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La preemption nella cooperazione in materia penale

2.1. Note introduttive: la preemption nel diritto dell’Unione europea

Il termine preemption è utilizzato, con diverse accezioni, tanto nel diritto internazionale quanto in alcuni ordinamenti statali411. La molteplicità dei si- gnificati ricollegàti a questa parola origina da una comune radice semantica412, la quale indica un accadimento od un fenomeno che anticipa ulteriori fatti, generando conseguenze rilevanti sul piano giuridico. Dalla preemptive self-

defence talora teorizzata a livello internazionale413 alla preemption giusprivati- stica dell’ordinamento britannico414, ricorre l’idea dell’esercizio in via priori- taria di prerogative o poteri, che si riverbera nei confronti di terzi con effetti

latu sensu preclusivi.

 

411

In termini generali, sulla preemption, v. l’esaustiva e recente analisi di A.ARENA, Il principio della preemption in diritto dell’Unione europea. Esercizio delle competenze e ricogni- zione delle antinomie tra diritto derivato e diritto nazionale, Napoli, 2013.

412 La parola affonda le proprie radici nella lingua latina ed è costruita dal prefisso latino

prae e dal sostantivo emptio, letteralmente “acquisto prima”.

413 In séguito agli attentati dell’11 settembre, l’allora Presidente statunitense George Bush

supportò una campagna di interventi militari destinata a neutralizzare in via preventiva le pos- sibili ulteriori minacce legate all’attività dell’organizzazione terroristica Al Qaeda. Cfr. la Na- tional Security Strategy of the United States of America, settembre 2002, Generalmente, que- sta pratica non è stata considerata compatibile con i requisiti della legittima difesa, di cui all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, e, dunque, con il divieto di uso della forza in sede internazionale ivi consacrato. V., in dottrina, E.CANNIZZARO, La dottrina della guerra preven- tiva e la disciplina internazionale sull'uso della forza, in Rivista di diritto internazionale, 2003, p. 171.

414

In tale contesto, la nozione in esame richiama l’istituto della prelazione. Per approfon- dimenti sull’utilizzo del termine in alcune tradizioni giuridiche nazionali, con particolare rife- rimento per l’ordinamento britannico e quello francese, v. A.ARENA, Il principio della pree- mption, cit., pp. 20 ss.

Nell’àmbito dell’ordinamento europeo, la nozione in esame si incardina nel sistema delle competenze dell’Unione ed è stata oggetto di una duplice ri- costruzione dogmatica. Secondo una visione più risalente415, di stampo costi- tuzionale, essa si sostanzia nella preclusione all’esercizio della potestà legisla- tiva statale in presenza di competenze accordate all’Unione, indipendente- mente dall’effettivo esercizio di tali attribuzioni416. Pertanto, secondo questa impostazione, la mera attribuzione di competenze all’ente sovranazionale, consacrata nel disposto del Trattato417, determina conseguenze di particolare incisività per gli Stati membri, che patiscono un’estesa limitazione dei propri poteri sovrani.

A questo approccio si contrappone, nella dottrina più recente, la lettura legislativa dell’istituto418, in forza della quale ogni preclusione all’intervento normativo patita dagli Stati deve promanare da un reale esercizio delle com- petenze attribuite all’Unione. Pertanto, a fronte dell’astratto conferimento di potestà normativa all’UE, l’effetto preventivo opera solo nella misura in cui vengano adottati atti di diritto derivato con effetti giuridici vincolanti419. Inol- tre, esso è limitato ratione materiae al settore precipuamente disciplinato da tali norme secondarie. Di conseguenza, mentre i settori devoluti alla compe- tenza esclusiva dell’Unione non sollevano particolari criticità, la preemption opera in via elettiva nel contesto degli ulteriori settori di attribuzione e, in particolare, nel delicato campo delle competenze concorrenti.

A conferma di quest’ultima lettura, a norma dell’art. 2, par. 1, TFUE, gli Stati devono astenersi dal legiferare nei settori tassativamente elencati fra le attribuzioni esclusive dell’Unione europea. Specularmente, ai sensi del par. 2, i legislatori degli Stati membri conservano le rispettive competenze «nella mi- sura in cui l’Unione non ha esercitato la propria», fatto salvo il principio di reversibilità.

Il termine preemption, d’altra parte, non è stato mai utilizzato dalla Corte  

415

Cfr. M.WAELBROEK, The emergent doctrine of Community pre-emption. Consent and redelegation, in T.SANDALOW,E.STEIN (a cura di), Courts and free markets: perspectives from

the United States and Europe, New York, 1982, p. 551.

