La legge n. 69/2009
627ha introdotto l’espressa previsione del principio di non
contestazione all’interno del processo civile, mediante il testo novellato dell’articolo
115
628.
Per parte della dottrina e della giurisprudenza, il nuovo testo dell’art. 115 c.p.c.
si è limitato a consacrare un principio giurisprudenziale affermato, senza apportare
alcun elemento di novità
629.
In ogni caso, l’introduzione nel codice del principio ha dato certezza,
concretezza e valenza generale all’istituto
630.
627
Legge 18 giugno 2009, n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, nonché in materia di processo civile.
628
Si riporta il testo dell’articolo in questione: <<salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita>>. L’articolo, rubricato <<Disponibilità delle prove>> è inserito nel Libro I sulle disposizioni generali e, in particolare, nel titolo V sui poteri del giudice. A tal proposito, è degna di attenzione l’analisi compiuta da B. Sassani, L’onere della
contestazione, cit., il quale evidenzia come la collocazione sistematica della norma rovesci il metodo
fino a questo momento seguito per la definizione dell’istituto della non contestazione. La norma non considera tanto il fenomeno non contestazione, quanto l’effetto non contestazione, ponendosi non dal punto di vista delle parti, ma da quello del giudice. Con tutta una serie di effetti che l’Autore individua soprattutto nell’applicare il principio anzidetto anche ai fatti secondari. Per l’analisi dell’art. 115 alla luce della riforma del 2009, cfr. anche V. Panuccio, I fatti non contestati, cit. l’inserimento della non contestazione entro i principi generali del codice di procedura civile ha comportato una sua maggiore autonomia di essa dagli articoli 416 e 167 c.p.c.
629 Così M. C. Cea, La modifica dell’art. 115 c.p.c. e le nuove frontiere del principio di non
contestazione, in Foro it., 2009, pp. 266 e ss.; B. Sassani, L’onere di contestazione, cit., secondo cui la
legge n. 69/2009 <<ha inteso formalizzare e disciplinare ad hoc una soluzione sostanzialmente già accettata>>.
630
Cfr. G. Ianniruberto, Il principio di non contestazione dopo la riforma dell’art. 115 c.p.c., in
Giust. civ., 2010, pp. 309 e ss.; V. Papagni, La novella dell’art. 115 c.p.c. e il “riconoscimento” del principio di non contestazione, in Giur. mer., 2010, pp. 1329 e ss.; G. Buffone, L’onere di contestazione nella legge n. 69/2009, tratto da G. Buffone, La riforma del processo civile, Roma,
168
Le problematiche interpretative e applicative sollevate dalla non contestazione
all’indomani dell’espressa previsione normativa sono molteplici, né sembra
opportuno in questa sede esaminarle tutte. Basterà porre l’attenzione sugli aspetti che
maggiormente interessano anche (e soprattutto) il processo amministrativo
631.
Veniamo quindi alla lettera della disposizione. È evidente che, come rilevato da
attenta dottrina
632, la novella legislativa ha fornito pochi dati certi e ha rimarcato
molti dubbi interpretativi
633.
Le certezze sono tre: la necessità di una specificità della contestazione
634,
l’applicazione del principio sia all’attore che al convenuto (riferendosi la norma
avanzando anche osservazioni di spiccato interesse applicativo, come la necessaria coordinazione tra il principio di non contestazione e quello di vicinanza della prova.
