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Le disposizioni generali del Titolo V TFUE: il parziale superamento dei limiti di matrice intergovernativa nella nuova cornice istituzionale e deci-

sionale della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la cooperazione in materia penale viene regolata nei Capi 4 e 5 del Titolo V TFUE. L’inquadramento si-  

106 A.SCHMIDT, Democracy in Europe: the EU and National polities, Oxford, 2006; S.

DELMAS-DARROZE, Le Traité de Amsterdam et le déficit démocratique de l’Union européenne, in Revue du marché unique de l’Union européenne, 1999, p. 143; G.MAJONE, Europe’s demo- cratic deficit, in European Law Journal, 1998, p. 5. Sull’evoluzione del problema del deficit de- mocratico all’esito del Trattato di Lisbona v. S.C.SIEBERSON, The Treaty of Lisbon and its im- pact on the EU’s democratic deficit, in Columbia Journal of European Law, 2008, p. 445.

107 Le convenzioni previste dal Trattato di Maastricht non vennero formalmente abrogate,

ma il loro utilizzo dopo la riforma del 1997 fu molto limitato. Le azioni comuni, invece, non vennero nuovamente riproposte, fomentando ulteriori dibattiti circa i loro effetti e la compe- tenza della Corte di giustizia dopo l’entrata n vigore del nuovo Trattato. Per risolvere l’empasse vennero avanzate diverse proposte, tra cui la loro sostituzione con decisioni quadro, ma nessuna delle possibili opzioni venne mai tradotta in pratica, a ulteriore conferma del ca- rattere giuridico incerto delle azioni comuni. V. P.LYNCH,N.NEUWAHL,G.WYN RESS (a cu- ra di), Reforming the European Union: from Maastricht to Amsterdam, Londra, 2000.

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Sul punto v. infra, Cap. II, par. 4.1. S.PEERS, Justice and Home affairs: decision-making after Amsterdam, in European Law Review, 2000, p. 183. Per riflessioni critiche v. L.GORM- LEY, Reflections on the architecture of the European Union after the Treaty of Amsterdam, in D. O’KEEFE,P.M.TWOMEY (a cura di), Legal issues after the Treaty of Amsterdam, Londra 1999,

p. 57; U.LEANZA, La mancata comunitarizzazione del II e del III pilastro dell’Unione europea nel Trattato di Amsterdam, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1999, p. 213.

stematico, dal punto di vista strutturale e istituzionale, è tuttavia assicurato da alcune disposizioni generali del Titolo V, riguardanti nel complesso lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia: si tratta segnatamente degli articoli dal 67 al 76 TFUE, che completano dunque le norme espressamente dedicate alla coope- razione di polizia e giudiziaria in materia penale, ossia gli articoli dall’82 all’89 TFUE.

La norma inaugurale del Titolo V esordisce qualificando la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia come obiettivo fondamentale dell’Unione europea, in piena assonanza con l’art. 3 TUE, che, con epocale mutamento di prospettiva rispetto al passato, antepone il raggiungimento di questa finalità alla realizzazione del mercato unico109. I redattori del Trattato hanno peraltro avuto premura di precisare sin dall’art. 67 TFUE i princìpi ispiratori ai quali l’azione dell’Unione deve essere orientata in questo campo: il rispetto dei diritti fondamentali, degli ordinamenti e delle tradizioni giuridi- che nazionali; la solidarietà fra gli Stati membri; il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie; la cura per la sicurezza interna ed esterna110.

In relazione a quest’ultimo aspetto, l’art. 67, par. 3, delinea le principali tecniche attraverso le quali l’Unione europea può perseguire l’obiettivo di un «livello elevato di sicurezza»: il rafforzamento delle procedure e degli istituti di cooperazione fra autorità giudiziarie nazionali, nonché tra le forze di poli- zia; il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali; il ravvici- namento delle legislazioni degli Stati membri, in particolare nel campo della lotta alla criminalità, al razzismo ed alla xenofobia. Peraltro, quest’ultimo strumento è espressamente confinato alle ipotesi in cui l’adozione di norme comuni in sede europea risulti necessaria: prima ancòra di definire puntual- mente le attribuzioni sovranazionali in materia penale, i redattori del Trattato  

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S.CARRERA,F.GEYER, The reform treaty and Justice and Home Affairs. Implications for the common Area of freedom, security and justice, in E.GUILD,F.GEYER (a cura di), Security

versus justice? Police and Judicial Cooperation in the European Union, Londra, 2008, p. 289.