416 J.H.H.WEILER, Community, Member States and European integration: is the law rele-

vant?, in Journal of Common Market Studies, 1982, p. 48.

417 È stato sottolineato in dottrina come questa dinamica possa determinare una attribu-

zione di competenze esclusive «per natura» all’Unione: A. ARENA, The doctrine of Union preemption in the EU internal market: between Sein and Sollen, in Columbia Journal of Euro- pean Law, 2011, p. 483.

418 Questa accezione è in verità ormai largamente maggioritaria. V., fra gli altri, L.DANIE- LE, Diritto dell’Unione europea, Milano, 2010, p. 366; R.ADAM,A.TIZZANO, Lineamenti di diritto dell’Unione europea, 2010, p. 39; P.CRAIG,G. DE BURCA, EU Law, Oxford, 2011, p.

84; R.BARATTA, Le competenze interne dell’Unione tra evoluzione e principio di reversibilità, in Il diritto dell’Unione europea, 2010, p. 517.

419 Ciò presuppone che gli atti di soft law, in quanto inidonei ad esercitare effetti giuridici

di giustizia nel senso qui accolto420. Al contrario, vi hanno in rare occasioni fatto riferimento gli Avvocati generali, per sottolineare la dinamica fra legisla- tore UE e nazionale in materie di competenza concorrente421.

Ciò chiarito, il compiuto inquadramento teorico dell’istituto presuppone il richiamo ad un’ulteriore e più specifica classificazione operata in dottrina, in relazione al rapporto tra la preemption ed i princìpi generali dell’ordina- mento UE che presidiano il rapporto tra norme europee e nazionali, primato su tutti. Alcuni autori, infatti, supportano una visione cd. atomistica, alla luce della quale il principio del primato e la preemption rappresentano criteri or- dinatori del sistema, ma sono reciprocamente alternativi e del tutto privi di punti di contatto422. Il primo, infatti, opererebbe nei casi di discrasia fra nor- me UE ed interne; la seconda, invece, costituirebbe un rimedio alle ipotesi di sovrapposizione di competenze, destinata a precludere l’intervento statale in presenza di competenze esclusive dell’Unione o di competenze concorrenti già esercitate, secondo il paradigma della preemption legislativa. In concreto, però, la preemption ne risulterebbe fortemente limitata, poiché troverebbe applicazione solo in caso di “invasioni di campo” da parte del legislatore na- zionale, senza contribuire in tutte le altre ipotesi alla valutazione sulla compa- tibilità tra norma interna e sovranazionale423.

Si registra poi un’accezione cd. olistica, per la quale primato e preemption, sebbene distinti, costituiscono due anelli di una stessa catena: la seconda in- fatti consente di accertare se via sia un’antinomia fra norme europee e nazio- nali, mentre il primo pone la regola generale per la risoluzione di tale discra- sia, ovverosia la prevalenza del diritto UE424. In base alla visione olistica, dun-  

420 Nella giurisprudenza della Corte e del Tribunale, il termine è stato di solito utilizzato

nell’accezione giuridica di prelazione od opzione, così come per indicare o descrivere deter- minate circostanze di fatto, quali l’appropriazione prioritaria di una cosa o la prevenzione di determinati accadimenti. V. ad esempio la sentenza del 23 marzo 2000, causa C-373/97, Dionysios Diamantis, in Racc. p. I-1705, sul diritto di prelazione di un azionista di minoranza di una società.

421 V. le conclusioni dell’avvocato generale Jarabo Colomer, nella sopra citata causa Bud,

riguardante il regolamento 510/2006 sulle indicazioni geografiche alimentari e denominazioni d’origine tutelate in sede europea, nella quale si disquisiva, fra l’altro, sulla possibilità in capo agli Stati membri di prevedere e tutelare ulteriori segni geografici, cosiddetti semplici. V. le conclusioni del 5 febbraio 2009, causa C-478/07, Budejovky Budvar narodni c. Rudolf Ammer- sin GmbH, in Racc. p. I-7721. V. inoltre le conclusioni dell’avvocato generale Mazak del 28 giugno 2007, causa C-440/05, Commissione c. Consiglio, in Racc. p. I-9097, nelle quali si preci- sa che gli Stati sono liberi di disciplinare una materia oggetto di competenza concorrente, nel- la misura in cui l’Unione non abbia legiferato.

422

Cfr. J.H.H.WEILER, Community, Member States and European integration, cit., p. 47, secondo il quale preemption e primato costituiscono due lati della medesima medaglia.