631
Non saranno trattati in questa sede alcuni profili applicativi di spiccato interesse che la novella del 2009 non ha risolto. Basti pensare all’interpretazione del significato pratico – applicativo da dare alla “specificità” della non contestazione: alcuni ne sostengono la diretta proporzionalità rispetto alla specificità della allegazione, cfr. A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti, cit. e M. Fornaciari, Il
contraddittorio a seguito di un rilievo ufficioso e il principio di non contestazione (nel più generale contesto della problematica concernete allegazione, rilievo, prova), in www.judicium.it, secondo cui
<<è dovuta tutta la specificità che, anche in relazione alla situazione concreta, possa ragionevolmente pretendersi da una parte non reticente>>. Altro profilo di interesse è dato dall’oggetto su cui ricade
l’onus contestandi. Si ritiene comunemente che i fatti soggetti alla disciplina ex art. 115 c.p.c. (a
prescindere che siano, come abbiamo già detto, principali o secondari, né del resto la norma pone distinzioni) debbano essere noti alla parte onerata della contestazione, o comunque dovrebbero essere da essa ragionevolmente conosciuti. Infine, altre questioni trattate dalla dottrina civilistica, sia prima che dopo la novella dell’art. 115 c.p.c., sono quella dell’efficacia temporale della non contestazione e quella relativa all’individuazione del termine ultimo per contestare. Su quest’ultimo aspetto, autorevole dottrina afferma essere le memorie di replica ex art. 183, comma VI, n. 2. Per la giurisprudenza, la contestazione deve essere tempestiva. L’ultimo momento utile per contestare i fatti avversi è la prima difesa utile (così Corte Cass., n. 5191/2008; Corte Cass., n. 13078/2008): l’onere di contestazione dei fatti si coordina al potere di allegazione dei medesimi e partecipa della sua natura, sicché simmetricamente soggiace agli stessi limiti apprestati per tale potere; in altre parole, considerato che l’identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni, risulterebbe intrinsecamente contraddittorio ritenere che un sistema di preclusioni in ordine alla modificabilità di un tema siffatto operi poi diversamente rispetto all’uno o all’altro dei fattori della detta identificazione. Mette conto solo osservare sin da ora che, con generico riferimento ai limiti temporali della contestazione nell’ambito del processo amministrativo risulta piuttosto ostico rinvenire un sistema di stringenti preclusioni a carico delle parti.
632
M. Fornaciari, Il contraddittorio, cit.; per un’analisi della novella legislativa alla luce della giurisprudenza precedente e di quella successiva, cfr. L. Viola, Il nuovo principio di non contestazione
nella riforma del processo civile, in Altalex 2009.
633 Stante la coincidenza letterale dell’art. 115 c.p.c. con il comma 2 dell’art. 64, d.lgs. 104/2010,
anche nel processo amministrativo si presentano i medesimi problemi applicativi, oltre a quelli, ulteriori e forse prevalenti, della conciliazione della non contestazione nel sistema istruttorio processuale amministrativo.
634 Con l’espressa previsione della necessità di contestazione specifica viene meno il contrasto sul
valore da dare al silenzio o alla contestazione generica; cfr. C. M. Cea, La modifica dell’art. 115
169
generalmente alle <<parti costituite>>
635) e la non operatività dell’onere di
contestazione nei confronti delle parti non costituite, in linea con la concezione
tradizionale della contumacia quale atteggiamento processuale neutro. E ciò
nonostante che tuttora sia denunciata dalla prevalente dottrina la profonda
disarmonia di un sistema in cui chi si costituisce deve soddisfare, per difendersi,
oneri gravosi, essendo quindi penalizzato rispetto a chi – meno diligentemente –
trascuri (volontariamente) di stare in giudizio
636. Per quel che riguarda, poi, il
presupposto della non contestazione, l’opinione corrente, in continuità a quanto
sostenuto anteriormente al 2009, è che essa si configuri ove il fatto sia stato
precedentemente rilevato
637.
L’assunto è di grande interesse ai fini dell’analisi dell’istituto nel sistema
amministrativistico. La necessaria rilevazione del fatto – quale prius logico –
temporale rispetto alla non contestazione del medesimo – evidenzia l’incompatibilità
tra il processo retto dal principio dispositivo e quello in cui vige invece il principio
acquisitivo. Secondo quest’ultimo modello, il giudice, mediante l’utilizzo di poteri
officiosi, può rilevare un fatto senza il necessario intervento ad hoc delle parti.
Ebbene, assumere il rilievo di parte quale presupposto del principio di non
contestazione significa favorire (melius: optare per) un sistema retto dal principio
dispositivo
638.
Posto ciò, veniamo adesso ad analizzare alcuni tra gli aspetti lasciati indefiniti
dalla novella.
Quello di maggior interesse ai fini della presente analisi è di carattere sistematico
e si riferisce alla collocazione della non contestazione tra gli istituti probatorio,
ovvero tra le regole processuali di delimitazione del campo di indagine del giudice.