110 Ciascuno di questi aspetti sarà oggetto di più approfondita trattazione nel corso del la-

voro. Si segnala tuttavia sin d’ora la costante attenzione degli Stati nell’inserire clausole che rimarcano l’urgenza di tutelare le sfere di competenza nazionale e le peculiarità degli ordina- menti interni. Parimenti, la scala gerarchica di valori annovera in posizione di primazia la tute- la della sicurezza dell’Unione, degli Stati e dei singoli cittadini. Per il perseguimento di tale obiettivo, in particolare, l’art. 71 TFUE dispone l’istituzione di un comitato permanente in seno al Consiglio, chiamato a promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna, grazie al coordinamento dell’azione delle autorità nazionali. Il comitato è stato istituito con la decisione del Consiglio 2010/131/UE, del 25 febbraio 2010, in GU L 52, del 3 marzo 2010, p. 50. Possono prendere parte alle riunioni del comitato, in qualità di osser- vatori, rappresentanti di Europol, Eurojust, Frontex e di ogni altro ente che operi in questo campo. Per un approccio critico all’ordine valoriale consacrato nel Trattato e per un’analisi del faticoso bilanciamento fra opposte priorità di tutela v. C.RIJKEN, Re-balancing security and

justice: protection of fundamental rights in police and judicial cooperation in criminal matters, in Common Market Law Review, 2010, p. 1455.

si sono preoccupati di precisare un limite fondamentale al quale l’azione delle istituzioni europee in materia deve essere ispirata111.

A questo scopo, a norma dell’art. 68 TFUE, il Consiglio europeo definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa ed operativa delle istituzioni. La materia in esame rappresenta dunque un caso elettivo della funzione di definizione delle «high politics» attribuita in via generale al Consi- glio europeo dall’art. 15 TUE112, confermando così il ruolo determinante ri- conosciuto sul punto ai Capi di Stato o di Governo già dai Programmi di Tampere e dell’Aia.

L’operato del Consiglio europeo si traduce in atti programmatici di valore esclusivamente politico113: nella prassi, il compito di tradurre in concreto tali strategie viene preso in carico dalla Commissione e dal Consiglio, che indivi- duano a tale scopo piani d’azione e tabelle di marcia114. Se nella fase di defini- zione degli orientamenti e dei relativi piani d’azione il Parlamento europeo è almeno formalmente escluso115, il ruolo di questa istituzione è tuttavia in molti casi decisivo nel corso dell’iter per l’adozione delle singole misure. In risposta alle reiterate istanze di rafforzamento della democraticità del processo deci- sionale europeo in queste materie116, infatti, la maggior parte delle basi giuri- diche riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia prevede il ricorso alla procedura legislativa ordinaria: il Parlamento europeo interviene pertanto  

111 Merita peraltro puntualizzare come l’art. 67, par. 3, TFUE preveda che l’UE possa

adottare misure di prevenzione della criminalità, un profilo che, in realtà, non è chiaramente incluso fra le attribuzioni delle istituzioni europee, se non limitatamente ad alcuni specifici profili della cooperazione operativa fra autorità di polizia, ex art. 87 TFUE.

112 Cfr. M.D

OUGAN, The Treaty of Lisbon: winning minds, not hearts, in Common Market

Law Review, 2008, p. 193.

113 R.CAFARI PANICO, Art. 68, in F.POCAR,M.C.BARUFFI (a cura di), Commentario breve

ai Trattati dell’Unione europea, Padova, 2014, p. 461.