423

Cfr. N.BERNARD, The future of European economic law in the light of the principle of subsidiarity, in Common Market Law Review, 1996, p. 660.

424 Cfr.R.SCHÜTZE, Supremacy without preemption? The very slow emergent doctrine of

que, la preemption anticipa e presuppone il principio del primato e ne deter- mina l’àmbito di applicazione, poiché essa gode di uno spettro operativo che spazia su tutte le possibili declinazioni del contrasto tra norme interne ed UE. In questa prospettiva, l’istituto in esame acquista una portata dirompente, poiché, precludendo l’intervento del legislatore statale in ogni ipotesi di anti- nomia, influisce sulla fissazione del confine fra attribuzioni UE e statali, alla luce dell’attività legislativa UE e delle finalità ad essa sottese425.

Si pone dunque l’esigenza di comprendere la portata degli effetti preclusi- vi dell’istituto, che in linea astratta costituisce un importante criterio ordina- tore del rapporto tra ordinamenti, ma che nella prassi sollecita l’individua- zione di opportuni limiti e correttivi, onde scongiurare il rischio di un’ec- cessiva compressione delle prerogative nazionali426.

2.2. Le tipologie di effetti della preemption rilevate dalla dottrina e dalla Corte di giustizia

L’ampio spettro operativo della preemption arricchisce di sfaccettature gli effetti preclusivi che conseguono all’istituto. Questi possono essere distinti in categorie, a seconda del loro grado di incisività sulla potestà legislativa nazio- nale.

Il massimo effetto preclusivo viene esercitato dalla cd. field preemption, che trova applicazione ogniqualvolta la normativa europea disciplini in ma- niera esaustiva una determinata materia, tanto da sottrarre in toto al legislato- re nazionale le competenze in quel settore o da limitarle in misura significati- va, ad esempio subordinandone l’esercizio ad una espressa autorizzazione427. In molteplici occasioni, infatti, le autorità nazionali conservano margini di in- tervento, ma patiscono il divieto di adottare misure differenti o più restrittive.

In sintesi, la preclusione di campo, nel contesto del riparto verticale di at- tribuzioni, esplica effetti analoghi a quelli del conferimento di una competen- za esclusiva, rischiando così di frustrare le esigenze di trasparenza e tassatività  

425 V. A.ARENA, Il principio della preemption in diritto dell’Unione europea, cit., p. 37. 426

In questo senso, in dottrina è stato evidenziato come la vera ripartizione delle compe- tenze fra Unione e Stati membri dipenda dall’acquis dell’UE, poiché al dettame del Trattato si sovrappone l’esercizio delle competenze europee, con gli effetti preclusivi che ne conseguono. Cfr. L.S.ROSSI, Does the Lisbon treaty provide a clearer separation of competences between EU

and Member States?, in A.BIONDI,P.EECKHOUT (a cura di), EU law after Lisbon, Oxford, 2012, p. 102.

427

Cfr. R.SCHÜTZE, Supremcay withour preemption?, cit., p. 1040, secondo il quale questa tipologia di effetto preclusive consente di scongiurare discrasie normative nelle materie nin cui sia richiesto un elevato grado di coerenza. Analoga posizione è supportata da E.CROSS, Pre- emption of Member States law in the European Economic Community: a framework for analysis, in Common Market Law Review, 1992, p. 462, per il quale questa soluzione comporta benefici in termini di certezza del diritto e trasparenza.

sottese alla riforma del sistema delle competenze428. La preclusione di campo può infatti originare sia dal disposto di atti di diritto derivato, sia dall’inter- pretazione di norme UE fornita dalla Corte di giustizia, in modo tale che, an- che per via indiretta e su impulso di un’istituzione tecnica, si può pervenire ad una sostanziale elusione del principio di attribuzione. In ossequio allo spirito che ha orientato la riforma di Lisbona, pertanto, in dottrina è stato a più ri- prese auspicato un utilizzo prudente in sede giurisprudenziale di questo pa- radigma, se non addirittura il radicale divieto di ricorrervi429.