Si tratta, in altri termini, di appurare se con la non contestazione i fatti siano espunti
dall’istruttoria – e quindi se la non contestazione operi a monte di tale fase – ovvero
se essa operi sul piano strettamente probatorio
639, quindi nell’istruttoria,
635 Anche in rispondenza al principio di parità delle parti, cfr. C. M. Cea, La modifica dell’art.
115 c.p.c., cit.; G. Buffone, L’onere di contestazione, cit., che si sofferma anche sul valore della non
contestazione nell’ipotesi di contumacia di un litisconsorte necessario; G. Frus, Osservazioni su due
casi di inutile invocazione del principio di non contestazione da parte dell’attore nei confronti del convenuto contumace, per sopperire alle proprie carenze probatorie, in Giur. it., 2010, pp. 1384 e ss.
636 Così A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti, cit.; M. Fornaciari, Il contraddittorio, cit.; F.
Santangeli, La non contestazione come prova liberamente valutabile, su www.judicium.it; G. Ianniruberto, Il principio di non contestazione, cit.; B. Sassani, L’onere di contestazione, cit.; V. Panuccio, I fatti non contestati, cit.
637 Sembra, infatti, evidente l’insufficienza della mera allegazione ai fini dell’insorgere nella
controparte di un onere di contestazione. Un processo giusto ex art. 111 Cost., caratterizzato dall’instaurazione del contraddittorio, esige infatti che la materia controversa sia resa evidente non con una mera allegazione dei fatti.
638
La questione del rilievo ex parte o ex iudice, se può apparire scontata nell’ambito del processo civile, non lo è nel processo amministrativo e apre la complessa problematica dei rapporti tra principio dispositivo e metodo acquisitivo, sulla quale cfr. infra, in questo capitolo, seconda sezione.
639 Così F. Santangeli, La non contestazione, cit., che nega l’idoneità della non contestazione a
170
accompagnandosi alla complessiva valutazione probatoria sull’esistenza (o meno) di
un fatto.
Il primo orientamento, che peraltro riflette quanto sostenuto dalle Sezioni Unite
nel 2002, si fondava inizialmente – ed esclusivamente – sulla concezione del
principio dispositivo sostanziale, ma questa è stata poi in parte abbandonata dalla
prevalente dottrina per il paventato rischio di un dominio processuale delle parti a
dispetto della verità materiale
640e con il potenziale sacrificio dell’esigenza di una
decisione giusta.
Pur riconoscendo la non univocità della soluzione al suddetto quesito, anche alla
luce di una lettura sistematica della disposizione ex art. 115 c.p.c. sembra più
condivisibile l’opinione di chi propende per la prima opzione
641, con alcuni
adattamenti.
Il problema si lega strettamente a quello sui limiti temporali della non
contestazione: è evidente, infatti, che un sistema di preclusioni processuali non può
che accordare una funzione di delimitazione del thema probandum all’onere di
contestazione.
Diversamente, secondo l’opposto orientamento (che contrasta il rischio di
ricondurre alla non contestazione gli effetti propri delle prove legali), la possibilità di
utilizzare predetto onere nell’istruttoria, unitamente quindi alle altre prove,
presuppone che i fatti originariamente non contestati possano comunque costituire
oggetto di prova. In una simile ottica, la non contestazione assume rilievo per lo più
sotto il profilo del comportamento processuale delle parti e ciò sembra non solo
svilire quanto elaborato dalla giurisprudenza negli anni, ma contravvenire la stessa
disposizione di legge.
Nonostante non sia mancato
642chi ha posto in risalto l’ambiguità letterale, in tal
senso, dell’art. 115 c.p.c., sembra che in realtà il problema possa risolversi tenendo
dall’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 115 c.p.c. Dice infatti l’Autore che <<la realtà normativa delineata dal legislatore della riforma non esclude il fatto non contestato dal thema probandum, non attribuisce ad esso efficacia di prova legale (come ad es. la confessione giudiziale), ma valenza ed efficacia di prova liberamente valutabile, allo stesso ed identico modo di quanto non venga riconosciuto agli altri mezzi istruttori previsti dal codice di rito (ad es. la prova testimoniale)>>. La parte che ha allegato il fatto non contestato conserva quindi il dovere di provarlo e il giudice, in base al peso che avrà esercitato nel suo convincimento la mancata contestazione, deciderà se ammettere o meno la predetta prova. Sulla problematica, cfr. anche M. Fabiani, Il valore probatorio, cit.