114 V. ad esempio, in relazione al programma di Stoccolma, la comunicazione della Com-

missione COM(2010) 171 def., del 20 aprile 2010, creare uno spazio di libertà, sicurezza e giu- stizia per i cittadini europei. Piano d’azione per l’attuazione del programma di Stoccolma. Con riferimento al ruolo del Consiglio, v. invece la risoluzione del 10 giugno 2011, relativa ad una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti e della tutela delle vittime, in particolare nei procedimenti penali, in GU C 187, del 28 giugno 2011, p. 1.

115 Peraltro, nella risoluzione del Consiglio del 10 giugno 2011, citata nella nota preceden-

te, il punto 5 prospetta che «il Consiglio agirà in piena cooperazione con il Parlamento euro- peo, conformemente alle norme applicabili».

116 V. D.O’KEEFE, Recasting the Third Pillar, in Common Market Law Review, 1995, p.

894: «Many reasons for this inactivity or lack of concrete progress are to be found in the structure of the Third Pillar itself. Other failures to achieve consensus seem to derive from the unwilling- ness to change the patterns of intergovernmental cooperation existing prior to the entry into force of the Third Pillar. A further disturbing trend is that the Third Pillar structure seems to have in no way assisted in making intergovernmental cooperation in this area more transparent, precisely a time when transparency has become one of the major concerns at Union and Community lev- el».

in veste di colegislatore con il Consiglio, a sua volta chiamato di regola ad esprimersi a maggioranza qualificata, ove non diversamente previsto dal Trat- tato.

Costituiscono un’eccezione solo alcune ipotesi oggetto di espresso richia- mo, in relazione alle quali è prevista la procedura legislativa speciale di con- sultazione, con voto unanime del Consiglio e mera formulazione di un parere ad opera del Parlamento. Più precisamente, la prevalenza del tradizionale schema intergovernativo può essere individuata in tre categorie di iniziative, che si contraddistinguono per la particolare delicatezza rispetto agli ordina- menti interni: l’adozione di atti destinati a rafforzare la cooperazione in mate- ria penale o ad estenderla a istituti o fattispecie non puntualmente elencati dal TFUE117, le misure in materia di cooperazione operativa fra autorità giudizia- rie o di polizia degli Stati membri118, i provvedimenti restrittivi in attuazione di norme anti-terrorismo119.

Il processo decisionale rivela poi una particolarità circa l’esercizio del po- tere di iniziativa normativa: l’art. 76 TFUE, infatti, stabilisce che, nelle mate- rie di cui ai Capi 4 e 5, l’adozione di un atto possa essere proposta dalla Commissione, oppure da un gruppo di Stati che annoveri almeno un quarto dei membri dell’Unione europea120.

 

117 Basti pensare all’art. 82, par. 2, lett. d), TFUE, a norma del quale, ove necessario per

assicurare il reciproco riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie nazionali, è consentita l’adozione di direttive destinate a ravvicinare gli ordinamenti statali su aspetti del diritto processuale penale ulteriori rispetto a quelli espressamente enumerati dal Trattato. Questi istituti processuali vengono individuati in via preliminare dal Consiglio, mediante deci- sione approvata con deliberazione unanime, previa approvazione del Parlamento europeo.

118 La cd. operational cooperation tra autorità nazionali è ad esempio prevista dall’art. 87,

par. 3, TFUE, sulla collaborazione tra le forze di polizia nazionali. Tale norma prevede che il Parlamento europeo venga solo consultato e che ogni deliberazione sia assunta all’unanimità dal Consiglio. Viene parimenti in rilievo l’art. 89 TFUE, che dispone il ricorso ad un analogo iter decisionale per l’adozione di misure volte a fissare le condizioni ed i limiti entro i quali le autorità giudiziarie e di polizia interne possono operare nel territorio di un altro Stato mem- bro, d’intesa con le omologhe autorità interne. Allo stesso modo, deve essere menzionato l’art. 74 TFUE, in forza del quale le misure destinate ad assicurare la cooperazione amministrativa fra i servizi attivi negli Stati membri nel campo della repressione del crimine e fra questi e la Commissione sono approvate con procedura legislativa speciale.