Si distingue in séguito l’effetto preclusivo indiretto, che usualmente sorge nell’eventualità in cui una norma nazionale contrasti con gli scopi perseguìti dal diritto UE o ne frustri l’effetto utile430. In simili situazioni, dunque, la Cor- te rileva un’antinomia fra diritto statale ed europeo, composta in favore di quest’ultimo grazie alla valorizzazione dei suoi obiettivi e ad un approccio in- terpretativo di carattere teleologico431. Anche in considerazione di ciò, la

preemption indiretta sfugge a chiare demarcazioni, poiché la sua operatività

dipende dalla ricostruzione ermeneutica di concetti di difficile e multiforme lettura – come l’effetto utile – o dalla decifrazione su base casistica degli scopi di un atto di diritto derivato432. Anche questo istituto gode di un esteso cam- po di applicazione, poiché in molte occasioni la Corte di giustizia, mediante l’uso indiretto del rinvio pregiudiziale, statuisce sulla compatibilità con il di- ritto UE di norme nazionali che pregiudicano l’efficacia o gli obiettivi di pre- visioni di diritto secondario433.

Una terza categoria di effetti riguarda infine la preemption diretta, la cui denominazione evoca le ipotesi di aperto contrasto tra diritto nazionale ed eu- ropeo o di indebita deroga a livello statale alle norme UE. Sebbene i confini  

428 Questo effetto sostanziale della preclusione di campo viene sottolineato da molti autori

in dottrina, fra cui, ad esempio, R.BARATTA, Le competenze interne dell’Unione, cit., p. 527, e A.ARENA, Il principio della preemption in diritto dell’Unione europea, cit., p. 56. Quest’ultimo

autore cita l’efficace espressione «jurisdiction stripping», che ben sintetizza la portata della field preemption ed è ripresa da R.COVER, Forward: nomos, and narrative, in Harward Law

Review, 1983, p. 4. L’autore inoltre evidenzia come gli effetti della field preemption siano indi- scriminati e dunque colpiscano anche le misure nazionali che in concreto non incidano sulla normativa UE o che ne migliorino la portata.

429 Cfr. R.S

CHÜTZE, Subsidiarity after Lisbon: reinforcing the safeguards of federalism?, in

European Law Review, 2009, p. 534.

430 Cfr. E.C

ROSS, Pre-emption of Member State law, cit., p. 465; in giurisprudenza v. la

sentenza 29 novembre 1978, causa 83/78, Pigs Marketing Board, in Racc. p. 2347.

431 Per approfondimenti sul punto e per le implicazioni di questo modello ermeneutico

sull’attività della Corte v. G.BECK, The legal reasoning of the Court of Justice of the EU, Ox- ford, 2012, p. 318.

432

Cfr.S.MAYR, Putting a leash on the Court of Justice? Preconceptions in national meth- odology vs. effet utile as a meta-rule, in European Journal of Legal Studies, 2012, p. 8.

433 Cfr. M.CONDINANZI.R.MASTROIANNI, Il contenzioso dell’Unione europea, Torino,

con la preclusione indiretta non siano del tutto nitidi, questa categoria esplica appieno il valore della preemption quale criterio ordinatore del sistema ed opera in situazioni maggiormente puntuali, con minori ripercussioni sull’atti- vità del legislatore nazionale434.

2.3. La preemption nella cooperazione in materia penale: i fattori normativi

La pur sintetica presentazione degli effetti della preemption solleva non secondarie questioni circa l’applicazione di questo istituto in un contesto pe- culiare come la cooperazione in materia penale. In tutta evidenza, infatti, si ravvisa il rischio, rilevato in via generale dalla dottrina e dunque a fortiori pre- sente nel settore in esame, che un eccessivo affidamento a questo istituto ed alle sue espressioni più incisive possa generare un tendenziale trasferimento

de facto di attribuzioni dagli Stati all’Unione435.

In linea teorica l’adozione di atti di diritto derivato aventi portata esausti- va genera effetti preclusivi svincolati dalla formale ripartizione di attribuzioni, ma comunque assimilabili al conferimento di competenze esclusive436. Per di più, anche in assenza di una regolamentazione complessiva ed esauriente da parte del legislatore UE, nelle materie di competenza concorrente può profi- larsi un fenomeno analogo alla dinamica fra vasi comunicanti, con il progres- sivo svuotamento dei campi di intervento delle autorità nazionali, a beneficio  