640
La critica si riferisce all’impostazione, propria delle Sezioni Unite 2002, della fissazione formale dei fatti di causa, di carneluttiana memoria, come rilevato da V. Panuccio, I fatti non
contestati, cit.; Cfr. A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti, cit.; M. Fabiani, Il valore probatorio, cit. Gli
Autori rilevano come la verifica probatoria dei fatti allegati non può essere surrogata da una concezione negoziale della verità processuale.
641
Così ex multis, M. C. Cea, Il principio di non contestazione, cit., nonché Id., Il principio di
non contestazione fra fronda, cit.; M. Fabiani, Il valore probatorio, cit.; B. Sassani, L’onere della contestazione, cit.; A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti, cit.
642 M. Taruffo, Per una rilettura dell’art. 115 c.p.c., cit., pp. 111 e ss.; M. Fornaciari, Il
171
conto
dell’inquadramento
costituzionale
della
non
contestazione
e
dell’interpretazione applicativa della stessa, profili posti in risalto dalla
giurisprudenza e dalla dottrina
643. Senza contare che, a sostegno della predetta
impostazione, gioca la concezione del processo civile retto dal principio
dispositivo
644.
Una volta assunto che la non contestazione opera in un momento
processualmente precedente alla fase istruttoria, occorre infine approfondire qualche
aspetto. Contrariamente alla maggioritaria impostazione giurisprudenziale secondo
cui i fatti non contestati vincolano il giudice a ritenerli <<sussistenti>>
645, si è fatta
strada un’impostazione dottrinale, maggioritaria, meno radicale
646, che rinviene il
fondamento della non contestazione principalmente nell’art. 111 Cost. e in
particolare nelle esigenze di celerità e snellezza processuale a cui le parti sarebbero
tenute anche in forza del disposto di cui all’art. 88 c.p.c. Tanto la allegazione dei fatti
quanto lo speculare onere di contestazione (o principio che dir si voglia)
rappresentano una variabile dipendente da scelte di tecnica processuale.
In una simile ottica, il collegamento funzionale tra la non contestazione e l’onere
della prova rende evidente come essa non possa essere intesa alla stregua di una
prova legale. Pertanto, l’effetto della mancata contestazione non ricade sul fatto,
quanto su un soggetto, la (contro)parte, esonerata dalla prova
647. L’attore (o il
ricorrente) non deve introdurre mezzi di prova sul fatto non contestato non già perché
dal comportamento inattivo del convenuto si possa argomentare che quel fatto sia
nell’ambito del comma 1 dell’art. 115 c.p.c., che tratta di prove, faccia propendere per l’operatività di essa nell’istruttoria, dall’altro evidenzia invece che la norma pone l’accento <<non sulla non contestazione, vale a dire sul fatto probatorio, così come avviene in generale per le prove, prese in considerazione dalla norma, bensì sui fatti in quanto non contestati, in modo del tutto analogo a quanto avviene nel secondo comma, con riferimento al fatto notorio>>.
643 Per un’interessante analisi sincronica dell’art. 115 e dell’art 101 c.p.c., entrambi oggetto della
riforma del 2009, cfr. M. Fornaciari, Il contraddittorio, cit. La valorizzazione del contraddittorio è tema di forte attualità anche nel diritto amministrativo, non solo nell’ambito del procedimento, ma anche del processo. A tal riguardo, è interessante ai fini della presente analisi analizzare il principio di non contestazione nel suo legame sostanziale con il contraddittorio processuale.
644 Sul punto diffusamente M. Taruffo, Per una rilettura, cit., il quale ripercorre i presupposti
(anche ideologici) del principio dispositivo.
645 Cfr. Corte Cass., n. 12636/2005, su cui C. M Cea, Non contestazione dei fatti, cit., il quale
espone criticamente l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il fatto non contestato è sottratto al controllo probatorio del giudice.
646 Cfr. A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti, cit, nonché Id., Ancora sulla allegazione dei fatti e
sul principio di non contestazione nei processi a cognizione piena, in Foro it., 2006, pp. 3143 e ss.; C.
M. Cea, Non contestazione dei fatti, cit.; B. Sassani, L’onere della contestazione, cit.; G. Ianniruberto,
Il principio di non contestazione, cit.; S. Del Core, Il principio di non contestazione, cit.