119 L’art. 75, par. 1, TFUE prevede che il Parlamento europeo ed il Consiglio, con proce-

dura legislativa ordinaria, definiscano misure di contrasto al fenomeno del terrorismo, che consentano il congelamenti dei beni di soggetti ed enti dediti a tali attività. Il paragrafo succes- sivo, tuttavia, dispone che i provvedimenti attuativi di questi atti siano adottati dal solo Consi- glio, su proposta della Commissione. Analoga disciplina è ribadita poi all’art. 215, par. 2, TFUE.

120 Gli Stati membri hanno già esercitato la facoltà di promuovere iniziative a norma

dell’art. 76 TFUE. Un esempio interessante, che riguarda la cooperazione in materia penale, è rappresentato dall’iniziativa, datata 4 dicembre 2013, di un regolamento europeo del Parla- mento e del Consiglio che modifica la decisione quadro 2005/681/GAI che istituisce l’Accademia europea di polizia (CEPOL), fascicolo interistituzionale 2013/812. Su questa ini-

Le disposizioni generali del Titolo V riflettono inoltre la complessiva ten- denza del Trattato ad approntare o rafforzare strumenti di controllo e valuta- zione dell’operato delle istituzioni europee e degli Stati membri nella realizza- zione degli obiettivi del Trattato. Ciò si traduce, in primo luogo, come si avrà modo di approfondire121, nell’accentuato ruolo dei parlamenti nazionali circa la vigilanza sul rispetto del principio di sussidiarietà; in secondo luogo, il Consiglio, a norma dell’art. 70 TFUE, anch’esso oggetto di ulteriore appro- fondimento nel prosieguo del lavoro122, ha la possibilità di elaborare modalità che consentano agli Stati, con la collaborazione della Commissione, di proce- dere ad una valutazione oggettiva e imparziale dell’attuazione in sede interna delle politiche europee in tema di spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Questa novella ha costituito una risposta puntuale alle criticità sollevate nel precedente regime primario, in costanza del quale si registrava l’assenza di specifici controlli sull’operato degli Stati membri, a fortiori evidente data l’impossibilità per la Commissione di promuovere procedure di infrazione123. Come evidenziato dalla Commissione stessa, infatti, la predisposizione di si- mili strumenti costituisce un efficace incentivo alla fiducia fra le autorità degli Stati membri, nonché al corretto adempimento agli obblighi di recepimento delle decisioni quadro e direttive adottate nel campo del diritto penale so- stanziale e processuale124.

D’altra parte, la previsione di simili misure di valutazione dell’attuazione  

ziativa, peraltro, è intervenuta la comunicazione COM(2014) 7 def., del 16 gennaio 2014, con la quale la Commissione ha formulato molteplici riserve sull’iniziativa degli Stati, ritenuta con- trastante con un’ulteriore proposta formulata dalla Commissione stessa sul medesimo tema e destinata a condurre alla fusione di CEPOL ed EUROPOL. In dottrina è stato evidenziato come l’iniziativa normativa formulata dagli Stati segua un regime parzialmente differente ri- spetto a quella della Commissione. In particolare, gli Stati non avrebbero la possibilità di riti- rare una proposta già formalizzata, poiché l’art. 293 TFUE prevede questa potestà solo in fa- vore della Commissione. Cfr. S.PEERS, EU justice and home affairs law, cit., p. 60.

121

Cfr. il Capitolo II, par. 3.3.

122 V. il Capitolo III, par. 2.4.

123 In replica a tale lacuna, peraltro, la Commissione aveva proposto l’organizzazione di un

articolato sistema di valutazione delle politiche dell’UE in materia di spazio di libertà, sicurez- za e giustizia, che abbracciasse sia la qualità dell’attività legislativa delle istituzioni, sia la pun- tualità e correttezza dell’adempimento agli obblighi UE da parte degli Stati membri. Cfr. la relativa comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo, del 28 giu- gno 2006, COM(2006) 332 def., SEC(2006) 815. Questa proposta, nondimeno, non aveva avuto alcun séguito.

