decidere l’ordine di trattazione delle censure sulla base della loro consistenza oggettiva e del rapporto fra le stesse esistente sul piano logico giuridico>>. L’Autore afferma la discrezionalità del giudice nel determinare <<l’entità processuale oggettiva a cui si collega il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato>>.
515
A. Romano Tassone, Sulla disponibilità dell’ordine, cit., pp. 803 e ss.
516 Così Cons. Stato, n. 5108/06 <<il giudice adito deve procedere, nell’ordine logico,
preliminarmente all’esame di quelle questioni o di quei motivi che, evidenziando in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato, appaiono idonei a soddisfarne pienamente ed efficacemente l’interesse sostanziale dedotto in giudizio, per passare poi, soltanto in caso di rigetto di tali censure, all’esame degli altri motivi che, pur idonei a determinare l’annullamento dell’atto gravato, evidenzino profili meno radicali di illegittimità>>; cfr. altresì Cons. Stato, n. 925/1992.
517 Cfr. Cons. Stato, n. 2143/2009, in Foro it., 2009, pp. 309 e ss., con nota di H. Simonetti; Tar
Lombardia – Milano, n. 5346/2009.
518 Cfr. Cons. Stato, n. 4829/08: <<l’accoglimento di una censura che sia in grado di provocare la
caducazione dell’atto impugnato fa venire meno l’interesse del ricorrente all’esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento>>.
519 Cfr. A. Romano Tassone, Sulla disponibilità dell’ordine, cit., pp. 803 e ss. L’Autore nega che
la tutela dell’interesse pubblico incida sui poteri officiosi del giudice rispetto all’esame dei motivi e delle domande, mentre più rilievo dà a tale tutela nell’ambito della della formazione della prova. <<In quest'ultimo ambito, infatti, l'eventuale strumentalizzazione distorsiva dei meccanismi processuali si profila più concretamente pericolosa per l'interesse collettivo, perchè foriera di conseguenze negative assai difficilmente reversibili, una volta che si sia formato il giudicato sulla sentenza così emanata>>.
520 Cfr. M. Magri, L’ordine dei motivi, cit., pp. 1075 e 1076, ove si parla non di vera e propria
gerarchia tra motivi, ma di coordinamento tra gli stessi, da operarsi mediante il bilanciamento tra interessi pubblici e privati: <<sollevato il vizio formale, l’aspirazione al bene della vita concorre con
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L’orientamento indicato si presta a numerose osservazioni critiche derivanti non
solo dai già citati principi generali (in specie, i principi della domanda, dispositivo e
di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), ormai espressamente vigenti nel
giudizio amministrativo, ma anche da argomenti di natura sostanziale.
L’impostazione oggettivistica descritta tende a differenziare le due situazioni
soggettive, in modo che la protezione dell’interesse legittimo si affianchi
necessariamente a quella del pubblico interesse, cosa che non accade nel processo
civile
521. La situazione soggettiva del privato rispetto all’amministrazione è
concepita, quindi, come inscindibilmente connessa a interessi della collettività
522.
In tal modo, tuttavia, si oscura del tutto l’essenza del giudizio amministrativo e
in particolare alla sua natura soggettiva, riscontrabile nella strutturazione dello stesso
come giusto processo (art. 2 D.lgs. n. 104/2010), retto dal principio di parità delle
parti e di imparzialità del giudicante. Il D.lgs. n. 104/2010 ha avvalorato siffatta
ricostruzione con riferimenti espressi: si pensi all’art. 1 sull’effettività della tutela,
all’art. 34 sul contenuto delle sentenze di merito, all’art. 32 secondo cui il giudice
può cumulare le domande connesse e qualificare l’azione proposta <<in base ai suoi
elementi sostanziali>> e, infine, all’art. 7, che pone quale oggetto del giudizio di
legittimità la situazione giuridica del privato
523. Esistono, pertanto, solide basi
normative per ipotizzare che a essere azionato nel processo amministrativo sia
la pretesa del ricorrente alla legittimità dell’azione amministrativa, che è un valore obiettivo, eppure dedotto nell’allegazione>>.
521 Si richiama, di nuovo, M. Magri, L’ordine dei motivi, cit., p. 1076: <<Vale semmai la pena di
chiedersi se (…) l’ordine di esame delle censure non dipenda, proprio e solo, dal fatto che nel giudizio amministrativo non si fanno valere diritti, ma interessi legittimi>> e Id., in senso critico: <<Se si procede dal convincimento che l’interesse legittimo (ed il giudizio amministrativo) sia(no) strumentale (i) ad un “bene della vita”, è coerente ravvisare in qualsiasi forma di semplificazione della sentenza un attentato a quella che si stima la funzione tipica del processo: dare al ricorrente, mediante l’invalidazione dell’atto, tutto quello che gli spetta anzitutto sul piano dell’integrità patrimoniale>>.
522 Si rinvia, nuovamente, a M. Magri, L’ordine dei motivi, cit., p. 1077: <<Siccome legato
all’esercizio della funzione pubblica, il decidere l’ordine di trattazione delle censure significa già apprezzare l’interesse legittimo “affermato” in giudizio. Ma tale decisione non può essere prerogativa della parte, semplicemente perché l’interesse legittimo, anche nella sua veste di posizione “affermata”, coinvolge interessi della collettività e si definisce in relazione a questi ultimi (…) La regola sull’ordine di esame dei motivi del ricorso viene così affidata a d un criterio che richiama, molto da vicino, l’idea che la tutela dell’interesse legittimo si differenzi dalla tutela del diritto soggettivo proprio perché realizzata dal coordinamento tra elementi generali e personali, di modo che non vi può essere tutela dell’interesse particolare senza la contestuale soddisfazione degli interessi collettivi, che con questo entrano in conflitto. Davanti al giudice può quindi aver luogo, mediante un giudizio di
ragionevolezza del sacrificio degli interessi collettivi, quel controllo del rapporto tra l’interesse
generale e l’interesse particolare che può aver fatto difetto (…) in sede di allegazione dei motivi su cui si fonda il ricorso>>. L’Autore sostiene infatti che se si accogliesse il vincolo all’ordine dei motivi determinato dalla parte privata si permetterebbe al ricorrente di <<sopprimere gli interessi della collettività dopo averli lui stessi dedotti in giudizio e dunque in qualche misura tutelati>>.
523
Tutti gli argomenti normativi elencati sono esaustivamente analizzati da L. Ferrara, Domanda
giudiziale, cit., p. 620, il quale conclude osservando che <<il cpa ha finalmente sposato (è
un'opinione, s'intende) la giurisdizione soggettiva, la domanda in senso proprio, l'oggetto del processo consistente nella situazione giuridica soggettiva fatta valere>>.