434

A completamento del quadro, occorre peraltro evidenziare come ciascuno degli effetti preclusivi ora descritti possa esplicarsi anche in assenza di norme dell’Unione, laddove il silen- zio del legislatore europeo non si sostanzi in una mera inattività, ma sia frutto della consapevo- le scelta politica di limitare la regolamentazione di un settore. Si suole fare riferimento, in simi- li ipotesi, alla preemption by inaction, che esercita appunto conseguenze variabili a seconda del contesto. Un caso interessante, a questo proposito, è rappresentato dal regolamento CE 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografi- che e denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, in GU L 93, del 31 marzo 2006, p. 12. Questo atto, oggi abrogato a séguito di una riforma della materia, è stato conside- rato esaustivo dalla Corte di giustizia non solo rispetto a quanto espressamente disposto, ma anche in relazione alle previsioni che il legislatore europeo aveva inteso omettere, in particola- re in relazione alla possibilità in capo agli Stati membri di prevedere e tutelare forme o tipolo- gie di denominazioni di tipicità alimentari diverse da quelle espressamente regolamentate, cd. indicazioni semplici. Cfr. le sentenze 8 settembre 2009, causa C-478/07, BUD II, in Racc. p. I- 7721, e 29 marzo 2011, causa C-96/09 P, Anheuser Busch Inc., in Racc., p. I-3555. Per un con- tributo fortemente critico v. F.CAPELLI, La Corte di giustizia, in via interpretativa, attribuisce

all’Unione europea una competenza esclusiva in materia di riconoscimento delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche protette, riferite ai prodotti agroalimentari, mediante la sentenza BUD II motivata in modo affrettato, contraddittorio e per nulla convincente, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2010, p. 401.

435

V., fra gli altri, P.CRAIG, Competence: clarity, conferral, containment and consideration, in European Law Review, 2004, p. 334.

436 V., ad esempio, R. BARATTA, Le competenze interne dell’Unione, cit., p. 527, e G.

delle istituzioni europee437. Sebbene simili situazioni non siano necessaria- mente destinate a causare il completo depauperamento delle competenze in- terne, ciononostante esse possono condurre ad una loro sensibile rimodula- zione, che occorre bilanciare opportunamente con gli interessi, le priorità e le preferenze politiche degli Stati membri in settori di forte radicamento inter- no, come nel caso del diritto penale sostanziale e processuale438. Peraltro, una simile dinamica, se non adeguatamente corredata di contrappesi, non può che indebolire la legittimazione dell’opera del legislatore sovranazionale.

Appare a questo fine auspicabile, da un lato, la previsione di meccanismi che possano ancorare al dato normativo positivo il potenziale espansivo sotte- so all’operatività della preemption439. Dall’altro lato, la Corte di giustizia è chiamata a valutare la tipologia di effetti derivanti dalla normativa europea in materia secondo un approccio ispirato ad un prudente self-restraint, capace ad esempio di limitare al massimo grado possibile il ricorso al paradigma della preclusione di campo440.

Dal primo punto di vista, la disciplina generale del sistema delle compe- tenze ed alcune disposizioni specificamente dedicate al Titolo V TFUE paio- no concorrere a questo tentativo di arginamento. Occorre anzitutto sottoli- neare, anche in questa sede, la valorizzazione del principio di attribuzione, cardine della riforma del sistema delle competenze operata dal Trattato di Li- sbona. In attuazione di tale principio, gli artt. 82 ed 83 individuano in manie- ra puntuale gli àmbiti nei quali è possibile prefigurare l’intervento legislativo dell’Unione, ad esempio elencando i settori della procedura penale o le singo-  

437

Cfr., ex multis, A.TIZZANO, Lo sviluppo delle competenze materiali dell’Unione europea, in Rivista di diritto europeo, 1981, p. 139; A.DASHWOOD, The limits of European Community

power, in European Law Review, p. 113, S.WEATHERILL, Competence creep and competence control, cit., p. 2004. È stato evidenziato come il fenomeno della preemption trovasse piena legittimazione nell’originario contesto dei Trattati, in ragione dell’assenza di una chiara ripar- tizione di competenze, qualificate e attribuite secondo una definizione funzionale. Parimenti, esso trovava ulteriore linfa nel fatto che molte basi giuridiche imponessero l’unanimità in seno al Consiglio per l’adozione di atti, con la conseguenza che ogni preclusione nei confronti degli Stati costituiva il frutto della loro stessa volontà. Cfr. P.CRAIG, Competence and Member State autonomy: causality, consequence, and legitimacy, in H.MICKLITZ,B. DE WITTE (a cura di), The European Court of Justice and the autonomy of the Member States, Anversa, 2002, p. 11.

438 S.P

EERS, Finally fit for purpose? The treaty of Lisbon and the end of the Third Pillar le-

gal order, in Yearbook of European Law, 2008, p. 47.

439 Cfr. A.A

RENA, The doctrine of Union preemption in the EU internal market, cit., p.

526. L’autore evidenzia come molteplici fattori normative manifestino l’intento, da parte dei