124 Cfr. la comunicazione COM(2006) 332 def., cit. Analoga opinione è stata espressa in

dottrina, v. ad esempio I.JEGOUZO, Creating a mechanism of mutual evaluation of justice. A necessary measure for mutual recognition, in G. DE KERCHOVE,A.WEYEMBERGH (a cura di),

Security and justice. Issue for the EU external policy, Bruxelles, 2003, p. 147; più di recente, G. VERNIMMEN-VAN TIGGELEN, Introductory reflection on evaluation and its lacunae, in A.

WEYEMBERGH,F.GALLI (a cura di), Approximation of substantive criminal law in the EU. The way forward, Bruxelles, 2013, p. 139.

di obblighi sovranazionali non costituiscono una novità per gli Stati membri, che le hanno sperimentate tanto in altre sedi internazionali, quanto nel siste- ma Schengen o per alcuni atti del terzo pilastro125.

Il nuovo contesto normativo, in definitiva, segna almeno formalmente ed in termini generali il superamento dell’impostazione intergovernativa della cooperazione giudiziaria in materia penale, pur conservando residue resisten- ze e la tensione di fondo tra l’approfondimento del processo di integrazione e la previsione di garanzie rafforzate in favore degli Stati. Si profila dunque una crescente complessità ed articolazione delle dinamiche istituzionali e della produzione normativa, con la costante ricerca di bilanciamento fra dimensio- ne europea, livello nazionale, garanzia dei diritti fondamentali e della sicurez- za dei cittadini, nonché con la possibilità di un più incisivo vaglio parlamenta- re e giurisdizionale.

Le tensioni centrifughe che caratterizzano l’impianto della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – e che trovano a più riprese spazio nelle disposizioni del Titolo V TFUE – costituiscono dunque l’emblema di una struttura intrinsecamente limitata, ma che pur non rinuncia allo slancio evolutivo verso il costante approfondimento del percorso di integrazione.

 

125 Sull’importanza di meccanismi di valutazione per la repressione del crimine in realtà

istituzionali e territoriali complesse ed estese o sulla scena internazionale v. R.SANSONETTI, The mutual evaluation process: a methodology of increasing importance at international level, in Journal of Financial Crime, 2000, p. 218. Fra gli strumenti di “peer review” che si possono ri- scontrare nello spazio Schengen merita menzione il meccanismo attivato per apprezzare la qualità e adeguatezza delle misure di adattamento degli ordinamenti interni al relativo acquis poste in essere dagli Stati candidati alla membership del sistema. V. ad es. l’azione comune 98/429/GAI, in GU L 191, del 7 luglio 1998, p. 8. In dottrina v. sul punto W.VAN DE RIJT, L’évaluation de Schengen dans le cadre de l’élargissement, in S. DE BIOLLEY,A.WEYEMBERGH

(a cura di), Comment évaluer le droit pénal européen?, Bruxelles, 2006, p. 219. Infine, è oppor- tuno richiamare alcuni atti del terzo pilastro in materia di contrasto al crimine organizzato ed al terrorismo: l’azione comune 97/827/GAI, del 15 dicembre 1997, in GU L 344, del 15 di- cembre 1997, p. 7, e la decisione 2002/996/GAI, del 24 dicembre 2002, in GU L 349, del 24 dicembre 2002, p. 1. Cfr., per approfondimenti sull’esperienza applicativa, H.NILSSON, Eight years of experiences of mutual evaluation within the EU, in S. DE BIOLLEY,A.WEYEMBERGH (a

cura di), Comment évaluer, cit., p. 115; più in generale, in dottrina, v. O. DE SCHUTTER, The role of fundamental rights evaluation in the establishment of the Area of Freedom, Security and Justice, in M.MARTIN (a cura di), Crime, rights and the EU. The future of police and judicial cooperation, Londra, 2008, p. 44.

5. Le esigenze di chiarezza, semplificazione e trasparenza del sistema delle