647
Trattasi, in definitiva della cosiddetta relevatio ab onere probandi, cui si rifà la gran parte della dottrina civilistica, cfr. ex multis, A. Proto Pisani, Lezioni di diritto civile, cit.; B. Sassani,
L’onere della allegazione, cit., secondo cui <<esonero dalla prova non vuol dire prova (nel senso di
rappresentazione o di dimostrazione), il fatto non contestato non può considerarsi positivamente accertato nella sua esistenza o inesistenza>>.
172
accaduto con i limiti di cui all’art. 116 c.p.c., ma perché quel fatto deve intendersi
essere accaduto nei limiti esposti dall’attore e non negati dal convenuto.
Da un lato quindi il potere di indagine del giudice trova un limite esclusivamente
nell’esistenza del fatto e non nella inferenza probatoria dello stesso rispetto al diritto
fatto valere in giudizio; dall’altro lato, è evidente che la qualificazione giuridica del
fatto stesso è pur sempre rimessa all’esclusiva competenza del giudice. La funzione
di selezione del thema probandum, quindi, risulta confermata.
Con l’accoglimento di tale orientamento, anche lo stretto legame tra non
contestazione e oneri di allegazione delle parti
648viene meno in parte; la non
contestazione non si identifica infatti con un comportamento che delimita il thema
decidendum, ma piuttosto come condotta che (de)limita il thema probandum, con
tutto ciò che da questo assunto consegue in ordine ai limiti temporali dell’onus
contestandi.
Un ultimo elemento merita di essere rilevato. Per quanto riguarda il verbo “deve”
riferito al giudice ex art. 115 c.p.c., esso va letto non quale vincolo per il giudice
circa l’esistenza di un determinato fatto, quanto piuttosto quale limite ai poteri dello
stesso. Ben potrebbe darsi, infatti, che nonostante la mancata contestazione
l’inesistenza del fatto risulti da altre circostanze agli atti
649.
Pertanto la non contestazione non è da considerare un (mero) argomento di
prova, né un mezzo di prova, bensì principio che produce conseguenze sul piano
probatorio, a essa conseguendo l’esonero per l’attore (o per in convenuto) dall’onere
ex art. 2697 c.c.
650.
648
Con riferimento agli oneri di allegazione delle parti, è degna di nota la sentenza Corte Cass., n. 22837/2010. In essa il Supremo Collegio esprime che <<il fatto stesso che una donna sostenga che si sarebbe avvalsa della facoltà di interrompere volontariamente la gravidanza se fosse stata informata della grave malformazione del feto presuppone l'implicita affermazione della sussistenza ipotetica delle condizioni di legge per farvi ricorso, tra le quali si annovera, dopo il novantesimo giorno di gestazione, la qualificabilità come pericolo per la salute fisica o psichica del trauma connesso all'acquisizione della notizia. Il fatto è dunque da ritenersi implicitamente allegato per ciò solo che la domanda sia stata proposta nei termini sopra riferiti. L'esigenza di provarlo insorge se sia contestato: se cioè il convenuto neghi che la donna si sarebbe determinata all'interruzione volontaria della gravidanza, o che avrebbe potuto farlo se lo avesse deciso. Se tanto non sia avvenuto, l'esigenza probatoria non sorge, non essendovi bisogno di provare il fatto non contestato>>. È opinabile sostenere la necessità di un onere di contestazione espressa e specifica anche a fronte di un’allegazione implicita, desumibile da altri elementi presenti nell’atto introduttivo giudiziale, con buona pace del principio di parità delle parti.
649
Cfr. B. Sassani, L’onere della contestazione, cit.; M. Fabiani, Il valore probatorio, cit., a questo riguardo non identifica il fatto non contestato con il fatto pacifico, che è invece conseguente alla confessione legale, che forma piena prova contro colui che l’ha fatta. Cfr. anche C. M. Cea, La
modifica, cit. secondo cui il giudice, preso atto della non contestazione, non potrà mai dire che quel
fatto non è provato, ma dirà che è vero salvo che non risultino elementi probatori che ne smentiscano la verità. La presunzione della verità, non può prevalere sulla verità effettuale.
650
Sul punto, diffusamente, cfr. V. Papagni, La novella dell’art. 115 c.p.c., cit., p. 1330, il quale, oltre ad affermare la copertura costituzionale della non contestazione ai sensi dell’art. 111 Cost., riconduce alla stessa l’effetto di espungere dal thema probandum i fatti e ciò anche sulla base di una logica sistematica. L’inserimento della non contestazione entro il comma 1 dell’art. 115 c.p.c. e non